#PaceGiusta #SlavaUkraïni
mercoledì 10 dicembre 2025
... tre uomini ...
C’è un palazzinaro newyorkese che ha eretto grattacieli e accumulato immense ricchezze a spese di altri, truffando, ingannando e sfruttando il proprio potere. Un bugiardo sguaiato e inopportuno che insulta chi lo contesta, offende le minoranze e marginalizza i più fragili, diventato l’uomo più potente del mondo.
C’è un dittatore assassino, che ammazza gli oppositori, arresta i giornalisti, processa cantanti e poeti, mentre libera stupratori e pluriomicidi, invade paesi sovrani e sogna di cancellare interi popoli mentre ne rapisce e violenta i bambini. Un despota criminale che governa una nazione grande quanto un continente con immense risorse naturali.
E poi c’è il comico senza giacca e cravatta, diventato presidente di un paese povero e spopolato. Un piccolo uomo che, con i carri armati nemici alle porte, ha scelto di restare con la sua gente anziché accettare un esilio dorato, trasformando così il suo paese che fino ad allora era stato la periferia dimenticata d’Europa nel principale bastione di difesa dei suoi valori. Un non politico improvvisatosi politico che, con una felpa addosso e una buona dose di incoscienza si è posto alla guida di uomini e donne che, in attesa di aiuti che non arrivavano mai, si sono rimboccati le maniche, iniziando a fabbricare molotov negli scantinati mentre le bombe piovevano sulle loro teste. Un non leader costretto a diventare leader, ma anche specchio e totem della fierezza di un’intera comunità che ha deciso di anteporre la propria libertà persino alla vita stessa.
Oggi quell’uomo, che continua a dare al mondo lezioni di dignità, e lo ha fatto anche ieri dicendosi disposto ad andare ad elezioni se qualcuno si prenderà la briga di garantirne la sicurezza, sopporta quotidianamente proprio dai due potenti bulli criminali, critiche, insulti, pressioni e ricatti di ogni genere, sebbene da quasi quattro anni viva al contempo il dolore e l’onore di guidare un popolo di eroi, disposto a morire pur di assicurare ai propri figli il diritto di crescere in un paese libero di compiere le proprie scelte.
Se in questi quasi quattro anni (o in questi 12), davanti alle quotidiane immagini di devastazione delle città, alle foto dei tanti padri e mariti costretti ad andare al fronte per difendere le proprie famiglie, ai numeri dei bambini rapiti e militarizzati dalla Russia, all’idea di cosa fareste voi se sui vostri figli iniziassero a cadere missili o droni, non avete mai sentito il bisogno di postare una bandiera ucraina, di inviare un aiuto o un pensiero a chi resiste o di dire “Slava Ucraini”, avete scelto di stare con i bulli anziché con i bullizzati, avete preferito gli assassini alle vittime e tollerato l’idea che il metodo mafioso e la legge del più forte, anziché il diritto, diventino la nostra nuova costituzione.
Io ho scelto di non chiamare pace una resa, di non chiamare pace la sopraffazione, di non chiamare pace l’ipocrita richiesta di far tacere le armi di chi si difende perché il loro rumore ci infastidisce. La pace, la vera pace, richiede coraggio, richiede sacrificio e richiede volontà. Altrimenti si diventa acquiescenti verso l’ingiustizia, si diventa complici del dittatore e del palazzinaro nel tentativo di rubare persino parola “pace” e trasformarla nella peggiore delle armi da usare contro chi resiste, soffre e muore perché di quella pace possa continuare a fruire anche chi, come noi, commette ogni giorno l’errore di darla per scontata.
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