sabato 30 novembre 2019

... 30 novembre ...

... ed anche questo mese volge al termine, con il mio Amore ampiamente infettato dalla "Peste" di famiglia e con me che continuo a resistere ai Virus di Roberta/Peste, e con una soddisfazione: aver toccato il muro dei 300 - trecento! post, quest'anno ...

... ultime notizie ...

... un attentato a Londra, disordini furiosi in Irak, un probabile terremoto al vertice nell'isola di Malta, un devastante terremoto in Albania, da noi interi territori sconvolti da frane e inondazioni ... può bastare?

giovedì 28 novembre 2019

... detartrasi ...

... oggi visita dentistica e detartrasi ... una piccola mazzata ai batteri l'abbiamo data, si spera!!

martedì 26 novembre 2019

... la Terra trema ...

... DIVINI 80 ...

Tina Turner compie 80 anni: super diva dalla voce inconfondibile e dall'irresistibile fascino senza tempo La regina del rock vive adesso in Svizzera sul lago di Lugano

 Ann Mae Bullock, in arte Tina Turner, da Nutbush, Tennessee, compie 80 anni. Una voce inconfondibile, graffiante, immersa nella storia della black music ma perfetta per il pop da classifica, un fascino irresistibile e senza tempo, probabilmente le gambe più belle della storia della musica (e non solo) e la capacità di resistere a un'esistenza piena di eventi, drammi , tragedie, violenza, ascesa e caduta. Insomma una vera e propria leggenda: una delle artiste di maggior successo di sempre e tra le più straordinarie performer mai apparse sui palcoscenici. Da tempo consegnata alla leggenda, la regina del rock è oggi una "tranquilla" cittadina svizzera, da trent'anni ha trovato conforto nel buddismo, si è trasferita sul lago di Lugano e si è sposata con Erwin Bach, un uomo più giovane di lei. Ma la sua vita è stata tutt'altro che tranquilla. Se ora, ad 80 anni, fosse necessario trovare una sintesi alla sua vita, si potrebbe definirla un inno alla resilienza. Poco più di un anno fa, suo figlio Craig, avuto quasi adolescente da una relazione precedente a quella drammatica con Ike Turner, si è suicidato a 59 anni. Ultimo colpo di una vita piena di drammi: Ike Turner, il marito con cui aveva messo su una band che è stata determinante per la nascita del rock'n'roll e che l'ha resa famosa, si rivelò un uomo violento, una sorta di schiavista domestico, che, nonostante il clamoroso successo di brani come "Proud Mary", "Nutbush City Limits" e "River Deep Mountain High", trasformò la vita di Tina in un incubo. Come è stato raccontato tante volte, da quell'orrore fuggì senza praticamente nulla, ricominciando da zero. Poi la sua seconda vita da super diva, costruita passo passo con una delle più celebri cover di "Let's Stay Together" di Al Green, "Private Dancer", "What's Love Got To Do With It", "The Best" in un crescendo clamoroso fatto di record di vendite (si parla di oltre 200 milioni di copie vendute), concerti clamorosi, Grammy Award, il Kennedy Center Honors, gli omaggi di altri artisti (su tutti quello di Beyonce'), ruoli cinematografici indimenticabili, l'Acid Queen di "Tommy", la Aunty Entity di Mad Max, (accompagnato dal successo mondiale del brano "We Don't Need Another Hero") fu nuovamente sconvolta. Evidentemente il suo destino è quello di dover ricominciare. Quando sembrava che finalmente potesse approdare alla serenità è stata la sua salute a cedere: prima un ictus, poi un tumore all'intestino, infine una grave insufficienza renale che l'ha messa di fronte alla scelta tra dialisi e trapianto. Con la sua proverbiale sincerità. Tina ha ammesso di aver pensato anche al suicidio assistito. Poi il marito le ha donato un rene, restituendole un'esistenza serena. Ora, con la sua celebre collezione di parrucche, circondata dall'amore di un mondo che ha sempre tifato per lei, è arrivata al traguardo degli ottant'anni. Da qualche anno vive un'esistenza più ritirata, anche se si concede qualche apparizione alle sfilate dei piu' grandi stilisti. La donna che visse tre volte non ha ancora smesso di essere una regina del rock., una delle piu' straordinarie performer mai apparse sui palcoscenici: Mick Jagger, tanto per fare un nome, che è un suo amico fraterno, ha sempre ammesso di averle "rubato" il modo di stare in scena, ai tempi in cui i Rolling Stones erano così giovani da aprire i concerti di Ike & Tina Turner... tanti, tanti anni fa.

lunedì 25 novembre 2019

... BASTA!!!!!! ...

... felice il giorno in cui non ci sarà bisogno di fare manifestazioni contro la violenza sulle donne perché questa vergogna sarà stata cancellata ... ma arriverà quel giorno? Gli uomini, non tutti per fortuna!, saranno in grado di deporre la clava e di evolvere, non dico al livello delle donne ma almeno avvicinarcisi?

domenica 24 novembre 2019

... piove, piove ...

... piove, piove un po' in tutt'Italia, specie al Nord Ovest. ma il maltempo colpisce anche il Sud ...

venerdì 22 novembre 2019

... MIMO ...

... atrocità su atrocità siamo costretti a sentire, ascoltare, vedere, è questo il nostro mondo? La nostra civiltà? ... BASTA CON LA VIOLENZA SULLE DONNE!!!
Daniela Carrasco, La Mimo che protestava in Cile Si chiamava Daniela Carrasco, conosciuta come 'La Mimo', ed era uno dei volti più noti delle proteste di piazza in Cile. È stata catturata, torturata e impiccata - dicono i collettivi impegnati nelle proteste. Il silenzio della comunità internazionale sui fatti cileni come testimonia il Rapporto di Amnesty International sulla violazione dei diritti umani da parte dell'esercito e sulle responsabilità del presidente Sebastián Piñera, e su ciò che da mesi avviene in Sud America, è diventato insopportabile", scrive su Facebook Nicola Fratoianni di Sinistra Italiana-Leu. "L'Italia per prima faccia la sua parte - conclude il parlamentare di Leu - e interessi l'Unione Europea". La denuncia di Fratoianni fa eco all'appello del collettivo femminista 'Ni Una Menos'. A più di un mese dalla sua morte: quella faccia da clown è divenuta simbolo delle proteste. Daniela Carrasco, artista di strada di 36 anni, conosciuta come 'El Mimo', è stata trovata impiccata a una recinzione alla periferia di Santiago del Cile lo scorso 20 ottobre. La donna sarebbe stata fermata dai militari che l'avrebbero stuprata, torturata e lasciata appesa per ore. "Un monito a tutte le donne scese in strada per protestare contro il carovita", ha dichiarato una portavoce dell'organizzazione. Per le associazioni in rivolta, la morte di Daniela appare come un omicidio e non un "caso di cronaca". "È stata torturata fino alla morte", ha ribadito il collettivo femminista cileno. Dopo cinque giorni dal ritrovamento del cadavere, la procura di Santiago ha aperto un'indagine sulla vicenda. Secondo il rapporto medico 'El Mimo' sarebbe morta per soffocamento, scartando una possibile partecipazione di terzi e senza registrare lesioni fisiche attribuibili a una violenza sessuale. #justiciaparamimo è l'appello per Daniela.

martedì 19 novembre 2019

... Hong Kong - Irak ...

... la disperata resistenza dei giovani ad Hong Kong, i disordini in Irak, Iran ed in altre parti del mondo, questo ci costringe a vedere il tempo in cui viviamo ...

... 290 + 1 ...

... con questo festeggio il superamento del record di post dell'anno scorso, ma non solo ... dopo i discorsi della "famiglia" che abbiamo incontrato domenica scorsa si è accentuato il mio pessimismo ... sembravano tutti pappagalli imbeccati da Salvini! E c'era chi invocava addirittura il ritorno di Mussolini! Ora è necessario non fermarsi a sottolineare i particolari ma avere una visione più ampia: la Storia è fatta di cicli: prima o poi finirà questo periodo di crisi e si aprirà una nuova stagione positiva, i segni si intravedono: queste riunioni di giovani nelle piazze, senza bandiere di partito, "sardine" felici di stare insieme e di reclamare il loro posto nel mondo e nella Storia ...

domenica 17 novembre 2019

... un giorno speciale ...

... davvero speciale: un nostro blitz a casa dei nonni "altri": un accordo possibile per Natale e per il compleanno di Marco: speriamo!!

sabato 16 novembre 2019

... un anno dopo ...

Cosa resta dei gilet gialli, un anno dopo

 17:10, 16 novembre 2019 di Veronique Viriglio

 Nel giorno dell'anniversario, 41 fermi e disordini nel cuore di Parigi. Che ne è stato dei leader della protesta che per mesi ha tenuto in scacco la presidenza Macron Nel giorno dell'anniversario del movimento dei gilet gialli 41 persone sono state fermate a Parigi. Per prevenire i disordini, la polizia ha compiuto oltre 1.200 controlli, ma questo non ha impedito che a Place d'Italie alcune barriere divisorie venissero date alle fiamme. L'obiettivo di rilanciare il movimento, con la partecipazione dei cittadini scontenti, sfocia così nella violenza. L'invito diffuso sui social da vari gruppi di Gilet gialli era a un "atto 53" della mobilitazione. Dall'atto 18 a scendere in piazza sono state soltanto poche centinaia di persone, niente rispetto alle 300 mila che il 17 novembre 2018 invasero le strade della capitale e delle principali città francesi per 4 mesi consecutivi. Punto di partenza delle loro rivendicazioni era l'aumento dei prezzi dei carburanti decretato dal governo.Un anno dopo molti leader del movimento non hanno abbandonato la lotta, ma stanno portando avanti la contestazione seguendo anche altre strade, dal giornalismo alla politica passando per l'associazionismo. CHRISTOPHE CHALENCON: Considerato uno dei capofila della contestazione sociale, nel dicembre 2018 Chalencon assieme a cinque colleghi gilet gialli era stato ricevuto dal premier Edouard Philippe. Nel febbraio 2019, il suo nome è tornato alla ribalta per aver incontrato il leader del Movimento 5 Stelle, l'allora vicepresidente del Consiglio, Luigi Di Maio, scintilla di una lunga crisi diplomatica tra Parigi e Roma. Si è candidato alle europee, ma la sua lista "Evolution citoyenne" è stato un fallimento: nella regione nativa del Vaucluse ha ottenuto solo lo 0,5% dei consensi e 0,01% su scala nazionale. "Il movimento è stato infiltrato ovunque, fino alla spina dorsale, dalla sinistra radicale" deplora Chalencon, che oggi si definisce "Gilet giallo nel cuore, nella mente e nell'anima". Continua la sua battaglia in difesa degli ideali attraverso l'impegno politico, ha lasciato il lavoro e a sostenerlo economicamente è la sua famiglia. PRISCILLA LUDOSKY: Con la sua petizione contro l'aumento del prezzo dei carburanti, che ha raccolto un milione di firme, la 33enne Ludosky viene presentata come l'ispiratrice del movimento. Nel corso delle proteste dei gilet gialli ha optato per posizioni meno radicali, condannando le derive estremiste di alcuni gruppi. Ha cercato di ampliare le rivendicazioni iniziali, inserendo il tema della crisi climatica e per far confluire le varie lotte ha creato la piattaforma 'Gilet cittadini'. Con altri il mese scorso ha scritto al presidente Emmanuel Macron per incontrarlo, ma è ancora in attesa di risposta. JACLINE MOURAUD: l'ipnoterapeuta 52enne è considerata una delle ispiratrici dei Gilet gialli, con il suo video "caccia ai conducenti" che ha ottenuto più di 6 milioni di visualizzazioni su Youtube. Ha perso punti non appena ha esternato le sue ambizioni politiche, considerate dalla base un "tradimento". Fondatrice del micro partito "Emergenti", la sua traiettoria politica è stata sospesa dopo le dimissioni di alcuni membri del direttivo, che hanno criticato il suo "culto della personalità". Per l'agenzia France Presse Mouraud, gollista autoproclamata sogna di partecipare alle presidenziali 2022, come candidata "dei territori e delle campagne". Oggi denuncia di essere vittima di minacce di morte quasi quotidiane e di aver perso tutto nella battaglia, costretta a vivere con meno di 500 euro al mese. Secondo lei "l'essenza del movimento è andata persa quando i Gilet gialli hanno applaudito i black bloc, lo scorso 16 marzo. Da molto positivo il movimento è diventato molto negativo e non può ottenere risultati poiché privo di struttura". ERIC DROUET: l'autostrasportatore originario delle banlieue parigine, volto più mediatico e controverso dei gilet gialli, è considerato l'ideatore della prima manifestazione del 17 novembre 2018, un rivoluzionario. E' stato corteggiato dal mondo della politica, in particolare dall'oppositore di sinistra radicale Jean-Luc Melenchon, affascinato da questo trentenne "saggio e dall'estrema determinazione". Ha creato il gruppo Facebook 'France en colere', al quale hanno aderito 300 mila persone. Prosciolto lo scorso settembre dalle accuse di "complicità in gruppo costituito per compiere danni e violenze" durante l'atto 6 del 22 dicembre, alla fine è stato condannato al pagamento di una multa di 500 euro per lo sfollagente trovato nel suo zaino. Il mese scorso, in un video, ha invitato vigili del fuoco, operai, agricoltori, disoccupati e lavoratori degli ospedali a convergere e manifestare a Parigi, ma senza gilet. "Mettete i gilet gialli da parte, saranno i cittadini a scendere per le strade" ha dichiarato Drouet sui social. INGRID LEVAVASSEUR: l'infermiera 32enne, candidata alle elezioni europee, è considerata responsabile della scissione del movimento. Aggredita da un gruppo di gilet gialli, Levavasseur ha smesso di manifestare. Alle municipali del 2020 sarà candidata di una lista di sinistra "Changer Louviers". Ha creato due associazioni - una per aiutare le famiglie monoparentali e l'altra per le prossime elezioni - e pubblicato due libri sulla sua battaglia sociale, nei quali denuncia anche la violenza di alcuni compagni di lotta, che ha colpito anche lei. MAXIME NICOLLE: L'ex autotrasportatore bretone è ancora in prima linea con i suoi live sui social, nei quali si presenta come 'Fly Rider', e partecipa a diverse manifestazioni sociali. Da settembre il gilet giallo lavora per la web tv QG: come cronista e reporter copre i cortei più importanti con le sue riprese video. Ieri è uscito il suo libro presentato come una risposta alle critiche mediatiche. Al controverso Nicolle vengono attribuite tese complottistiche e la sua vicinanza con alcune pubblicazioni del Raggruppamento nazionale (Rn, estrema destra) non piace. Secondo lui il movimento può ancora rinascere e diventare più forte. JEROME RODRIGUES: ha perso un occhio nelle proteste, è diventato il simbolo della brutale repressione della polizia e i gilet gialli lo considerano il loro martire. Il danno irreversibile subito è al centro di un procedura giudiziaria tutt'ora in corso. Sul web è stato oggetto di cyberbullismo da parte di due gilet gialli che lo attaccano sempre e contro i quali sporgerà denuncia. Inoltre è stato accusato di violenze coniugali, poi negate dalla moglie. Lo scorso agosto ha partecipato al contro vertice del G7 nei Paesi baschi. A settembre è tornato a manifestare per le strade di Parigi, sostenendo diverse cause, tra cui quella ambientalista di Extinction Rebellion. A questo punto Rodrigues auspica una convergenza delle varie lotte sociali in atto.

venerdì 15 novembre 2019

... sardine ...



I quattro giovani che hanno battuto Salvini riempiendo la piazza di sardine

Trentenni, non fanno politica. E hanno coinvolto dodicimila persone, senza disordini né simboli di partito, col solo tam tam di Facebook e un' idea: creatività e bellezza opposta agli urlatori del web e dei comizi
 di ILARIA VENTURI 15 novembre 2019

 BOLOGNA - Hanno trent'anni, fanno tutt'altro nella vita rispetto alla politica. Ma ieri sera a Bologna hanno riempito la piazza battendo Matteo Salvini, che al PalaDozza in contemporanea dava l'avvio alla campagna elettorale in Emilia Romagna per il voto del 26 gennaio. Come? Con la forza dei numeri. E tanta pacifica creatività. I quattro che fecero l'impresa sono Mattia Santori, Roberto Morotti, Giulia Trappoloni e Andrea Garreffa. Amici da una vita. Poco social, doppia laurea in tasca, lavoro e sogni, molto impegno nel volontariato e nel sociale. E voglia di reagire all'avanzata sovranista, non per protagonismo, ma per spirito di partecipazione e di comunità. Giulia arriva da San Sepolcro, vive a Bologna da anni, è fisioterapista: compie 30 anni il prossimo febbraio, è la più giovane dei “quattro Moschettieri”. Roberto è ingegnere, nel tempo libero tiene laboratori creativi sul riciclo della plastica. Andrea, arrivato da Savona a Bologna all'età di sei anni ha una laurea magistrale in scienze della comunicazione pubblica e sociale. Ha girato il mondo con i suoi studi: Valencia, California e Washington. Ha concluso con una tesi in comunicazione ambientale, ora è guida turistica, accompagnatore in ciclopercorsi in tutta Europa. Giovani con lo sguardo sugli altri e sul mondo. Mattia, laureato in Scienze politiche e in Economia, educatore e istruttore di Ultimate frisbee, ha creato l'associazione “La ricotta”: ogni anno organizza il torneo di basket “Gallo da tre” per finanziare il rifacimento di campetti di periferia in memoria dell'amico Davide Galletti, morto di leucemia. Roberto e Andrea scendono in campo, canestro e solidarietà. Sempre insieme. Come è nata la piazza delle “sardine”? Via Facebook. Mattia non ci dormiva alla notte: perché Salvini può dire che prenderà l'Emilia e tutti noi stiamo zitti? Così è partito il messaggio agli amici: troviamoci. Nella cucina della casa che hanno condiviso per anni è nata l'idea: "Salvini arriva al PalaDozza: il palazzetto ha 5.570 posti. Noi dobbiamo essere di più". Di qui il flash mob “Seimila sardine “ in piazza Maggiore a Bologna. La scelta del simbolo: un pesce muto, che non grida come gli urlatori del web e dei comizi, ma che sta in banco. Insieme, in tanti: ecco il messaggio. Dal lancio social sono passati al volantinaggio nelle serate di movida degli universitari nelle vie del centro a Bologna, e poi il porta a porta, le telefonate. Vecchi metodi, si direbbe. Hanno funzionato: si aspettavano seimila persone in piazza, avevano pure paura di non farcela. Ne hanno portate il doppio.

giovedì 14 novembre 2019

... aspettando la neve ...

METEO. FORTE PERTURBAZIONE imminente, MALTEMPO con vento e NEVE A QUOTE BASSE
 14 novembre 2019 ore 16:51 di Lorenzo Badellino

 Meteo Italia: situazione prevista tra giovedì e venerdì METEO GIOVEDÌ. Un'intensa perturbazione proveniente dalla Francia sta determinando un peggioramento al Nordovest a partire da Piemonte e Valle d'Aosta nel corso di giovedì. Nevicate sono attese dagli 800/1000m in intensificazione tra il pomeriggio e la sera con fenomeni che diverranno diffusi e limite neve in calo fino a quote di fondovalle, anche in pianura sul Cuneese, a tratti fin sul Torinese. Entro sera i fenomeni si estenderanno alle Alpi lombarde e nella notte al settore dolomitico, con neve dagli 800/1000m. Oltre i 1500m attesi accumuli di neve fresca fino a 60/80cm su alto Piemonte ed est Valle d'Aosta entro l'alba di venerdì, dove le nevicate avranno assunto anche carattere di bufera. Entro sera prime piogge in arrivo anche su ovest Emilia e parte della Lombardia e delle pianure del Triveneto in intensificazione la notte, rovesci in Liguria con temporali sul Ponente. Neve in arrivo anche sull'entroterra ligure di Ponente, in calo fino a 300m in serata sul Savonese. Sul resto d'Italia la giornata inizierà all'insegna della variabilità, con qualche pioggia ancora su regioni centrali, basso Tirreno e Sicilia, legate ad una vecchia perturbazione, ma con tendenza ad attenuazione dei fenomeni. Sul finire della giornata però la nuova perturbazione atlantica determinerà un peggioramento in Sardegna a partire da ovest con piogge e temporali, prime piogge in arrivo anche sull'alta Toscana Toscana. METEO VENERDÌ. La perturbazione si muoverà verso est e favorirà il subentro di una certa variabilità al Nordovest, seppur con nuovi deboli fenomeni in arrivo a partire dalla Liguria. Perturbato invece al Nordest con piogge in intensificazione soprattutto tra Alpi e alte pianure e neve sulle Alpi dai 700/1000m. Neve anche copiosa attesa in località come Cortina d'Ampezzo, Arabba, San Martino di Castrozza, Madonna di Campiglio, Ponte di Legno, Aprica, Livigno, Madesimo. Al Centro perturbato su tirreniche e Sardegna con piogge e temporali in sconfinamento in serata al versante adriatico, specie marchigiano, fenomeni in temporanea attenuazione in giornata in Toscana. Neve sull'entroterra ligure di Levante dai 1000/1200m, su quello Tosco-Emiliano dai 1600/2000m in calo a 1200/1500m, anche a quote inferiori sul Piacentino. Più soleggiato al Sud, salvo qualche pioggia in arrivo in serata sull'alta Campania. TENDENZA SUCCESSIVA. Nel weekend la perturbazione si sposterà lentamente verso sud, provocando ancora maltempo al Centro e raggiungendo lentamente anche le regioni meridionali domenica. Tempo a tratti instabile anche al Nord con fenomeni più frequenti sul Triveneto ed ancora un po' di neve sulle Alpi.

 Meteo - NUOVE BURRASCHE DI VENTO in arrivo, raffiche a 100km/h. Acqua alta a Venezia Meteo, BUFERE DI NEVE IN ARRIVO sulle Alpi, fiocchi anche in COLLINA al Nordovest CRONACA meteo DIRETTA. Prima NEVE su Piemonte e Valle d'Aosta anche a bassa quota
 Meteo Piemonte: maltempo e NEVE in arrivo, anche in COLLINA. Fiocchi a Cuneo e Domodossola, a rischio TORINO
 Cronaca meteo: TANTA NEVE sulle Alpi, DISAGI E BLACKOUT in Alto Adige
 Meteo Venezia : ACQUA ALTA, NON È FINITA, nuovi PICCHI di MAREA in arrivo

mercoledì 13 novembre 2019

... acqua alta ...

Venezia, acqua alta da record: «Alla Basilica di San Marco sfiorata l'Apocalisse»

 Disastro a Venezia a causa del maltempo che ha provocato l'alta marea da record. «Siamo stati a un soffio dall'Apocalisse, a un pelo dal disastro». Lo ha detto all'ANSA il procuratore della Basilica di San Marco, Pierpaolo Campostrini, raccontando quello che la mareggiata di ieri sera ha portato alla chiesa. «Superato il metro e 65 cm - ha aggiunto - l'acqua è entrata nella basilica, ha allagato il pavimento e rompendo le finestre è entrata nella cripta, allagandola. La cosa è pericolosa non tanto per le cose in essa contenute, ma perché l'acqua avrebbe potuto dare problemi statici alle colonne, che reggono la basilica». «Per fortuna il personale ha agito con velocità - ha proseguito Campostrini - e ha evitato danni fisici peggiori, con le nostre paratoie mobili che comunque sono state superate. All'interno della basilica non ci sono danni visibili, gli oggetti preziosi e i paramenti sono stati sollevati e messi al sicuro. Resta il danno invisibile che è in via di valutazione, quello delle infiltrazioni e della risalita dell'acqua lungo le pareti. Siamo stanchi e arrabbiati», ha concluso.

martedì 12 novembre 2019

... 16 anni fa ...

Sono passati 16 anni dal 12 novembre 2003, quando in un attacco alla base Maestrale a Nassiriya, in Iraq, morirono 19 italiani (12 carabinieri, 5 soldati e due civili) durante una missione militare chiamata “Antica Babilonia”, che era iniziata pochi mesi prima, a giugno (LA FOTOSTORIA). A provocare la strage, un camion imbottito di esplosivo lanciato a tutta velocità contro la palazzina di tre piani che ospitava i carabinieri della Msu (Multinational specialized unit). La più grande disgrazia per le forze armate italiane dalla fine della seconda guerra mondiale. Il 10 novembre 2019 - a soli due giorni dall'anniversario della strage di Nassiriya - un altro attentato colpisce l'esercito italiano in Iraq: esplode un ordigno contro le forze speciali nei pressi di Kirkuk. Cinque militari italiani restano feriti, di cui tre gravi ma non in pericolo di vita. La ricostruzione: un’esplosione fortissima La dinamica dell’attentato fu subito chiara: il camion forzò il posto di blocco all'entrata della base, situata nella vecchia sede della Camera di commercio locale, e gli occupanti aprirono il fuoco contro i militari a guardia dell'ingresso che reagirono sparando. Il carabiniere di guardia, Andrea Filippa, riuscì a uccidere i due autisti e il mezzo non arrivò all’interno della caserma: dopo aver travolto le barriere passive (reti e fili spinati) poste a difesa della struttura, però, il camion esplose. L'esplosione distrusse gran parte dell'edificio, posto sulle rive del fiume Eufrate e danneggiò una seconda palazzina dove aveva sede il comando. Nel cortile molti mezzi militari presero fuoco e andò in fiamme anche il deposito delle munizioni. Nel luogo della deflagrazione si formò un cratere profondo tre metri e largo otto: tutto ciò che c’era nel raggio di 70 metri venne distrutto. Verrà alla luce successivamente che a compiere la strage furono terroristi legati ad Al Zarqawi, allora capo di Al Qaeda in Iraq (LE INCHIESTE, I PROCESSI E I RISARCIMENTI DOPO LA STRAGE) I caduti nella missione I primi a parlare di attentato suicida furono i giornalisti della tv araba Al Jazeera. Sotto le macerie rimasero 12 carabinieri della Msu (Enzo Fregosi, Giovanni Cavallaro, Alfonso Trincone, Alfio Ragazzi, Massimiliano Bruno, Daniele Ghione, Filippo Merlino, Giuseppe Coletta, Ivan Ghitti, Domenico Intravaia, Horatio Maiorana, Andrea Filippa), cinque uomini dell'esercito (Massimo Ficuciello, Silvio Olla, Emanuele Ferraro, Alessandro Carrisi e Pietro Petrucci) e due civili, il regista Stefano Rolla, che stava facendo un sopralluogo per un film sulle missioni di pace, e l'operatore della cooperazione internazionale Marco Beci. Il 17 novembre le salme vennero riportate in Italia, il giorno successivo furono celebrati i funerali di Stato a Roma nella basilica di San Paolo e fu proclamato il lutto nazionale. La missione si concluse l’1 dicembre del 2006, mentre a partire dal 2009 il 12 novembre è la “Giornata del ricordo dei caduti militari e civili nelle missioni internazionali per la pace”. Gli altri attentati a Nassiriya Quello del 12 novembre 2003 non fu l’unico attentato nei confronti di militari italiani impegnati nella missione di Nassiriya. Il 27 aprile 2006, un convoglio formato da quattro mezzi dei Carabinieri dell'Msu partì dalla base di Camp Mittica per raggiungere l'ufficio provinciale di Polizia irachena. Alle 8:50 ora locale (le 6:50 in Italia) il secondo veicolo della colonna passò sopra a un ordigno che era stato posizionato al centro della carreggiata. L’esplosione provocò una fiammata che causò la morte istantanea di tre dei cinque militari presenti a bordo: il capitano dell’esercito Nicola Ciardelli, il maresciallo dei carabinieri Franco Lattanzio e il caporale della polizia militare rumena Bogdan Hancu. Il maresciallo aiutante Carlo de Trizio morì poco dopo, prima di arrivare in ospedale. Il 7 maggio arrivò la notizia della morte del maresciallo aiutante Enrico Frassanito, anche lui rimasto gravemente ustionato nell'attentato e che era rientrato a Verona dopo le prime cure ricevute a Madinat al-Kuwait (Kuwait City). Il 5 giugno 2006, invece, in occasione dell'anniversario dell'Arma dei Carabinieri, ci fu un altro attentato ai nostri militari in Iraq, questa volta a 100 km a nord di Nassiriya. Quella sera un ordigno, probabilmente comandato a distanza, scoppiò al passaggio di un mezzo uccidendo il caporal maggiore Alessandro Pibiri e ferendo altri quattro soldati.

... San Renato ...

... giorno di festa!!!

lunedì 11 novembre 2019

... CO & PA ...

... si puo troncare in una stessa giornata il rapporto di messaggi ed E-mail con due donne quasi contemporaneamente? Si può!! Io l'ho fatto con Costanza che non aveva capito niente di quello che le avevo scritto e con Patricia, che ogni tot di messaggi esauriva la propria verve di affetto e richiedeva un nuovo contributo in Euro!!

sabato 9 novembre 2019

... finalmente!! ...

... finalmente una vittoria dopo tanto digiuno!! ...

... 30 anni fa ...

Berlino, 30 anni senza il muro.

 Costruito il 13 agosto del 1961 e caduto il 9 novembre del 1989, il Muro di Berlino costituisce uno dei simboli dell’eccesso ideologico del 900. E’ stato istituito per fermare l’esodo della popolazione dalla Repubblica Democratica tedesca verso la Repubblica Federale di Germania, la zona più ricca del territorio e posta sotto il controllo di Francia, Regno Unito e Usa. Il suo nome ufficiale era “barriera di protezione antifascista” e aveva l’intento di difendere i tedeschi orientali dall’occidente. Lungo quasi 155 chilometri e alto circa 4 metri, il Muro all’inizio era composto da rotoli di filo spinato sostituiti successivamente da lastre verticali di cemento rinforzati da placche di metallo. Berlino, 30 anni senza il muro: tutte le immagini che hanno cambiato la storia© TgCom24 Berlino, 30 anni senza il muro: tutte le immagini che hanno cambiato la storia La prima vittima del Muro fu Ida Siekmann. La 59enne si lanciò dal terzo piano del suo appartamento sul marciapiede che apparteneva a Berlino Ovest. Morì nel tentativo di raggiungere i suoi parenti. Sarebbero 138 le persone che hanno perso la vita cercando di attraversare il confine, ma si stima che siano oltre 5mila quelle riuscite a scappare. Si tratta, però, di cifre spesso messe in discussione. Chi è fuggito lo ha fatto attraverso il canale Teltow, nascondendosi nelle automobili o strisciando all’interno di tunnel scavati da squadre di volontari. Dopo 28 anni dalla sua costruzione, a seguito di pressioni politiche sul governo della Germania Est affinché concedesse maggiore libertà di spostamento ai suoi cittadini, il 9 novembre dell’89 un portavoce dichiarò che i tedeschi dell’Est sarebbero stati liberi di recarsi in Germania Ovest. Appena la notizia fu nota, migliaia di persone iniziarono a radunarsi ai posti di blocco di entrambe le parti. Sopraffatte dal numero di cittadini accorsi, le guardie smisero di controllare i passaporti e i tedeschi passarono liberamente da un paese all’altro. L’11 e il 12 novembre le prime porzioni di muri iniziarono a cadere, ma solo il 22 dicembre la barriera fu effettivamente abbattuta. Del muro oggi a Berlino sono rimasti alcuni pezzi inseriti su nuove fondamenta. Si tratta di dell’erinnerungskultur, la cultura della memoria che i tedeschi hanno voluto fortemente mantenere.

giovedì 7 novembre 2019

... 140 anni fa ...

... 140 anni fa nasceva Lev Trotsky, il vero protagonista e padre della Rivoluzione Russa, poi stravolta e tradita da Josif Stalin ...

martedì 5 novembre 2019

... lettera ...

Lettera al mondo di un reporter curdo: “Avete cancellato la speranza dai nostri cieli…

” Quando è nato mio figlio, l’abbiamo chiamato Avan. Significa prospero e florido e speravamo che questo nome avrebbe rispecchiato la strada che la sua vita avrebbe intrapreso. Adesso è passato un anno e mi chiedo: com’è stato possibile dargli un nome del genere? Come può una persona avere un briciolo di speranza in mezzo a tutta la devastazione e la distruzione che affliggono il mio paese? Sono un curdo della Siria del nord, e da anni fotografo la guerra. Ho visto morte, distruzione, disperazione, sofferenza. Ma poi potevo sempre tornare alla sicurezza della mia casa. Avevamo un’autonomia e dal momento che, insieme alle forze statunitensi, abbiamo sconfitto il “califfato” del gruppo Stato islamico (Is) nella regione, avevamo osato sognare che il nostro territorio sarebbe rimasto in pace. Non è una cosa da poco per un popolo senza terra, che da secoli è intrappolato nelle lotte di potere tra i giganti della regione. Ci sono stati perfino momenti in cui ho effettivamente pensato che esistesse un briciolo di giustizia in questo mondo. È accaduto ogni volta che ho fotografato delle donne che combattevano i jihadisti dell’Is. Alcune di queste donne erano state schiave dell’Is, ma ora li affrontavano e li sconfiggevano sul campo di battaglia. Sembrava una cosa giusta. Ma avevo torto, ed ero stato troppo frettoloso. Le ultime settimane hanno capovolto il mondo. Non credo più che esista una giustizia. Tutto è diventato assurdo e insensato. Gli ultimi giorni mi hanno insegnato la verità di questo universo, ovvero che questo ruota dentro un inferno d’indifferenza. Noi curdi siamo in stato di shock da quando il presidente statunitense Donald Trump ha ordinato alle truppe del suo paese di ritirarsi dalla nostra regione. Queste truppe non solo erano state alleate dei curdi nello sconfiggere i jihadisti, ma erano anche un deterrente per la Turchia, che da anni combatte la ribellione curda e che voleva inviare le sue truppe nella Siria settentrionale per creare una zona libera dai nostri combattenti. In seguito alla decisione di Trump, la Turchia ha inviato le sue truppe e da allora i curdi non hanno molto tempo per pensare ad altro che difendere le loro aree dagli attacchi. Abbiamo capito che gli Stati Uniti non mantengono le loro promesse quando hanno evacuato, e addirittura distrutto, alcune delle loro postazioni difensive durante la ritirata. È come se avessero contribuito a indebolirci, in modo da farci arrendere alla Turchia senza combattere. Ma i curdi sentono di dover combattere fino alla fine, per quanto amara, per non dover vivere fino al momento del vergognoso destino che li aspetta se perderanno la battaglia con la Turchia. Non si fidano più di nessuno, solo di loro stessi. Abbiamo sacrificato migliaia dei nostri figli per eliminare il terrorismo. E i nostri partner, gli Stati Uniti, ci hanno lasciati soli ad affrontare la Turchia. I curdi vedono il presidente Donald Trump come un mercante disposto a venderli in un batter d’occhio per denaro. Pensano che sia un uomo folle e capriccioso, il cui umore cambia dal giorno alla notte. Non era sincero nella sua promessa di proteggere i suoi compagni d’armi. Trump ci ha tradito, come ci è successo per tutta la nostra storia. Siamo qui da secoli e sappiamo che le grandi potenze del Medio Oriente sono spietate nei confronti delle altre etnie, che saranno massacrate oppure arabizzate o turchizzate, come accaduto per gli antenati dei loro nemici. Prima fotografavo battaglie che avvenivano altrove e tornavo a casa per riposarmi. Ma adesso, dopo aver assistito a battaglie e bombardamenti, torno a casa mia e ritrovo lo stesso destino, la stessa fatica, la stessa mancanza di sicurezza e certezze. La paura ci accompagna anche quando andiamo a letto. L’altro giorno sono tornato a casa dopo aver raccontato le dure battaglie di Sari Kani (Ras al Ayn). Ho aperto la porta e mio figlio stava piangendo perché aveva sentito i bombardamenti sulla sua città. Era la prima volta, da quando è nato, che sentiva qualcosa del genere. Era terrorizzato. Riusciva ad addormentarsi solo stendendosi sul mio petto. Ho continuato a guardarlo durante la notte. Si è alzato piangendo, poi è tornato a dormire, terrorizzato. Gli auguro di essere felice. Forse il destino sarà più generoso con lui che con noi, e saprà quanto è difficile sopravvivere agli attacchi turchi, che hanno distrutto i nostri sogni di vivere nella nostra terra e di cantare qui in libertà le tristi canzoni epiche che parlano del nostro destino. Non avrei mai immaginato di raccontare battaglie come ho fatto, da Kobane a Raqqa. E adesso la guerra è arrivata alla porta della mia casa, che potrebbe essere distrutta dall’artiglieria o dagli attacchi aerei. Lo dico onestamente, non avrei mai pensato che il mondo facesse finta di non vedere quel che accade ai curdi in Siria. È difficile fotografare le persone che muoiono con il cuore spezzato perché sanno che il loro paese sarà occupato e le loro lapidi distrutte, come accaduto alle tombe curde ad Afrin, una regione a maggioranza curda più a ovest, nella Siria del nord, che la Turchia ha occupato all’inizio dello scorso anno. Non ci saranno neppure delle lapidi a testimoniare la presenza curda in questa terra. Viviamo nella delusione mentre ci avviciniamo al nostro destino. La storia non perdonerà mai quanto ci è accaduto, perché continua a ripetersi. È piena di sconfitte e delusioni, simile a venti carichi di polvere pesante che rendono difficile anche respirare. Ogni volta che vado da qualche parte dico a mia moglie di prendersi cura di sé e di nostro figlio perché potrei non tornare. Lei ogni volta mi chiede “perché parli di morte” e comincia a piangere. Queste memorie dolorose non se ne andranno mai. Quando si racconta la guerra ci sono sempre scene che rimangono impresse nella memoria. E così anche stavolta. Una donna che balla al funerale di suo fratello. Mentre danzava, le lacrime le rigavano le guance. Una ragazza che piangeva sulla tomba del suo amato. Un padre e una madre che seppelliscono il loro figlio, coprendolo di terra, sapendo che quello sarà il loro ultimo saluto. Spesso, quando scatto delle fotografie, i miei occhi si riempiono di lacrime. Forse perché condivido lo stesso destino delle persone che vedo nel mio obiettivo. Avevo molte speranze e sogni che speravo di vedere realizzati. Ma adesso tutto, intorno a me, mi parla di disastro. Speranze e sogni si sono dissolti con i venti del mattino. Scrivo queste parole mentre una brezza fredda mi avvolge le dita e un destino ignoto ci attende, in questa terra dove avrei voluto trascorrere tutta la mia vita con la mia famiglia.

 Delil Souleiman, reporter curdo da INTERNAZIONALE

lunedì 4 novembre 2019

... 4 novembre 1918 ...

... una giornata di ricordo e di impegno ...

domenica 3 novembre 2019

... P. P. P. ...

Pier Paolo Pasolini moriva, ucciso, il 2 novembre 1975 all'Idroscalo di Ostia.

sabato 2 novembre 2019

... 2 novembre ...

... un giorno mesto ... un ricordo commosso per chi ci ha preceduto in una nuova dimensione ...

venerdì 1 novembre 2019

... 10 anni fa ...

Il primo novembre del 2009, a 78 anni, la poetessa moriva all'ospedale San Paolo, per lei funerali di Stato. Il presidente della Repubblica: "La sua storia personale è stata un percorso lungo e intenso nella società, nei suoi disagi e nei suoi pregiudizi" 01 novembre 2019 A dieci anni dalla scomparsa della poetessa milanese Alda Merini anche il presidente della Repubblica ha voluto ricordarla: "Grazie alla sua acuta sensibilità e a un'originale forza poetica, Alda Merini è riuscita a conquistare un posto di rilievo nella nostra letteratura contemporanea e, a dieci anni di distanza dalla scomparsa, quella voce di donna 'indocile' risuona ancora viva, spingendo chi si accosta ai suoi versi ad indagare ancora gioie e dolori, speranze e fatiche dell'esistenza". Molte le iniziative per ricordare Alda Merini, in queste settimane. Il primo novembre del 2009, all'età di 78 anni, la poetessa si spense all'ospedale San Paolo di Milano a causa di un tumore. Il pomeriggio del 4 novembre, nel Duomo di Milano, furono celebrati per lei i funerali di Stato. "Le opere e il ricordo di Alda Merini - scrive ancora il presidente Mattarella nella nota - appartengono alla cultura italiana. La sua storia personale è stata un percorso lungo e intenso nella società, nei suoi disagi e nei suoi pregiudizi. Il talento di Alda Merini si è affermato ed è stato apprezzato dopo tanto personale travaglio. I riconoscimenti comunque non hanno mutato i tratti speciali della sua personalità. Quel talento ora è un prezioso patrimonio che ci arricchisce".

... novembre ...

... e siamo giunti a novembre - la fine di quest'anno si avvicina ...