giovedì 31 ottobre 2019

... Halloween ...

... il mese finisce con la tradizionale festa di Halloween e, per quanto mi riguarda, con molti interrogativi sul mio futuro ...

mercoledì 30 ottobre 2019

... fiori al cimitero ...

... stamane blitz veloce a Vezza d'Alba per portare i fiori a Gianfranco ed ai suoi genitori, un po' di fatica al ritorno ed un po' di riposo ...

martedì 29 ottobre 2019

... Internet ...

(ANSA) - ROMA, 28 OTT - Internet compie 50 anni. Era infatti il 29 ottobre del 1969 quando fu effettuata la trasmissione di un primo pacchetto di dati tra due computer, uno all'università di a Los Angeles - sotto la supervisione dell'informatico Leonard Kleinrock - e l'altro al Research Institute di Stanford. La rete non si chiamava internet ma Arpanet, ed era un progetto voluto da un'agenzia del dipartimento della Difesa Usa, l'Arpa (Advanced research projects agency). A far decollare internet è stato, 20 anni dopo, il papà del Web Tim Berners-Lee: nel 1989 presentò un saggio al Cern di Ginevra che rappresentava la base teorica del World wide web, mentre nel 1991 fu online il primo sito web. Con la crescita del web e di servizi come la posta elettronica, internet è diventato la rete di telecomunicazioni globale che oggi connette miliardi di persone e oggetti, anche se quasi la metà della popolazione mondiale è ancora tagliata fuori.

lunedì 28 ottobre 2019

... A'ed Abu Amro ...

... A'ed Abu Amro, 20 anni, novello Davide contro il Golia israeliano ...

domenica 27 ottobre 2019

... la conferma ...

Trump: "Al Baghdadi si è fatto esplodere ed è morto piangendo insieme a 3 figli"© Tgcom24 Il presidente Usa, Donald Trump ha confermato che il leader dell'Isis, Abu Bakr al Baghdadi, è morto in un raid Usa in Siria. "Il terrorista numero uno al mondo si è fatto saltare in aria dopo essere fuggito in un vicolo cieco, piangendo e urlando. Ha ucciso anche tre dei suoi figli - ha detto Trump parlando in tv alla nazione dalla Casa Bianca -. Sotto la mia direzione abbiamo distrutto il Califfato. I terroristi non devono dormire sonni tranquilli". "Piangeva e urlava" - Il presidente ha sottolineato che "è morto dopo essere fuggito in un vicolo cieco, piangendo e urlando. E' morto come un cane, come un codardo". Il raid che ha portato alla morte del leader dell'Isis "è durato due ore - ha ripreso Trump - Ho visto in diretta quel blitz, mentre ero nella Situation Room della Casa Bianca. E' stato come guardare un film". Con Trump c'era anche il suo vice Mike Pence. "Un ringraziamento ai curdi siriani" - Trump ha poi sottolineato che "Al Baghdadi stava lavorando alla ricostruzione dell'Isis perché sapeva che era stato distrutto" e ha ringraziato "Russia, Siria, Turchia, Iraq e anche i curdi siriani. Grazie a loro questo raid è stato impeccabile". "Questa morte non fermerà l'Isis" - Trump ha poi chiarito che questa morte non fermerà l'Isis e ha spiegato: "In quella zona si trovava proprio per la ricostituzione dello Stato islamico". Il Califfo era nell'area di Idlib, in un compound, e si era rifugiato in una galleria. Quando i corpi speciali Usa hanno fatto irruzione, dopo l'attacco dall'alto, sono stati accolti "da una pioggia di proiettili". Ma, ha precisato, grazie alla grande preparazione dei soldati Usa, "molti dei loro sono morti ma nessuno dei nostri. Lui sapeva che la galleria non aveva uscite e così ha ucciso anche i tre bambini". "Trovati i piani dell'Isis" - Dopo il blitz, le forze Usa sono rimaste "per due ore in quel compound, dove è stato trovato materiale sensisibile - ha sottolineato il presidente Usa -, compresi i futuri piani dell'Isis".

... poesia ...


A  Patricia
È cominciato tutto un po’ di tempo fa
Mi avevi chiesto l’amicizia sul web
Eri un nome in mezzo a tanti
Un volto su Facebook
E poi su Messenger
Siamo poi sbarcati su whatsapp
Parole di circostanza, banali richieste
E poi parole d’amore, parole vere?
Da parte mia un apri e chiudi confuso
Di whatsapp
Ed il pensiero che va sempre a te
Il desiderio di baciarti i piedini
La mia voglia d’amore
Tu, un sogno alternativo
Irrealizzabile
Poi ancora la voglia, la frenesia di chiudere
Ed ancora la necessità di riaprire
Ed infine la resa, lo scorrere fluido
Di parole d’amore vecchie
Ma sempre nuove
La vita bisogna viverla ogni attimo
Perché l’attimo dopo
Potrebbe essere l’ultimo.


... Abu Bakr ...

"Ucciso il capo dell’Isis al Baghdadi". L’annuncio di Fox News. Trump twitta: qualcosa di grande è accaduto Secondo fonti militari riportate da Fox News «un obiettivo di alto profilo dell’Isis» è stato colpito nel corso di un raid degli Stati Uniti nella giornata di sabato nella zona di Idlib, in Siria. L’identità della persona uccisa non può essere ancora confermata, spiegano le fonti, ma si crede si tratti proprio del leader dell’Isis Abu Bakr al Baghdadi. Secondo quanto riporta la Cnn, al Baghdadi sarebbe stato localizzato grazie all’apporto della Cia. Pochi minuti prima che si diffondesse la notizia del raid il presidente americano, Donald Trump, con un tweet aveva annunciato una dichiarazione per le nove del mattino ora di Washington, scrivendo «qualcosa di molto grande è appena accaduto!». Fonti della Casa Bianca hanno quindi spiegato che si tratterà di un annuncio relativo alla politica estera. Una lunga caccia all’uomo La caccia ad al Baghdadi durata da cinque anni. Ad aprile era ricomparso in un video per la prima volta dal luglio 2014, quando fu ripreso mentre parlava alla moschea di Mosul. Nel febbraio del 2018 diverse fonti Usa riportarono che il leader dell’Isis era rimasto ferito nel corso di un bombardamento aereo del maggio del 2017 e, a causa delle ferite, fu costretto a lasciare la guida dell’Isis per almeno cinque mesi.

venerdì 25 ottobre 2019

... di pioggia ...

... pioggia a catinelle in questi due giorni, ma al nostro ritorno un po' di sole ...

martedì 22 ottobre 2019

... due giorni ...

... due giorni a San Giorio, si torna venerdì mattina, e si portano i fiori ad Elisa ...

... cambio gomme ...

... acquistate quattro gomme nuove invernali ... eh già!!

lunedì 21 ottobre 2019

... stress!!!!!! ...

... stress ed ancora stress!! La caduta di Maria Rosa e le sue caviglie gonfie per correre dietro a Marco mentre Roberta chiacchiera, chiacchiera, chiacchiera, le maestre d'asilo che spediscono il bimbo a casa dopo un ora, la nostra situazione economica, etc, etc, i problemi di altri che si sommano ai nostri, la nostra età avanzata che diminuisce la nostra resistenza, in una parola: STRESS!

domenica 20 ottobre 2019

... tranchant ...

tranchant n.m. 1. tagliente: un couteau —, un coltello tagliente 2. (fig.) categorico; deciso, risoluto: un jugement —, un giudizio categorico; un ton —, un tono che non ammette replica |des couleurs tranchantes, colori molto vivaci e contrastanti

 ... oggi è tempo di decisioni "tranchant" : stop definitivo con Patricia e con whatsapp, stop definitivo ai "servizi" a Roberta ed ai suoi egoismi ... altrimenti borsa pronta, in macchina e via a San Giorio: la tranquillità innanzi tutto ... non dimentichiamoci che il prossimo anno compio 70 anni!!!

mercoledì 16 ottobre 2019

... due anni fa ...

Il 16 ottobre 2017 la reporter morì nell'esplosione di una bomba piazzata sulla sua auto. Tre uomini sono accusati di essere gli esecutori materiali dell’uccisione, ma si cercano ancora i mandanti. In uscita il suo libro postumo “Dì la verità anche se la tua voce trema” Dopo la morte della giornalista d'inchiesta maltese, uccisa da una bomba messa sulla sua auto il 16 ottobre 2017, Matthew, il figlio, ha scelto di dedicare la sua vita alla scoperta della verità Quando sua madre Daphne Caruana Galizia è saltata in aria insieme alla sua auto, Matthew, il figlio maggiore dei tre, ha visto tutto. Prima il boato, poi il fumo che si leva verso il cielo, infine la targa con cui ha capito che si trattava davvero di sua madre. Era stato in casa con lei, a Malta, fino a pochi secondi prima. L’aveva salutata, poi lei era rientrata per prendere al volo il blocchetto degli assegni di suo marito Peter ed era tornata in macchina. Pochi secondi dopo averla accesa, l’esplosione. Era il 16 settembre 2017, poco prima di essere uccisa, Daphne Caruana Galizia, 53 anni, aveva pubblicato sul suo blog Running Commentary, un articolo che chiudeva così: «Ci sono corrotti ovunque. La situazione è disperata». Daphne Caruana Galizia era una di quelle giornaliste che spesso vengono definite scomode. Non aveva mai smesso di investigare, non si era lasciata intimorire dalle minacce. L’ inchiesta più importante a cui aveva lavorato era quella dei Malta Files: mezzo milione di nomi, sessanta nazionalità diverse, con cui si è denunciato come Malta sia diventata il paradiso fiscale per imprenditori, finanzieri ma anche politici ed esponenti di clan mafiosi. La giornalista aveva rivelato che la società Engrant, registrata a Panama, fosse di proprietà di Michelle Muscat, la moglie del primo ministro Joseph Muscat. Un caso che portò alle elezioni anticipate, tuttavia vinte dal premier Muscat. Con questo lavoro, Galizia è entrata nella lista delle ventotto personalità «che stavano agitando l’Europa», secondo la rivista Politica.eu. Quando ci risponde al telefono, Matthew Caruana Galizia, giornalista e vincitore del Premio Pulitzer nel 2017, è appena arrivato a Roma. Insieme a Roberto Saviano e ai suoi fratelli minori Andrew e Paul per presenterà il libro Dì la verità anche se la tua voce trema, che raccoglie le inchieste di sua madre Daphne e alcuni dei post scritti sul suo blog. In libreria dal 16 settembre 2019, a due anni dalla morte. Per l’omicidio di Daphne Caruana Galizia, sono stati arrestati come esecutori materiali tre uomini: Vince Muscat e i fratelli George e Alfred Degiorgio ma non si hanno notizie dei mandanti e del movente. Per l’andamento delle indagini, il Consiglio d’Europa ha criticato duramente le autorità di Malta e ha chiesto al governo maltese di avviare un’indagine interna.

martedì 15 ottobre 2019

... end of RASP ...

... ebbene si, stamane ho scritto la parola fine al periodo R.A.S.P., durato più o meno dal 10 agosto ad oggi, due mesi abbondanti di contatti con donne tramite Messenger e whatsapp con una sola conclusione: sono un tizio fortunato, almeno nella scelta delle mie compagne!!

lunedì 14 ottobre 2019

... un appello ...

La lettera Il titolo è: “A tutte le donne e ai popoli del mondo che amano la liberà” “Come donne di varie culture e fedi delle terre antiche della Mesopotamia vi mandiamo i più calorosi saluti. Vi stiamo scrivendo nel bel mezzo della guerra nella Siria del Nord-Est, forzata dallo Stato turco nella nostra terra natale. Stiamo resistendo da tre giorni sotto i bombardamenti degli aerei da combattimento e dei carri armati turchi. Abbiamo assistito a come le madri nei loro quartieri sono prese di mira dai bombardamenti quando escono di casa per prendere il pane per le loro famiglie. Abbiamo visto come l’esplosione di una granata Nato ha ridotto a brandelli la gamba di Sara di sette anni, e ha ucciso suo fratello Mohammed di dodici anni. Stiamo assistendo a come quartieri e chiese cristiane vengono bombardate e a come i nostri fratelli e sorelle cristiani, i cui antenati erano sopravvissuti al genocidio del 1915, vengono adesso uccisi dall’esercito del nuovo impero Ottomano di Erdogan. Due anni fa, abbiamo assistito allo Stato turco che ha costruito un muro di confine lungo 620 chilometri, attraverso fondi Ue e Onu, per rafforzare la divisione del nostro Paese e per impedire a molti rifugiati di raggiungere l’Europa. Adesso stiamo assistendo alla rimozione di parti del muro da parte di carri armati, di soldati dello Stato turco e jihadisti per invadere le nostre città ed i nostri villaggi. Stiamo assistendo ad attacchi militari. Stiamo assistendo a come quartieri, villaggi, scuole, ospedali, il patrimonio culturale dei curdi, degli yazidi, degli arabi, dei siriaci, degli armeni, dei ceceni, dei circassi e dei turcomanni e di altre culture che qui vivono comunitariamente, vengono presi di mira dagli attacchi aerei e dal fuoco dell’artiglieria. Stiamo assistendo a come migliaia di famiglie sono costrette a fuggire dalle loro case per cercare rifugio senza avere un luogo sicuro dove andare. Oltre a questo, stiamo assistendo a nuovi attacchi di squadroni di assassini di Isis in città come Raqqa, che era stata liberata dal terrore del regime dello Stato Islamico due anni fa con una lotta comune della nostra gente. Ancora una volta stiamo assistendo ad attacchi congiunti dell’esercito turco e dei loro mercenari jihadisti contro Serêkani, Girêsipi e Kobane. Questi sono solo alcuni degli incidenti che abbiamo affrontato da quando Erdo?an ha dichiarato guerra il 9 ottobre 2019. Mentre stiamo assistendo al primo passo dell’attuazione dell’operazione di pulizia etnica genocida della Turchia, assistiamo anche all’eroica resistenza delle donne, degli uomini e dei giovani che alzano la loro voce e difendono la loro terra e la loro dignità. Per tre giorni i combattenti delle Forze siriane democratiche, insieme alle YPG e alle JPY hanno combattuto con successo in prima fila per impedire l’invasione della Turchia e dei massacri. Donne e uomini di tutte le età sono parte di tutti gli ambiti di questa resistenza per difendere l’umanità , le acquisizioni e i valori della rivoluzione delle donne in Rojava. Come donne siamo determinate a combattere fino a quando otterremo la vittoria della pace, della libertà e e della giustizia. Per ottenere il nostro obiettivo contiamo sulla solidarietà internazionale e la lotta comune di tutte le donne e gente che ama la libertà.

” Richieste delle donne - Fine dell’invasione e dell’occupazione della Turchia nella Siria del nord - Istituzione di una No-Fly zone per la protezione della vita dela popolazione nella Siria del nord e dell’est - Prevenire ulteriori crimini di guerra e la pulizia etnica da parte delle forze armate turche - Garantire la condanna di tutti i criminali di guerra secondo il diritto internazionale - Fermare la vendita di armi in Turchia - Attuare sanzioni economiche e politiche contro la Turchia - Adottare provvedimenti immediati per una soluzione della crisi politica in Siria con la partecipazione e la rappresentanza di tutte le differenti comunità nazionali, culturali e religiose in Siria. "La Repubblica si batterà sempre in difesa della libertà di informazione, per i suoi lettori e per tutti coloro che hanno a cuore i principi della democrazia e della convivenza civile"

... Hevrin Khalaf ...

In Siria uccisa Hevrin Khalaf, l'attivista per i diritti della donne

 C'è anche una attivista per i diritti delle donne tra i 9 civili trucidati a sangue freddo dai miliziani filo-turchi nel nord-est della Siria. Hevrin Khalaf, 35 anni, segretaria generale del Partito Futuro siriano, e il suo autista, sono stati assassinati su un'autostrada dopo essere stati prelevati da milizie sostenute dalla Turchia. Simbolo di dialogo, Khalaf si batteva anche per la coesistenza pacifica fra curdi, cristiano-siriaci e arabi. L'attivista curda stava viaggiando su un veicolo insieme al suo autista nel tentativo di raggiungere la città di Qamishli quando è stata fermata sull'autostrada M4 dai miliziani arabo-siriani che combattono fianco a fianco con i soldati di Erdogan e tra i quali militano anche elementi jihadisti. Il commando di uomini li ha fatti scendere con la forza dall'auto e poi ha sparato loro a bruciapelo. Offese al cadavere - Del massacro sono stati diffusi due video in rete filmati con i cellulari dagli stessi miliziani. Nel primo si vede l'attivista circondata da uomini che indossano quelle che sembrano essere divise militari. In un altro video, il corpo di una donna, presumibilmente di Hevrin, giace sul terreno con il viso e i capelli ricoperti di polvere. Un uomo le si avvicina e la tocca con i piedi prima di esclamare: "Questo è il cadavere dei maiali". Funzionari americani ritengono che i due video siano autentici. In Siria uccisa Hevrin Khalaf, l'attivista per i diritti della donne© Ansa In Siria uccisa Hevrin Khalaf, l'attivista per i diritti della donne Simbolo del dialogo - Laureata in ingegneria civile, una dei leader del popolo curdo, Hevrin Khalaf si batteva per le donne ma anche per la coesistenza pacifica fra curdi, cristiano-siriaci e arabi. Apprezzata da tutte le comunità, era un personaggio molto popolare. L'ultimo intervento in pubblico contro Ankara risale al 5 ottobre a Qamishli: i tentativi turchi "di occupare questa terra per difendere il suo popolo non corrispondono alla realtà", aveva affermato Hevrin, ricordando poi che erano state le forze democratiche siriane ad aver liberato il nord-est della Siria dai gruppi terroristici. "Noi e tutte le forze politiche respingiamo queste minacce soprattutto perché ci impediscono di creare una soluzione alla crisi siriana". "Hevrin Khalaf - ha ricordato il presidente del Parlamento europeo David Sassoli - è il volto del dialogo e dell'emancipazione delle donne in Siria. La sua uccisione,opera di terroristi islamisti, piu' attivi dopo l'invasione dei territori curdi da parte della Turchia, è un orrore su cui la comunità internazionale dovrà andare fino in fondo". Raid turchi su un convoglio: uccisi due reporter - I raid turchi sulla città siriana di Ras al-Ain hanno colpito un convoglio sul quale viaggiavano giornalisti stranieri. Lo hanno riferito i media locali, sottolineando che due reporter e una decina di civili sono morti.

domenica 13 ottobre 2019

... schizzo schifoso ...

... ad Aprilia, un delinquente si oppone ad un controllo - non mi potete arrestare, sono il boss - e intanto piovono oggetti dalle finestre sugli agenti - lo Stato è un nemico, un corpo estraneo, da rifiutare, da abbattere ... questa è la nostra Italia, oggi: VERGOGNA !!!!!!

venerdì 11 ottobre 2019

... la situazione ...

11 ottobre 2019 Offensiva turca in Siria, gli scenari regionali e globali di Francesco Petronella 


«Questa è una guerra strana, una guerra sporca». Karim Franceschi è un giovane italiano che ha combattuto lo Stato islamico in Siria tra i volontari internazionali accanto alle milizie curdo-arabe. Rispondeva con queste parole ai suoi commilitoni quando gli ponevano un’unica, ma pressante domanda: perché loro - internazionalisti, socialisti, libertari e di sinistra - collaboravano con l’Occidente capitalista e in particolare con gli Stati Uniti? Gli eventi della prima settimana di ottobre sembrano aver dato una risposta definitiva a tale interrogativo. Quella tra Stati Uniti e FDS (Forze Democratiche Siriane), unità curdo-arabe dominate dalle YPG (Yekîneyên Parastina Gel, ‘Unità di protezione popolare’) curde, era un’alleanza tattica, non strategica. Destinata, dunque, ad esaurirsi una volta raggiunto l’obiettivo comune di medio-breve termine: la sconfitta dell’autoproclamato Califfato in Siria e Iraq. L’annuncio da parte del presidente Donald Trump del ritiro americano dalla Siria settentrionale, consegnata de facto dal regime di Bashar al-Assad alle YPG a partire dal 2012, ha dato luce verde nell’area all’operazione turca ribattezzata Fonte di pace. Obiettivo dell’iniziativa militare di Ankara è quello di spezzare la continuità territoriale curda al confine con la Turchia, che considera le YPG gruppi terroristi, e ricollocare nell’area una parte dei 3 milioni e mezzo di rifugiati siriani in territorio turco. Questa zona della Siria è da sette anni nelle mani delle YPG legate al PYD (Partiya Yekîtiya Demokrat, ‘Partito di unione democratica’) nonché costola siriana del PKK (Partîya Karkerén Kurdîstan, ‘Partito dei lavoratori del Kurdistan’) curdo-turco. Forti dell’appoggio aereo della coalizione internazionale a guida americana, le milizie curdo-arabe hanno resistito all’avanzata dei jihadisti dell’Isis per poi passare al contrattacco fino a conquistare Raqqa (novembre 2017), in un’offensiva conclusasi a febbraio 2019 a Baghuz. Nelle aree passate sotto il loro controllo, da Kobane a Tell Abyad, da Tell Halaf a Ras al-Ayn, le YPG hanno impiantato il modello politico del confederalismo democratico, teorizzato dal leader curdo-turco Abdullah Öcalan. Il cambio di rotta sulla Siria voluto da Trump, e annunciato dopo una telefonata con l’omologo turco Recep Tayyip Erdoğan, è stato oggetto di aspre discussioni tra le alte sfere di Washington, tanto che Difesa e Pentagono hanno successivamente ridimensionato l’entità del disimpegno americano nel Paese. Sta di fatto che il messaggio ad Ankara è arrivato forte e chiaro: nel giro di 48 ore aerei F-16 e artiglieria turchi hanno bombardato una serie di postazioni delle YPG per aprire la strada all’avanzata delle truppe di terra oltre il confine turco-siriano. Al fianco delle forze turche combattono anche gruppi di ribelli siriani anti-Assad, cooptati da Ankara come gruppi di supporto contro le YPG. Tra le cause che potrebbero celarsi dietro l’annuncio di Trump - non del tutto inatteso, dato che del disimpegno americano in Siria si parla da quasi due anni – potrebbero esserci un paio di ragioni legate alla politica interna americana. La prima è che il ritiro del contingente Usa dalla Siria rappresenta un argomento molto spendibile in termini elettorali, specie in vista delle presidenziali del 2020. «Our boys, our young women, our men. They’re all coming back» dichiarava l’inquilino della Casa Bianca già a dicembre 2018. In secondo luogo, la mossa trumpiana potrebbe essere anche una strategia per sparigliare un po’ le carte del dibattito pubblico, distogliendo l’attenzione da dossier scottanti come il Russiagate, l’inedito caso Ucraina e i contatti pericolosi del procuratore generale William P. Barr coi governi di Australia e Italia. Di fronte alle preoccupazioni manifestate a livello internazionale, poi, Trump ha assicurato che se l’esercito turco – il più potente del Medio Oriente – dovesse spingersi troppo oltre in termini di violenza e vittime civili, Washington avvierebbe ritorsioni di natura economica verso Ankara. Quali che siano le cause, però, ciò che più conta in questa fase sono le conseguenze dell’iniziativa portata avanti da Trump e dalla campagna turca Fonte di pace. La terza in territorio siriano dopo le operazioni Scudo dell’Eufrate del 2016 e Ramoscello d’ulivo del 2018, entrambe condotte dalla Turchia sempre in funzione anti-YPG. L’esito del nuovo confronto tra l’esercito turco e le forze curdo-siriane è meno scontato di quel che potrebbe sembrare. Le YPG curde, inglobate nelle FDS, sicuramente soffriranno l’assenza di copertura aerea da parte degli Stati Uniti, ma ciò non toglie che tali formazioni sono oggi meglio equipaggiate e addestrate di quanto non fossero nel corso delle operazioni turche precedenti. All’orizzonte, dunque, potrebbe profilarsi una guerra lunga e logorante, non il Blitzkrieg auspicato da Ankara. A livello militare, poi, le YPG potrebbero tentare un riavvicinamento tattico al regime di Assad, intenzionato più che mai a contrastare i ribelli anti-governativi che combattono assieme ai turchi. Non è da escludere, inoltre, che l’idea di impantanare la Turchia in un simile scenario possa configurarsi come uno degli obiettivi di Trump, che ottiene in questo senso anche un altro risultato: mettere i turchi contro Russia e Iran, i due Paesi che con Ankara formano il terzetto di Astana. Si tratta di un meccanismo decisionale, parallelo e concorrente rispetto a quello delle Nazioni Unite, tramite il quale i tre Stati hanno praticamente deciso le sorti della Siria a partire dal 2017. Il portavoce del Cremlino Dimitri Peskov, da questo punto di vista, ha confermato di non aver ricevuto alcuna informazione dagli Stati Uniti sull’imminente ritiro, lasciando intendere il disappunto di Mosca per la mossa di Trump. Mentre il ministro degli Esteri iraniano, Javad Zarif, ha espresso la contrarietà della Repubblica islamica a qualsiasi operazione militare della Turchia nel Nord-Est della Siria. Sia Mosca che Teheran, inoltre, ripetono costantemente il mantra della “integrità territoriale siriana”, lasciando intendere che il progetto di una safe zone a nord del Paese sotto l’influenza turca non è cosa gradita ai loro occhi. Tra russi e iraniani, entrambi impegnati in Siria al fianco di Assad, c’è da aspettarsi che i primi mantengano un atteggiamento più morbido verso l’impresa turca anti-YPG, specialmente ora che Ankara è così aperta al dialogo con Mosca da aver ufficializzato l’acquisto dei famigerati sistemi anti-missile S-400, suscitando disappunto tra i corridoi di Washington verso l’alleato NATO. L’Iran ha qualche ragione in più per guardare con preoccupazione alla situazione sul campo, dato che Teheran e Ankara, pur facendo parte del suddetto meccanismo di Astana, nell’area hanno agende egemoniche opposte e – per molti versi – inconciliabili. Le conseguenze del ritiro americano - ridimensionato nel giro di poche ore ad un semplice «spostamento di 50-100 militari» statunitensi in altre zone della Siria – potrebbe sortire effetti considerevoli non solo a livello regionale, ma addirittura globale. Su qualsiasi tipo di interferenza europea, ad esempio, pende la spada di Damocle dei milioni di rifugiati siriani in Turchia, che il presidente Erdoğan ha più volte minacciato di lasciar partire verso il vecchio continente. A questo si aggiunge il fatto che, qualora Fonte di pace abbia successo, passerebbero in mano turca anche tutti i prigionieri, attualmente custoditi dai Curdi, che una volta facevano parte dello Stato islamico. Non si tratta solo di ex combattenti, ma anche di donne e bambini “figli di Daesh”, spesso provenienti da Paesi occidentali. Non è da escludere che Erdoğan, col solito pragmatismo, utilizzi anche questa carta per incrementare il proprio leverage verso i partner europei. Le reazioni delle cancellerie occidentali, in effetti, sono state piuttosto tiepide fino a questo momento. «Azioni unilaterali – ha dichiarato il capo della diplomazia italiana Luigi Di Maio ‒ rischiano di pregiudicare i risultati raggiunti nella lotta contro la minaccia terroristica, a cui l’Italia ha dato un significativo contributo, e destabilizzare la situazione sul terreno». Inoltre, a livello globale, grossi punti interrogativi potrebbero farsi largo nei prossimi giorni non tanto tra i nemici storici degli Stati Uniti, quanto tra i loro alleati. Ilham Ahmed, copresidente del Consiglio democratico siriano (ombrello politico delle FDS), in un editoriale sul Washington Post ha definito la condotta di Trump come un vero e proprio tradimento a danno dei Curdi. Occorre precisare, tuttavia, che identificare l’intero popolo curdo con le YPG, o con il partito politico di cui le YPG sono il braccio armato, rappresenta una semplificazione grossolana (e tuttavia abbastanza diffusa nei media occidentali e italiani). È legittimo chiedersi come reagiranno, di fronte a questo “tradimento”, gli alleati Usa nella regione e in altri quadranti geopolitici. Lo Stato di Taiwan, ad esempio, resiste con tenacia alle lusinghe (e alle minacce) della Cina, che considera il Paese insulare una propria provincia a tutti gli effetti. L’indipendenza di Taiwan da Pechino, cruciale per gli equilibri di forza sino-americani nel Pacifico, si basa sul supporto di Washington verso Taipei in funzione anti-cinese. Se gli Usa si sono dimostrati un partner inaffidabile con gli (ex) alleati delle YPG, nulla vieta di pensare che altre relazioni militari positive – come quella con Taiwan – possano un giorno venir meno in nome di nuovi obiettivi strategici o – più prosaicamente – elettorali.

giovedì 10 ottobre 2019

... Dalbr Jomma Issa ...

"Fermate la mano di Erdogan, per noi curdi e per la democrazia". Intervista a Dalbr Jomma Issa L'appello alla comunità internazionale della comandante militare dell'Ypg: "Costringere la Turchia a sedersi al tavolo per una soluzione pacifica o l'Isis tornerà in gioco" By Umberto De Giovannangeli 

“Al Governo italiano e alla comunità internazionale chiediamo di far sentire la sua voce, di agire in tutti gli ambiti internazionali, perché la Turchia non invada il Nord della Siria. In gioco non c’è solo la vita della popolazione curda, ma anche quei valori di libertà e di democrazia che sono a fondamento di un mondo libero”. A sostenerlo è una donna coraggiosa, una comandante militare: Dalbr Jomma Issa. La sua storia racchiude quella di tante ragazze, donne che hanno combattuto la guerra contro lo Stato islamico, sacrificando la loro vita per la liberazione di Raqqa e di Kobane. Dalbr Jomma Issa è comandante delle Unità di Protezione Popolare (Ypg) ed è stata comandante in capo delle Forze democratiche della Siria (Fds) l’alleanza curdo-araba, nelle operazioni a Raqqa e a Kobane. A Roma, la comandante delle Ypg è stata sentita in audizione alla Camera e ha partecipato a un meeting internazionale. “Siamo per una soluzione pacifica, diplomatica, fondata sulla legalità internazionale – dice Issa -. Noi abbiamo combattuto le milizie del Daesh per difendere il nostro popolo ma anche una idea di democrazia che può valere per l’intero Medio Oriente”. Le notizie che giungono dalla Nord della Siria sono drammatiche: Ankara si sta preparando ad invadere. Quale sarà la vostra risposta? La comunità internazionale deve fermare questa invasione e costringere la Turchia a sedersi a un tavolo negoziale, a essere parte di una Conferenza di pace che definisca una soluzione politica, pacifica. Una cosa è certa: noi eserciteremo il nostro diritto a difendere la nostra libertà, il nostro popolo, il nostro territorio. Per questo sono nate le Ypg, per queste ragioni abbiamo dato vita alle Fbs, una coalizione di forze che va oltre i curdi, una coalizione plurale, fondata sulla condivisione di una idea confederale della nuova Siria, dove siano rispettati i diritti di ogni minoranza e rispettati i principi universali di uguaglianza e di giustizia. Lo abbiamo fatto contro il Daesh. Lo faremo contro l’esercito turco se verremo invasi. Noi ci difenderemo, la resistenza è pronta a fare il proprio dovere. Le minacce turche non nascono in questi giorni, vanno avanti da tempo. Quando c’era da combattere lo Stato islamico, la Turchia non ha mosso un dito, semmai ha favorito l’infiltrazione dei foreign fighter che hanno ingrossato le fila del Daesh. Noi eravamo in prima linea per la liberazione di Raqqa e di Kobane. E ancora oggi siamo impegnati in combattimenti con miliziani dell’Isis che ancora sono presenti nel Nord della Siria. La guerra all’Isis non è affatto terminata e un indebolimento del nostro controllo del territorio finirebbe per rimettere in gioco quelli del Daesh. L’America lo sa bene, lo sa bene l’Europa. L’invasione della Turchia farebbe il gioco di al-Baghdadi. In questi giorni, in queste ore si è parlato e scritto del “tradimento” degli Stati Uniti. Il presidente Trump e il Pentagono hanno sostenuto, anche sulla spinta della comunità internazionale, di essere contrari ad una invasione da parte della Turchia del Nord della Siria. Hanno corretto il tiro. Prendiamo atto di queste affermazioni, che devono però essere supportate dai fatti. Il tradimento verrebbe consumato se l’esercito turco dovesse invadere. Se la comunità internazionale dovesse sottostare ai ricatti di Erdogan. Ma, sia chiaro, in quel caso non sarebbe solo il tradimento del popolo curdo e di quanti hanno combattuto contro l’Isis, sarebbe tradire quei principi, oltre che gli interessi, che hanno portato gli Stati Uniti a supportare le nostre azioni sul campo contro il Daesh. Abbiamo chiesto al Parlamento italiano, e al Governo italiano di operare per una Conferenza internazionale di pace con tutti gli attori regionali. Se questo impegno dovesse venir meno, vorrebbe dire che la coalizione era in Siria solo per combattere l’Isis e non per garantire una transizione pacifica, democratica. Subire la minaccia turca non stabilizza la Siria, non pone fine a otto anni di guerra, ma provocherà destabilizzazione altre vittime. Lei parla di una transizione democratica. Quali forme dovrebbe assumere? Questo dovrebbe essere oggetto della Conferenza: ricercare una soluzione condivisa, che come tale non deve guardare solo agli interessi di parte, siano essi turchi ma anche i nostri. Di certo, non può essere una soluzione condivisa quella imposta con la forza la Turchia, con la creazione di una ‘fascia di sicurezza’, che significa l’occupazione di una parte della Siria e una pulizia etnica nei confronti della popolazione curda insediata in quei territori. Esiste il terrorismo dell’Isis, ma esiste anche il terrorismo di Stato. Per noi la prospettiva che più si avvicina al rispetto di questi principi e valori è quella di un confederalismo democratico. Cosa ha chiesto oggi al Parlamento e al Governo italiano? Di prendere una posizione netta, chiara, contro la prova di forza che la Turchia sta portando avanti. Le Nazioni Unite hanno messo in guardia sulla tragedia umanitaria che l’invasione turca provocherebbe. L’Italia, non solo le sue istituzioni, ma il popolo italiano, ci è stato vicino, concretamente, quando combattevamo per la liberazione di Kobane. È stato uno dei Paesi che più ci ha sostenuto. È un impegno che oggi va confermato e rafforzato, quando è in gioco la vita di migliaia di persone e il futuro della Siria e del Medio Oriente. Un futuro che noi vorremmo di pace e di libertà. Per questi principi ci siamo battuti. Per essi continueremo a farlo se verremmo invasi”.

mercoledì 9 ottobre 2019

... auguri Amore!! ...

... un altro anno è passato ... raffreddore ed antibiotico per entrambi, difficoltà nel vendere case, poca liquidità, asfissiante vicinanza di certe persone, ma infine la nostra vita insieme procede sicura e forte: avanti così e verremo a capo dei nostri problemi ...

martedì 8 ottobre 2019

... antibiotico!! ...

... ci risiamo!! Di nuovo l'antibiotico!! Ma è una mania!!

lunedì 7 ottobre 2019

... secondo anno ...

... nozze di cuoio ... ed anche quest'anno non riusciamo a festeggiare l'anniversario, questa volta perché raffreddati tutti e due ... ma non è che qualcuno ci sta mandando qualche maledizione ... comincio a sospettarlo!

domenica 6 ottobre 2019

... raffreddato!! ...

... ebbene si!! ci risiamo con il raffreddore: virus fetenti provenienti da persona fetente!

sabato 5 ottobre 2019

... il sacrificio ...

... il sacrificio di due ragazzi in divisa ... continua la strage dei servitori dello Stato!

giovedì 3 ottobre 2019

... 6 anni fa ...

... 6 anni fa 368 morti in mare davanti alle coste italiane: l'Europa indifferente all'emergenza migratoria ma pronta allo sfruttamento delle risorse presenti in Africa: un delitto di uomini contro altri uomini che reclama giustizia ...

mercoledì 2 ottobre 2019

... l'ira che esplode ...

... uno strato di ghiaccio in superficie, con qualche increspatura, poi i seracchi che si formano, per il continuo stress provocato dalla vicinanza di una persona incapace ed egoista, poi lo scoppio della bocca del vulcano stamane, di fronte all'ennesima dimostrazione di indifferenza verso le esigenze ed i bisogni altrui ... questo è un promemoria per te Marco, chissà se mai lo leggerai, questa è e sarà tua madre, tienine conto!

... viva i nonni !! ...

... viva i nonni!! Giorno di festa per Maria Rosa e per me EH EH!!

martedì 1 ottobre 2019

... ottobre ...

... ottobre che inizia, foglie che cadono, un po' di tristezza, qualche preoccupazione di troppo ed il tempo che scorre inesorabile ...