domenica 30 novembre 2025

... fine mese ...

... mi dispiace, non riesco ad essere sereno ed ottimista ... mi aspettano, in rapida successione, tre punture all'occhio sinistro, un controllo oculistico, un campo visivo Estermann, un rinnovo di patente alquanto problematico, sempre sperando non giungano spese impreviste ... no, non riesco ad essere ottimista!!

... in difesa di Francesca ...

"Condanno l'irruzione a La Stampa, a Torino. È necessario che ci sia giustizia per quello che è successo alla redazione. Sono anni che incoraggio tutti quanti, anche quelli più arrabbiati, la cui rabbia comprendo e credetemi anche la mia, che dico bisogna agire così (mani alzate) non bisogna commettere atti di violenza nei confronti di nessuno, ma al tempo stesso che questo sia anche un monito alla stampa per tornare a fare il proprio lavoro, per riportare i fatti al centro del nuovo lavoro e, se riuscissero a permetterselo, anche un minimo di analisi e contestualizzazione". 

Francesca Albanese è una relatrice speciale per le nazioni unite che ha subito sanzioni internazionali a causa delle sue opinioni sul massacro del popolo Palestinese a Gaza e in Cisgiordania, opinioni suffragate da evidenze scientifiche. Questo rappresenta un precedente antidemocratico gravissimo, contro il quale nessuno, e dico nessuno dei nostri rappresentanti ha lottato. 
Seguire la destra in questa crociata contro Francesca Albanese che al netto di dichiarazioni decontestualizzate (che non solo non giustificano ma neppure minacciano la stampa) resta una delle poche voci libere contro il genocidio a Gaza, nonché rappresentante della parte più coraggiosa del nostro paese, è miope. 

 Lucia Coluccia.

... Cara ministra ...

Cara Ministra Roccella, 

Oggi ho guardato mia moglie e le ho detto che finché farà esattamente ciò che io voglio che faccia, rimarrà viva. E ho sottolineato che questo, in fondo, è un fatto positivo. Perché, come ha detto lei stessa, "ogni donna che viene uccisa è troppo, ma bisogna fare anche l'inverso: ogni donna che non viene uccisa è un fatto positivo." Dunque, le ho consigliato di puntare al positivo e di provare a soddisfare le mie esigenze per quanto possibile, perché è un attimo passare dall'essere una sopravvissuta a meritare una fine diversa. Ovviamente sono ironico, cara Ministra. Dice che non le sembro divertente? In effetti, rileggendo, mi rendo conto che non c'è un cazzo da ridere. Perché non è un argomento su cui si possa fare ironia, ma ho l'abitudine di dare risposte stupide a domande stupide e di rispondere all'assurdo alzando ancora di più i toni. Se lei mi dice di non credere all'allunaggio, io le risponderò di non credere all'esistenza della luna. La verità è che non dovrebbe esistere un contesto politico in cui si possa parlare dell'assurdo. Perché la frase che ha pronunciato non è positiva, è pericolosa. È trasformare il minimo sindacale in traguardo eroico. Un fallimento del linguaggio e, di riflesso, della politica. Una donna viva non è un fatto positivo. È un fatto normale. Punto. E siccome non le scrivo per fare polemica, ma per spiegarle cosa dovrebbe fare la politica di uno Stato di cui lei è Ministro, le elenco tre possibili alternative, utili a scusarsi con tutte le donne per ciò che le è sfuggito malamente dalla bocca senza prima passare dalla corteccia cerebrale:

 1. Finanziare davvero i centri antiviolenza; 
2. Introdurre l'educazione affettiva e sessuale nelle scuole. Perché il cortocircuito si disinnesca con il sapere, non con la semantica inversa; 
3. Creare percorsi economici e psicologici reali per le vittime. Perché dire "denuncia" a una donna che dipende completamente dalla persona che dovrebbe denunciare, equivale a dire "nuota" a chi sta affogando legato a una sedia con i pesi sulle caviglie. 

E le aggiungo un punto gratis, visto che c'è il Black Friday: 

4. Proteggiamo le nostre figlie dal danno delle frasi detta a caso. Perché sentirsi fortunate per essere vive non è abbastanza. Uccide, in un modo persino più meschino. 
Da profano, mi permetta: non si premia la primavera perché l'inverno non ne ha sterminato i fiori. Si lavora piuttosto durante la primavera, affinché l'inverno non faccia male. 

Con rispetto, signora Ministra, premiare chi non commette un delitto, non è utile quanto punire chi lo ha commesso. Le due cose, non sono inversamente proporzionali. Perché il rischio è che da domani si inizi a premiare quel guidatore che, pur percorrendo il centro città a 140 chilometri orari, sia riuscito a non investire nessuno. 

Umilmente, 

Salvatore Savasta

... Lecce 2 - Torino 1 ...

BARONI, ALLENATORE DA CACCIARE, OPPURE SI VA IN B. 

Marco Baroni fa rima con tante parole. 

Baroni come Depressioni 
Baroni come barboni, senza alcun riferimento in particolare 
 Baroni come dimissioni che non arriveranno mai 
Ma soprattutto Baroni come retrocessioni, perché un allenatore del genere, che ha messo in piedi la peggiore difesa del campionato e probabilmente della storia granata, meriterebbe il ben servito immediato. Baroni sta portando il toro verso la serie b e se al momento la classifica non è drammatica è solo a causa di alcune anomalie come il pessimo inizio della Fiorentina. Ma chi prende tutti questi gol (lo dice la storia) retrocede sempre. Non sarà un Amenda qualsiasi preso a gennaio a salvare la baracca. Serve un allenatore, con idee nuove in grado di dare un senso a una difesa da incubo.

sabato 29 novembre 2025

... l'assalto a " La Stampa" ...

Gli intrepidi "duri e puri" che ieri hanno devastato la sede de "La Stampa" di #Torino, per altro vuota per via dello sciopero dei giornalisti, sono solo squadristi fascisti che di #sinistra non hanno niente e che fanno solo danni alla causa pal&stinese. Per altro, il direttore Andrea Malaguti fu l'unica voce dissonante dal penoso convegno al Cern filo-si0nista, facendo un discorso esemplare contro i pennivendoli con l'anello al naso che negavano il genocidio. Della serie: la madre dei cretini, quindi degli squadristi fascisti, è sempre incinta. Stupisce come Digos e forze dell'Ordine, sempre così solerti a reprimere chi manifesta pacificamente, non si siano accorti dell'assalto. La nostra incondizionata solidarietà al direttore e a tutta la redazione. 

 #qualcosadisinistra 

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 L’assalto a La Stampa è la rappresentazione perfetta del cortocircuito della sinistra italiana. Per mesi il giornale ha difeso, giustificato e amplificato tutte le narrazioni propal, ogni corteo, ogni occupazione, ogni marcia con fumogeni e volto coperto. Basta rileggere i loro titoli: • “Sciopero per Gaza: scontri a Milano, 10 fermati e 60 agenti feriti” • “Nelle piazze una marea umana per Gaza. I sindacati: ‘Siamo più di due milioni’” • “Al via la manifestazione Pro Gaza vietata a Torino” • “Cori e fumogeni: Free Pal in piazza contro la violazione della tregua” • “Scuola e Gaza, cortei di studenti in tutta Italia. Scontri con la polizia” Non solo: per mesi La Stampa ha fatto da megafono a ogni protesta studentesca, ai collettivi, ai maranza elevati a “fenomeno sociale”, ai centri sociali, alle battaglie identitarie più radicali, alla retorica del “siamo tutti antifascisti”, alle lotte contro la polizia, al vittimismo permanente della sinistra estrema. E adesso? Vengono aggrediti proprio da chi hanno sempre difeso. Da ambienti propal che loro stessi hanno sostenuto, raccontato, protetto mediaticamente. Da frange antagoniste che loro stessi hanno spesso giustificato. Non c’è nulla di “fascista” in questo assalto. È la sinistra che viene attaccata dalla sua stessa sinistra. È un atto comunista fatto da comunisti contro altri comunisti. È il risultato di anni a coccolare estremismi, giustificare vandalismi, difendere chi spacca tutto e poi pretendere pure l’applauso. E mentre continuano a ripetere “il pericolo è la destra”, ecco che vengono travolti da ciò che loro stessi hanno alimentato. Altro che fascismo. Questo è il crollo interno della sinistra radicale. Una bomba che gli è esplosa in mano. La violenza è violenza, e gli estremisti – di qualunque colore – vanno condannati senza se e senza ma. Su questo non c’è discussione. Ma proprio perché rifiuto ogni estremismo, bisogna anche chiamare le cose con il loro nome, senza creare categorie che confondono più che chiarire. Gli autori dell’assalto a La Stampa non sono “fascisti”, né nel metodo né nell’ideologia che rivendicano. Anzi, sono comunisti antagonisti, dichiarati e orgogliosi: appartengono a collettivi, centri sociali e realtà che si autodefiniscono apertamente marxiste, rivoluzionarie, antisioniste, anti-Stato, anti-polizia. Se si legge ciò che scrivono e ciò che urlano nei cortei, rivendicano lotta rivoluzionaria, non certo il Duce. Che poi gli estremismi si somiglino negli atti violenti è vero — gli opposti spesso si toccano — ma non per questo diventano intercambiabili. Chiamare “fascista” chi è chiaramente, esplicitamente e fieramente comunista non aiuta a capire ciò che accade, né aiuta a responsabilizzare le aree politiche da cui certi gruppi emergono. La verità è semplice: questi non sono fascisti travestiti, sono comunisti convinti che usano la violenza per imporre il loro pensiero. È uno scontro interno alla galassia della sinistra radicale, non un ritorno del ventennio. Condanniamo la violenza, certo. Ma non riscriviamo le etichette: se no si finisce per assolvere chi dovrebbe assumersi le proprie responsabilità. 

 Gianluca Pontalto.

... un' opinione ...

Siccome il criminale Putin sostiene che il Donbass appartiene alla Russia e gli ucraini se ne devono andare, in questo sostenuto anche dai suoi servi e complici anche italiani (Travaglio, Moni Ovadia, D'Orsi, Rizzo, Salvini, Conte, Santoro, Cacciari, Canfora, Pagliarulo, Appendino, etc.), volevo rinfrescare la memoria ai tanti putiniani e non. 
Quando l'Unione Sovietica si è dissolta e al suo posto si sono inventati la Federazione russa, ai cittadini ucraini venne chiesto se volevano l'indipendenza o far parte della federazione. Era il 1 dicembre 1991. A quel referendum parteciparono oltre l'84% degli ucraini residenti. Il risultato fu schiacciante: il 90,3%, ovvero ben oltre 20 milioni, votarono per l'indipendenza. La cosa interessante è che la maggioranza si raggiunse anche in Donbass e in Crimea, seppure con margini inferiori della media nazionale. Questo alla faccia dei falsari e propagandisti del Cremlino. Putin è un criminale e chi lo giustifica con palle colossali come quelle messe in giro da Travaglio, è suo complice.

... omuncolo!! ...

Ma è possibile che questo ciarlatano in cerca di collocamento e di consensi, debba sempre e di continuo rompere le scatole a qualche esponente, al leader od al partito stesso del Movimento 5 stelle ? Eppure dovrebbe rendersi conto di come e quanto stia cadendo in basso con questo suo squallido fare! Ma chi crede di essere? Conta meno di zero e, probabilmente, si ritrova a fare il politicante , solo perché figlio di papà! Ad insistere con questo detestabile comportamento, poi si finisce a perdere in credibilità ed attendibilità! 

♦️🛑♦️ .

Pariolissimo carlo calenda, ti vorrei dire due parole da un uomo libero che con Fico non ha nulla a che spartire. Come hai scritto qualche ora fa su X - sei praticamente ai livelli di salvini come utilizzo dei social, intendo ossessivo-compulsivo - per te Decaro va bene per la Puglia, mentre non riesci a concepire Fico presidente della Regione Campania, perché è del Movimento 5 Stelle. Ma esattamente, tu, cos'hai fatto per questo Paese, a parte portare renzi in Parlamento nel 2022 che da solo non avrebbe superato la soglia di sbarramento poiché sotto il 3% (e molto probabilmente neanche il tuo partito sarebbe riuscito a superarla)? E dopo poche ore ti sei subito separato da costui per cominciare a lamentarti in tv di tutto e tutti con un partito fantasma che ha percentuali irrisorie. Partecipi ai convegni di forza italia e di fratelli d'italia perché non sai nemmeno prendere delle posizioni nette e con la scusa del centro elemosini alleanze che vanno da schlein a tajani. Ti dirò, tra il pd guerrafondaio e riformista, con la tua amica picierno in prima linea e forza italia non c'è poi tutta questa differenza. Quindi fai bene a chiedere udienza in questi pollai democristiani. Però, ripeto, io sono uno da un mandato e poi a casa, pertanto con Fico non mi sposo, però evita di parlare sempre e solo del Movimento 5 Stelle per cercare consensi. Guarda che così non sali. Dicevi "non mi candiderei mai come sindaco di Roma" quando eri europarlamentare del pd e appena hai finito il mandato ti sei candidato a sindaco. Dicevi "mai con renzi" e per entrare in Parlamento da ex pidino ti sei dovuto alleare con lui e con della vedova e magi. Nel 2016 volevi portare il Colosseo in Russia, oggi ti piacerebbe collocarlo in Piazza Majdan. Hai iniziato la carriera politica con montezemolo, ma di cosa vuoi parlare? Di come aiuteresti i 6 milioni di poveri e i 5,7 milioni di italiani che non si possono curare? O quelli che vanno a mangiare alla Caritas? Vuoi parlare di salario minimo e reddito di cittadinanza per chi a stento riesce a campare con dignità? Vuoi parlare dei giovani laureati che fuggono dall'Italia perché in questo Paese vengono sfruttati? Dai, finiscila. Rappresenti solo una cerchia di privilegiati. Fico rappresenta il Movimento 5 Stelle che per le fasce più deboli qualcosa ha fatto. Per il ceto medio-basso qualcosa ha fatto. Con tutti gli errori di questo mondo per carità. Anche per la Palestina qualcosa ha fatto, come anche per la tua amata Ucraina che puoi amare solo tu. Tu che sei a favore per armare fino ai denti l'Europa e soprattutto zelensky ami gli ucraini. Noi che vogliamo la pace attraverso la diplomazia, per te e i tuoi amici amiamo putin. Caro calenda, da cittadino che paga le tasse e pretende un minimo di critica civile e autocritica da parte dei politici, ti consiglio di fare l'imprenditore o qualsiasi altra professione perché la politica è una cosa seria. La politica è umiltà al servizio della collettività. Sì lo so, non sei il solo a dover andare a casa, ma intanto potresti cominciare tu a dare il buon esempio. Con stima sotto le scarpe, ti chiedo di rifletterci. I soldi non ti mancano, il lavoro neppure, con le conoscenze che hai lo troveresti subito uscito dal Parlamento. 
Pensaci. 

Salvatore Granata
Il leader di Azione critica duramente il Pd e l'alleanza con M5S: "L'ammucchiata più vergognosa della storia repubblicana"

venerdì 28 novembre 2025

... Giuseppe Conte ...

🔴 INTERVISTA AL “FATTO QUOTIDIANO” 


 ❓ L’avvocato ha voglia di parlare, ma anche l'agenda piena. 
“Non riesco a fermarmi” sorride Giuseppe Conte. 

Elly Schlein ha posto come condizione per partecipare ad Atreju, la festa di Fratelli d'Italia, di confrontarsi sul palco con Giorgia Meloni. E ora la premier dice di essere pronta a confrontarsi sia con lei sia con Schlein ad Atreju perché, scrive, “non spetta a me decidere chi sia il leader dell’opposizione”. Lei è disposto a un dibattito a tre? 
 Non mi sono mai sottratto al confronto, e certamente non lo farò adesso. Già lo scorso anno in occasione di Atreju avrei voluto confrontarmi con Meloni, ma non fu possibile: bene che si faccia quest'anno. 

 ❓Ponendo come condizione per partecipare alla festa il confronto con la premier, Schlein non ha commesso un errore tattico? 
 Non spetta a me dirlo, io ora sto ai fatti. Finalmente Meloni sceglie di confrontarsi anche con il sottoscritto, dopo che in questi anni mi ha accusato di ogni nefandezza. 

 ❓Quello che andrà peggio nel dibattito tra lei e Schlein perderà peso nella corsa alla candidatura per Palazzo Chigi. Sarà anche un derby, non crede? 
 Ma no, c'è tempo per decidere queste cose. Prima dobbiamo occuparci di programmi e temi. 

 ❓Pensa che Meloni la ritenga più insidioso di Schlein? 
 Andrebbe chiesto a lei (sorride, ndr). 

 ❓Secondo la segretaria dem, da FdI sollecitano un tavolo sulla legge elettorale perché “hanno paura di perdere”. Condivide? 
 Sì. Credo che soprattutto il risultato in Campania sia stato uno scossone per Meloni, visto il distacco abissale tra Roberto Fico e il candidato di FdI, l'esponente di governo Edmondo Cirielli. Ma non si può cambiare una legge elettorale solo per sagomarla sulle esigenze della maggioranza. 

 ❓Lei è sempre per una legge proporzionale sul modello tedesco? E se la chiamassero a un tavolo per discuterne, andrebbe? 
 Sì, il M5S è tradizionalmente per il proporzionale con un'adeguata soglia di sbarramento, e non mi sembra che sia questa l'ipotesi che circola nel loro campo. Ma se dovesse arrivare un'iniziativa formale su questo, non ci sottrarremo al confronto in Parlamento. 

 ❓Le primarie di coalizione vanno fatte solo se sulla scheda elettorale verrà inserito il nome del candidato premier, o sono comunque necessarie? 
 Penso che il dibattito nel campo progressista non possa e non debba avvitarsi da qui ai prossimi mesi sul fatto di tenere o meno le primarie. Concorderemo al momento giusto i criteri per scegliere il candidato. Ora ciò che interessa i cittadini sono le proposte economiche per migliorare la condizione di famiglie e imprese, o per dare risposte sul grave problema della sicurezza. 

 ❓Lei ha lanciato un cantiere per il programma, sul modello della costituente del Movimento dell'anno scorso. Che tempistiche immagina, e come vuole strutturarlo? 
 Sarà un processo che si svolgerà in più mesi, nella prossima primavera. Consulteremo i nostri iscritti, ma rispetto alla costituente Nova daremo ancora più spazio alle istanze che ci arriveranno da cittadini e associazioni. La gente non vuole solo votare, ma partecipare a un processo, costruirlo. 

 ❓Lei ha rinviato il tavolo della coalizione a dopo l’estate. Ma gli altri partiti progressisti, a partire da Avs, non ne sono entusiasti. 
 È sbagliato parlare di un rinvio da parte mia. Sono stato il primo a dire che è il momento di concentrarsi sull'elaborazione di un programma, ma è legittimo che ogni forza politica lo faccia seguendo il proprio metodo e percorso. Questo ci consentirà di arrivare al tavolo di coalizione con proposte forti, che rispondono ai bisogni del Paese. 

 ❓Lei è molto fiducioso sulla possibilità di vincere il referendum sulla giustizia, ma parte del Pd voterà Sì. 
 Confido che i cittadini sapranno vedere il vero obiettivo che si nasconde dietro la riforma Nordio: non snellire i tempi della giustizia, non potenziare le risorse umane che lavorano nei tribunali, ma rendere i politici intoccabili e metterli al riparo dalle inchieste. Non possiamo affidare la riforma della giustizia a un ministro che ha confezionato una norma che fa scappare i presunti criminali avvertendoli prima dell'arresto. Come M5S faremo convintamente la nostra campagna per il No, anzi abbiamo già iniziato. 

 ❓Il comitato unico dei partiti si farà? 
 Stiamo valutando, ma è certo che il M5S si batterà contro questa riforma e in prima linea ci saranno i nostri parlamentari simbolo della lotta per la legalità: Scarpinato, Cafiero de Raho e Antoci. 

 ❓Se perdesse il referendum, Meloni dovrebbe dimettersi? 
 Tenterà di non personalizzare il referendum come fece Renzi, a dimostrazione che sa che la vittoria dei Sì non è affatto scontata. Ma la sconfitta nel referendum sarebbe molto pesante visto che è l'unica vera riforma che presentano dopo tre anni di governo. Sarebbe il segno che gli italiani non credono più alle favole sul miglioramento della giustizia e a tutte le altre bugie che ci raccontano. La maggioranza può farsi molto male su questo voto.

... parole chiare!! ...

Finalmente qualcuno ne ha piene le ⚾️⚾️ delle b€stie di s@tana che da 80anni si sono insediate in Palestina. 
 Un terremoto mediatico ha appena colpito l'America, e ha colpito Israele più duramente di qualsiasi altra cosa prima. 
Tucker Carlson, il conduttore conservatore più influente degli Stati Uniti, un uomo che Israele considerava un alleato incrollabile, li ha appena attaccati con una franchezza che nessun personaggio televisivo americano avrebbe mai osato. In diretta, davanti a milioni di persone, ha sganciato la bomba: 

"Non esiste il 'popolo eletto di Dio'. Dio non sceglie gli assassini di bambini. Questa è eresia: questi sono criminali e ladri". 

Non era un commento... Questa era una dichiarazione di guerra all'intera narrazione israeliana. E non si è fermato qui. Carlson ha smascherato la rabbia che ribolliva in America:

"350 milioni di americani stanno lottando per sopravvivere, e noi mandiamo 26 miliardi di dollari a un paese di cui la maggior parte degli americani non sa nemmeno nominare la capitale". 

Quel video ha raggiunto 48 milioni di visualizzazioni in 9 ore, e un sondaggio della CNN ha mostrato in seguito: Il 62% degli americani è d'accordo con lui. Il sostegno a Israele sta crollando all'interno degli Stati Uniti stessi. Poi è arrivato il colpo di scena: un messaggio diretto a Trump: 

"Ho sostenuto Trump... Ma concentrare i soldi, l'energia e la politica estera americana su Israele è un tradimento delle sue promesse". 

Le conseguenze: 

• Un massiccio cambiamento dell'opinione pubblica contro Israele 
• I conservatori rompono i ranghi 
• L'establishment politico nel panico 
• Israele perde il suo più forte scudo mediatico 

La verità è ormai di dominio pubblico: Per la prima volta da decenni, gli americani stanno apertamente mettendo in discussione l'intero rapporto con Israele, e non hanno intenzione di fare marcia indietro. 

#IsraelTerroristState

giovedì 27 novembre 2025

... "guerra ibrida" ...

In questo momento non ho molto tempo per fb. Seguo come tutti la situazione cercando di evitare la melma diffusa dalla propaganda russa e ripresa seevilmente dal "Falso quotidiano" e altri... non commento nemmeno farneticazioni come quella della professoressa Di Cesare, che apre un suo intervento con "dalla caduta di Mosca, preconizzata con leggerezza folle nelle prime settimane, alla triste capitolazione di Kiev..." (il miscuglio di falsitá, tendenziosità e semplice piaggeria filorussa in queste poche parole è veramente stupefacente); non infierisco sugli imbecilli che venti giorni fa gongolavano scrivendo "mission accomplished" alla notizia che "i russi erano entrati a Pokrovsk aiutati dalla nebbia" (erano una banda di sciammannati in moto e macchine scassate, poi eliminati). Faccio solo notare: Pokrovsk non è ancora caduta. La situazione è difficile per molti motivi, al fronte, ma non quanto i russi e i loro servi sciocchi vorrebbero farci credere. La violenta campagna di bombardamenti su obiettivi civili è prova soprattutto della loro frustrazione in un momento in cui più che mai hanno bisogno di convincere l'opinione pubblica europea di stare vincendo. La "guerra ibrida" per attaccare il morale degli ucraini e soorattutto di chi li sostiene in Europa è in questo momento fondamentale. In Italia la stiamo perdendo, temo. Anche per colpa del cialtronesco sistema di informazione che lascia spazio ai travagliati di vario genere e specie. Intanto, come si vede nella foto qui sotto, in Russia la rete di raffinazione e distribuziine dei carburanti ha qualche problema... (Sul piano di pace: non ha senso parlarne, per ora. Il primo era una presa in giro, tradotta direttamente dal russo. Vediamo cosa esce dal confronto con l'Europa.) 

Gastone Breccia.

... #25novembre ...

#25novembre tutto l'anno 

𝐈𝐫𝐞𝐧𝐞 𝐕𝐞𝐥𝐥𝐚: «𝐈𝐥 𝐟𝐞𝐦𝐦𝐢𝐧𝐢𝐜𝐢𝐝𝐢𝐨 𝐧𝐨𝐧 𝐞̀ 𝐮𝐧'𝐞𝐦𝐞𝐫𝐠𝐞𝐧𝐳𝐚. 𝐄' 𝐮𝐧 𝐬𝐢𝐬𝐭𝐞𝐦𝐚 

Intervista di Lucia Tilde Ingrosso 

La cattiva notizia è che, in Italia e nel mondo, le donne continuano a essere uccise. Nel nostro Paese, nell’82% dei casi l’assassinio si consuma in ambito familiare; nel 60% dei casi, l’omicida è il partner o ex partner. La buona notizia è che tutti i numeri sono in miglioramento: nei primi nove mesi del 2025 i femminicidi in Italia sono stati 73 (-20% rispetto allo stesso periodo del 2024). In sensibile riduzione anche gli omicidi familiari di donne (-24%). I femminicidi a opera di partner, o ex, sono passati da 48 a 44 (-8%).Le donne muoiono numericamente meno degli uomini, ma lo fanno prevalentemente in ambito familiare e affettivo e soprattutto per mano di partner o ex. Al ritmo di una alla settimana. Sempre una di troppo.Ma cosa si può fare per arrestare questo fenomeno che rappresenta una piaga sociale e una vergogna civile? Prova a dare il suo contributo Irene Vella. Giornalista, scrittrice e content creator con il libro Era mia figlia. Per ritrovare le voci delle donne che abbiamo perduto (Solferino). Irene, come nasce l’idea del libro? Nasce da una mancanza enorme: la voce di chi non c’è più. In ogni femminicidio parlano tutti – giornali, tribunali, vicini, perfino gli assassini – tranne loro. Le vittime vengono zittite due volte: prima dalla violenza, poi dal racconto che le riduce a un fatto di cronaca. Un giorno mi sono detta: E se potessi restituire la voce a queste ragazze? Se potessero tornare a raccontare chi erano, e non solo come sono state uccise?” Così è nato Era mia figlia: dai 66 milioni di visualizzazioni in due mesi sui social, dall’urgenza collettiva di ascoltare, e dal mio bisogno di trasformare il dolore in un servizio. Io so fare una cosa: scrivere. E ho deciso di mettere la mia penna al servizio di chi non può più parlare». Quali storie ti hanno turbato di più? Sono tutte devastanti, ma ce ne sono due che mi hanno colpita nel punto più fragile: Sofia Castelli e il piccolo Daniele. La storia di Sofia mi ha spezzata, perché i miei figli hanno la sua stessa età. Sofia era nel letto della sua camera, il luogo più sicuro del mondo. Era appena rientrata, aveva rassicurato la mamma con un messaggio – “Mamma, tranquilla, sono a casa” – e poi si era addormentata. Nell’altra stanza c’era la sua amica del cuore: avevano parlato, riso, condiviso quella normalità che appartiene ai vent’anni. Quello che nessuno poteva immaginare era che il suo ex si fosse nascosto nell’armadio per sette ore, aspettando il momento giusto. Quando Sofia dormiva, lui è uscito e l’ha uccisa. Poi è scappato ed è stato arrestato più tardi. La mattina dopo, la sua amica l’ha trovata riversa nel sangue. Una scena che non si dimentica. La storia del piccolo Daniele è una ferita che non si rimarginerà mai. Un bambino di sette anni, un padre con un codice rosso attivo, un uomo che aveva già tentato di uccidere un collega. Daniele che fa gli aeroplanini con scritto “Ti voglio bene, papà”. Lui lo fa girare di spalle, gli taglia la gola e gli dice: “Fanne uno anche per il nonno.” Poi nasconde il suo corpo nell’armadio e va da Silvia, la madre, per uccidere anche lei. Queste due storie mi fanno male fisicamente. Perché mostrano una ferocia lucida, premeditata.E soprattutto urlano che questi non sono raptus: sono fallimenti del sistema, segnali ignorati, allarmi rimasti inascoltati. Che sollievo ne hanno ricavato le famiglie? Il sollievo, quando perdi una figlia, non esiste. Esiste però un respiro. Una dignità restituita. Molte famiglie, leggendo il monologo, mi hanno detto: “Per un attimo l’hai riportata qui con noi.” Questa frase vale tutto. Perché le loro figlie non diventano un trafiletto, non diventano una statistica, non vengono archiviate. Diventano memoria. E la memoria è una forma di giustizia. C’è una storia in cui ti riconosci? Mi riconosco in tutte. Non perché io abbia vissuto quello che hanno vissuto loro, ma perché anch’io conosco il dolore, la fragilità, la paura di perdere chi ami. Mi riconosco nelle madri che stringono una foto, nelle sorelle costrette a essere forti, nelle donne che hanno chiesto aiuto e non sono state ascoltate. E mi riconosco nel bisogno di dare un senso al dolore. Io ho trasformato il mio, quello vissuto con la malattia di mio marito Luigi, quello che ti cambia la prospettiva, in un atto di servizio. Per questo dico sempre che questo libro non l’ho scritto io: lo hanno scritto loro, attraverso me». Come hai scelto le storie? In realtà è stato più vero il contrario: sono state le storie a scegliere me. Alcune mi sono venute incontro da sole: da una foto, da un racconto, da un servizio televisivo. Gli occhi di Sofia mi si sono entrati dentro la prima volta che li ho visti: profondi, maturi, pieni di vita. Di Chiara ho visto subito il sorriso, un sorriso che apriva il mondo, e poi il suo arco con le frecce, la sua passione, il suo amore per il papà. Daniele aveva un sorriso pazzesco, un sorriso che ti entra dentro senza chiedere permesso. Di Giulia mi ha catturata la dolcezza, quella purezza che traspariva dallo sguardo. Carol mi parlava attraverso la solitudine dei suoi occhi. E Marisa, con quegli occhi che brillavano, era luce pura. Queste ragazze e questi ragazzi non sono numeri, non sono casi, non sono articoli di cronaca. Sono volti. Sono sguardi. Sono sorrisi. E quando quegli occhi ti guardano, anche solo in una foto, non puoi far finta di niente. Io non le ho scelte davvero. Le ho incontrate, ascoltate e accolte. Cosa si può fare a livello personale per prevenire i femminicidi? La prevenzione non comincia quando una donna denuncia. Comincia molto prima. A livello personale possiamo: credere alle donne quando parlano, non minimizzare gelosia, controllo, isolamento, smettere di romanticizzare il possesso, educare i ragazzi al rispetto, non alla conquista, insegnare alle ragazze che i confini del proprio corpo sono sacri e non devono essere giustificati.La prevenzione inizia nelle parole, nei gesti, nella cultura quotidiana. E a livello istituzionale? Scuole, Stato, politica? Occorre una rivoluzione culturale, non un cerotto.Servono:programmi obbligatori di educazione affettiva nelle scuole, dalle elementari, più centri antiviolenza e finanziamenti stabili, non emergenziali, formazione obbligatoria e continua per forze dell’ordine, magistrati, insegnanti, tempi rapidi per applicare le misure cautelari, una rete reale di protezione per chi denuncia: case rifugio, sostegno psicologico, indipendenza economica, una banca dati nazionale aggiornata e completa, campagne istituzionali permanenti, non solo il 25 novembre. Il femminicidio non è un’emergenza. È un sistema. E un sistema si cambia solo con educazione, cultura e coraggio politico. 

 Solferino Libri

... Lega indecente!! ...

𝐋'𝐮𝐜𝐜𝐢𝐬𝐢𝐨𝐧𝐞 𝐝𝐢 𝐘𝐨𝐮𝐧𝐞𝐬 𝐚 𝐕𝐨𝐠𝐡𝐞𝐫𝐚, 𝐪𝐮𝐚𝐭𝐭𝐫𝐨 𝐚𝐧𝐧𝐢 𝐝𝐨𝐩𝐨: 𝐥𝐚 𝐯𝐞𝐫𝐢𝐭𝐚̀ 𝐜𝐡𝐞 𝐬𝐦𝐞𝐧𝐭𝐢𝐬𝐜𝐞 𝐒𝐚𝐥𝐯𝐢𝐧𝐢 


Il #buongiorno di Giulio Cavalli 


 A Voghera ci sono voluti più di quattro anni perché la cronaca tornasse a chiamare le cose con il loro nome. Il procuratore Fabio Napoleone ha chiesto undici anni per omicidio volontario a Massimo Adriatici, l’ex assessore-sceriffo che la sera del 20 luglio 2021 sparò un colpo di pistola al petto di Younes El Boussettaoui. Non una reazione istintiva, non un eccesso maldestro: un’azione volontaria, dice oggi l’accusa. E in questa definizione crolla l’intero racconto politico costruito allora attorno al delitto. Perché quella notte, prima ancora che si capisse cosa fosse accaduto, Matteo Salvini e la Lega erano già sul luogo del delitto mediatico. «Un uomo per bene aggredito», «legittima difesa», «un caso chiaro»: dichiarazioni consegnate alla stampa quando il corpo era ancora sull’asfalto. Il copione era lo stesso di sempre: assolvere il militante, demonizzare il morto, chiudere la discussione prima che i fatti la aprissero. La vittima venne subito presentata come “molesta”, “nota alle forze dell’ordine”, utile a trasformare un omicidio in un incidente inevitabile. Ora però le parole del pm riportano la vicenda nella sua nudità: Adriatici sarebbe uscito di casa per una ronda armata, avrebbe pedinato El Boussettaoui e avrebbe sparato con il colpo già in canna. La politica che allora correva a difenderlo, oggi tace. È il silenzio di chi sa che la propaganda ha il fiato corto, mentre la giustizia - quando riesce - restituisce alle storie il loro peso. E in quel peso c’è un uomo morto, una comunità ferita e un Paese che non può permettersi assessori con la pistola e leader pronti a trasformare ogni ombra in una campagna elettorale.

mercoledì 26 novembre 2025

... Giuseppe Conte ...

🔴 INTERVISTA A “LA REPUBBLICA” 

Finite le prove elettorali nelle regioni, è iniziata la cavalcata verso le politiche del 2027. E Giuseppe Conte, anche in risposta alle sollecitazioni degli alleati, annuncia l'apertura di un cantiere «partecipativo» del M5S per il programma. Solo successivamente questo lavoro sarà portato al tavolo comune del centrosinistra e non sarà una pratica da sbrigare in poche settimane, «perché non sarebbe serio». I tempi? «Penso che si possa fare dopo l'estate». 

 ❓Roberto Fico ha vinto bene in Campania, ma in Puglia la vostra lista si ferma al 7 % e in Veneto addirittura poco sopra il 2%. Come se la spiega questa debolezza? 
 «Intanto oggi dopo la Sardegna con Alessandra Todde, con Fico andiamo a governare un'altra importante Regione come la Campania. È evidente che il nostro elettorato è più motivato quando c'è un nostro candidato. In Campania, infatti, calcolando anche la lista “Fico Presidente” abbiamo raggiunto il 15%. È una sperimentazione che sta funzionando, in passato non mettevamo in piedi liste civiche del presidente e i risultati sono stati lusinghieri. Come è accaduto in Calabria con la lista per Tridico». 

 ❓Sta di fatto che anche al Sud non andate bene nelle elezioni locali. Perché? 
 «Perché non abbiamo apparati che muovono consensi e pacchetti di voti. Tutti i candidati, anche quelli della civica del presidente, devono sottostare alle nostre regole rigidissime. Non prenderemo mai uno che ci porta trentamila voti, perché non accettiamo transfughi di altri partiti. Detto questo, passo dopo passo stiamo migliorando anche sui territori». 

 ❓L'analisi dei flussi dell'Istituto Cattaneo mostra che persino a Roberto Fico, non solo ad Antonio Decaro, sono arrivati consensi da chi aveva in passato votato a destra. Cosa è scattato? 
 «Evidentemente l'attenzione che abbiamo dimostrato per legalità e bisogni reali di famiglie e imprese viene giudicata di buon senso da tanti cittadini. Soprattutto quelli legati a un'idea di destra sociale sono molto delusi da questo governo. La loro sconfitta al Sud è dovuta al fatto che questa destra dice che le cose vanno bene e si ritrova a fare promesse artificiose a pochi giorni dal voto». 

 ❓Si riferisce alla proposta di condono? 
 «A quella e alla proposta di aumentare di cento euro le pensioni minime. Se Meloni ritiene che si possa fare, perché solo per i campani? Visto che siamo in sessione di bilancio, la sfido: aumentiamo tutte le minime di 100 euro, noi ci stiamo». 

 ❓In Veneto il candidato della Lega, Alberto Stefani, ha doppiato Giovanni Manildo. La questione settentrionale del centrosinistra è ancora aperta. Cosa pensa di fare? 
 «Quelle priorità che abbiamo segnalato con gli emendamenti alla legge di bilancio, dall'attenzione alle piccole e medie imprese, alla sanità, alla sicurezza delle città, rispondono a preoccupazioni molto avvertite anche al Nord. Da qui alle politiche intendo io stesso dedicare molta più attenzione a dialogare con i territori del Nord in sofferenza, tra crisi produttiva, prezzi dell'energia troppo alti e dazi americani». 

 ❓Bonelli e Fratoianni propongono di iniziare subito il confronto sul programma, Schlein invita a non discuterne solo fra leader di partito ma nel Paese. Lei come risponde? 
 «Noi abbiamo applicato i criteri della democrazia partecipativa nel nostro processo costituente ed è stata un'esperienza rivoluzionaria. Oltretutto quell'entusiasmo ci ha portato un 10% in più di iscritti. Intendiamo applicare quello stesso metodo anche per il programma, coinvolgendo la società civile, le forze civiche e culturali e il nostro network giovani». 

 ❓Arriverà però un momento in cui dovrete confrontarvi con le altre forze o no? 
 «Certo, metteremo generosamente a disposizione i risultati di questo processo “Nova 2.0” nel confronto successivo con le altre forze politiche, per definire un'agenda di cambiamento del Paese che sia realmente nata dal basso». 

 ❓Quanto può durare questa fase di studio? 
 «Se deve essere un processo serio non può che durare alcuni mesi. Non si può risolvere tutto in una kermesse di partito con qualche esperto invitato a parlare». 

❓Il tavolo finale di coalizione? 
«Potrebbe partire dopo l'estate». 

 ❓E se la situazione precipita? 
 «Se l'agenda politica ci costringerà ad accelerazioni, stia sicuro che non ci faremo trovare impreparati». 

 ❓Schlein ha detto che il leader si può scegliere o con primarie oppure applicando il metodo che va a palazzo Chigi il segretario del partito più votato. E lei? 
 «Alla fine del confronto con le altre forze politiche, valuteremo le modalità con cui scegliere chi sarà il frontman o la frontwoman più adatto a rappresentare questo progetto». 

 ❓Dipenderà anche dalla legge elettorale o no? 
 «È evidente che la legge elettorale potrà condizionare quest'ultimo passaggio». 

 ❓Fratelli d'Italia sta provando a forzare sulla modifica della legge elettorale. Ma voi non rischiate di spaccarvi sul proporzionale? 
 «Direi alle forze di maggioranza, dopo questa tornata elettorale che evidentemente ritengono poco soddisfacente, di non lasciarsi dettare le iniziative politiche dall'ansia». 

 ❓E se proponessero l'obbligo di indicazione del premier sulla scheda elettorale? 
 «Non possono pensare a qualche espediente solo per avvantaggiarsi. Né possono pensare di far rientrare il premierato dalla finestra dopo essersi spaventati quando lo hanno presentato davanti al portone principale. Oltretutto non mi sembra che siano d'accordo al loro interno». 

 ❓Intanto in primavera ci sarà il referendum sulla separazione delle carriere. Sarà una battuta d'arresto per le opposizioni? 
 «No, perché sono convinto che quando i cittadini comprenderanno la posta in gioco, quando sarà chiaro a tutti che questa riforma non migliora in nulla il sistema giustizia ma serve solo a proteggere la classe politica, respingeranno al mittente questa riforma».

... manovre indecenti! ...

𝐈𝐥 𝐩𝐫𝐞𝐳𝐳𝐨 𝐝𝐞𝐥𝐥𝐚 𝐫𝐞𝐭𝐫𝐨𝐦𝐚𝐫𝐜𝐢𝐚: 𝐥𝐞 𝐝𝐨𝐧𝐧𝐞 

Il #buongiorno di Giulio Cavalli 

 La maggioranza è tornata a giocare con i politicismi sulla pelle delle donne. La retromarcia improvvisa sul ddl consenso non nasce da un ripensamento giuridico, ma da una manovra di potere preparata con cura: il veto di Matteo Salvini, concordato con Giulia Bongiorno e imposto al governo attraverso il capogruppo Massimiliano Romeo, che arriva a minacciare di votare contro pur di bloccare il testo già approvato alla Camera. È l’effetto delle regionali: l’euforia per il risultato in Veneto diventa un’arma per aprire una crepa a Palazzo Chigi e costringere Giorgia Meloni a piegarsi. Nel racconto che la premier fa a Elly Schlein, durante una telefonata resa necessaria dall’imbarazzo, c’è tutta la misura del cortocircuito: Meloni ammette che la maggioranza sul testo non c’era più, che Romeo aveva chiuso ogni spazio, che andare avanti avrebbe certificato una frattura insanabile. Eppure la legge era quella su cui la presidente del Consiglio aveva messo la faccia, quella che avrebbe dovuto segnare un passo avanti contro la violenza sulle donne, nel giorno stesso in cui il Parlamento approvava il reato autonomo di femminicidio. Intorno, la destra sovranista alimenta la pressione: editorialisti di riferimento come Nicola Porro e Giuseppe Cruciani attaccano il ddl dipingendolo come una minaccia alla “libertà maschile”, con toni che rimbalzano nelle chat dei parlamentari e diventano un alibi politico per la frenata. Salvini fiuta l’occasione, interpreta il malumore del suo elettorato e pianta la bandiera. Meloni resta schiacciata: se insiste, perde la Lega; se cede, perde credibilità. Il risultato è che la tutela delle donne viene sospesa in attesa dei rapporti di forza interni alla maggioranza. Tutto questo senza uno straccio di discussione nel merito. Solo braccio di ferro. Tutto calcolo. L’ennesima dimostrazione che, per questo governo, persino il consenso sessuale può diventare una moneta negoziabile.

... D 002 ...

... è giunto il giorno dell'intervento per Maria Rosa ... sono in attesa di notizie ...

martedì 25 novembre 2025

... una legge Acerbo? ...

𝐐𝐮𝐞𝐥 𝐩𝐫𝐨𝐟𝐮𝐦𝐨 𝐝𝐢 𝟏𝟗𝟐𝟖 𝐧𝐞𝐥𝐥𝐞 𝐭𝐞𝐧𝐭𝐚𝐳𝐢𝐨𝐧𝐢 𝐞𝐥𝐞𝐭𝐭𝐨𝐫𝐚𝐥𝐢 𝐝𝐞𝐥𝐥𝐚 𝐝𝐞𝐬𝐭𝐫𝐚 

Il #buongiorno di Giulio Cavalli 

 Si stavano contando ancora le schede delle elezioni regionali e dalle parti di Fratelli d’Italia erano già al passo successivo. «Occorre cambiare la legge elettorale», bisbigliavano in via della Scrofa. Qualcuno potrebbe benevolmente pensare che la presidente del Consiglio abbia a cuore i dati sempre più drammatici dell’astensione. In effetti la disaffezione è un problema di credibilità politica del Paese, quindi sarebbe responsabilità (anche) della leader di governo. Niente di tutto questo, figuriamoci. Il senso di quell’arrabattarsi lo scioglie spudoratamente il capo organizzativo di FdI Giovanni Donzelli: «Se si votasse oggi non ci sarebbe la stessa stabilità che abbiamo ora. Noi crediamo che sarebbe utile averla. È una riflessione che facciamo», dice ai giornalisti. I numeri parlano: i risultati senza sorprese in Campania e in Puglia indicano che, con l’attuale sistema elettorale, il Rosatellum, alle prossime elezioni politiche i collegi uninominali andrebbero tutti al centrosinistra. E quindi? Dovrebbe essere il normale risultato dei numeri, della democrazia. Chi ha più voti più elegge. Ma l’ossessione della presidente del Consiglio e dei suoi sgherri è non far vincere gli altri. Il sogno, forse, sarebbe quello di renderli inoffensivi come fece quell’altro con la legge Acerbo. Magari, perché no, una bella lista nazionale compilata dal Gran Consiglio. Una bella elezione con profumo di 1928. «È una questione di stabilità politica», ripetono i meloniani. 
Anche questa l’abbiamo già sentita.

... 25 novembre ...

25 Novembre: Rompiamo il silenzio non l'amore Il 25 novembre non dovrebbe essere solo il giorno in cui tingiamo di rosso le nostre bacheche social o indossiamo un simbolo. Dovrebbe essere il giorno in cui scegliamo, consapevolmente e collettivamente, di rompere il silenzio. La Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne è un momento di riflessione profonda e di impegno civile che ci ricorda una piaga sociale ancora dolorosamente attuale, non un fenomeno marginale, né tantomeno un fatto privato. È una violazione sistematica dei diritti umani che si insinua nelle pieghe della società, spesso celata tra le mura domestiche, fatta di abusi fisici, psicologici, economici e verbali. Non è una questione di "amore", perché l'amore è rispetto, non possesso. Questa giornata ci obbliga a guardare in faccia una realtà scomoda: il problema non risiede solo negli aggressori, ma in una cultura che, a volte in modo subdolo, giustifica, minimizza o ignora la violenza di genere. È una cultura che dobbiamo decostruire, mattone dopo mattone, a partire dall'educazione all'uguaglianza e al valore intrinseco di ogni persona. Il pensiero va alle vittime, a chi non c'è più (come le sorelle Mirabal, il cui assassinio ha dato origine a questa data), e a chi lotta ogni giorno per la propria sicurezza e libertà. Ma il pensiero deve trasformarsi in azione: denuncia, supporto, ascolto e, soprattutto, prevenzione. Finché esisterà una sola donna che ha paura di tornare a casa, significa che la nostra battaglia è ancora lontana dalla vittoria. L'obiettivo è l'eliminazione totale di questa violenza, un traguardo essenziale per il nostro vivere in comune. Questa giornata è un potente promemoria: il silenzio è violenza. 
Dobbiamo parlare, educare, sostenere e agire, ogni giorno, finché non sarà più necessario dedicare un giorno a questa battaglia.. 

Giorgia Ciriello

... the day after ...

Lo abbiamo detto. Schlein si è rafforzata e ora ci si augura che proceda più spedita con la minoranza interna specie su pace e campo largo. L'oltranzismo atlantico è indegno e inaccettabile per un partito che ha Berlinguer sulla tessera. Altro che "valore metafisico" di una guerra come scrisse improvvidamente sul Corriere Veltroni il 13 marzo 2022. Esattamente questo e' il punto da estirpare dal Pd! E però venendo a cose più domestiche la forza di Elly contiene un rischio, ben lumeggiato a caldo dal Suslov di Giorgia, Italo Bocchino da Gruber. Eccolo: "Bene che Schlein si rafforzi anche se Melonl resta intatta, perche' ciò va nel senso del bipolarismo". Capita l'antifona? Vogliono polarizzare lo scontro modellandolo donna contro donna. Nel segno del Premierato o di prologo ad esso con legge maggioritaria che abolisca collegi uninominali e introduca risolutivo premio di maggioranza con cospicua mancia proporzionale agli alleati e ai calendonici. Il che comporta modifica della costituzione materiale, Premierato in pectore e divisione campo largo in culla. Con primarie, polemiche sul leader, personalizzazione e scontro interno. Qui occorre esser molto chiari. Il bipartitismo usa e i suoi conati sono ormai alle nostre spalle, fallito e perdente. La personalizzazione della politica distrugge partiti e culture politiche, imbarbarisce la contesa, restringe il pluralismo e la partecipazione. Oltre che essere fomite di populismo e premessa di Premierato, che spiana la strada alle distruzione del ruolo del Quirinale arbitro e dei contrappesi giudiziari e parlamentari. Non per caso La Russa riapre la polemica sullo sciagurato Garofani centrista e chiacchierone, dopo la finta pace seguita alla sortita dei Fratelli in parlamento, voluta da Giorgia. Hanno lanciato una sorta di altola' preventivo a Mattarella in modo da bloccarne ogni mossa sulle questioni istituzionali future, e intendono logorarlo per esaltare l'esecutivo e ridurre fin da ora il Colle a orpello. Per per poi metterci, a Premierato fatto, al suo posto qualche soprammobile di lusso, tipo Cassese da sempre premierale e consentaneo a Meloni della quale e' giurista di riferimento. Dunque occorre prepararsi senza sconti e collusioni a tutto questo, e dare battaglia anche con il diavolo interno all' avversario, che non intende cedere tutto il potere alla gatta cenerentola plebea e autoritaria. Non possono cambiare giustizia, costituzione e leggi elettorali per decreto, e l'offensiva Melonette andrà' denunciata come pretesa personale e autoritaria, anche se lei si sottrae furbescamente alla sfida personale contro tutti. La titanella scaltra che finge pace al Colle e poi pugnala, va smascherata in tempo, senza cadere per ambizione fatalismo o insipienza nella sua trappola plebiscitaria vittimista. Non c'è che un modo per farlo. Rilanciare partito radicato, alleanze, programma, idea parlamentare e repubblicana anti fascista. Ma sopratutto pace anti riarmo per liberare gli italiani dal cappio del vincolo dello spreco miltare e della guerra "metafisica". 

 Bruno Gravagnuolo.

lunedì 24 novembre 2025

... Torino 1 - Como 5 ...

TORO UMILIATO DAL COMO IN CASA, PERDERSEN 5-1, MA QUANTE ASSENZE. 

Tante le assenze pesanti in casa Toro. Tante quante le pere prese dalla squadra degli Hartono. La copertina di questa sera la merita Perdersen. Il norvegese, fresco di qualificazione al Mondiale è stato decisivo per il primo gol del Como e nel secondo un suo cross sbagliato ha dato il via al contropiede decisivo. Poi il disastro finale con reti a raffica da parte dei giocatori di Fabregas. 
Una bella umiliazione che mancava al progetto
                                         ... N O C O M M E N T !!!

... una vergogna! ...

La manovra di Trump per l'Ucraina è la stessa che fece Steve Jobs, quando mise in vendita il primo smartphone. Salì sul palco con alle spalle la foto dell'oggetto con la scritta 1000$. Spiegò tutte le meraviglie della loro creazione e chiese al pubblico se era giusto chiedere mille dollari per quel telefono strabiliante. Poi piano piano dichiarò che costava 650$. Tutto furono contenti di risparmiare 350 dollari e nessuno pensò che quel telefono costava il triplo di tutti quelli in vendita fino a quel momento Trump o chi per lui, ha ricopiato un piano arrivato dritto dritto dal Cremlino, con tutti i desiderata di Putin e lo ha presentato a Zelenscky, dandogli anche un tempo minimo per decidere Uno schiaffo in pieno viso al presidente ucraino, all'Ucraina e all'Europa tutta. Ora qualunque clausola che sia meno punitiva di quei 28 punti, sembrerà una conquista, una concessione della Russia. Questo è giocare sporco e approfittare della debolezza di una nazione e di un continente che non è in grado di difenderla, nonostante abbia in mano una carta vincente, le sanzioni che più stanno danneggiando la Russia. E ha chiesto anche di essere ringraziato. 
 Una vergogna, insomma.

... chi fa la voce grossa! ...

𝐋𝐚 “𝐩𝐨𝐭𝐞𝐧𝐳𝐚 𝐠𝐞𝐨𝐩𝐨𝐥𝐢𝐭𝐢𝐜𝐚” 𝐜𝐡𝐞 𝐚𝐫𝐫𝐢𝐯𝐚 𝐬𝐞𝐦𝐩𝐫𝐞 𝐝𝐨𝐩𝐨 𝐥𝐚 𝐟𝐮𝐠𝐚 𝐝𝐢 𝐧𝐨𝐭𝐢𝐳𝐢𝐞 

Il buongiorno di Giulio Cavalli per Left 

È curioso come la storia si ripeta senza nemmeno lo sforzo di cambiare la scenografia. Stati Uniti e Russia si scambiano bozze di un piano di pace in 28 punti, l’Ucraina viene convocata solo quando tutto è già impostato, e l’Unione europea arriva dopo, brandendo «principi irrinunciabili» che nessuno aveva chiesto. È la diplomazia ridotta a post-produzione: aggiustare il copione scritto da altri. La bozza fatta filtrare da Washington porta l’impronta di Mosca più di quanto l’UE voglia ammettere: cessioni territoriali, neutralità permanente, limiti all’esercito ucraino, alleggerimento graduale delle sanzioni. Zelensky la definisce un bivio «tra dignità e sopravvivenza degli aiuti». Trump la presenta come un’offerta di pace e, nella stessa frase, come un ultimatum mascherato. A Bruxelles, invece, ci si accorge del processo solo quando i dettagli diventano pubblici. Il ruolo europeo al tavolo di Ginevra è la fotografia di tutto il resto: non capi di Stato, non leader politici, ma un funzionario della Commissione accanto alle delegazioni ufficiali. L’immagine è quella di un continente chiamato a garantire i fondi della ricostruzione senza avere voce sulla cornice geopolitica. È la forma moderna della marginalità: pagare il conto di una pace decisa altrove. E allora la domanda è semplice: che fine ha fatto l’«Europa geopolitica» promessa dopo l’invasione del 2022? Se non riesce a produrre un suo piano, se interviene solo per correggere gli eccessi dei piani altrui, se reagisce invece di guidare, la sua irrilevanza non è un destino ma una scelta quotidiana. E ogni scelta, alla lunga, presenta il conto.

domenica 23 novembre 2025

... Slava Ucraini!! ...

In questi giorni nei quali tutti noi abbiamo a che fare con i problemi interni dell’Ucraina, con gli sforzi immani che le truppe di Kyiv fanno per mantenere la linea del fronte e con i ricatti russo-americani per costringere alla resa il paese invaso, è desolante vedere quanta parte del panorama informativo, degli opinionisti e quanti odiatori sui social comodamente seduti sui divani delle loro calde case, senza spesso sapere neanche indicare l’Ucraina su una mappa, si siano scatenati in una delle più violente e insensate campagne di sciacallaggio mai viste. Da cittadino italiano ed europeo, consapevole di vivere in un paese libero e democratico solo grazie a chi ha versato il sangue perché questo avvenisse, provo profonda vergogna per il servilismo mostrato da tanti miei conterranei verso un regime criminale che nega ogni forma di libertà, disprezza la vita ed è disposto a massacrare milioni di persone pur di costruire un nuovo mondo basato sull’uso sistematico della forza e sul diritto di sopraffazione del più forte sul più debole. Provo vergogna nel vedere che, anche davanti alle immagini di soldati immersi nel fango delle trincee per combattere una guerra che non hanno chiesto, di cadaveri di bambini sotto le macerie delle loro case, di famiglie che non sanno come scaldare il cibo o far dormire al caldo i propri figli per i continui bombardamenti sulle centrali elettriche, delle eroiche donne ucraine che stanno portando avanti il paese, sostituendo persino nei lavori più faticosi gli uomini impegnati ad assicurare un futuro di libertà alla nazione, molti non invocano giustizia per la vittima, ma si accaniscono contro di lei in modo vigliacco e cieco come bulli istruiti ad odiare chi si oppone al potente di turno, orgogliosi fautori di un nuovo mondo disumanizzato e disumanizzante. Cosa siamo diventati? Cosa ci induce a seguire chi ci diseduca alla solidarietà e ci spinge ad accanirci verso chi è già a terra e chiede aiuto? Ho perso amici in questo periodo, per questo motivo, e ne ho trovati molti altri disposti invece a lottare per un mondo giusto, sano, solidale. Ora almeno so che se il prossimo a cadere dovessi essere io troverò mani tese verso di me per aiutarmi a tornare in piedi, anziché scarpe che premono sulla mia faccia per evitare che mi rialzi. Un grazie lo devo a chiunque si riconosca in queste righe e soprattutto a chi sta rischiando la propria vita anche affinché persone che neanche lo meritano, possano continuare a dare per scontata la democrazia della quale abusano. 

Slava Ucraini! 
Marco Setaccioli

... Defcom 3 ...

Defcom 3. 

Al funerale del vice di Bush jr, Dick Cheney, hanno partecipato tutti i rappresentanti dell’America che amiamo. Di fatto il Comitato di Salute pubblica che serve agli USA e al mondo. Non credo che si possa attendere il voto del Midterm per liberarsi di un pericolo senza precedenti per tutte le donne e gli uomini liberi. La prova del voto di mezzo mandato è stata pensata per un processo fisiologico naturale: siamo ben oltre. Che abbia ragione il Governatore californiano, Newsom, a definirlo “ malato nella testa “ o il Governatore dell’Illinois, Pritzker, ad invocare il 25simo Emendamento per manifesta inabilità, la misura è ormai colma. L’inaudita richiesta della pena di morte fatta per i sei parlamentari che più duramente gli si oppongono ha valicato il punto di non ritorno. Siamo al Defcom 3 per la sopravvivenza della più grande democrazia occidentale e con essa della libertà in Europa. Non c’è tempo da perdere. E vale per entrambe le sponde dell’Atlantico. Se le “ mozzature si contano all’arrivo “ la nostra trincea va dai paesi baltici alla Germania. Chi pensa di sostenere il Patto tra Putin e Trump contro l’Ukrajna vuole ripetere quello di Stalin con Hitler per la Polonia. Siamo in molti in Europa a non aver dimenticato e sappiamo da quale parte stare. Piaccia o non piaccia il tempo dei nani e delle ballerine è scaduto.

... un'analisi della situazione ...

Negli ultimi giorni si è parlato molto del piano di pace per l’Ucraina preparato dall’amministrazione americana assieme alle autorità russe. La parte sulla quale ci si è ovviamente soffermati con più attenzione sono le varie condizioni che dovrà accettare l’Ucraina per vedere terminare l’aggressione russa. Quello che però trovo personalmente molto più interessante e importante è un altra parte del piano. Mi riferisco alle condizioni accessorie che riguardano l’Europa. Per capire il problema, leggiamo cosa prevede questo piano da parte nostra, qui https://tg24.sky.it/.../ucraina-piano-pace-trump-russia Innanzitutto abbiamo dei vincoli generali che impegnato un po' tutti, che vanno dalla non accettazione dell’Ucraina nella Nato, fino al blocco dell’espansione della Nato stessa. Usa e Russia quindi, di fatto vogliono avere il potere di veto sulla politica estera militare di tutti i paesi Nato. Nato che nel piano americano diventa un qualcosa di cui gli Usa non farebbero più parte a pieno titolo, in quanto viene precisato che in caso di controversie tra Europa e Russia, gli Usa farebbero da mediatore. Chiaramente se ti vedi come mediatore tra un paese ostile e i tuoi alleati, questi tuoi alleati per te non sono più tali. Infine e come ciliegina sulla torta, è previsto che gli Usa riceveranno il 50% dei profitti della eventuale ricostruzione dell’Ucraina, mentre l’Europa pagherebbe 100 miliardi per facilitare proprio questa ricostruzione. Ricapitolando, gli Usa non sborsano un dollaro che sia uno, pretendono di avere l’ultima parola sulla politica estera dei paesi Nato, riceverebbero in cambio il 50% degli eventuali profitti e last but not least, faranno pagare tutto questo all’Europa. Ora, io non so se questo progetto verrà accettato dai paesi europei, ma una cosa è abbastanza chiara: il governo Trump decide per noi, non ci tratta come alleati e alla fine ci presenta anche il conto. Lascio ad ognuno di voi decidere come definire una simile politica. E la domanda che alla fine rimane è una sola: siamo ancora considerati degli alleati da parte degli Usa? Bene, al di la dei fatti appena esposti, che comunque rendono bene l’idea che l’amministrazione Trump ha dell’Europa, in realtà una risposta l’abbiamo e anche molto chiara e arriva da un episodio successo qualche mese fa. Mi riferisco alla pubblicazione da parte della rivista “The Atlantic” di una chat privata di una parte del governo americano, finita per un errore del ministro della difesa nel cellulare del giornalista che ha scritto l’articolo, qui https://www.ilsole24ore.com/.../casa-bianca-giornalista... Questo episodio è molto importante ai fini della comprensione delle dinamiche interne al governo Usa, in quanto essendo questa chat una conversazione privata è libera dalle regole diplomatiche che guidano le relazioni politiche tra gli stati e quindi mostra quali siano le vere idee che muovono la nuova amministrazione Usa. Se a questo sovrapponiamo il contenuto che emerge con le successive reazioni sia dei protagonisti, sia del presidente Trump, quali ad esempio quelle illustrate sopra con il piano di pace ucraino, ritengo si possano estrapolare perlomeno 4 grandi insegnamenti, per l’Europa, ma anche per il resto del mondo e in definitiva anche per gli americani stessi: 

1) Il governo Trump prova un forte sentimento di odio per l’Europa. Ha iniziato a dircelo il vicepresidente Vance immediatamente dopo l’insediamento, quando durante il suo viaggio in Europa ha sostenuto che la nuova amministrazione americana considera l’Unione Europea più pericolosa della Russia. L’ha infine ribadito metà governo nella chat incriminata, quando in privato hanno chiaramente espresso la loro avversione verso il vecchio continente. Ma perché esiste questo risentimento verso di noi? Ne abbiamo già parlato, ma brevemente possiamo dire che ci sono almeno tre motivazioni: la prima parte dalla storia degli Stati Uniti, ovvero una nazione coloniale nata dopo una guerra contro un paese europeo. La seconda vede la sua origine nell’ideologia reazionaria e neofascista di una parte del nuovo governo Usa (il suprematismo bianco unito al fondamentalismo religioso evangelico), che chiaramente vede la socialdemocratica Europa come una nuova sodoma e gomorra. La terza infine, quella che viene richiamata nella chat, fa capo alla presunta natura “parassitaria” dell’Europa, ovvero parte dal presupposto che i paesi europei stiano approfittando degli Stati Uniti, non pagando le spese militari che invece sono in capo agli Usa. Questo ultimo aspetto in effetti è vero: l’Europa spende (per fortuna adesso possiamo dire "spendeva") molto poco in difesa e armi. Ma tale dato di fatto nasce da un preciso accordo, anche se implicito, preso all’indomani della fine della seconda guerra mondiale tra Europa e Stati Uniti. Questi ultimi avevano infatti bisogno di alleati per bloccare l’avanzata del comunismo nel mondo. L’Europa ha così accettato di allearsi con gli Usa e di sostenerne le posizioni contro il blocco sovietico, ma in cambio di questo accordo le spese militari e gli oneri della difesa andavano in capo agli Usa. Adesso la situazione è cambiata e gli Usa non vogliono più pagare? Va benissimo. Ma se gli Usa rompono l’accordo che esisteva per quanto gli compete, anche l’Europa è liberissima di rompere la sua parte di accordo e perciò terminare l’alleanza con gli Usa. D'altronde, se l'Europa deve tornare a spendere per la sua difesa, è liberissima di decidere lei per chi e come farlo. Questa quindi è la prima grande lezione: con l’amministrazione Trump e le sue posizioni politiche, non esiste più nessuna ragione per portare avanti una alleanza con gli Usa. E’ ora di andare avanti e guardare altrove. 

2) tutto questo succede però anche per un ulteriore motivo: la nuova amministrazione americana è piena oltre che di fanatici sovranisti e religiosi, anche e soprattutto di persone definibili come minimo “incapaci”. Si va dal ministro della sanità no-vax, alla ministra dell’istruzione che esce dalla federazione del wrestling, per arrivare al segretario alla difesa, il quale lavorava precedentemente come conduttore di un programma televisivo di Fox News. Peraltro, il problema della chat privata da cui origina questa considerazione, nasce esattamente da questo punto: l'incapacità e l'approssimazione di alcuni membri del governo americano. E questa è la seconda grande lezione: alla guida degli Usa in questo momenti ci sono molti fanatici impreparati. 

3) Il ruolo di Trump: anche se può sembrare strano il presidente degli Stati Uniti alla fine non è ne il più ideologizzato, ne il più estremista della compagine governativa. Da questo punto di vista le parole nella chat del vicepresidente Vance sono chiarissime: emerge in tutta la sua chiarezza il suo dissenso verso l’aiuto che Trump voleva offrire all’Europa con l’attacco militare. Vance quindi non l’avrebbe fatto e con lui erano in accordo anche gli altri membri della chat. Questa è la terza grande lezione: dentro l’amministrazione Usa ci sono tante persone, anche in ruoli apicali, molto più estremisti e antieuropei di Trump. 

4) Il ruolo del vicepresidente Vance. L’attuale comportamento del vicepresidente è completamente diverso da quello tenuto da tutti i vicepresidenti che l’hanno preceduto. Che io ricordi, mai prima d’oggi si era visto un vicepresidente così attivo nell’amministrazione quotidiana del paese. Fino a Vance, i vice del presidente erano delle figure quasi separate sia dal presidente che dalla attività di governo vera e propria. Tanto è vero che avevano una struttura di supporto a se stante e responsabilità completamente diverse e relegate alla mera attività di rappresentanza. Con Vance tutto questo è cambiato. Non solo si occupa attivamente di promuovere e guidare la politica estera, come abbiamo visto con il suo viaggio in Europa, arrivando addirittura a promuovere sua moglie al rango di rappresentante diplomatica attiva anche se non ufficiale, sostituendo di fatto la vera first lady, ovvero la moglie di Trump. Ma come mostra la chat privata, ha un ruolo attivo anche nell’attività di governo ordinaria. 

Tornando all’oggi, non è quindi un caso che all’indomani della pubblicazione del piano di pace per l’Ucraina, Zelensky abbia telefonato immediatamente non a Trump, ma bensì proprio a Vance, qui https://www.agi.it/.../generali-usa-attesi-mosca--34301838 Questa è quindi la quarta grande lezione: non sappiamo se Trump sia nella pienezza dei suoi poteri o se sia in qualche modo sotto “tutela” da parte del gruppo dei “maga”, ma detto questo una cosa è certa, ovvero che nella nuova amministrazione conta tantissimo anche il vicepresidente Vance. La sua importanza nel governo ha ad oggi una rilevanza che non si era mai vista prima (a parte forse e in tono comunque minore, il Dick Cheney del primo governo Bush Jr) E come detto nel punto tre, il vicepresidente è meno amico dell’Europa di Trump. Queste a grandi linee sono le principali lezioni che abbiamo imparato leggendo il contenuto della chat privata dell'amministrazione americana, assieme alle varie azioni portate avanti dal governo maga in questi mesi. Last but not least, con il piano di pace ucraino ora in discussione. E queste lezioni, per noi europei, rappresentano anche una sfida vera e propria, in quanto ci dicono che l'Unione Europea e i suoi componenti, sono ormai considerati dal governo Usa tra i suoi principali avversari, assieme alla Cina. Sapremo affrontare questa sfida, che incide sia sul nostro futuro che sulla nostra libertà? Se guardiamo alla politica italiana la risposta, sia a destra che a sinistra, è chiaramente negativa. Se però volgiamo lo sguardo al nord Europa, vediamo un continente che anche se lentamente, decisamente troppo lentamente, si muove e prova a reagire. Staremo a vedere, consapevoli che comunque il futuro non sarà per nulla facile, dal momento che svolte culturali, militari e diplomatiche come quella che stiamo vivendo, necessitano di decenni per trovare un equilibrio. Viviamo in un mondo distopico e sempre più illiberale. Comprenderlo è solo il primo passo. E in Italia, intesa come sistema paese, non abbiamo fatto nemmeno quello. 

 Massimo Fontana.

sabato 22 novembre 2025

... verso l'abisso? ...

PIANO DI PACE DI TRUMP / PUTIN:" SE L' UCRAINA NON LO ACCETTERA' CONQUISTEREMO PIU' TERRITORI." TRUMP:" FIRMA IL PIANO ENTRO GIOVEDI' O TAGLIAMO ARMI E INTELLIGENCE." ZELENSKY ALLA NAZIONE:" DECIDERE SE PERDERE LA DIGNITA' O ALLEATO CHIAVE." 


L'esercito russo conquisterà più territorio se l'Ucraina respingerà il piano degli Stati Uniti: è la minaccia fatta da Vladimir Putin durante una riunione di governo trasmessa in televisione. ​Il presidente russo sostiene che il piano di Trump - che non sarebbe stato «discusso in modo concreto» - può «servire da base per una soluzione definitiva» della guerra. Secondo Putin, inoltre, Russia e Stati Uniti hanno discusso il piano già prima del vertice in Alaska. «Ne abbiamo parlato raramente pubblicamente, solo in termini molto generali, ma non è un segreto», ha detto Putin, come riporta l'agenzia Tass, «il piano di pace del presidente Trump per un accordo in Ucraina è stato discusso prima dell'incontro in Alaska». ​Putin ha fatto anche alcune considerazioni relative alla situazione al fronte. «O i leader di Kiev non dispongono di informazioni oggettive sulla situazione sul fronte oppure, anche se le possiedono, semplicemente non sono in grado di valutarla oggettivamente», ha spiegato Putin. «Se Kiev non e' disposta a discutere la proposta del presidente Trump e si rifiuta di farlo, allora sia loro che i guerrafondai europei devono capire che gli eventi accaduti a Kupyansk si ripeteranno inevitabilmente in altre aree chiave del fronte», ha affermato il leader russo. A Kupyansk, durante la guerra in Ucraina, si sono verificati eventi di intensa battaglia e assedio tra le forze ucraine e russe. Le truppe ucraine sono state accerchiate dalla Russia, con perdite pesanti, inclusi circa 700 militari bloccati in città e fino a 3.000 soldati ucraini uccisi durante tentativi di fuga. La città è stata un importante punto strategico, con infiltrazioni russe sotterranee e frequenti scontri che hanno coinvolto cannoni, carri armati e razzi. Circa 5.600 edifici su 8.600 sono stati riportati sotto il controllo russo, mentre l'esercito ucraino ha ricevuto ordini di resistere senza ripiegare, aggravando la situazione sul campo di battaglia. Inoltre, Kupyansk rappresenta un nodo ferroviario strategico per le linee di rifornimento ucraine nell'Est, e la sua possibile presa da parte delle truppe russe avrebbe conseguenze rilevanti per la linea difensiva ucraina nell'area. Le fonti russe riportano l'uso di droni e infiltrazioni speciali, mentre Kiev ha negato in parte la perdita totale della città, segnalando ancora presenze e azioni controforze nelle sue periferie. Durante l'assedio, la lotta ha provocato molte vittime tra i militari di entrambe le parti e danni ingenti nelle aree urbane e nelle infrastrutture circostanti, colpendo anche villaggi nei dintorni con colpi d'artiglieria intensi. Le forze russe hanno dichiarato che la resistenza ucraina è stata aggirata con azioni di inganno e superiorità tattica. L'ordine del generale ucraino Oleksandr Syrsky è stato di tenere la città a ogni costo, con conseguente accerchiamento e gravi perdite per gli ucraini, mentre Mosca considera Kupyansk una tappa chiave per una futura offensiva nella regione di Kharkiv. Questi eventi fanno parte di una fase intensa e cruciale del conflitto in corso tra Russia e Ucraina nel 2024-2025, con Kupyansk al centro di una delle battaglie più dure dell'area orientale ucraina. ----Trump ha lanciato un ultimatum a Kiev intimandole di accettare il piano americano entro il 27 novembre, giorno del Ringraziamento in America, pena lo stop alla fornitura di armi e intelligence. 'Siamo in uno dei momenti più difficili della nostra storia. L'Ucraina si trova di fronte a un bivio: la scelta è tra perdere la dignità o un alleato chiave', ha detto Zelensky rivolgendosi alla nazione. Il leader ucraino ha sentito il vice presidente Usa Vance dopo aver parlato al telefono con Macron, Starmer e Merz.

... un altro 1938? ...

Sto seguendo con crescente orrore il cosiddetto piano di pace USA per l’Ucraina e più emergono dettagli, più diventa evidente che non siamo di fronte a una soluzione diplomatica, ma a un progetto di ingegneria geopolitica che rischia di trascinare il mondo verso un nuovo conflitto globale. Questa non è pace: è la legittimazione della forza come strumento politico. Una pace simile oggi corrisponde esattamente al tipo di accordi che, tra il 1938 e il 1939, vennero presentati all’opinione pubblica come compromessi necessari, ma prepararono in realtà il terreno alla Seconda guerra mondiale. Il parallelismo con Monaco, di cui ho già parlato in altri post, non è una forzatura retorica, ma una dinamica strutturale: allora si sacrificarono territori della Cecoslovacchia per “placare” Hitler, oggi si chiede all’Ucraina di cedere parti del proprio territorio in nome di una presunta stabilità. Allora si firmò un patto che avrebbe dovuto garantire la pace nel continente; un anno dopo l’Europa era in fiamme. Oggi rischiamo di ripetere lo stesso errore, scambiando la resa per stabilità e la concessione per sicurezza. A rendere la situazione ancora più inquietante è la convergenza strategica tra Trump e Putin. Non si tratta di due attori in contrapposizione che negoziano una tregua, ma di due potenze che agiscono in sintonia per ridisegnare l’ordine mondiale senza consultare l’Europa e senza rispettare la piena sovranità dell’Ucraina. L’accordo non nasce da un equilibrio multilaterale: nasce da un patto bilaterale tra potenze, con un obiettivo chiaro di spartizione delle sfere d’influenza. È un asse politico che non garantisce la pace, ma consolida un nuovo sistema internazionale fondato sul dominio dei più forti. Oltre a imporre concessioni territoriali, il piano pretende che l’Ucraina rinunci per sempre all’ingresso nella NATO, compromettendo definitivamente la propria autodeterminazione strategica. Le garanzie di sicurezza offerte in cambio non sono automatiche, ma condizionali e discrezionali: sembra più un meccanismo per controllare Kyiv che per difenderla. Allo stesso tempo, la riduzione drastica delle forze armate ucraine non ha nulla a che vedere con una de-escalation reciproca, ma rappresenta un disarmo imposto con un ultimatum, che lascia il Paese vulnerabile a futuri ricatti. Il tutto mentre l’Europa viene relegata al ruolo di semplice spettatrice, pur essendo il continente direttamente esposto agli effetti di queste decisioni. È la riproposizione di una logica da “concerto delle potenze”, in cui pochi attori decidono i destini dei popoli senza legittimazione democratica. Ciò che viene presentato come pace è in realtà una tregua instabile, fragile e costosa, fondata sulla rinuncia dei diritti più elementari di uno Stato sovrano. Non risolve il conflitto: lo congela a condizioni favorevoli al più forte, l'invasore, lasciando aperte tutte le possibilità per una futura esplosione. Una pace basata sulla resa territoriale e sull’arbitrio geopolitico non fermerà la guerra: la renderà inevitabile. Proprio come nel 1938, si celebra il compromesso mentre si prepara la catastrofe. Questo piano non difende l’Ucraina, la priva di sovranità; non stabilizza l’Europa, la marginalizza; non limita la Russia, la premia; non costruisce la pace, prepara la prossima guerra. Accettarlo significherebbe legittimare l’aggressione come metodo diplomatico e aprire la strada a un nuovo ciclo globale di violenza e revisione dei confini. Se questo progetto dovesse passare, non avremo evitato la guerra: avremo solo fatto partire il conto alla rovescia verso quella successiva che coinvolgerà anche noi. 

 Autore Claudio Albertazzi