Il #buongiorno di Giulio Cavalli
Chissà se in Libia ieri c’è stato uno sbirresco ministro dell’Interno, o similare, che ha usato l’account social istituzionale scrivendo: “Respinto italiano di mezza età alla frontiera che clandestinamente cercava di intrufolarsi nel suolo libero. I clandestini a casa!”. Il tutto accompagnato dalla faccia contrita e cadente del ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, che ieri ha provato sulla propria pelle (meglio, sulla nostra, perché la credibilità nazionale sarebbe patrimonio di tutti) cosa significhi essere improvvisamente dalla parte sbagliata del mondo.
A Piantedosi – nonostante la figura barbina che entrerà negli annali delle pagliaccerie di Stato – è andata comunque bene. Avrebbero potuto sbatterlo in un CPR a mangiare e farsi mangiare dagli scarafaggi in attesa dell’imbarco verso Roma, additato come criminale da qualche esponente politico libico che avrebbe incassato applausi per aver difeso le sue donne dal pericoloso italiano.
Oppure avrebbe potuto essere imbarcato su una nave libica (meglio, italiana, perché sono quasi tutte nostre le navi da quelle parti) per sorbirsi un viaggetto fino all’Albania, dove sarebbe stato usato come scalpo per fomentare la foga securitaria europea.
Niente di tutto questo. A Piantedosi rimane solo l’essere diventato interprete del più tragicomico contrappasso dei sovranisti di quest’epoca. È passato in qualche secondo da ministro oggetto di cerimoniale a straniero bersaglio di contumelie. Tutto questo solo perché quel confine gli è stato usato contro come frusta. Caro ministro, le è andata bene: noi buonisti siamo dalla sua parte.
Sull'inquietante caso Almasri, il torturatore libico ricercato dalla Corte penale internazionale per crimini contro l'umanità, ed invece riconsegnato dal nostro paese con tutti gli onori alla Libia su una aereo di Stato, il Tribunale dei ministri di Roma ha concluso l’inchiesta.
E da quanto emerge si sta aprendo la strada a un possibile rinvio a giudizio per la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, il ministro della Giustizia Carlo Nordio, il titolare dell’Interno Matteo Piantedosi e il sottosegretario Alfredo Mantovano. Le accuse sono gravissime: favoreggiamento, peculato e, per il solo Guardasigilli, omissione di atti d’ufficio.
Le nuove rivelazioni dimostrerebbero che il governo sapeva fin da subito dell’arresto e che avrebbe evitato consapevolmente di trasmettere le carte necessarie per il suo trasferimento all’Aja. La mail della capo di gabinetto di Nordio, Giusi Bartolozzi, in cui si raccomanda "massimo riserbo" e addirittura il successivo uso per le comunicazione dell’app criptata "Signal" sono prove schiaccianti.
Si scopre così che il ministro, che in Aula aveva dichiarato di aver appreso tutto solo il giorno successivo, ha spudoratamente mentito al Parlamento. Ma cosa altro devono fare? Ma cosa altro devono fare?
Violano il diritto internazionale per collaborare con criminali che poi li ripagano rispedendoli a casa come persona non gradite, mentono spudoratamente al Parlamento, difendono e donano la libertà al torturatori di bambini precedentemente arrestati, ma cosa altro devono fare? Cosa?!? Per dimettersi con ignominia dai loro ruoli o esser mandati a casa dalle proteste popolari?!? Mario Imbimbo.
Hanno mentito. Tutti. Ha mentito il ministro della Giustizia Carlo Nordio.
Ha mentito il ministro dell’Interni Matteo Piantedosi.
Ha mentito la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni.
Ora è scritto nero su bianco.
Secondo gli atti della chiusura delle indagini del tribunale dei ministri, Nordio era stato informato fin da subito dell’arresto a Torino del generale libico Mahmoud Almasri, accusato di crimini contro l’umanità dalla Corte penale internazionale.
Non solo. Una mail del 19 gennaio del capo del dipartimento Giustizia al capo di gabinetto del ministro dimostra che la notizia era arrivata subito. E che, piuttosto che muoversi per collaborare con la Corte, il dicastero ha preferito il “massimo riserbo”, usando perfino l’applicazione criptata Signal per evitare tracce.
Nessun errore, nessuna disattenzione. Ma una scelta consapevole. Scelsero di insabbiare. Di coprire. Di lasciare che un uomo accusato di stupri, torture, omicidi, violenze su migranti potesse tornare indisturbato in Libia, con un volo Falcon dei servizi segreti italiani.
Lo fecero pur sapendo che la Corte penale internazionale stava chiedendo la sua estradizione. E che esisteva perfino una bozza per “sanare” l’errore procedurale, mai inviata.
Così, mentre Meloni straparlava di “sicurezza”, Nordio e Piantedosi lasciavano scappare chi la sicurezza la calpesta ogni giorno. Mentre parlavano di “lotta alla criminalità”, proteggevano un criminale.
Il governo dei porti chiusi ha fatto tutto il contrario della legalità.
E oggi rischia il rinvio a giudizio per favoreggiamento, peculato e omissione d’atti d’ufficio.
Ma il danno è già fatto. Non solo all’Italia, deferita dalla Corte dell’Aja. Ma alla verità, alla giustizia e alle migliaia di vite che Almasri ha calpestato.
Che gigantesca e immane vergogna.



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