Il buongiorno di Giulio Cavalli
Lunedì 8 settembre a Parigi è caduto l’ennesimo governo: terzo in un anno, quinto in meno di due. Emmanuel Macron resta blindato nel suo ruolo di presidente, mentre i primi ministri passano come figuranti di una commedia già scritta. È questo il modello che Giorgia Meloni vorrebbe importare in Italia col suo presidenzialismo da manuale di propaganda: «garantire stabilità» e «rispettare la volontà degli elettori». Chiedetelo ai francesi.
La Francia oggi è governata da un presidente che nessuno può sfiduciare e da un Parlamento che non riesce a costruire maggioranze. Il risultato è la paralisi: bilanci bloccati, leggi respinte, governi bruciati in poche settimane. Non esiste la stabilità promessa, esiste l’ingovernabilità certificata, con un presidente inchiodato al potere e ministri che cadono uno dopo l’altro. Una fotografia che dovrebbe far tremare chiunque parli di «modello francese» con leggerezza.
Eppure Meloni insiste. Si aggrappa al presidenzialismo perché garantisce a chi sta a Palazzo Chigi di trasformare un mandato politico in un regno personale, scavalcando il Parlamento e sterilizzando i contrappesi. La Costituzione italiana non è un ferrovecchio da adattare agli umori della maggioranza: è un equilibrio che tiene insieme rappresentanza, fiducia e responsabilità.
Oggi il governo francese dimostra che l’elezione diretta del presidente non è sinonimo di stabilità, ma di immobilismo. La «volontà popolare» si traduce in un leader che resta al suo posto mentre tutto intorno crolla. Ed è proprio questo che Meloni vuole: restare, a prescindere da tutto.
Chiamatelo pure presidenzialismo. In realtà è l’arte di blindare il potere.


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