Li ringrazio.
Nell’ultimo loro florilegio d’affetto, mi danno pure del cafone, misogino e seminatore d’oro. Mancano solo le accuse di razzista (ah no: per loro sarebbe un pregio), mangiatore di bambini, colpevole della strage di Ustica e fan di Bonolis.
Nel caso specifico:
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“cafone”. Proprio mai. Casomai stronzo, vernacolare, sboccato e vendicativo, ma solo con chi se lo merita. L’ultima volta che ho porto l’altra guancia, c’era ancora il governo Rumor.
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“misogino”. Per niente. Anzi la mia vita dice il contrario. Casomai misantropo, perché detesto larga parte della specie umana (con eccezioni mirabili) e preferisco tutta la vita i cani, i cavalli, i capibara, gli elefanti e in generale qualsivoglia specie animale. Misogino proprio mai. Ammetto però che, se tutte le donne fossero come Meloni o Santanchè, correrei il rischio di perdere tutta la fiducia e il fascino smisurato che ho sempre avuto, e sempre avrò, per le donne.
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“odiatore”, Macché. Sono persino benevolo nelle critiche. Mica è colpa mia se, per lavoro, mi tocca parlare troppo spesso di incapaci e manigoldi.
Sulla Meloni:
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“pesciarola”. Lo è eccome, metaforicamente, nel senso che urla sempre, è sguaiata, inelegante e scomposta come (appunto) una “venditrice di triglie”. Sembra la donnina che urla al mercato di Genova nelle prime due tracce dell’album Creuza de mà di De André. Però, ahinoi, senza la stessa poesia.
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“frignona”. Eccome! Piange SEMPRE. Ed è persino eufemistico definirla solo così. Una maestra della frignata e del chiagnefottismo. Noiosissima.
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“burina”. Lo è spessissimo. Non parla quasi mai italiano ma romanesco, e lo trovo INSOPPORTABILE in un personaggio pubblico. Come trovavo insopportabile “l’eccesso di fiorentino” in Renzi. Comici a parte (e spero che Meloni non lo sia), i personaggi pubblici devono parlare italiano. Sono un purista della lingua. Meloni parla bene inglese, spagnolo e francese (brava!), ma il suo italiano - soprattutto nei comizi - è insopportabilmente sguaiato e burino. Ascoltarla è semplicemente terrificante.
Un mix venuto male tra una Sora Lella minore e una figurante poco talentuosa dei Cesaroni.
Ahò! Daje! ‘Nnamo! Famose du’ spaghi e du’ pastarelle (cit). TREMENDA.
Cari saluti, eia eia alalà!
Andrea Scanzi.

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