dichiarazione di Shadi Abu Sido, un giovane videoreporter di Gaza incarcerato senza accuse per quasi due anni e rilasciato il 13 ottobre. Le sue parole in inglese: “My whole body is tortured… Our whole body is broken”.
di Lavinia Marchetti
Premetto che sono felice per il rilascio degli ostaggi israeliani. Qui si parla di vite, non mi interessa la "casacca" che indossano, il colore della pelle, la religione professata e neanche gli eventuali "crimini" commessi. Proprio non mi interessa. Quello che mi interessa è il "sistema", l' "istituzione" che sta dietro alla possibilità di rapire e detenere "persone" contro la sua volontà. Da una parte e dell'altra. Sugli ostaggi israeliani la stampa mainstream copre ampiamente il fenomeno. Quindi è inutile che io ne parli. Aprite un giornale a caso e troverete nomi, cognomi, ogni violenza e torto subito in ogni giorno dell'anno. Diversa è la condizione degli ostaggi palestinesi. Intanto, come dicevo ieri, linguistica. Non sono considerati ostaggi, ma "prigionieri" e/o ergastolani.
- I pullman con gli ostaggi palestinesi liberati sono giunti sia a Ramallah (Cisgiordania) sia a Khan Younis (Gaza), accolti da folle festanti di familiari, sebbene Israele avesse cercato di impedire celebrazioni pubbliche nei territori sotto il suo controllo. Insomma loro potevano festeggiare per i propri, ma volevano impedire agli altri di fare lo stesso. Si sa, sono molto umani.
- La maggior parte dei palestinesi rilasciati erano civili arrestati dopo il 7 ottobre 2023, molti dei quali mai accusati formalmente di reati. In particolare, tra i ~1.700 detenuti provenienti da Gaza vi erano persone che l’esercito israeliano aveva “prelevato” durante i combattimenti e trattenuto senza capi d’accusa invocando la legge sugli “illegitimate combatants” (“combattenti illegali”) introdotta dopo il 7 ottobre e non vi ammorbo, ma fidatevi, chiunque di noi, di loro, rientrava in quella categoria.
- Secondo l’ONU, queste persone sono state “forzatamente scomparse” (“enforced disappearance”) dai militari israeliani: le famiglie per mesi non hanno saputo dove fossero detenute né se fossero ancora vive. time delle ONG indicano che dal 2023 il numero di palestinesi in custodia israeliana è passato da circa 5.000 a oltre 11.000, inclusi migliaia di civili arrestati in operazioni di massa.
- Come ben sappiamo tra i detenuti vi erano anche figure protette come personale medico: almeno un centinaio di medici, infermieri e paramedici di Gaza risultano essere stati arrestati durante il conflitto, nonostante il loro status civile
I pochi che hanno parlato una volta rilasciati (hanno ovviamente paura di ritorsioni) hanno descritto i maltrattamenti e le torture durante la detenzione. Sia chiaro, niente che non facessero già ben prima del 7 ottobre:
* Percosse brutali come “rito di benvenuto” e oltre. All’arrivo in prigione molti detenuti descrivono pestaggi con manganelli e calci, attacchi di cani e uso di spray irritanti nelle celle. Le aggressioni fisiche proseguivano poi con regolarità: squadre entravano nei reparti ordinando ai prigionieri di mettersi pancia a terra per picchiarli a turno. Fratture costali e traumi erano frequenti.
* Torture fisiche estreme. Racconti di acqua bollente versata su volto e dorso con ustioni gravi; sospensione per le braccia a ganci; esposizione prolungata a getti d’aria o acqua gelida; applicazione di sostanze urticanti sulle ferite. In alcuni luoghi i detenuti venivano sottoposti a musica o rumore assordante per decine di ore come forma di tortura sensoriale.
* Umiliazioni e abusi psicologici. Celle rinominate con nomignoli di animali, con obbligo di imitarne i versi; perquisizioni e percosse a torso nudo o completamente nudi davanti agli altri; insulti a madri e sorelle; profanazioni di testi religiosi; minacce sul destino dei cari e sulla distruzione dei luoghi di origine.
* Privazione di bisogni primari. Posizioni forzate per ore; confisca di coperte e acqua calda d’inverno; tagli prolungati di acqua ed elettricità; privazione del sonno con urla, rumori metallici e musica ad alto volume.
* Conseguenze letali. Organizzazioni palestinesi parlano di decine di decessi in custodia dovuti a torture, denutrizione o mancate cure. Ex detenuti riferiscono pestaggi fino alla morte e rimozione dei corpi in sacchi. Molti liberati presentavano lividi estesi, fratture, ferite aperte, segni profondi dei vincoli ai polsi e ustioni.
Detenzione di minorenni
Arresti e detenzione anche di minori tra 14 e 17 anni. Interrogatori senza tutori legali, isolamento, privazioni del sonno, percosse. Procedimenti davanti a tribunali militari con garanzie ridotte rispetto agli standard della giustizia minorile. Arresti utilizzati come strumento di pressione sulle famiglie e sul tessuto sociale.
TESTIMONIANZE (raccolte da The Guardian, Haaretz, B'tselem e Al Jazeera):
Celle sovraffollate e insalubri: Molti palestinesi sono stati rinchiusi in celle anguste con molti più detenuti della capienza prevista. Nel carcere di Nafha (deserto del Negev), ad esempio, “14 persone erano ammassate in una stanza concepita per 5”, racconta un ex detenuto
. I prigionieri dormivano a terra o su materassi sudici, senza potersi lavare adeguatamente né pulire lo spazio ristretto. L’aria insalubre e la promiscuità hanno portato a diffuse malattie della pelle: diversi detenuti hanno contratto scabbia, funghi e infezioni cutanee nelle celle luride
. Questi problemi di salute venivano aggravati dall’impossibilità di mantenere l’igiene personale e dalla totale mancanza di disinfettanti o cambi di indumenti per lunghi periodi.
Denutrizione e perdita di peso: Quasi tutti i prigionieri liberati apparivano fortemente deperiti, segnati da mesi di razioni alimentari insufficienti. Un medico palestinese dell’ospedale Nasser di Khan Younis ha riferito che molti degli ex detenuti giunti a Gaza il 13 ottobre presentavano “segni evidenti di fame prolungata” – corpi scheletrici, guance incavate – e che non mangiavano da molto tempo prima del rilascio
. Dai racconti emerge che il cibo in carcere era scarso e di pessima qualità: a volte contaminato o avariato, spesso insufficiente a sfamare adulti indeboliti
. Il risultato è stato un dimagrimento drammatico per molti. Ad esempio, Naseem al-Radee (33 anni) pesava 93 kg al momento dell’arresto e ne pesava appena 60 al rilascio, avendo perso oltre un terzo del proprio peso corporeo
. Un altro detenuto, Mohammed al-Asaliya (22 anni), è passato da 75 kg a soli 42 kg durante la prigionia
. Scene simili sono state osservate in Cisgiordania: i testimoni descrivono i detenuti scarcerati a Ramallah come estremamente emaciati, con zigomi sporgenti; alcuni non riuscivano nemmeno a camminare senza sostegno, tanto erano debilitati
. I familiari hanno dovuto prestare attenzione persino nel dar loro da mangiare dopo la liberazione, poiché i loro stomaci non erano più abituati al cibo normale
Assistenza medica negata: Uno degli aspetti più gravi emersi dalle testimonianze è la privazione deliberata di cure mediche ai detenuti malati o feriti. Molti ex prigionieri raccontano di aver sofferto lesioni anche gravi senza ricevere alcuna cura. Ammar Jawabra, ad esempio, fu picchiato così duramente alle gambe che gli si lacerò la carne; “nelle settimane e mesi successivi non ho ricevuto alcun trattamento” – ha raccontato – “chiedevo antibiotici, antidolorifici, qualsiasi cosa, ma non è mai arrivato nulla”
. Le ferite si infettavano e i dolori restavano senza sollievo, contribuendo a uno stato di sofferenza cronica. In mancanza di alternative, i detenuti cercavano rimedi di fortuna: “Provavamo a curarci usando il disinfettante per pavimenti sulle ferite, ma non ha fatto che peggiorare le cose”, riferisce al-Asaliya parlando della totale assenza di medicazioni in carcere
. Persino chi contraeva malattie comuni (come infezioni cutanee dovute alla scarsa igiene) raramente otteneva farmaci o visite mediche. Questa negligenza sanitaria sistematica ha avuto conseguenze fatali: al-Basyouni sostiene che “molti detenuti, compresi dei dottori, sono morti per le percosse o per mancanza di cure” durante la detenzione
. Un’inchiesta giornalistica ha documentato il caso del dottor Adnan al-Bursh, uno stimato chirurgo di Gaza arrestato dopo l’ottobre 2023: al-Bursh è deceduto in custodia israeliana a causa delle torture subite, con costole spezzate e gravi emorragie interne, dopo essere stato pestato dalla guardia carceraria
. Un altro medico di Gaza, Hussam Abu Safiya (direttore dell’ospedale Kamal Adwan), venne arrestato durante un raid israeliano in ospedale a dicembre 2024 e detenuto senza processo; il suo nome tuttavia non compariva nella lista dei rilasciati dell’ottobre 2025, suscitando il timore che fosse ancora recluso o in pericolo.

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