Il cosiddetto “Premio Nobel per la Pace” Maria Corina Machado ha telefonato al terrorista Netanyahu per esprimergli il suo apprezzamento per le “decisioni e le azioni risolute durante la guerra”, lodando persino “i risultati ottenuti da Israele”.
Ma di quali risultati parla? Di oltre 30.000 bambini palestinesi uccisi? Delle madri che scavano a mani nude tra le macerie alla ricerca dei loro figli? Degli ospedali bombardati, dei civili affamati, delle case rase al suolo, delle vite spezzate ogni giorno?
Che una persona premiata per la “pace” si dica soddisfatta di tutto questo è una delle pagine più vergognose della storia recente. È la dimostrazione che il Premio Nobel per la Pace, da tempo, ha smarrito ogni valore morale, trasformandosi in uno strumento politico nelle mani di chi sostiene guerre, occupazioni e oppressioni.
Da Barack Obama in poi, il Nobel per la Pace è stato consegnato non a costruttori di pace, ma a criminali di guerra, guerrafondai e ai loro complici, a chi ha versato sangue in nome della “democrazia”, a chi ha distrutto intere nazioni in nome della “libertà”.
Un premio che dovrebbe onorare la vita è diventato il simbolo dell’ipocrisia internazionale, il paravento morale di un sistema che uccide e poi si autocelebra.
L’unica eccezione luminosa in questo abisso di menzogne resta Denis Mukwege, il medico del Congo che ha curato le ferite più profonde della guerra, quelle dei corpi e delle anime. In lui vive ancora il vero spirito del Premio Nobel per la Pace: la compassione, il coraggio, la giustizia.
Tutto il resto è solo farsa, potere travestito da virtù, propaganda mascherata da moralità. Quando si premia chi applaude un genocidio, non si celebra la pace, la si uccide.
Soumaila Diawara.

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