
L’uomo nella foto qui sotto si chiama Ofer Cassif.
È un deputato di sinistra della Knesset, il Parlamento israeliano.
Durante il discorso di Donald Trump, si è alzato in piedi insieme ad Ayman Odeh, un altro deputato di sinistra. Non hanno gridato, non hanno insultato, non hanno interrotto.
Hanno solo mostrato due cartelli al gangster americano: “Genocidio” e “Riconoscere la Palestina”.
Sono bastati pochi secondi. Dall’aula si sono alzate urla, fischi, insulti. Il servizio d’ordine li ha raggiunti di corsa, li ha presi per le braccia e li ha trascinati via, mentre Trump, dal podio, commentava compiaciuto: “Intervento molto efficace”.
Ecco com’è ridotta la “democrazia” israeliana.
Un Paese dove dire la verità è un atto di coraggio,
dove due parlamentari vengono cacciati per aver nominato le parole proibite: genocidio e riconoscere la Palestina.
Ma in mezzo a quell’ipocrisia, ci sono ancora uomini come Ofer Cassif e Ayman Odeh che non si piegano, che non tacciono.
E un giorno, quando tutto questo sarà davvero finito, potranno guardarsi allo specchio e dire: “Non in nostro nome”.

Mettiamola giù facile:
Non più di un mese fa, Trump e gli USA avevano votato contro una risoluzione dell’ONU che chiedeva una tregua a Gaza.
Cioè: Trump aveva dato il suo benestare perché gli israeliani seguitassero a massacrare i civili palestinesi.
E così è stato.
Qualche giorno fa, invece, si è deciso di fermare temporaneamente lo sterminio.
Cosa è successo nel frattempo?
Sono successe le manifestazioni, le proteste, i blocchi di alcuni alcuni Stati satelliti, come il nostro. Si è visto che l’opinione pubblica di tutto il mondo era, ed è, contro Israele e la sua politica genocidaria.
È successo che decine di Stati occidentali si sono affrettati a riconoscere la Palestina (tranne quelli più privi di dignità, come noi).
È successo che l’Arabia Saudita, ad esempio, dopo aver visto il bombardamento del Qatar a Doha, ha pensato di rivolgersi al Pachistan per farsi proteggere, non agli USA.
E gli USA hanno capito che stavano perdendo presa. Hanno visto che, ormai, il mondo non era più disposto a sopportare.
Allora che ha fatto Trump?
Ha deciso di accettare di mettere in pausa il massacro.
E ha chiamato questa cosa “piano di pace”.
Cioè: io e il mio amico smettiamo di picchiarti, come abbiamo fatto fino a cinque minuti fa (non ascoltando quelli che ce lo chiedevano), e pretendiamo che tutti ci facciano i complimenti perché siamo riusciti a fare la pace.
E alcuni li hanno fatti, i complimenti, specialmente i servi più sciocchi di tutti, gli ultimi degli ultimi, quelli che non contano niente ma sono bravissimi a tifare per ogni bullo, come ad esempio l’Italia.
Ora che succederà?
Sempre che Israele non decida di trovare una scusa per seguitare il massacro, dico.
Succederà che ricostruiranno Gaza.
Faranno tante belle case di lusso, hotel ecc.
Tutte cose che i palestinesi, che non hanno denaro, non potranno permettersi di comprare.
Le loro case non saranno più loro.
E allora la pulizia etnica continuerà.
Senza massacri, magari, ma dovranno comunque andarsene altrove.
Al massimo li butteranno dentro qualche campo profughi lontano dalle lucine della “nuova riviera orientale” di Trump.
Gaza non sarà più loro.
Sarà degli americani, degli israeliani, di chi avrà abbastanza soldi per colonizzarla.
L’occidente ha vinto questa ennesima battaglia di democrazia e civiltà, insomma.
Festeggiamo.
Emiliano Rubbi
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