
5 maggio 2025: l’AD della RAI, Giampaolo Rossi, firma una circolare interna. Tutti i dipendenti e collaboratori devono dichiarare se intendono candidarsi o partecipare a comitati politici o referendari. In tal caso, sono “invitati ad assentarsi” usando ferie, permessi o aspettative non retribuite.
Chi non lo fa? Rischia “ogni opportuna misura”.
Motivo ufficiale: “tutelare la neutralità del servizio pubblico”.
Ma la misura colpisce anche chi non appare mai in video: tecnici, impiegati, autori, montatori. Persino chi compare solo nei titoli di coda.
16 maggio: il Tribunale di Busto Arsizio dà ragione all’Associazione ANLoD e blocca la circolare.
Il provvedimento, scrive il giudice, “penalizza e quindi discrimina” chi “esprime nel proprio privato una legittima opinione” o anche solo “aderisce idealmente” a comitati politici o referendari.
Non è solo una questione economica: viene colpita la libertà di partecipazione politica, anche per chi nel proprio tempo libero prende posizione. Una “dissuasione” che zittisce, “indipendentemente dalle mansioni”, chi dissente.
Il Tribunale ordina la modifica: solo chi appare in video e fa dichiarazioni politiche può essere eventualmente limitato. Gli altri devono poter lavorare e partecipare alla vita democratica.
La RAI replica: regole simili esistevano già nel 2018, 2020 e 2022.
Ma perché rispolverarle proprio ora, alla vigilia di cinque referendum decisivi su lavoro e cittadinanza?
Può davvero dirsi servizio pubblico un’azienda che punisce i suoi lavoratori, solo perché qualcuno la pensa diversamente da chi sta al vertice?
(Fonti: Wikilabour, RAI Ufficio Stampa, Sentenza Tribunale di Busto Arsizio 16/05/2025)
Per approfondire e leggere le fonti vai sul sito smaskonline.it
#smask #smascheralabestia #rai #giampaolorossi #referendum #referendum8e9giugno #ReferendumCittadinanza #cittadinanza #lavoro #governomeloni #politica #politicaitaliana
Nessun commento:
Posta un commento