lunedì 30 dicembre 2024

... Ciao Giampaolo! ...

I giornali erano dei lenzuoli di carta, al tempo che leggevo Giampaolo Ormezzano. Quasi il doppio di adesso. Diventava un problema nasconderli, a scuola. E mi domando, adesso, chissà perché ai professori stavano così tanto sulle scatole, tanto da beccarsi una nota sul registro… O non erano loro i primi a lamentarsi, al colloquio trimestrale, che “suo figlio legge poco”? Come se a tredici anni fosse facile leggere libri. E non fosse, invece, propedeutico approcciarsi con tutte quelle cose lì: la Gazzetta e Tex Willer, Quattroruote e Alan Ford. Che poi, Hermann Hesse e Hemingway sarebbero arrivati da soli. Ormezzano era, almeno per me, una specie di Omero, il cantore di un sogno: lui, Vladimiro Caminiti, Brera (ovviamente) e quasi tutti quelli che scrivevano nel Guerin Sportivo. In quel mondo pallido e felice che furono alla fine dei ‘70 e l’inizio degli ‘80. Pulici e Graziani come Ajace Telamonio e Achille Piè Veloce. Saronni e Moser, i mercoledì di coppa e i Mondiali d’Argentina, con le partite a mezzanotte “via satellite”, il leggero sfasamento audio-immagine e quel ronzio di sottofondo che sembrava provenire da un altro mondo. Era un uomo perfetto, Ormezzano, per raccontarci quel mondo lì. Rotondetto e affabile, come un personaggio da bar sport: la simpatia innata, e contagiosa, che fa un tutt’uno con l’ironia, e con il non prendersi mai troppo sul serio, tipico delle persone di gran gusto, e spiccata intelligenza. “Hanno inventato la Juve perché, nell’almanacco, non c’era niente alla lettera J.” “Ho avuto due fortune nella vita: non essere nato donna a Kabul e tifoso della Juventus, a Torino. Quando pubblicò un libro di memorie lo intitolò: “Non dite a mia mamma che faccio il giornalista sportivo. Lei mi crede scippatore di vecchiette.” Comunque, una visione del calcio romantica che oggi si è persa del tutto: “Se venisse uno Sceicco non tiferei più Toro. Io non parlo il cinese e non me ne frega niente di parlarlo, e non mi importa poi molto che il Toro non sia forte. Perché il Torino è più che il calcio. Il Torino è l’Italia che risorge. E’ Coppi.” Coppi, Mennea e naturalmente Valentino Mazzola. Che erano gli unici argomenti sui quali Ormezzano non scherzava mai; perché (si capiva) erano personaggi che nella sua vita dovevano aver contato parecchio. E mi ricordo, adesso, di una mia lontana trasmissione televisiva e di un colloquio telefonico. Avevo trent’anni, volevo parlare del Grande Torino ed avere il grande GPO in collegamento, beh… Mi sembrava una roba spaziale. “Nessun problema. A che ora?” “ Alle nove in punto. Vorrei aprire la trasmissione con lei” “Benissimo. Sarà un piacere” disse, prima di riattaccare. E rimase quasi mezz’ora, in diretta, a raccontare della Torino del dopoguerra: di quando, al cinematografo, si era trovato accanto a Capitan Valentino, e gli sembrava di avere vicino la Madonna. E del dolore provato in quel 4 maggio, quando la vita sembrò improvvisamente fermarsi. Racconti lucidi, ricchi e rotondi: racconti di vita, e di sport, ben torniti da aneddoti e particolari che saresti rimasto ad ascoltarlo per una notte intera. E si capisce perchè certi personaggi non li invitino più in televisione: dove bisogna "avere i tempi", ed ogni intervento sembra giusto un riempitivo tra una pubblicità e l'altra. Sapete come feci a contattarlo? Semplicemente, aprendo l’elenco telefonico di Torino: Ormezzano dott. Giampaolo. 011 985 eccetera eccetera. Perchè era gente così. Ti sia lieve la terra.

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