Filippo Michelangeli.
domenica 8 dicembre 2024
... la "prima" della Scala ...
Come critico sarei un disastro. Se uno spettacolo o un concerto mi annoiano non so nasconderlo. Mi agito, leggiucchio nella penombra il programma, penso ai fatti miei. Ma se uno spettacolo mi piace mi dimentico tutto, anche di andare in bagno. Mi teletrasporto sul palcoscenico, perdo il senso del tempo e mi sento in pace col mondo.
Questa sera c'era la "prima" della Scala. Chiunque sappia di musica, anche poco, sa che è la serata più importante per Milano e una degli eventi più seguiti dai melomani di mezzo mondo. È a numero chiuso, 2.000 tagliandi che vengono bruciati in pochi minuti. Malgrado costino fino a 3.200 euro per platea e palchi centrali. L'incasso della "prima" ha sfiorato i 3,5 milioni di euro, un record.
Il titolo, notissimo, era "La forza del destino" di Verdi. In coda all'anno pucciniano – e un'overdose di eroine del maestro toscano – la Scala ha lanciato un messaggio chiaro: torniamo alla normalità. La forza è il quintultimo titolo che ha composto Verdi. All'epoca è un uomo di quasi 50 anni, nel pieno della maturità, e ha iniziato a diradare la forsennata produzione degli anni giovanili. Compone La forza nel 1862, Regno d'Italia appena fatto, su commissione del teatro imperiale di San Pietroburgo dove debutta. Sette anni dopo la rimaneggia e nel 1869 la mette in scena nel teatro dove ormai il maestro di Parma è diventato una leggenda: la Scala.
L'opera ha una trama complicata, per non lasciare dietro nessuno la racconto in due parole: è la storia di Leonora, figlia di un marchese, e del suo amore per Don Alvaro. Un incidente sfortunato porta alla morte del padre di Leonora, scatenando una serie di eventi tragici. Leonora si rifugia in un monastero, mentre Don Alvaro e il fratello di Leonora, Don Carlo, si cercano per vendicarsi. Alla fine, in un tragico confronto, Don Alvaro uccide Don Carlo, e Leonora muore tra le braccia di Don Alvaro, implorando il perdono divino. In mezzo, come in ogni melodramma, succede di tutto.
Nell'ampio cast di stasera, cito solo Leonora, Anna Netrebko; Alvaro, Brian Jagde (che ha sostituito la star tedesca Jonas Kaufmann); don Carlo, Ludovic Tézier; il marchese, Fabrizio Beggi. Regia di Leo Muscato, scene Federica Parolini, costumi Silvia Aymonino. Complessi scaligeri diretti da Riccardo Chailly.
Lo dico subito: è stata una serata memorabile. Dopo la celebre ouverture (sinfonia), con l'iconico e trascinante tema del destino che attraverserà tutta l'opera, si apre il sipario. Nel primo atto è Leonora la protagonista della scena. La Netrebko è una certezza, ma stasera ha davvero dato il massimo. Me pellegrina ed orfana è una delle arie più attese. E il soprano mette subito la sua autorevole firma. Da quel momento gli applausi a scena aperta per lei non si conteranno più. Si fanno sentire anche Alvaro/Jadge e il marchese/Beggi. Il tenore americano avrà acceso un cero a San Jonas. Il forfait del collega tedesco gli ha dato l'opportunità di farsi conoscere dal mondo intero. E Brian non si è fatto scappare l'occasione per dimostrare il suo valore: potenza, intonazione sicura, presenza scenica e una buona pronuncia. Il secondo atto lancia il coro. Verdi è scatenato. Lo usa in più numeri. Da restare di sasso nell'Holà, holà, holà e nel imprendibile Rataplan, un muro di suono e una duttilità nel coro impressionante. Intanto torna la Netrebko in Sono giunta! e Madre, pietosa vergine. È indicibile la bravura del soprano russo. Ha tutto. Una musicalità che la rende infallibile nei fraseggi, dinamiche enormi, un pianissimo che andrebbe campionato e mandato nello spazio e una presenza scenica da infarto. Preziosilla, mezzosoprano, è brava ma cantare con un fenomeno come la Netrebko non le giova. Nel terzo atto la zampata è di Don Carlo, alias il baritono francese Ludovic Tézier. La sua bravura è spiazzante. Ha una personalità gigantesca e una sicurezza vocale totale. Ogni volta che apre bocca è godimento puro. Per trovargli un difetto ad ogni costo posso solo segnalare che è un po' attempato per essere il fratello di Leonora. Potrei andare avanti per ore a raccontarvi la meraviglia di questo cast, ma la farei lunga.
Andiamo a orchestra e coro scaligeri. La dico piatta: in questo momento non mi viene in mente nessuno al mondo che sappia suonare e cantare Verdi come loro. Sono stati perfetti, concentrati, calati nel ruolo dalla prima nota all'ultima. Non ho sentito una sezione, un assolo, che non fosse espressione di intenso studio e immedesimazione nell'opera. Riccardo Chailly ha fatto un lavoro pazzesco con l'orchestra. Quest'uomo domina e conosce la partitura come le sue tasche. Non ha sbagliato uno stacco di tempo, un ingresso di un cantante. Nel secondo atto, forse il punto più alto, l'ho visto felice. Dopo le straordinarie performance di Tézier ha persino applaudito con la bacchetta. Lo capisco, io ho urlato «bravo» con tutto il fiato che avevo in gola.
Una regia mediamente tradizionale, Muscato ha concentrato il suo interesse sull'elemento guerresco richiamando nei costumi dei soldati i conflitti dal Settecento ai nostri giorni per sottolineare la triste eternità della violenza umana.
E veniamo a Dominique Meyer. Il sovrintendente francese può essere soddisfatto, il suo ultimo Sant'Ambrogio è stato un trionfo senza se e senza ma. Chiude il suo mandato alla Scala in bellezza.
Ma il vero vincitore è Giuseppe Verdi. A 50 anni riesce a trasferire sul pentagramma la sua creatività con una sapienza compositiva, contrappuntistica, vocale, corale e un'orchestrazione che lascia senza parole. Capisco Puccini, nato dopo di lui, che abbia dovuto impiegare 33 anni per liberarsi dal confronto con la sua genialità. Scrivere opere dopo Verdi doveva sembrare davvero impossibile.
Il mio racconto finisce qui. Mi sono divertito, commosso, emozionato. Dopo l'ultima nota lo avrei riascoltato tutto da capo. "La forza del destino" è un capolavoro assoluto che tra 200 anni verrà ancora rappresentato in tutti i teatri del mondo. Giuseppe Verdi era uno stregone. E stasera lo avrei solo voluto abbracciare.
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento