giovedì 9 gennaio 2025

... Giorgio Caproni ...

7 gennaio 1912 Nasce Giorgio Caproni 

 Una delle prime presentazioni critiche sull’opera di Giorgio Caproni è stata fatta da Pier Paolo Pasolini che lo definisce “uno degli uomini più liberi del nostro tempo letterario”. Un' affinità elettiva lega i due poeti anche per la simile esperienza durante la Resistenza. E Caproni è ricordato non solo come un grande poeta ma anche per essersi schierato apertamente con la causa partigiana, svolgendo ruoli di supporto logistico o anche di semplice conforto umano ai ragazzi impegnati nella guerriglia. Un evento che il poeta visse da testimone ma non da protagonista, in quanto, come da lui stesso più volte sottolineato, la sua adesione al movimento partigiano fu ideologica e disarmata. Come lo stesso fu per Pasolini. Un senso di colpa per non essere entrato attivamente nelle file della Resistenza però lo attanaglia di fronte alla tragedia dei quattro ragazzi massacrati dai colpi del mortaio fascista e l' immagine dei loro volti maciullati dagli speroni del tenente. Caproni racconta attraverso lo sguardo di un padre – lui stesso – costretto al più abominevole dei tormenti: condividere l’orrore con i propri figli. "Quello che trovammo la sera a Loco (la sera del 25 ottobre 1944), come potranno mai, mio Dio, dimenticare e perdonare i miei bambini? […] Avevo veduto Sardegna, Raffo, Pippo, Pantera, i quattro compagni nostri stesi sul cemento dell’obitorio, e in questo modo io li avevo visti insieme ai miei bambini: li avevo visti col loro indicibile viso divenuto come di sporca cera, su cui perfino gli occhi, ancora aperti e già velati di polvere, m’apparivano, ormai, stranamente, cose finte e non più pertinenti all’uomo. Mi colpirono soprattutto i visi di Sardegna e di Raffo illividiti da strane impronte, e mentre con la mano respingevo indietro i miei bambini che ancora volevano vedere, fu una donna a dire ad alta voce in modo da farsi udire anche dai piccoli: “Il tenente. Ci ha camminato sopra il tenente”. (Giorgio Caproni, Racconti scritti per forza) Il substrato biografico del racconto viene ricostruito da Antonio Testa: "La giornata si concluse con uno squallido episodio: certo tenente A…., comandante del pattuglione appostato al di là del fiume, diede prova di una di quelle prodezze cui indulgevano spesso i fascisti più tristemente noti. A combattimento ormai terminato si recò sul luogo dello scontro e pestò con gli scarponi chiodati la testa dei partigiani caduti, vantandosene poi con i suoi soldati e con la gente del paese che ascoltava esterrefatta." (Antonio Testa, Partigiani in Valtrebbia, cit., pp. 152-153.) "L’ufficiale protagonista del raccapricciante episodio viene identificato solo con l’iniziale del cognome. Potrebbe trattarsi del tenente Adriano Adami, spietato nemico della Resistenza cuneese e ricordato dall’ex partigiano e avversario Giorgio Bocca come ufficiale tanto feroce quanto abile e coraggioso." (Storia dell’Italia partigiana. Settembre 1943-maggio 1945, Bari, Laterza 1966, pp. 425-426.) Caproni ne fa il ritratto con efficacia: "E tutto questo, alla Tana, mentre ora il tenente fascista sullo stradale di Loco camminava su e giù con la rivoltella in pugno, dicendo con denti bianchissimi alle donne: “Carne di partigiano. Stasera si mangia carne di partigiano”. 
(Giorgio Caproni, Racconti scritti per forza) 

La giustizia è invano cercata sulla terra, come conferma l’ἐπιτάφιον (epitàfion), l’elogio funebre scritto da Pier Paolo Pasolini e letto il 21 giugno 1945 nel cimitero di Casarsa, mentre viene tumulato il corpo del fratello Guido. L’epitaffio si conclude con le parole : “alla società non chiediamo lacrime, chiediamo giustizia” mai veramente raccolte da chi poteva agire. “...in questi giorni In cui si desta il doloroso stupore di sapere che tutta quella luce per cui vivemmo, fu soltanto un sogno … fonte ora di solitarie vergognose lacrime.” 

P.P.Pasolini, Lacrime

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