- Oriana Fallaci, Lettera a Pier Paolo Pasolini, novembre 1975
La notte che divide i santi dai morti, fra il sabato 1º novembre e la domenica 2, 49 anni fa, veniva barbaramente ucciso Pier Paolo #Pasolini, abbandonato in uno sterrato presso l'idroscalo di Ostia. Da quella tragica notte del 1975 su Pasolini è stato scritto e detto tanto. Continuamente, senza sosta. La vita del poeta, sino alla tragica fine, fu la ricerca di una provocazione che rimetteva dinamicamente in discussione le idee, i preconcetti, gli atteggiamenti del mondo. Forse nessun impegno intellettuale e morale fu così appassionatamente partecipe dell’ambiente e del dramma del proprio tempo.
Era un poeta, innanzitutto un poeta: e questo non va dimenticato, pure nella nostalgia della sua voce, quella voce che accendeva quasi con gioia la miccia delle più brucianti provocazioni. La domanda è "Perché?"
Nazzareno D’Errico. "Pier Paolo Pasolini, un anno fa. Perché?" su "Historia", anno XX, n. 227, novembre 1976; pp. 14-23
Copertina della pubblicazione. Foto di Pier Paolo Pasolini durante la conferenza-stampa di "Salò", Cinecittà, teatro 15, 9 maggio 1975
Pier Paolo Pasolini
il 2 novembre 1975 uccisero il tuo corpo...
«Amo la vita così ferocemente, così disperatamente, che non me ne può venire bene: dico i dati fisici della vita, il sole, l'erba, la giovinezza:... e io divoro, divoro, divoro... Come andrà a finire, non lo so.»
E’ Pier Paolo Pasolini che parla ed è quasi un presentimento di morte.
Era il 2 novembre 1975 quando venne assassinato come un comune delinquente ma la sua barbara uccisione ancor oggi muove le coscienze e indigna per la mancanza di una verità che a distanza di 49 anni annaspa ancora in acque torbide.
Anticipatore del presente, colse i primi segni di disgregazione che avrebbe spazzato via un'identità culturale ispirata ad una scala valoriale non più punto di riferimento.
Ci manca un uomo come Pasolini e dico uomo perché nonostante la sua portata intellettuale e filosofica rimase sempre uno spirito libero.
Ed è l’uomo che mi piace ricordare, quello che univa all’analisi lucida e critica della società dei consumi e dei poteri occulti, la tenerezza dei ricordi d’infanzia tradotti in splendide rime e l’amore incondizionato per la madre Susanna.
Tra le tante poesie, questa é quella che sento di più e che me lo fa amare come fosse un congiunto.
Casarsa
Scorre il treno
sul paese dei temporali e primule,
impregna ogni mia fibra,
dai campanili al profumo d’erba dei magredi.
Lontani i turbamenti giovanili
consumati in giorni bianchi di sole
sul greto del fiume, tra i cespugli,
custodi di inconfessabili pulsioni.
Inizi, partenze, ritorni,
il mio destino si compì là
nella terra madre,
cuore divino
ove fui imprigionato al grembo
da cui nacqui,
attorcigliato al cordone ombelicale,
figlio e padre di cotanto amore.
Anima mia, Susanna,
che al sol pronunciarti
mi si stringe il cuore
Madre dalle sopracciglia alate
i tratti soavi,
generosa e lieve
guaivi di nascosto il tuo dolore
per quel figlio dai grandi ideali
assassinato nei suoi giorni più belli.
La paura era di perdere anche me
che già mi ero perso,
in una discesa senza luce,
nel più spaventoso dei conflitti.
Tu trepidavi
intuendo i miei tormenti,
e non c’era rimorso più grande
che sentire la tua carezza sulla nuca,
al mattino
quando il sole inondava la stanza
Nessun commento:
Posta un commento