… e intanto era aprile,
e il glicine era qui, a rifiorire
.
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Ma è possibile amare
senza sapere cosa questo vuol dire? Felice
te, che sei solo amore, gemello vegetale,
che rinasci in un mondo prenatale!
Prepotente, feroce
rinasci, e di colpo, in una notte, copri
un’ intera parete appena alzata, il muro
principesco di un’ ocra
screpolato al nuovo sole che lo cuoce …
E basti tu, col tuo profumo, oscuro,
caduco rampicante, a farmi puro
di storia come un verme, come un monaco:
e non lo voglio, mi rivolto – arido
nella mia nuova rabbia,
a puntellare lo scrostato intonaco
del mio nuovo edificio.
Qualcosa ha fatto allargare
l’abisso tra corpo e storia, m’ha indebolito,
inaridito, riaperto le ferite
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Tu che brutale ritorni,
non ringiovanito, ma addirittura rinato,
furia della natura, dolcissima,
mi stronchi uomo già stroncato
da una serie di miserabili giorni,
ti sporgi sopra i miei riaperti abissi,
profumi vergine sul mio eclissi,
antica sensualità . . . . . . . . .
Pier Paolo Pasolini
da “La religione del mio tempo”
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