mercoledì 24 gennaio 2024

... editoriale ...

editoriale 
E ORA LE BARRICATE 

un’opposizione debole non riesce a fermare il colpo di stato secessionista, è una classe politica imbelle e cialtrona. L’autonomia-spazzatura differenziata spaccherà ulteriormente l’Italia rendendo sempre più precarie le condizioni materiali dei gruppi subalterni del nord e del sud. È ora di farla finita con il fascismo leghista, il premierato completerà il golpe istituzionale ‘bianco’ di eversione della nostra Costituzione. Solo il referendum non basta. Chiamiamo alla mobilitazione tutta la sinistra, nel nome delle brigate “Garibaldi” della Resistenza antifascista. 
#LavoroPolitico #NoAutonomiaDifferenziata 

GARIBALDI CONDANNATO A MORTE 

La retorica patriottica è detestabile. Il termine patria è diventato appannaggio della destra, quella che realmente calpesta la sovranità (e la dignità) nazionale. Solitamente, le fanfarate trombettiste  sono carnevalate che nascondono interessi servili e sicuramente conflittuali contro altri popoli e paesi. Il nazionalismo è un cancro, malattia tossica veicolata dalle classi dominanti per le popolazioni contro altre popolazioni. Il paradosso che è dinanzi a noi in Italia però è troppo grande, è enorme. E anche per noi comunisti, internazionalisti per antonomasia, che scegliemmo l’effige di Garibaldi per le nostre brigate resistenti, deve tornare nel cuore quello che loro falsamente chiamano l”amor di patria”. Dopo aver incontrato Mazzini a Londra, Garibaldi si arruolò nella Marina del Regno di Sardegna per diffondere le sue idee rivoluzionarie. Dopo che partecipò a un fallito ammutinamento in Savoia nel 1834, le autorità lo considerarono uno dei capi e fu condannato a morte per tradimento. Ma Garibaldi fortunatamente era già scappato. Il Garibaldi che amiamo di più, il Garibaldi rivoluzionario internazionalista, in esilio, nel settembre 1835 s'imbarcò per Rio de Janeiro. Intendeva entrare a far parte della comunità italiana locale, dedita al commercio e intrisa d'ideali rivoluzionari. A quel tempo, la realtà brasiliana era turbolenta. Il governo della provincia del Rio Grande do Sul aveva dichiarato l'indipendenza dall'imperatore Pedro II. Garibaldi si unì alla loro lotta: dal 1837 combatté una guerra corsara a bordo di un peschereccio assieme a dodici uomini, storia che somiglia al ‘Granma‘ della rivoluzione castrista e guevarista, «Con una garopera [una nave dedicata alla pesca della garopa, un pesce locale] sfidiamo un impero e sventoliamo la bandiera della libertà su questi mari», scrisse con enfasi nel suo diario. Ecco i paradossi della storia che ritornano. I traditori accusano di tradimento, gli infami di infamia. I golpisti dell’autonomia differenziata e del premierato intonano ‘Fratelli d’Italia’. 

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