sabato 2 agosto 2025
... il "bullo" impazza!! ...
Dazi «universali» Trump all’attacco di tutto il mondo
Dazi Usa Soglia tariffaria minima al 15% per quaranta paesi, e anche oltre per altre venti nazioni. Svizzera nel mirino per i farmaci: 39%
Nella notte fra il 31 Luglio e il primo agosto Donald Trump ha stabilito i nuovi dazi per tutti i paesi del mondo, inclusi quelli che avevano già negoziato degli accordi commerciali con gli Stati uniti, e che vedranno comunque aumentare le aliquote sulla stragrande maggioranza dei beni esportati in Usa. I dazi «universali» per le merci in arrivo rimarrà al 10%, vale a dire lo stesso livello implementato il 2 aprile, il Liberation day, come lo aveva chiamato il tycoon e si applicherà solo ai paesi con cui gli Stati uniti hanno un surplus commerciale.
UN’ALIQUOTA DEL 15% sarà la nuova soglia tariffaria minima per circa 40 paesi con cui gli Usa hanno un deficit commerciale, 26 paesi, invece, avranno aliquote superiori al 15%, o perché hanno concordato un quadro commerciale specifico, o perché Trump ha inviato ai loro leader una lettera in cui imponeva unilateralmente dei dazi più alti.
Per il Canada la nuova politica commerciale è entrata in vigore già ieri, e il paese si è visto applicare tasse speciali al 35%, in aumento rispetto alla soglia precedente del 25%. Il Messico ha accettato di mantenere per 90 giorni l’attuale tariffa del 25% applicata sui beni non esentati dall’accordo di libero scambio tra Stati Uniti, Messico e Canada. Ad eccezione del Canada, gli altri paesi vedranno entrare in vigore i dazi il 7 agosto, al fine di dare alla Dogana il tempo sufficiente per apportare le modifiche necessarie per riscuotere le nuove tasse. Gli unici partner commerciali che non hanno subito modifiche sono stati Regno unito, Cina e Messico, anche se l’accordo firmato con la Cina scade tra meno di due settimane, il che significa che anche queste aliquote potrebbero aumentare.
A quattro mesi dal Liberation day l’onda di indignazione che aveva sollevato l’imposizione dei dazi è solo un ricordo . Ad aprile la mossa commerciale di Trump aveva gettato i mercati finanziari nel caos ed alimentato i timori di una recessione globale, e poche ore dopo la loro entrata in vigore, Trump aveva rinviato l’applicazione dei dazi «reciproci», fissando il primo agosto come nuova scadenza. A quel punto panico e caos avevano lasciato spazio a una generica e diffusa insicurezza, per degli accordi da stipulare – a detta del presidente – caso per caso.
Ieri i mercati azionari sono scesi, ma il dollaro ha resistito e nel frattempo le azioni delle aziende farmaceutiche europee sono crollate in seguito alla minaccia di ritorsioni da parte di Trump, se i prezzi dei farmaci non verranno abbassati. Per questa ragione la Svizzera ha avuto un brusco risveglio venerdì, con il tasso di dazi al 39%, uno dei tassi più alti per qualsiasi nazione. Karin Keller-Sutter, presidente svizzera, ha dichiarato di aver provato a parlare con Trump giovedì, ma che «non è stato possibile raggiungere un accordo». Secondo Stefan Legge, responsabile della politica fiscale e commerciale dell’Istituto svizzero di diritto ed economia, c’è anche il rischio che ci si trascini nel panorama dell’incertezza. «Una cosa che abbiamo imparato in Svizzera è che si può parlare con chiunque alla Casa Bianca, ma è del tutto irrilevante se Trump non è d’accordo – ha dichiarato al New York Times – A Trump questo piace molto. È al centro delle decisioni, vuole essere sempre richiesto e tenere tutti in riga».
QUESTO «TENERE IN RIGA» è da intendersi in senso sempre meno commerciale e sempre più politico. Una delle ragioni dell’incremento dei dazi al Canada è da ricercare nella volontà espressa dal governo di Ottawa di riconoscere lo stato di Palestina. Dopo che il premier canadese Mark Carney ha comunicato ufficialmente che il Canada intende riconoscere la Palestina durante l’ottantesima Assemblea generale delle Nazioni unite che si terrà a settembre 2025, Trump ha subito scritto su Truth: «Wow! Il Canada ha appena annunciato che sosterrà la creazione di uno Stato palestinese. Questo renderà molto difficile per noi raggiungere un accordo commerciale con loro». Poco importa che Carney abbia specificato nel suo annuncio che il riconoscimento avverrà a patto che le autorità palestinesi attuino riforme, tengano elezioni nel 2026 senza Hamas e garantiscano la smilitarizzazione dello stato riconosciuto.
L’INCERTEZZA generata dall’umoralità punitiva di Trump comincia a farsi sentire sul mercato del lavoro, che ha mostrato segni di indebolimento. A luglio in Usa si sono aggiunti solo 73.000 posti di lavoro, un segno che un numero maggiore di imprese sta mettendo in pausa i piani di espansione di fronte all’incertezza economica creata dal tycoon.
Da settimane gli economisti ripetono che il dazi caotici, le restrizioni all’immigrazione e la riduzione dei posti di lavoro nel governo federale, avrebbero fermato la crescita statunitense, e pare che questo stia accadendo.
In risposta a queste previsioni Trump ha deciso ieri di licenziare la commissaria del Bureau of Labor Statistics (l’Istat statunitense), Erika McEntarfer, accusandola di «manipolare i dati» mensili per ragioni politiche.
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