
Meloni, da Tappeto Rosso a zerbino dell’Irrilevanza
Scattare, prego. E mettersi in fila. Ecco a voi i “leader del mondo libero” ridotti a comparse, in attesa del capo. Che umiliazione squisita. Una processione di leader senza bussola che vanno a rapporto, sperando di tornare a casa con una pacca sulla spalla.
E chi troviamo in pole position, con lo zelo di chi non vuole perdersi neanche le briciole? La nostra Meloni, ovviamente. La Sovranista in fila dal padrone. Eccola, la paladina della Patria, la più ansiosa di dimostrare di essere stata invitata alla festa.
Tutto il patriottismo da comizio, tutta la retorica della “Nazione a testa alta”, si scioglie in questa posa da scolaretta in fila dal preside. Un viaggio intercontinentale non per dettare condizioni, ma per fare anticamera. Per dimostrare che il tuo “sovranismo” finisce esattamente dove inizia il tappeto di Washington. Questa non è politica estera, è un atto di sottomissione in mondovisione.
Questa non è un’immagine. È il manifesto del tradimento di ogni promessa.
Analizziamo la scena, perché è più eloquente di mille discorsi. Per anni ci hanno bombardato con concetti come “sovranità”, “patria”, “prima gli italiani”. Una narrazione tossica, costruita sulla promessa di un’Italia finalmente rispettata. Poi vedi la leader di quel presunto “riscatto nazionale” in fila come un vassallo venuto a omaggiare il signore.
L’intera impalcatura ideologica del fascismo riciclato, del patriottismo da operetta, crolla di fronte a questa semplice, umiliante verità: il loro “sovranismo” è una merce a uso interno. Serve a raccattare voti, ma quando si confronta con il potere reale, la “testa alta” diventa un capo chino.
Questa non è solo ipocrisia. È la confessione plastica di una truffa politica e culturale.
Hanno venduto un sogno di grandezza e ci hanno consegnato un posto in fila nella sala d’attesa della storia.
Patetico.
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