domenica 31 agosto 2025
sabato 30 agosto 2025
venerdì 29 agosto 2025
giovedì 28 agosto 2025
mercoledì 27 agosto 2025
martedì 26 agosto 2025
lunedì 25 agosto 2025
domenica 24 agosto 2025
sabato 23 agosto 2025
venerdì 22 agosto 2025
... brindisi amaro ...
𝐁𝐫𝐢𝐧𝐝𝐢𝐬𝐢 𝐚𝐦𝐚𝐫𝐨, 𝐢𝐥 𝐜𝐨𝐧𝐭𝐨 𝐥𝐨 𝐩𝐚𝐠𝐚 𝐥'𝐈𝐭𝐚𝐥𝐢𝐚
Il buongiorno di Giulio Cavalli
Palazzo Chigi celebra il «bicchiere mezzo pieno»: «non è l’ideale ma abbiamo evitato una guerra commerciale». Nel conto, però, c’è un mezzo bicchiere di vino costosissimo. L’accordo Usa-Ue sui dazi fissa una tariffa orizzontale del 15% e, soprattutto, non concede l’esenzione ai simboli del made in Italy agroalimentare: vini, olio, pasta, formaggi. Proprio i vini sono la voce più colpita: 317 milioni di euro solo qui; per l’agroalimentare l’ammanco vale circa 1 miliardo. Sul totale dell’export italiano, Unimpresa stima un danno tra 7 e 8 miliardi, su una base di 66-70 miliardi: oltre il 10%.
Mentre a Palazzo Chigi si brinda, a pagare saranno imprese e famiglie. Se i margini si assottigliano, i listini salgono: un’inflazione +0,3–0,5 punti costerebbe 2,5–4,2 miliardi alle famiglie. La narrazione del «male minore» regge fino a quando? La task force dazi riunita alla Farnesina prova a raddrizzare la rotta, ma intanto l’intesa impegna l’Europa ad acquistare più energia statunitense e a «incrementare in modo sostanziale le commesse di attrezzature militari» americane. Bruxelles alleggerisce i vincoli su emissioni e deforestazione per le produzioni Usa e «riconosce gli Stati uniti come destinazione più sicura per gli investimenti», dirottando capitali e commesse oltreoceano.
Il sovranismo che aveva promesso scudi per il made in Italy presenta un conto. L’alleanza celebrata come friend-shoring diventa dipendenza: energia, armamenti, tariffe. E quel bicchiere che il governo descrive mezzo pieno, per chi produce e per chi compra è già mezzo vuoto. Anzi: lo paghiamo tutto.
giovedì 21 agosto 2025
... Libertà e Giustizia ...
Comunicato Libertà e Giustizia
Con il Leoncavallo,
21 agosto 2025
Libertà e giustizia esprime ferma condanna per le modalità e le motivazioni addotte per l’improvviso sgombero dello storico centro sociale milanese Leoncavallo.
L’intervento, previsto per il 9 settembre, dopo che il Comune e i responsabili del Leoncavallo avevano aperto un confronto per portare la situazione dello stabile occupato alla piena legalità, si è svolto con un dispiegamento di forze dell’ordine in assetto antisommossa in una città ancora deserta.
“Oggi finalmente viene ristabilita la legalità. Il governo ha una linea chiara: tolleranza zero verso le occupazioni abusive”, ha affermato il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, cieco sullo scandalo dell’immobile romano di proprietà del Demanio da vent’anni occupato abusivamente dai militanti di estrema destra di Casapound.
La politica dei due pesi e due misure attuata dal governo Meloni non ci sorprende, così come non ci sorprende l’uso fazioso dell’argomento sicurezza e legalità: già durante la discussione sul decreto Sicurezza, il governo aveva bocciato un ordine del giorno che chiedeva lo sfratto dell’organizzazione di matrice neofascista che continuava a godere di impunità nonostante, nel 2023, il giudice monocratico di Roma avesse ritenuto abusiva l’occupazione.
Ci preoccupa, invece, la volontà di sfregiare con un inutile atto di forza non solo una delle realtà sociali più significative di Milano – espressione di cultura non allineata, mutualismo, solidarietà e partecipazione, esempio di integrazione sociale per i soggetti più deboli là dove non arrivavano le istituzioni – ma la possibilità stessa di una mediazione.
Chiediamo che venga fatto ogni sforzo per non disperdere un patrimonio politico e sociale consolidato negli anni, e che si rigettino la gestione poliziesca dei conflitti urbani e la criminalizzazione degli spazi pacifici di dissenso.
CasaPound: il party neofascista che dura da 22 anni, courtesy del governo Meloni!
Immaginate: dal 2003, questi signori occupano un palazzo statale a Roma, via Napoleone III, trasformandolo in bunker privato. Danno erariale? Oltre 4,6 milioni di euro buttati, grazie a "negligenza gravissima" di chi dovrebbe vigilare.
Condanne? Sì, 2 anni e rotti per Iannone e soci nel 2023, ma sgombero? Nah, è all'ottava posizione in lista, come una prenotazione al ristorante che non arriva mai. Il governo urla "tolleranza zero" sulle occupazioni, ma per l'estrema destra?
Occhi chiusi e tappi nelle orecchie. Intanto, l'Esquilino multietnico sopporta, l'ANPI urla "vergogna", e CasaPound organizza eventi come se fosse casa loro (che lo è, abusivamente).
Perchè gli amici non si toccano!
Povera Italia
... Marah è un simbolo!! ...
𝐌𝐚𝐫𝐚𝐡, 𝐟𝐮𝐧𝐞𝐫𝐚𝐥𝐞 𝐝’𝐚𝐜𝐜𝐮𝐬𝐚
Il #buongiorno di Giulio Cavalli
A San Giuliano Terme l’addio a Marah non è un rito: è una deposizione. Vent’anni, evacuata da Gaza, è morta a Pisa di corpo sfinito e di assedio. I medici hanno parlato di malnutrizione estrema, il Comune di «genocidio». La procura, per ora, ha scelto di non aprire un’indagine. Intanto, a poche ore di distanza, il governo israeliano rilancia il piano di colonizzazione E1, e l’esercito annuncia la nuova spinta su Gaza City. I puntini si uniscono da soli.
Il funerale dice l’essenziale che la politica tace: «Marah è il simbolo della sofferenza» e della responsabilità che rimbalza dall’Europa a Tel Aviv. Chi chiama “incidenti” le morti da fame confida nella stanchezza dell’opinione pubblica; chi interrompe i corridoi umanitari, o li riduce a vetrina, si fida dell’impunità. Da mesi la strategia è l’esibizione della forza come comunicazione: mostrare il crimine per normalizzarlo, amministrare il lutto per renderlo invisibile.
C’è un punto di non ritorno in questa estetica dell’occupazione: la giuridicizzazione al contrario. Le autorità amministrano la tragedia con verbali, determine, protocolli, ma sospendono la domanda centrale: da dove viene questa morte. Finché l’Italia accetta di assistere in silenzio, continueremo a contare i funerali e a distribuire responsabilità in frazioni.
Il nome di Marah obbliga a scegliere. O si prende sul serio il diritto internazionale – cessate il fuoco, fine dell’assedio, stop a colonie e complicità – oppure si decide che la ragione di Stato vale più della vita. Nel primo caso la democrazia respira; nell’altro, si abitua a trattenere il fiato.
Una su 62mila vittime del genocidio di Gaza è ora sepolta in Italia. Marah Abu Zhuri aveva 20 anni e i medici di Pisa non sono riusciti a salvarla tanto era denutrita. Ma la procura ha scelto di non indagare il suo omicidio per fame. Mentre Israele lancia il piano per spezzare a metà la Cisgiordania e la fase due dell’occupazione della Striscia
mercoledì 20 agosto 2025
... guerra senza fine!! ...
"Hamas era pronta a liberare gli ostaggi, ma Netanyahu vuole la guerra".
"Quello che accade a Gaza non è l'Olocausto, ma rientra nella definizione di genocidio. Non è antisemita dirlo".
Queste sono parole di Gershon Baskin, il negoziatore israeliano per gli ostaggi, che ha rilasciato ad un'intervista a La Stampa alcuni giorni fa.
Parole che mettono a nudo quello che denunciamo da tempo e che continua ad andare in scena in questi giorni e in queste ore. Ovvero, che il genocidio in corso a Gaza serve a Netanyahu per mantenere il potere. Baskin lo dice chiaramente.
Un anno fa Hamas era disposta a rilasciare tutti gli ostaggi, lasciare il potere nella striscia e non ricostituirsi. A condizione che l'esercito israeliano cessasse il fuoco e lasciasse Gaza. Poteva essere la fine di questo orrore. Ma Netanyahu non accettò.
E così oggi, mentre su tutti i giornali leggiamo della disponibilità a rilasciare gli ostaggi in cambio di una tregua, dall'altra parte il capo di stato maggiore israeliano approva il piano di occupazione di Gaza. Un orrore che non possiamo più sopportare e permettere.
Quel che è da fare è chiaro. Riconoscimento dello stato di Palestina, sanzioni e stop al commercio di armi con Israele. È quello che il popolo italiano chiede da tempo, perché ha deciso di non essere complice di Netanyahu e del genocidio.
Meloni e il suo governo però hanno scelto un'altra strada, quella del silenzio e della complicità…
#AlleanzaVerdiSinistra #Italia #Palestina #Gaza
... Giuseppe Conte ...
Il vertice di Washington conferma la seria difficoltà di porre fine al conflitto russo-ucraino con un onorevole compromesso tra i vari attori in campo, protagonisti e comprimari.
Trump sta provando in tutti i modi a promuovere un accordo di pace per rispettare l’impegno preso con gli elettori americani e dimostrare nei fatti quel che ripete da tempo: che se fosse stato lui al posto di Biden la guerra non sarebbe nemmeno iniziata.
Putin, dopo avere aggredito l’Ucraina, ha approfittato dell’incontro con Trump in Alaska per chiarire che il compromesso di pace deve tener conto dei rapporti di forza mutati sul campo di battaglia e per dimostrare che la Russia non può essere espulsa dal consesso internazionale. Ne è uscito con la prospettiva di rilanciare gli scambi con gli Stati Uniti e ha posto le sue condizioni per definire un nuovo ordine internazionale.
Zelensky si ritrova con un popolo stremato da una guerra affrontata anche grazie alla falsa promessa che i Paesi Nato lo avrebbero sostenuto all’infinito, sia sul piano militare sia sul piano finanziario.
E poi ci sono i leader europei, che per tre anni hanno provato a convincerci che l’unica, possibile strategia fosse inseguire la vittoria militare sulla Russia, essendo completamente inutile investire su un percorso diplomatico. Il fallimento maggiore è il loro, perché sono costretti a prendere atto di quel che anche i comuni cittadini hanno sempre saputo: che la Russia, nient’affatto isolata, rimane un player globale con cui è imprescindibile misurarsi. Con la particolarità, che se il fronte oltranzista guerrafondaio non avesse sabotato i negoziati di Istanbul del marzo-aprile 2022, sicuramente il compromesso concluso a caldo dell’aggressione russa sarebbe stato ben più protettivo degli interessi ucraini di quello che si prospetta adesso che la Russia ha prevalso sul campo.
Adesso i leader europei, completamente disorientati, stanno agendo in ordine sparso, come dimostrano le proposte stravaganti in tema di “garanzie di sicurezza”. Francia, Regno Unito e Germania insistono per l’invio di truppe nel teatro di guerra, ipotesi che mesi fa aveva fatto scattare l’allarme nelle cancellerie di mezza Europa e che adesso viene accolta come il male minore. Poi c’è la proposta del duo Meloni-Fazzolari, di estendere anche all’Ucraina, la garanzia di protezione di cui all’art. 5 del Trattato Nato. Anche questa era stata ventilata mesi fa,creando il panico in Europa e negli Usa: significava per la Nato smetterla con la guerra per procura ed entrare direttamente in guerra contro la Russia. Una follia. Adesso viene riproposta, ma per offrire garanzie future. Questo significa che l’Ucraina verrebbe a godere, in prospettiva, della solidarietà militare dei Paesi Nato, come fosse un membro dell’Alleanza atlantica, pur rimanendo estranea ad essa. Ma è ragionevole prevedere che Putin - che ha conseguito vantaggi sul campo e che è ossessionato dall’estensione della Nato ai propri confini – accetti orale truppe europee o della Nato ai propri confini? È ragionevole estendere all’Ucraina i vantaggi dell’appartenenza alla Nato senza neppure pretendere gli oneri militari e finanziari che questa adesione comporta, creando un pericoloso precedente e il rischio di allargare sempre più, nel mondo, l’area dei conflitti armati? Che succederà quando altri Paesi chiederanno anch’essi il privilegio dell’art. 5 della Nato, senza adesione formale? Può essere davvero questo uno strumento efficace per estendere l’area di influenza geo-politica della Nato e assecondarne l’espansione?
La verità è che il deficit di politica sta precipitando l’Europa nell’irrilevanza e il mondo intero nel caos, senza che si intraveda all’orizzonte la possibilità di costruire un nuovo ordine politico e giuridico mondiale, basato su una prospettiva multipolare.
martedì 19 agosto 2025
... irrilevanti!! ...
Meloni, da Tappeto Rosso a zerbino dell’Irrilevanza
Scattare, prego. E mettersi in fila. Ecco a voi i “leader del mondo libero” ridotti a comparse, in attesa del capo. Che umiliazione squisita. Una processione di leader senza bussola che vanno a rapporto, sperando di tornare a casa con una pacca sulla spalla.
E chi troviamo in pole position, con lo zelo di chi non vuole perdersi neanche le briciole? La nostra Meloni, ovviamente. La Sovranista in fila dal padrone. Eccola, la paladina della Patria, la più ansiosa di dimostrare di essere stata invitata alla festa.
Tutto il patriottismo da comizio, tutta la retorica della “Nazione a testa alta”, si scioglie in questa posa da scolaretta in fila dal preside. Un viaggio intercontinentale non per dettare condizioni, ma per fare anticamera. Per dimostrare che il tuo “sovranismo” finisce esattamente dove inizia il tappeto di Washington. Questa non è politica estera, è un atto di sottomissione in mondovisione.
Questa non è un’immagine. È il manifesto del tradimento di ogni promessa.
Analizziamo la scena, perché è più eloquente di mille discorsi. Per anni ci hanno bombardato con concetti come “sovranità”, “patria”, “prima gli italiani”. Una narrazione tossica, costruita sulla promessa di un’Italia finalmente rispettata. Poi vedi la leader di quel presunto “riscatto nazionale” in fila come un vassallo venuto a omaggiare il signore.
L’intera impalcatura ideologica del fascismo riciclato, del patriottismo da operetta, crolla di fronte a questa semplice, umiliante verità: il loro “sovranismo” è una merce a uso interno. Serve a raccattare voti, ma quando si confronta con il potere reale, la “testa alta” diventa un capo chino.
Questa non è solo ipocrisia. È la confessione plastica di una truffa politica e culturale.
Hanno venduto un sogno di grandezza e ci hanno consegnato un posto in fila nella sala d’attesa della storia.
Patetico.
lunedì 18 agosto 2025
... RAI Storia Kaputt!! ...
sechi al posto di Barbero, la Rai che piega la cultura al regime.
La nomina di mario sechi alla direzione di Rai Storia al posto di Alessandro Barbero non è un semplice avvicendamento. È un atto politico, una dichiarazione di guerra al pensiero libero.
Da una parte c’era un professore emerito, uno storico che ha fatto conoscere il Medioevo a milioni di italiani, che ha scritto decine di libri, insegnato a generazioni di studenti, riempito piazze e teatri con la sua capacità di raccontare la storia senza tradirne la complessità. Barbero è diventato un bene comune, una voce di autorevolezza riconosciuta.
Dall’altra parte arriva un giornalista mediocre, privo di qualsiasi competenza storica, senza un curriculum culturale, senza opere, senza ricerca. L’unico merito? La fedeltà. Mai un pensiero originale, mai un dissenso, mai un rischio. Un uomo abituato a ricevere e rilanciare la velina, a tacere finché il potere non decide cosa può dire.
Questa sostituzione non è casuale, non è neutra. È una epurazione. È la prova - l'ennesima - che la Rai non è più un servizio pubblico ma un feudo di partito. L’intellettuale libero e critico viene cacciato, il funzionario ossequioso viene premiato.
Tutto questo avviene mentre in Europa si discute di European Media Freedom Act, pensato per evitare il controllo politico sui media pubblici. L’Italia fa l’opposto. Ignora le raccomandazioni, accumula sanzioni, calpesta il pluralismo. La televisione di Stato si trasforma in uno strumento di propaganda, senza pudore e senza più finzioni.
Il messaggio è inequivocabile: la cultura è un fastidio, la libertà intellettuale un pericolo, il pensiero critico un nemico. Ciò che serve al governo non è la competenza ma l’obbedienza, non l’autorevolezza ma la mediocrità.
E così da oggi Rai Storia sarà diretta da chi la storia non l’ha mai studiata, da chi guarda sempre storto, non per un difetto fisico ma per un vizio intellettuale: vedere il mondo con un occhio solo, quello rivolto al potere, fingendo che l’altro non esista. Una metafora perfetta della nuova Rai, che ha deciso di amputarsi lo sguardo pur di non vedere la realtà.
La Rai è ormai una macchina di regime.
CAMBIO IN RAI SECHI AL POSTO DI BARBERO
- LA CULTURA PIEGATA AL POTERE FASCISTA
Non è un normale cambio di direzione: è un segnale preciso.
L’uscita di scena di Alessandro Barbero da Rai Storia e l’arrivo di Mario Sechi non riguardano solo una poltrona, ma il destino stesso della cultura pubblica in Italia.
Barbero non è mai stato soltanto un professore universitario. Era diventato un punto di riferimento nazionale, capace di trasformare la storia in un bene condiviso.
Con i suoi libri, le sue lezioni e la sua voce limpida aveva portato il Medioevo nelle case, nelle piazze, persino nei social network. Un intellettuale che non aveva bisogno di autorizzazioni politiche per farsi ascoltare: la sua autorevolezza era radicata nel sapere e nel rigore.
Ora, al suo posto, siede un giornalista che non ha alcuna opera storica da esibire. Nessun testo accademico, nessuna ricerca, nessun contributo al dibattito culturale.
L’unica credenziale che sembra contare è la fedeltà al potere. Non lo spirito critico, non la capacità di costruire conoscenza, ma l’attitudine a replicare ciò che altri decidono.
Questa sostituzione non è un incidente. È un’operazione politica. È il segnale che la televisione pubblica italiana ha smesso di essere un servizio dei cittadini e si è trasformata in un’agenzia di propaganda.
Lì dove c’era spazio per il pensiero libero ora si premia la disciplina, l’allineamento, il silenzio.
In Europa si discute di leggi per difendere l’indipendenza dei media dal controllo dei governi.
L’Italia imbocca la strada contraria: occupa, epura, commissaria. La Rai diventa un feudo spartito tra i partiti, con la cultura trattata come un ostacolo da rimuovere.
Il messaggio è brutale nella sua semplicità: un intellettuale che parla al popolo è pericoloso, meglio un funzionario che non metta mai in discussione la linea.
E così un canale dedicato alla memoria collettiva sarà guidato da chi la memoria non l’ha mai costruita, da chi piega lo sguardo sempre nella stessa direzione: verso il potere.
La Rai non sta solo cambiando volto. Sta amputando la propria funzione civile. Non più luogo di pluralismo, ma macchina di regime.
Paolo Consiglio
- Fonti principali:
European Media Freedom Act (2022/2065 - proposta UE): linee guida sulla protezione dei media pubblici dall’ingerenza politica.
- Politico.eu (2023-2024): articoli sulla libertà di stampa in Europa e le critiche all’Italia per la gestione della Rai.
- The Guardian / Reuters: analisi sui rischi di controllo politico dei media pubblici in diversi Paesi UE.
- ANSA / Il Fatto Quotidiano: cronaca delle nomine Rai e delle polemiche legate all’esclusione di Alessandro Barbero.
Nota editoriale:
Il testo esprime un’analisi critica basata su fatti documentati da fonti giornalistiche autorevoli e su riferimenti normativi europei. Non contiene attacchi personali, ma riflessioni politiche e culturali sul ruolo del servizio pubblico. Le valutazioni rientrano pienamente nel diritto di cronaca e di critica garantito dalla Costituzione italiana e dalle normative UE sulla libertà di stampa.
... nessuna pietà !! ...
𝐋𝐚 𝐩𝐢𝐞𝐭𝐚̀ 𝐬𝐞𝐪𝐮𝐞𝐬𝐭𝐫𝐚𝐭𝐚 𝐝𝐚 𝐏𝐚𝐥𝐚𝐳𝐳𝐨 𝐂𝐡𝐢𝐠𝐢
Il #buongiorno di Giulio Cavalli
Chiamano pietà ciò che è strategia: all’alba, in un’area interdetta del porto di Porto Empedocle, le prime undici bare del naufragio del 13 agosto sono state sbarcate e benedette in fretta, lontano dai familiari e dallo sguardo civile. Il cordoglio ridotto a pratica amministrativa, per togliere voce alle domande.
La Prefettura ha smembrato il congedo: feretri dispersi tra Canicattì, Palma di Montechiaro, Grotte, Castrofilippo, Joppolo Giancaxio. Sull’isola restano 23 salme. Una madre somala chiede di riposare accanto alla figlia e al marito annegati a pochi metri dalla salvezza.
Sul traghetto Las Palmas viaggiavano anche 259 persone classificate “vulnerabili”: gravidanze, menomazioni, mutilazioni, i segni dei lager libici. Un ammiraglio ricorda che atti e direttive trattano le barche in rotta come affari di polizia: il soccorso ha cambiato asse. Ecco l’empietà: osservare, delegare, occultare.
L’invisibilità è una tecnica. Niente file di bare, nessun rito collettivo che apra crepe nella narrazione sui “trafficanti”. È già successo: Roccella Jonica 2024, salme distribuite su più porti; Cutro 2023, trasferimenti fermati dalle famiglie.
Le domande restano: chi ha avvistato e quando? chi ha valutato il rischio? quali mezzi erano disponibili? Sottrarre il funerale allo spazio pubblico non disinnesca la responsabilità, la espone. Silenzio: prova di paura e distanza dallo Stato che pretende di rappresentare. È il trucco antico del potere: negare i riti per negare i fatti. I morti restano e con loro la domanda: chi ha deciso, chi ha visto, chi risponde?
Ora. Risposte, adesso. Subito.
𝐼𝑚𝑚𝑎𝑔𝑖𝑛𝑒 𝑑𝑎𝑙 𝑣𝑖𝑑𝑒𝑜 𝑑𝑒𝑙𝑙𝑒 𝑜𝑝𝑒𝑟𝑎𝑧𝑖𝑜𝑛𝑖 𝑑𝑖 𝑟𝑖𝑐𝑒𝑟𝑐𝑎 𝑒 𝑠𝑜𝑐𝑐𝑜𝑟𝑠𝑜 𝑎 𝑠𝑢𝑑 𝑑𝑖 𝐿𝑎𝑚𝑝𝑒𝑑𝑢𝑠𝑎 𝑎 𝑐𝑢𝑟𝑎 𝑑𝑒𝑙𝑙𝑎 𝐺𝑢𝑎𝑟𝑑𝑖𝑎 𝐶𝑜𝑠𝑡𝑖𝑒𝑟𝑎
domenica 17 agosto 2025
... parole di fuoco!! ...
"E voi che sprofondate nelle poltrone rosse dei parlamenti, abbandonate dossier e grafici: attraversate, anche solo per un’ora, i corridoi spenti di un ospedale bombardato; odorate il gasolio dell’ultimo generatore; ascoltate il bip solitario di un respiratore sospeso tra vita e silenzio, e poi sussurrate – se ci riuscite – la locuzione «obiettivi strategici».
Il Vangelo – per chi crede e per chi non crede – è uno specchio impietoso: riflette ciò che è umano, denuncia ciò che è disumano.
Se un progetto schiaccia l’innocente, è disumano.
Se una legge non protegge il debole, è disumana.
Se un profitto cresce sul dolore di chi non ha voce, è disumano.
E se non volete farlo per Dio, fatelo almeno per quel poco di umano che ancora ci tiene in piedi.
Quando i cieli si riempiono di missili, guardate i bambini che contano i buchi nel soffitto invece delle stelle. Guardate il soldato ventenne spedito a morire per uno slogan. Guardate i chirurghi che operano al buio in un ospedale sventrato. Il Vangelo non accetta i vostri comunicati “tecnici”. Scrosta ogni vernice di patria o interesse e ci lascia davanti all’unica realtà: carne ferita, vite spezzate.
Non chiamate «danni collaterali» le madri che scavano tra le macerie.
Non chiamate «interferenze strategiche» i ragazzi cui avete rubato il futuro.
Non chiamate «operazioni speciali» i crateri lasciati dai droni.
Togliete pure il nome di Dio se vi spaventa; chiamatelo coscienza, onestà, vergogna. Ma ascoltatelo: la guerra è l’unico affare in cui investiamo la nostra umanità per ricavarne cenere. Ogni proiettile è già previsto nei fogli di calcolo di chi guadagna sulle macerie. L’umano muore due volte: quando esplode la bomba e quando il suo valore viene tradotto in utile.
Finché una bomba varrà più di un abbraccio, saremo smarriti. Finché le armi detteranno l’agenda, la pace sembrerà follia. Perciò, spegnete i cannoni. Fate tacere i titoli di borsa che crescono sul dolore. Restituite al silenzio l’alba di un giorno che non macchi di sangue le strade.
Tutto il resto – confini, strategie, bandiere gonfiate dalla propaganda – è nebbia destinata a svanire. Rimarrà solo una domanda:
«Ho salvato o ho ucciso l’umanità che mi era stata affidata?».
Che la risposta non sia un’altra sirena nella notte.
Convertite i piani di battaglia in piani di semina, i discorsi di potenza in discorsi di cura. Sedete accanto alle madri che frugano tra le macerie per salvare un peluche: scoprirete che la strategia suprema è impedire a un bambino di perdere l’infanzia. Portate l’odore delle pietre bruciate nei vostri palazzi: impregni i tappeti, ricordi a ogni passo che nessuno si salva da solo e che l’unica rotta sicura è riportare ogni uomo a casa integro nel corpo e nel cuore.
A noi, popolo che legge, spetta il dovere di non arrenderci. La pace germoglia in salotto – un divano che si allunga; in cucina – una pentola che raddoppia; in strada – una mano che si tende. Gesti umili, ostinati: “tu vali” sussurrato a chi il mondo scarta. Il seme di senape è minimo, ma diventa albero. Così il Vangelo: duro come pietra, tenero come il primo vagito. Chiede scelta netta: costruttori di vita o complici del male.
Terze vie non esistono".
Cardinale e Arcivescovo metropolita di Napoli, Mons. Domenico Battaglia
... a ricordo imperituro! ...
Il 16 agosto 1924 i resti mortali di Giacomo Matteotti , ormai devastati dal tempo, vengono ritrovati casualmente da un cane : le mani e i tessuti muscolari non ci sono più, c'è praticamente solo lo scheletro.
Mussolini ordina imponenti funerali di stato ma la vedova, Velia Matteotti, li rifiuta con sdegno, come rifiuta la presenza alle esequie di qualunque esponente fascista.
I funerali vengono celebrati a Fratta Polesine, luogo di provenienza del parlamentare, e
durante il trasporto in treno della salma una folla commossa e silenziosa si riunisce sui binari per salutarlo un'ultima volta.
Per questo atroce delitto nessuno ha mai pagato...
* * * * *
"
Uccidete pure me, ma l'idea che è in me non la ucciderete mai." (Giacomo Matteotti)
... Ciao Pippo!! ...
"In un mondo che corre veloce la scomparsa di Pippo Baudo è come un fermo immagine. Una pausa, davanti a un pezzo di roccia che cade dalla montagna, in apparenza immobile ma che all’improvviso non è più, non sarà più la stessa. Il gigante se ne è andato e solo ad azzardare il pensiero ci si accorge che basterebbe dire che con lui scompare la televisione..."
... Pippo Baudo è morto ieri sera a 89 anni - 14 più di me - io non so se ci arriverò, certo il momento del mio incontro con la "Signora" si sta avvicinando a grandi passi!!
Caro Pippo, sono a Sanremo in prova con l’orchestra sinfonica nel teatro del Casinò, mentre mi arriva la notizia che non avrei mai voluto ricevere. Domani ho un concerto proprio qui, nella città del Festival dove tu mi hai voluto nel 2007 contro ogni previsione, tra i Big della canzone italiana. Non so che cosa avevi visto in me, forse quello che nemmeno io riuscivo a intravedere. Eppure ci hai creduto: non appena hai ascoltato “Ti regalerò una rosa”, con la quale poi incredibilmente vinsi quell’edizione, volando su una vecchia sedia di legno. Da lì, posso dire, è partito tutto, e se non ci fossi stato tu, sarebbe stata molto dura. Forse non ci sarebbe stato un futuro, e quindi nemmeno questo presente.
L’ultima volta che ti ho sentito, a febbraio di quest’anno: avevi ascoltato la mia “Quando sarai piccola” e con la tua voce stanca, mi hai detto cose irripetibili e amorevoli, incoraggiandomi come farebbe un padre.
Mi hai insegnato che la musica e l’arte in generale, può cambiare in meglio la vita alle persone. E se c’è una cosa di cui sono sicuro è che tu, con il tuo intuito innato, la vita l’hai cambiata a tanti. Anche a quel giovane cantautore coi ricci e gli occhiali.
E io questo, amico mio, non lo dimenticherò mai.
CIAO PIPPO
sabato 16 agosto 2025
... L'AVVERTIMENTO!! ...
L’AVVERTIMENTO
Gaza non è un vuoto da occupare.
È una terra satura, impregnata del sangue dei suoi martiri. Non sarà “Tel Aviv” a governarla. Non sarà nessuna capitale straniera. La governerà il suo popolo, quello che resiste.
È arrivato l’avvertimento. Forte e chiaro.
«Stiamo entrando in un buco nero». È l’ammissione del capo di stato maggiore di israele, Eyal Zamir.
Quel buco nero ha un nome: Resistenza.
Temono che l’invasione si trasformi in mesi di sabbia e sangue. In corpi ricoperti da lenzuoli e sacchi neri.
Temono la pazienza armata. Temono il prezzo. Perché sanno che sarà alto. A Gaza, tra le macerie e nelle vene sotterranee di una città che non si piega, c’è ancora una parola che resiste.
Non è Hamas.
Non è la Jihad.
Non è il Fronte Popolare per la Liberazione.
Non è Fatah.
È Resistenza.
Con l’occasione, lasciatemelo dire: qui da noi, la parola “Resistenza” fa storcere la bocca a molti. Troppi. Nei salotti, nelle bacheche, nelle conversazioni “impegnate” da aperitivo, la Resistenza è un termine che stona, che rovina la foto profilo. Si preferisce parlare di “pace” in astratto, di “dialogo” senza dire mai da che parte stare. È un sostegno sterilizzato, senza rischio, senza storia, senza sangue. Insopportabile.
Una parola che i pro-Palestina della domenica non pronunciano mai. Ma la Palestina non è un hashtag. Non è un orrore da commentare per sentirsi “giusti” per un pomeriggio. È una ferita aperta da decenni.
Chi sta con la Palestina, ci sta sempre. Oppure non ci sta affatto. Ci sta quando le piazze sono piene e soprattutto quando sono vuote. Non ha bisogno di spettatori occasionali. Stare dalla parte della Palestina significa stare, prima di tutto, dalla parte della Resistenza. Senza se. Senza ma.
La Resistenza non si fa in guanti bianchi e livrea. Non è gentile. Non arriva con il permesso dell’occupante. Non si presenta con i fiori, e nemmeno con la Costituzione in mano. Si fa con quello che si ha. Perché chi non ha più nulla da perdere, lotta con tutto ciò che gli resta.
Non spetta a noi dire come si resiste. Né nel loro nome, né nel nostro.
(Alfredo Facchini)
... pillole di Storia ...
Nei primi anni della Guerra Fredda, quando gli Stati Uniti erano l’unica potenza nucleare (1945-1949), quindi potevano annientare qualsiasi nemico senza temere alcuna reazione, l'idea di un attacco preventivo all'Unione Sovietica fu preso in seria considerazione. Era una bella tentazione...
A Washington ci furono effettivamente studi e piani militari che contemplavano l’uso dell’arma atomica contro l’URSS, soprattutto in scenari di guerra preventiva.
Piano Totality (1945) – Primo schema strategico, ideato da Eisenhower per una guerra con l’URSS:
• Obiettivi: centri industriali e nodi di comando, per paralizzare la capacità bellica sovietica.
• Città chiave: Mosca, Leningrado, Gorkij (oggi Nižnij Novgorod), Kuybyshev (oggi Samara), Stalingrado (oggi Volgograd), Baku, Tashkent e altri centri industriali o petroliferi.
• Numero stimato di bombe: poche decine (all’epoca la scorta USA era limitata).
Piano Pincher / Broiler (1948) – Aggiornamento in pieno blocco di Berlino:
• Circa 24-34 obiettivi principali.
• Mosca, Leningrado, Kiev, Charkov, Sverdlovsk (oggi Ekaterinburg), Novosibirsk, Tashkent, Magnitogorsk, Grozny.
• Obiettivo: distruggere il potenziale industriale e logistico prima che l’Armata Rossa potesse travolgere l’Europa.
Piano Dropshot (versione 1949-1950) – Ultimo grande piano prima della parità atomica:
• Più di 100 bombe atomiche pianificate su circa 70 città dell’URSS e paesi satelliti.
• Nomi noti: Mosca (8 bombe), Leningrado (7), Kiev, Minsk, Riga, Tbilisi, Vladivostok, Baku, Murmansk, Tashkent, Alma-Ata (oggi Almaty).
• Strategia: annientare il 85% dell’industria pesante sovietica e paralizzare i trasporti.
questi piani riflettono la logica “preventiva” della Guerra Fredda iniziale. Erano documenti di contingenza, cioè preparati “nel caso” di guerra, non ordini esecutivi immediati. Ma il fatto che fossero così dettagliati mostra quanto seriamente fosse presa l’ipotesi di un attacco nucleare all’URSS prima che potesse rispondere.
La relativa rapidità con cui i russi arrivarono alla bomba atomica dopo Hiroshima fu dovuto all'iniziativa di Stalin di incentivare il programma atomico sovietico, ma soprattutto all'apporto di fisici stranieri. Bruno Pontecorvo, uno dei "ragazzi di via Panisperna" di Enrico Fermi si trasferì in Unione Sovietica per lavorare al programma atomico. Centrale però fu la figura del tedesco Klaus Fuchs.
Fisico tedesco, comunista, abbandonò la Germania dopo l'avvento di Hitler e riparò in Gran Bretagna. Partecipò al progetto Manhattan per l'atomica americana, dopo il 1945 passò molti importanti documenti ai sovietici su come sviluppare la bomba, accelerando lo sviluppo dell'atomica sovietica.
Nel 1950 fu arrestato dagli agenti di Scotland Yard. Fu sottoposto a lunghissimi interrogatori finché confessò di aver passato all'Unione Sovietica i disegni della bomba atomica e i progetti relativi alla bomba all'idrogeno.
Condannato a 14 anni, 5 dei quali condonati, non fu estradato negli USA dove sarebbe stato certamente condannato alla sedia elettrica perchè la Gran Bretagna aveva abolito la pena di morte.
Uscì dal carcere di Wakefield nel 1959, ritornando poi in patria, a Lipsia, nella Germania Est. All'epoca della sua cattura, e in base agli elementi emersi dalla successiva inchiesta, fu esplicitamente dichiarato che, senza le essenziali informazioni fornite da Fuchs, l'Unione Sovietica avrebbe forse tardato parecchi anni a produrre un proprio deterrente nucleare, una situazione che avrebbe modificato in modo sensibile l'equilibrio mondiale di quegli anni.
venerdì 15 agosto 2025
... Ferragosto!! ...
... e anche il ferragosto è giunto: un giorno dopo l'altro arriverà finalmente il momento della liberazione da questi due cazzi!!
giovedì 14 agosto 2025
... nauseabondi conati!! ...
Una donna è morta. Cecilia De Astis è stata travolta e uccisa, a Milano, da un’auto pirata guidata da minorenni sotto 14 anni.
La signora era una pensionata che stava tornando a casa da un pranzo alla “Casa della solidarietà”.
I ragazzini erano 4 rom di origine bosniaca che sono stati trovati dalla Polizia in un campo nomadi alla periferia della città e sono stati fermati.
Poiché sono minorenni sotto i 14 anni, lo dice la legge, non sono imputabili.
Ma questo non significa impunità: significa che la responsabilità è degli adulti e delle famiglie, di chi li abbandona a sé stessi. Bisogna capire come siano entrati in possesso dell’auto.
I genitori o i tutori devono rispondere civilmente e anche penalmente per le condotte dei figli, ad esempio per culpa in educando o in vigilando.
Poi il Tribunale per i minorenni può adottare per questi 4 ragazzini misure di protezione e rieducative, come l’affidamento a comunità, il collocamento in strutture educative, e anche la sospensione della responsabilità genitoriale in caso di grave inidoneità dell’ambiente familiare.
È possibile aprire procedimenti amministrativi e di tutela, anche con intervento dei servizi sociali, finalizzati al recupero e all’integrazione dei minori.
La tragedia nasce nel contesto di degrado dei campi nomadi, in cui vivono ancora troppe persone in Italia.
Gli insediamenti comportano isolamento sociale, mancanza di servizi primari, scuola, acqua, igiene, e precarie condizioni abitative.
Le politiche per il superamento di queste realtà sono in atto da anni con lo scopo di contrastare la segregazione con l’inclusione sociale, e un migliore accesso all’istruzione, alla salute e al lavoro. 
Esiste una Strategia nazionale d’inclusione per rom, sinti e caminanti (2021–2030), promossa da Dipartimento per le Pari Opportunità, l’Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali e la Commissione europea, che ha come obiettivo il superamento strutturale degli insediamenti rom, combinando politiche abitative, educative e di inclusione socio-economica.
Queste politiche di integrazione, finanziate soprattutto con fondi europei, funzionano.
Per la scuola esse prevedono la presa in carico educativa dei ragazzi, il trasporto e la mediazione culturale per contrastare l’evasione e la dispersione scolastica.
Per l’integrazione nel mondo del lavoro vengono attuati tirocini e corsi per agevolare l’inserimento lavorativo.
Per la casa è previsto l’accesso agli alloggi ERP (Edilizia Residenziale Pubblica) con riserva di quote o punteggi specifici nei bandi, e contributi per l’affitto.
Invece per la legalità ci sono tavoli con Prefettura e Forze dell’ordine.
Queste non sono soluzioni emergenziali o sterili, ma vere politiche pubbliche che richiedono impegno e tempo da parte delle istituzioni e dei Comuni.
Come ha dichiarato il sindaco di Milano, Beppe Sala, le giunte di centrosinistra hanno chiuso 24 campi nomadi, 4 autorizzati e 20 irregolari, in 12 anni, dal 2013 al 2024. Ne restano aperti ancora 4 per la cui dismissione si sta lavorando.
Di queste politiche, di come recuperare i ragazzini coinvolti e superare la segregazione e il degrado dei campi, e della urgenza della loro attuazione, una politica seria dovrebbe discutere dopo una tragedia come quella di Milano.
Ma ecco Salvini e Vannacci lanciarsi sulla morte di una povera donna con tutta la loro carica di odio razzista, buttare benzina sul fuoco per farsi pubblicità, per turlupinare facili consensi alimentando contrapposizioni e tensioni.
Dichiarazioni che sono al limite della richiesta di pulizia etnica.
Matteo Salvini, dal solito palcoscenico social spara ad alzo zero: “campo rom da sgomberare subito, e poi radere al suolo”.
Roberto Vannacci è ancora più duro: “Non è un tragico incidente come qualcuno cercherà di raccontarlo: è il risultato di anni di politiche fallimentari, di campi tollerati nonostante degrado e illegalità, di un sistema che rende impuniti anche i responsabili di atti gravissimi solo perché hanno qualche anno in meno.
Dichiarazioni che possono suscitare solo ribrezzo pronunciate da politici il cui grado di responsabilità è sotto lo zero.
Cinici incompetenti che non conoscono i problemi e aprono la bocca per far uscire nauseabondi conati.
Enrico Rossi.
... c'è l'opposizione!! ...
Si chiama Dario Costa, ha 21 anni, è siciliano.
Bravo Dario!
Disgustati saluti è proprio la ciliegina sulla torta
''Lo studente messinese Dario Costa racconta cosa è successo dopo che un pezzo d'intervista è finita sulla pagina del ministro.
Comunque la si pensi sul ponte, Dario Costa ha ragione. Un ministro e leader politico, con il potere che ha, anche mediatico, non può sbeffeggiare un semplice cittadino così, dandolo in pasto all'odio sui social.
E in queste ore sta subendo un’ondata di odio e minacce solo perché ha avuto l’“ardire” di dire che il Ponte sullo Stretto è “un atto delinquenziale”.
Una frase dura? Certo. Ma fondata su un passato fatto di sprechi, corruzione e scandali veri.
Frase che, guarda caso, è stata tagliata e decontestualizzata da Matteo Salvini in un video ridicolo, montato con rallenty da derisione.
Risultato? Un ragazzo di vent’anni trasformato in bersaglio per migliaia di odiatori, insulti, minacce di morte comprese.
Un ministro di 50 anni che bullizza un libero cittadino senza partito né scudo politico.
Questa è la libertà secondo Salvini: non rispondere nel merito, ma scatenare la gogna.
E la risposta di Dario è stata impeccabile:
“Lei non è un ministro, ma uno a cui è stato dato troppo potere in mano”.
Io sto con Dario.
Avanti a testa alta, perché chi alza la voce contro i potenti non è mai solo.
Donato Armesano
È una questione di democrazia.
[https://youtu.be/HBxH4W2Esh8?si=q0n6xSvy71PN85pb](https://youtu.be/HBxH4W2Esh8?si=q0n6xSvy71PN85pb)
mercoledì 13 agosto 2025
... VERGOGNA MELONI!! ...
Nel giorno in cui la Presidente del Consiglio Meloni non è riuscita a pronunciare neppure mezza parola, la sindaca di Genova Silvia Salis è andata direttamente a Sant’Anna di Stazzema, ha abbracciato Adelmo Cervi e ha tenuto una straordinaria orazione civile per l’81esimo anniversario di uno dei più feroci eccidi nazifascista di sempre.
Senza aver paura di chiamare le cose COL LORO NOME.
“Mi chiamo Silvia. Sono una cittadina della Repubblica Italiana. Sono figlia di Genova, una città che ha dato la vita per la Resistenza, che si è liberata da sola dalla follia nazifascista, una città mediaglia d’oro per la Resistenza. Come lo è anche Stazzema.
Sono qui, in questo luogo sacro, NON per ricordare. Sono qui per non dimenticare.
Non è la stessa cosa.
Ricordare è un’azione che appartiene alla mente. Non dimenticare appartiene anche al cuore.
E oggi con il cuore, anche se non ce ne accorgiamo, facciamo rumore. Voglio che questo rumore si senta fino a valle. Perché siamo qui per scegliere.
Scegliere da che parte stare.
Perché ogni volta che si onora la strage di Sant’Anna di Stazzema, non si compie un gesto formale.
Si prende posizione.
Si guarda in faccia la Storia, e le si dice: “Io non dimentico. Io resisto. Io continuo il cammino di chi è stato strappato alla vita, per difendere la nostra”.
La memoria della Resistenza è la nostra memoria, è la memoria di chi ha lottato per sconfiggere il fascismo e il nazismo.
(…)
La Resistenza non è un capitolo chiuso... la Resistenza è un muscolo. E noi oggi lo alleniamo ancora.
Dicono: “La politica oggi non è più quella di una volta. Mancano le ideologie”.
Io dico invece che le ideologie ci sono eccome. E aggiungo, per fortuna. Io non mi sento uguale a chi, ancora oggi, minimizza la Storia. Io non mi sento uguale a loro, è una questione di ideologia? Forse, ma soprattutto è una questione di umanità.
Qui non c’è stato il domani. Perché gli orchi hanno chiuso la porta del tempo a 560 esseri umani.
Qualcuno dirà che “però era tempo di guerra”. Ma la guerra non giustifica l’orrore.
La guerra sfila la maschera a chi ha già scelto di non essere umano.
Ogni tempo ha il suo modo di diffondere l’apparente verità. Un tempo c’erano i balconi e le piazze.
Oggi i sondaggi, i post, gli hashtag, le frasi populiste urlate nei talk show, magari senza neanche un contraddittorio.
Il fascismo non ha paura dei fucili, ha paura della cultura. Ha paura dei libri.
(…)
Viva Sant’Anna! Viva la Resistenza!”
Qualcuno riporti queste parole grondanti antifascismo, resistenza e Cultura e le riporti gentilmente alla Presidente Meloni.
La più grande lezione possibile da una donna delle istituzioni a una donna che le istituzioni antifasciste le umilia e le calpesta ogni giorno.
Orgoglioso della sindaca della mia città.
Trovate voi le differenze.
... stupidità al governo! ...
𝐒𝐞 𝐒𝐚𝐥𝐚 𝐞̀ 𝐜𝐨𝐥𝐩𝐞𝐯𝐨𝐥𝐞, 𝐒𝐚𝐥𝐯𝐢𝐧𝐢 𝐞̀ 𝐜𝐨𝐥𝐩𝐞𝐯𝐨𝐥𝐢𝐬𝐬𝐢𝐦𝐨
Il buongiorno di Giulio Cavalli
Roberto Vannacci ha deciso che il sindaco di Milano porta una «responsabilità morale enorme» per la morte di Cecilia De Astis, investita da un’auto pirata guidata da quattro minorenni. Perché governa la città. Applicando la stessa aritmetica politica, il suo segretario Matteo Salvini si ritroverebbe un inventario di tragedie. Da ministro dell’Interno durante il crollo del Ponte Morandi (43 morti) e la strage di Corinaldo (6 morti). Nei mesi dei “porti chiusi”, oltre 3.500 migranti morti o dispersi nel Mediterraneo, con naufragi come quello del 1° settembre 2018 (più di 100 morti) o del 25 luglio 2019 (circa 150 dispersi). Da ministro delle Infrastrutture nel governo Meloni, il naufragio di Cutro (94 morti, 35 minori), l’alluvione in Emilia-Romagna (15 morti) e l’incidente ferroviario di Brandizzo (5 morti). E poi le migliaia di vittime della strada negli anni di governo, nonostante codici riscritti e annunci di svolte epocali.
So bene che la responsabilità politica non si misura con il pallottoliere dei cadaveri e che la realtà è più complessa di un titolo a effetto. Ma quando un parlamentare decide di piegare una tragedia privata in arma da scagliare, l’unico modo per svelarne l’impostura è riprodurne lo schema fino a mostrarne il ridicolo. Se davvero volessimo misurare il valore di chi governa contando i morti, il metro finirebbe per scottare tra le mani di chi lo impugna. Ho dovuto quindi scrivere un editoriale così stupido per smascherare la stupidità, sapendo che la stupidità, come certe erbacce, prospera proprio nel terreno che la espone.
martedì 12 agosto 2025
... Memento, Melostronza!!! ...
LA STRAGE NAZIFASCISTA DI SANT'ANNA DI STAZZEMA: 12 AGOSTO 1944, 560 MORTI TRA CUI 130 BAMBINI (LA PIU' PICCOLA, ANNA PARDINI, AVEVA 20 GIORNI)
👉 All'alba del 12 agosto 1944 quattro compagnie del 2° Battaglione della 16° Divisione SS Panzergrenadier-Division "Reichsführer-SS", comandate dal criminale di guerra nazista Max Simon, circondarono il paese di Sant'Anna, impedendo anche l'accesso a valle, e sterminarono l'intera popolazione civile in uno dei più atroci, efferati e barbari crimini che i nazifascisti hanno compiuto in Italia durante l'occupazione 1943-1945.
👉 I nazifascisti entrarono nelle case trucidando barbaramente tutti quanti, anche i bambini, con mitragliatrici e bombe a mano: alcune persone vennero infilzate e bruciate vive, i corpi radunati in piazza e bruciati, le case vennero date alle fiamme. Ad una donna incinta, Evelina Berretti, i nazifascisti squarciarono il ventre con la lama di una baionetta, estraendo il feto e sparandogli.
👉 Le vittime furono 560 (tutte donne, anziani, bambini) tra cui 130 bambini, metà dei quali sotto i 10 anni, la più piccola Anna Pardini aveva 20 giorni.
👉 Tra i massacratori vi erano anche diversi italiani che avevano aderito alla RSI e aiutavano i nazisti a compiere le stragi della lunga estate di "guerra ai civili" che i nazifascisti condussero proprio in funzione anti-partigiana, terroristica e stragista per tutto il 1944.
👉 L'operazione di stampo terroristico e stragista era stata premeditata giorni prima con l'obiettivo di porre fine con il terrore contro i civili il loro sostegno alle brigate partigiane che combattevano la Resistenza antifascista nella zona.
👉 La magistratura militare italiana ha infatti accertato che non si trattò di rappresaglia in risposta ad azioni partigiane, ma di un atto terroristico premeditato e curato in ogni dettaglio per annientare la volontà della popolazione, soggiogandola grazie al terrore. L'obiettivo era quello di "bonificare il territorio", distruggere il paese e sterminare la popolazione per rompere ogni collegamento fra i civili e le formazioni partigiane presenti nella zona.
🌹 NIENTE SARA' DIMENTICATO, NESSUNO SARA' DIMENTICATO!
#memoria #partigiani #25aprile #liberazione #Resistente #antifascismo #ANPI #resistencia #antifascista #Costituzione #resistenza #pace #bellaciao #storia #santannadistazzema
... "legibus soluta" ...
Quando mancano gli argomenti o non si vuole svelare le ragioni di una decisione, perché sono indicibili, la destra estrema che ci governa finisce per esercitarsi nella parte che meglio gli riesce: l’attacco alla magistratura.
Molti giornali stamani parlano di “affondo” di Meloni contro i giudici, perché vede nella loro attività un disegno politico contro il suo governo .
La Presidente ha deciso di sfidare apertamente la magistratura, accusandola di “boicottare il governo”, di intralciare i rimpatri e di voler fare politica.
Insomma la solita abusata e logora storia delle “toghe rosse”. Ma questa volta con un significato più ampio.
In realtà, Meloni usa il caso Almasri come grimaldello per preparare la campagna referendaria sulla riforma della giustizia.
Ha deciso di fare il passo cruciale della sua vita politica, e scommettere su se stessa come capo di un sistema di potere a cui tutto è possibile, una premier forte, “legibus soluta”, al di sopra della legge e capace di piegare l’architettura istituzionale alle esigenze del momento e quindi alle sue decisioni che per definizione sarebbero sempre basate sull’interesse nazionale.
La riforma della magistratura e l’attacco frontale ai giudici diventano così un passaggio fondamentale per uno stravolgimento più ampio della Costituzione in direzione del premierato, cioè di quell’idea di potere in cui un individuo è solo al comando mentre gli altri ubbidiscono.
Un’idea che è sempre stata nel dna della destra italiana, fascista, neofascista, missina e ora meloniana.
Ma la mossa della Presidente del Consiglio, oltre che temeraria, mostra anche l’aspetto della paura, la volontà di alzare la posta in gioco per uscire dall’angolo in cui si è finiti con mezzo governo sotto indagine.
L’opposizione, a mio avviso, deve rispondere con grande determinazione alla sfida che Meloni sta lanciando.
Ma questo comporta che venga messo sotto accusa apertamente e venga ripudiato il patto infame con gli aguzzini libici, costruito ai tempi di Gentiloni e Minniti; e insieme a questo che si denunci apertamente la natura sempre più illiberale di questo governo.
Al salto di qualità che Meloni ha imposto alla lotta politica in questi giorni bisogna contrapporre una grande mobilitazione democratica in difesa dei valori, dei principi e delle regole della Costituzione.
Enrico Rossi.
lunedì 11 agosto 2025
... Disastro Totale 2 ...
MODELLO MELONI:
È un modello di Paese che non premia il lavoro, ma il ricatto. E che si regge su un’equazione disumana: se hai fame, accetti tutto. Anche l’ingiustizia.
da Il Fatto Quotidiano
lI governo Meloni rivendica un trionfo occupazionale. Ma dietro i numeri del lavoro si nasconde un’operazione chirurgica – e crudele – sul mercato del lavoro: non un’espansione virtuosa dell’occupazione, ma un record di lavoro povero e un’espulsione silenziosa delle tutele. Un’operazione che è partita da un momento preciso: lo smantellamento del Reddito di Cittadinanza, la misura che aveva finalmente introdotto un minimo sindacale di dignità nelle dinamiche tra chi offre lavoro e chi è costretto a cercarlo.
La logica è quella della teoria del salario di riserva: se esiste un sussidio che garantisce un tenore di vita (per quanto minimo) alternativo allo sfruttamento, il lavoratore ha potere contrattuale. Le imprese – almeno quelle meno inclini a rispettare diritti e contratti – devono offrire di più. La risposta del governo è stata semplice: togliere l’alternativa.
Con la soppressione del RdC e l’introduzione dell’Assegno di Inclusione (Adi) e del Supporto per la Formazione e il Lavoro (Sfl), l’esecutivo ha ristrutturato il sistema di welfare in senso fortemente selettivo. I numeri forniti dal rapporto Inps 2024 parlano chiaro: dei 418.000 nuclei familiari che avrebbero potuto accedere alle nuove misure, meno della metà ha effettivamente presentato domanda. Circa 212.000 nuclei non hanno ricevuto nulla. Il risultato? Un drastico ridimensionamento della platea dei beneficiari e una ridistribuzione della povertà, non un suo contrasto.
Le nuove misure colpiscono soprattutto chi ha minori, disabili o anziani a carico. Secondo il rapporto, il 60% delle domande di Adi per nuclei fragili è stato respinto. A essere esclusi sono anche gli stranieri (solo il 7% dei percettori di Sfl è comunitario o extracomunitario), le donne con carichi di cura e chi ha un Isee appena sopra la soglia. L’Adi, con appena 52.700 domande effettivamente accolte, e il Sfl, con solo 17.600 persone effettivamente inserite in percorsi attivi, coprono una frazione minima di quanto copriva l’RdC.
Ma non è solo un problema quantitativo: l’accesso al Supporto per la Formazione e il Lavoro richiede competenze digitali non banali, diventando così una misura tecnocratica e classista, che punisce gli esclusi due volte: prima per povertà, poi per ignoranza digitale.
Questa selezione feroce ha prodotto un effetto immediato sul mercato del lavoro: un improvviso aumento della forza lavoro disponibile, soprattutto nella fascia bassa della scala salariale. Senza misure che garantissero una crescita della domanda, lo squilibrio ha provocato ciò che l’economia definisce uno shock di offerta: quando tanti cercano lavoro, ma pochi lo offrono, i salari crollano.
L’effetto? Più persone hanno un impiego, ma a condizioni peggiori. Secondo dati e testimonianze raccolte da associazioni e sindacati, si moltiplicano i contratti di poche ore, i part-time forzati, le paghe sotto la soglia della sopravvivenza. Persone in condizioni economiche modeste, cioè con valori bassi di Isee, vivono il ricatto di dover accettare qualsiasi contratto, anche se devono lavorare 30 ore a settimana per meno di mille euro al mese. Se poi vivi in una grande città devi scegliere se fare la spesa o pagare l’affitto. E chi non accetta queste condizioni, spesso, finisce nel lavoro nero. Ma per l’Istat questo è “inattivo”, e così la disoccupazione cala artificialmente.
In base agli ultimi dati Istat, relativi al 2023, la povertà assoluta in Italia colpisce l’8,5% delle famiglie e il 9,8% degli individui, per un totale di 2 milioni 235 mila famiglie e 5 milioni 752 mila individui. Negli ultimi 10 anni, l’incidenza della povertà assoluta a livello familiare è salita dal 6,2 all’8,5%, e quella individuale dal 6,9 al 9,8%.
È utile anche l’ultimo Rapporto Caritas per capire meglio. Non solo è aumentata la povertà di chi non ha lavoro, ma anche di chi ce l’ha: il 48% di chi cerca aiuto ha infatti un’occupazione formale, spesso anche a tempo pieno. Fra le testimonianze raccolte dalla Caritas troviamo Valeria, 36 anni, commessa part-time a Milano: “Lavoro 30 ore a settimana e a fine mese non arrivo comunque a 900 euro. Devo scegliere se pagare le bollette o fare la spesa”. Il Reddito di cittadinanza avrebbe almeno integrato il suo reddito familiare fino a 1.300.
E anche il rapporto Istat 2025 su condizioni di vita e reddito delle famiglie – riferito al 2024 – registra un aumento: il 23,1 % della popolazione è a rischio di povertà o esclusione sociale (in aumento dal 22,8 % del 2023).
Nel frattempo il governo ha allentato le maglie dei controlli sui contributi: oggi un’azienda può trattenere i versamenti previdenziali dei dipendenti per tre mesi senza subire conseguenze immediate. Un credito a costo zero, pagato con i diritti dei lavoratori. Inoltre, sono tornati (peggiorati) i voucher, che non coprono più nemmeno le finzioni contrattuali del passato. Il rischio, concreto, è quello di una regolarizzazione del precariato sotto forma di “opportunità” e “flessibilità”.
Giorgia Meloni ha creato occupazione senza dignità e ha intrappolato forza lavoro in una trappola: povera, precaria, frammentata, invisibile. Ha ristretto le tutele ai “meritevoli”, dividendo i poveri in serie A, B e C. Ha trasformato il mercato del lavoro in un’arena in cui chi è disperato lavora per sopravvivere, non per vivere.
È un modello di Paese che non premia il lavoro, ma il ricatto. E che si regge su un’equazione disumana: se hai fame, accetti tutto. Anche l’ingiustizia.
https://www.ilfattoquotidiano.it/.../piu.../8090945/...
... Disastro Totale!! ...
Per un attimo sospendiamo le tifoserie. E guardiamo la realtà. L'Italia è alla canna del gas. Le spiagge vuote non si spiegano con gli aumenti. Quelli ci son stati. E ci sono. Non sempre giustificati, ma dentro un quadro inflattivo che va avanti da anni. Si tengono bassi gli stipendi (non crescono di fatto da 30 anni) e l'occupazione (che pur formalmente cresce) è relativa ad un lavoro sempre più povero e precario.
Lavori ma resti povero. Per questo ormai anche andare soltanto al mare è proibitivo per molti. Ed in questa situazione il governo cosa fa? Aumenta la spesa militare al 5% del PIL entro 10 anni per conpiacere i padroni americani. Un impegno che richiederà un nuovo stanzamento di circa 68 miliardi € rispetto all’attuale livello (totale stimato: 113 miliardi € in più su dieci anni) secondo i calcoli più ottimistici.
Ma non finisce qui. Per il piano ReArm Europe prevede un investimento fino a 800 miliardi € in tutta l’UE. Per l’Italia, la stima è di spesa compresa tra 88 e 120 miliardi € tra il 2025 e il 2028. Insomma mentre l'Italia letteralmente affonda abbiamo dei folli al governo che invece di risanare l'economia, venire incontro a lavoratori e famiglie letteralmente buttano soldi dalla finestra per regalarli alla lobby delle armi.
Scelte folli, antipopolari, che massacrano l'economia del paese. Una roba che sarebbe inaudita e irricevibile anche per i peggiori governi della prima repubblica. Scelte che testimoniano di avere governanti o completamente incapaci o completamente succubi. E sapete qual è il peggio? Che non è escluso che siano vere entrambe!!!
Mario Imbimbo.
Caso Almasri, #LiGotti: “L’Italia si ritiri dalla Cpi come Orbàn. I Servizi? Condizionati dai libici”
di Alessandro Mantovani
Il legale da cui partì l’inchiesta: “Denuncerei di nuovo, hanno liberato un criminale”
FQ, 9.8.27
“Se non vogliono eseguire i mandati d’arresto devono ritirarsi dalla Corte penale internazionale, come Orbán. I nostri Servizi? Sembrano condizionati dai libici”, dice Luigi Li Gotti, già avvocato di Tommaso Buscetta e di altri pentiti di mafia, dal 2006 sottosegretario e poi senatore con l’Italia dei Valori di Antonio Di Pietro. È autore dell’esposto che ha attivato le indagini sulla mancata consegna di Osama Almasri Najeem alla Cpi, ora concluse con la richiesta di autorizzazione a procedere contro i ministri Carlo Nordio e Matteo Piantedosi e il sottosegretario Alfredo Mantovano. “Lo rifarei di corsa, chi ha dato al governo l’autorizzazione per compiere reati? Per liberare un criminale? La legge è uguale per tutti. Se no facciamo come Orwell: tutti gli animali sono uguali ma alcuni sono più uguali degli altri”.
Si parla del possibile coinvolgimento della capo di gabinetto di Nordio, Giusi Bartolozzi.
Vogliono scudarla, si sta sacrificando per Nordio. Per lei non ci sarebbe il rito speciale, ma se il reato è in concorso la posizione di ministro di Nordio trascina gli altri. Anche per Antonio Marzano, ministro di Forza Italia, nel 2002 negarono l’autorizzazione a procedere per lui e per i concorrenti estranei al governo.
E se fosse indagata per aver mentito al Tribunale dei ministri?
No, rito ordinario.
E un eventuale favoreggiamento di Nordio?
Lo stesso. In effetti ha sviato le indagini dicendo: “Ho fatto tutto io”, ma poi ha detto che parlava “40 volte al giorno” con il ministro. Ma vediamo come valuteranno i magistrati.
Non avrebbero potuto opporre il segreto di Stato fin da subito per tutti?
Potevano non consegnare i documenti, ma ogni volta ci vuole un provvedimento motivato del presidente del Consiglio o del delegato Mantovano: atto per atto, sulle singole richieste del Tribunale dei ministri. Non si può fare in via generale.
Secondo il governo consegnare Almasri alla Cpi avrebbe esposto a ritorsioni gli italiani e gli interessi italiani in Libia. Non ci crede?
Sì, potrebbe anche essere. Il Tribunale dei ministri ha valutato la possibile applicazione dell’articolo 54 del Codice penale, lo stato di necessità, che però può essere invocato per l’integrità fisica, non per interessi economici.
Per i Servizi era a rischio, se non l’integrità fisica, almeno la libertà personale degli italiani in Libia.
Non c’erano elementi concreti, lo dice lo stesso direttore dell’Aise Giovanni Caravelli.
Non è strano che l’Aise non sapesse del viaggio di Almasri in Italia, né delle indagini della Cpi su di lui?
È come se i nostri Servizi fossero stati condizionati. C’era una sorta di accordo che riguardava le partenze di migranti, proprio il settore controllato da Almasri.
Meloni l’ha chiamata ex politico di sinistra, ma lei è stato una vita nel Msi.
Non sono di destra. Dopo la fase giovanile non ho più fatto politica, ero parte civile nel processo di piazza Fontana ed era troppo delicato. Ho ripreso con Di Pietro.
Non è stato nel Msi fino al 1996 e poi in An?
Dal 1974 non ho più rinnovato la tessera, c’era stato un rinnovo automatico fino a quando ho chiesto di evitare. L’ultima volta che ho votato a destra è stato nel 1992, poi ho votato pure il Pds, di destra non sono. Nel Msi c’era di tutto: monarchici, repubblicani, estremisti di destra, moderati, anarchici… Anche antisemiti: alla scuola di partito, nella taverna sotto l’albergo, ricordo un gruppo di giovani che cantava, sulle note di Marinella, la storia di Anna Frank “che usciva dal camino a primavera”… Quell’antisemitismo ora non c’è più, ma Meloni con l’aereo di Stato nel 2023 è andata alla festa di Matteo Salvini e al karaoke cantava La canzone di Marinella… Certo senza Anna Frank… Qualche giorno prima c’era stato il naufragio di Cutro, 94 morti. Non aveva avuto il tempo di fare un piccolo omaggio a quelle bare e poi cantava “Marinella che scivolò nel fiume a primavera”…
Perché li ha denunciati?
Perché hanno violato la legge 237 approvata dal centrodestra nel dicembre 2012 per l’adeguamento allo Statuto della Cpi, fatto a Roma nel 2002. Ne menavamo vanto, ma ci eravamo dimenticati la legge. Una delle proposte l’avevo presentata io nel 2008. Ragioni di sicurezza possono essere invocate per non consegnare un documento, non per non dare seguito a un ordine di cattura. Vengono emessi solo per reati gravissimi. Dovrebbero essere furbi come come Orbán: non ha arrestato Netanyahu ma prima aveva ritirato la firma dallo Statuto della Cpi per evitare di essere deferito al Consiglio di Sicurezza dell’Onu. La procedura che rischia l’Italia.
domenica 10 agosto 2025
... Nicola Lagioia ...
𝐍𝐢𝐜𝐨𝐥𝐚 𝐋𝐚𝐠𝐢𝐨𝐢𝐚: «𝐒𝐞𝐧𝐳𝐚 𝐮𝐧𝐚 𝐫𝐞𝐚𝐳𝐢𝐨𝐧𝐞, 𝐆𝐚𝐳𝐚 𝐬𝐚𝐫𝐚̀ 𝐢𝐥 𝐛𝐮𝐜𝐨 𝐧𝐞𝐫𝐨 𝐦𝐨𝐫𝐚𝐥𝐞 𝐝𝐞𝐥𝐥’𝐄𝐮𝐫𝐨𝐩𝐚»
Intervista di Simona Maggiorelli
Mentre il primo ministro di Israele, Netanyahu, annuncia l'occupazione di Gaza, con l'inaccettabile deportazione della popolazione civile palestinese, Nicola Lagioia usa parole nette, per scuotere le coscienze: "Gaza rischia di essere il buco nero (morale, giuridico, geopolitico, esistenziale) dentro cui finiremo tutti, se non abbiamo una reazione".
Scrittore attento alla lettura del contemporaneo, Premio Strega con il romanzo "La Ferocia" (Einaudi), per anni direttore del Salone del libro di Torino e ora direttore editoriale della rivista Lucy sulla cultura, nonché voce di Paginatre su Radio3 Nicola Lagioia è fra i protagonisti dell'edizione 2025 della rassegna Percorsi a Santo Stefano di Magra (La Spezia), diretta da Emanuela Mazzi e centrata sulla parola chiave "umano". In vista del suo incontro pubblico di apertura della rassegna il 21 agosto alle 21, 15 in piazza della Pace gli abbiamo rivolto qualche domanda.
Nicola, abbiamo perso tutto ciò che è umano a Gaza... Dopo oltre sessantamila morti in gran parte civili palestinesi, donne e bambini, la strage continua è sotto gli occhi di tutti, come se ne esce?
A Gaza sta andando in scena un massacro con l'avallo di Stati Uniti (senza il cui aiuto la strage finirebbe all'istante) e i Paesi dell'Europa occidentale (Unione Europea e Gran Bretagna), i quali, mi riferisco all'Europa, avevano fondato un tentativo di rinascita, dopo la II guerra mondiale, proprio su principi che adesso vengono sistematicamente calpestati. La prima vittima di questa situazione è naturalmente il popolo palestinese. La seconda rischiamo di essere noi. Come potremo invocare i capisaldi della dichiarazione universale dei diritti umani - di cui ci siamo reputati a lungo i principali difensori - restando a fianco del governo di Netanyahu? Incapaci di sganciarci dall'attuale governo di Israele, indegnamente asserviti a quello di Trump. Gaza rischia di essere il buco nero (morale, giuridico, geopolitico, esistenziale) dentro cui finiremo tutti, se non abbiamo una reazione.
La Russia ha aggredito l'Ucraina e dopo tre anni la guerra non si placa, Israele ha messo sotto assedio la popolazione civile palestinese per una punizione globale, dopo l'attacco terroristico di Hamas e ora minaccia di annettere la Striscia di Gaza. Che ne è del diritto internazionale, del sogno di una Europa libera dalle guerre e agente attivo in questo senso in cui, nonostante tutto, ancora crediamo?
Come dicevo, in questo momento l'Europa mi sembra più che mai una fiorente colonia commerciale degli Stati Uniti (ma con tentazioni di opposta subalternità culturale: basti pensare all'assurda passione di non pochi intellettuali, attivisti, giornalisti, politici e loro ultrà per la Russia di Putin), priva di un'autonomia politica, militare, economica. Basti vedere come è stata gestita la situazione dei dazi: insultati ripetutamente da Trump, ci siamo presentati (in un golf club!) con il cappello in mano per farci derubare con soddisfazione. Siamo in questo momento un continente disonorevolmente agiato, politicamente imbelle, con qualche residua vitalità culturale. Ho sempre sostenuto l'Unione Europea ma mai come oggi mi sembra un progetto in stallo. Credo sia anche chiaro che l'Italia, fuori dall'Unione, conterebbe ancora di meno. Abbiamo appreso in questi anni il vero significato di sovranismo fuori dai confini provinciali: servilismo.
Cosa possiamo fare per fermare questa folle corsa al riarmo mentre il green deal arretra?
Ci sarebbe bisogno di un nuovo incontro (ma manca da almeno 40 anni) tra istanze culturali e politica. Peccato che la politica italiana riesca a leggere oggi la cultura solo in modo strumentale, condannandosi così a una vuotezza di contenuti spaventosa. Ci sarebbe dunque bisogno di una politica che torni a guardare al territorio e non alla mappa. Che dia cioè più importanza al mondo reale (magari tornando a frequentarlo ogni giorno, ogni ora) che a quello dei social. Non mi pare stia accadendo.
In tour: Il 21 agosto Nicola Lagioia interviene al festival Percorsi a Santo Stefano di Magra per parlare sul tema "la città dei vivi". Il 20 settembre terrà una lectio magistralis a Festivalfilosofia di Modena dal titolo "Egemonia o egomania? L’intellettuale e il pubblico".
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