giovedì 3 marzo 2011

...da Pierre L. citoyen...

Fonte: Il Foglio di Pamela Barbaglia

Per scongiurare la minaccia neocolonialista degli occidentali "guerrafondai" Robert Mugabe ce l'ha messa tutta: la confisca delle terre (rimaste inutilizzate), il riarmo dei veterani, l'isolamento a livello internazionale. Dal 1980 l'ex colonia britannica, nonché ex "granaio d'Africa", è paralizzata dalla sua leadership totalitaria.

Con sei mandati presidenziali consecutivi - puntualmente accompagnati dalle accuse di brogli elettorali - Mugabe ha ridotto sul lastrico il paese, esasperando una politica liberticida devota al nazionalismo estremo.

Neppure la sospensione dal Commonwealth e il congelamento degli aiuti finanziari da parte del Fondo monetario internazionale sono riusciti ad allentarne la linea dura. In 25 anni di governo l'ex guerrigliero di razza "shona" ha messo a tacere l'opposizione, perseguitando i suoi rappresentanti e accentrando su di sé la duplice funzione di presidente e capo dell'esecutivo. Cinico e tracotante, il "compagno Bob" si difende giustificando l'inflazione galoppante (pari al 300%) e la catastrofe umanitaria come gli effetti collaterali del "nostro legittimo diritto all'autodeterminazione".

Chi lo definisce il padre-padrone dell'Africa nera sa perfettamente che, varcata la linea dell'equatore, Mugabe rischia l'arresto e la persecuzione internazionale per violazione dei diritti umani. Un'eventualità che l'ottantenne despota intende vanificare con il prossimo appuntamento alle urne, fissato a fine marzo, per il rinnovo del Parlamento. Dicesi democrazia, anche se tutto si svolgerà lontano dagli sguardi indiscreti degli osservatori internazionali, che Mugabe ha bandito dal paese. Dopo le consultazioni in Arabia Saudita, anche quella pianificata dal governo di Harare sarebbe una messa in scena ben congegnata che, oltre a confermare lo status quo, darebbe a Mugabe la maggioranza per emendare la Costituzione. Niente più che un'aggiustatina qua e là per spianare la strada a una rielezione, oppure delegare il potere a qualche suo delfino.

L'ars politica del tiranno è infarcita di demagogia. Proprio l'esasperata crociata al "nemico bianco" ai tempi di Ian Smith, ex governatore della Rhodesia del sud fino alla fine degli anni Settanta, ha favorito la rapida ascesa dell'Unione nazionale africana dello Zimbabwe (Zanu), capeggiata da Mugabe. In realtà, la bagarre contro gli agricoltori europei è stata montata a parole. Soltanto in tempi recenti sono arrivati i fatti con l'invasione violenta delle fattorie, seguita a una prima tornata di espropri a favore dei militanti del partito. Il pugno di ferro ha costretto i bianchi zimbabwani a fare le valige. Ecco che la retorica populista di Mugabe ha dato i suoi "buoni" frutti con la progressiva perdita delle risorse monetarie e del know how sulla gestione moderna delle imprese agricole.

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