giovedì 31 dicembre 2009
martedì 29 dicembre 2009
Appunti per una meditazione sul senso della vita (2)
Riapro questi appunti spinto da una graditissima visita ricevuta ieri, nel pomeriggio.
La persona, molto avanti con l'età, con la quale ho avuto il piacere di intrattenermi a colloquio mi ha fornito un immagine invidiabile di vecchiaia vissuta serenamente, piena di interessi, dalla letteratura alla musica, fino alla curiosità per i più moderni ritrovati in materia informatica: mi diceva essere importante per ognuno di noi trovare in sè le risorse da valorizzare, senza lasciarsi abbrutire dagli inevitabili acciacchi e dagli avvenimenti negativi che la vita spesso ci presenta...una bella lezione da fare propria per restare pienamente inseriti nel tempo in cui si sta vivendo...
La persona, molto avanti con l'età, con la quale ho avuto il piacere di intrattenermi a colloquio mi ha fornito un immagine invidiabile di vecchiaia vissuta serenamente, piena di interessi, dalla letteratura alla musica, fino alla curiosità per i più moderni ritrovati in materia informatica: mi diceva essere importante per ognuno di noi trovare in sè le risorse da valorizzare, senza lasciarsi abbrutire dagli inevitabili acciacchi e dagli avvenimenti negativi che la vita spesso ci presenta...una bella lezione da fare propria per restare pienamente inseriti nel tempo in cui si sta vivendo...
domenica 27 dicembre 2009
Appunti per una meditazione sul senso della vita (1)
Perchè questi appunti?, e perchè quell'uno tra parentesi?
La risposta è difficile ed insieme mortalmente semplice...mi permetto di copiare un'espressione cara ad uno scrittore che anima con i suoi testi parte della mia giornata-
La risposta più banale è: beh, siamo alla fine dell'anno, è tempo di bilanci e di buoni propositi per il nuovo anno...ma non soddisfa, e poi- francamente. non mi interessa fare un bilancio che so già in partenza sarà in perdita, fortemente in perdita...diciamo che il tutto nasce anche come spunto da alcuni colloqui con il mio amico Piero, al quale ho vanamente chiesto di mandarmi una traccia su ciò che significa per lui il senso della vita- ok, comincio io, sperando di ricevere almeno qualche commento...
Confesso, in questo momento sono frastornato e potrei addirittura affermare il nonsenso della vita- ma questa è una reazione a caldo, di fronte ai problemi familiari, economici che assillano me come tante altre persone...credo che ognuno di noi abbia a sua disposizione un lasso di tempo in cui operare al meglio delle sue condizioni psicofisiche, e di questo lasso di tempo si debba far tesoro, non sprecandone, se possibile, neppure un attimo- d'altronde ci è stata data una certa quantità di denari da far fruttare e di cui ci sarà chiesto conto, prima o poi...
La risposta è difficile ed insieme mortalmente semplice...mi permetto di copiare un'espressione cara ad uno scrittore che anima con i suoi testi parte della mia giornata-
La risposta più banale è: beh, siamo alla fine dell'anno, è tempo di bilanci e di buoni propositi per il nuovo anno...ma non soddisfa, e poi- francamente. non mi interessa fare un bilancio che so già in partenza sarà in perdita, fortemente in perdita...diciamo che il tutto nasce anche come spunto da alcuni colloqui con il mio amico Piero, al quale ho vanamente chiesto di mandarmi una traccia su ciò che significa per lui il senso della vita- ok, comincio io, sperando di ricevere almeno qualche commento...
Confesso, in questo momento sono frastornato e potrei addirittura affermare il nonsenso della vita- ma questa è una reazione a caldo, di fronte ai problemi familiari, economici che assillano me come tante altre persone...credo che ognuno di noi abbia a sua disposizione un lasso di tempo in cui operare al meglio delle sue condizioni psicofisiche, e di questo lasso di tempo si debba far tesoro, non sprecandone, se possibile, neppure un attimo- d'altronde ci è stata data una certa quantità di denari da far fruttare e di cui ci sarà chiesto conto, prima o poi...
venerdì 25 dicembre 2009
...da Libero news...tutti psicolabili?...
Papa: per l'Italia una societa' piu' giusta e solidale
CITTA' DEL VATICANO - Concordia, giustizia e solidarietà: è quanto ha chiesto all'Italia, nei suoi saluti natalizi, papa Benedetto XVI che ha anche spronato le società occidentali a "superare la mentalità egoista e tecnicistica, a promuovere il bene comune, a rispettare le persone più deboli a cominciare da quelle non ancora nate", come pure a garantire l'accoglienza degli immigrati e dei poveri. Ratzinger si è presentato alle 12:00 in punto alla loggia della Basilica vaticana, confermando di aver pienamente superato l'incidente di ieri sera, quando una ragazza ha scavalcato le transenne e lo ha spintonato a terra, prima della messa natalizia.
Il papa, che si era subito rialzato e aveva celebrato il rito senza problemi, oggi ha pronunciato il tradizionale discorso del 25 dicembre, ripreso in mondovisione, ha salutato in 65 lingue diverse ed ha impartito la benedizione "Urbi et Orbi". In piazza San Pietro decine di migliaia di persone ne hanno seguito le parole e i gesti con grande attenzione, tra applausi, inni e canti natalizi. E' la crisi morale, più ancora di quella economica, a ferire l'umanità, ha spiegato Benedetto XVI nel suo discorso. In questa prospettiva, la Chiesa offre la sua speranza, "chiama all'accoglienza" degli immigrati e alla solidarietà "con coloro che sono colpiti dalle calamità naturali e dalla povertà, anche nelle società opulenti".
Come è tradizione nel giorno natalizio, Benedetto XVI ha citato i tanti punti di sofferenza e guerra del pianeta, ha invocato pace per la Terra Santa, ancora segnata da una "logica di violenza e di vendetta", per l'Iraq, per il grande Medio Oriente e i paesi dell'Asia e dell'Africa feriti da drammi e povertà. Nel saluto all'Italia, Benedetto XVI ha auspicato che "la nascita di Cristo rechi in ciascuno nuova speranza e susciti generoso impegno per la concorde costruzione di una società più giusta e solidale". "Contemplando la povera e umile grotta di Betlemme, le famiglie e le comunità imparino uno stile di vita semplice, trasparente e accogliente, ricco di gesti di amore e di perdono", ha aggiunto.
CITTA' DEL VATICANO - Concordia, giustizia e solidarietà: è quanto ha chiesto all'Italia, nei suoi saluti natalizi, papa Benedetto XVI che ha anche spronato le società occidentali a "superare la mentalità egoista e tecnicistica, a promuovere il bene comune, a rispettare le persone più deboli a cominciare da quelle non ancora nate", come pure a garantire l'accoglienza degli immigrati e dei poveri. Ratzinger si è presentato alle 12:00 in punto alla loggia della Basilica vaticana, confermando di aver pienamente superato l'incidente di ieri sera, quando una ragazza ha scavalcato le transenne e lo ha spintonato a terra, prima della messa natalizia.
Il papa, che si era subito rialzato e aveva celebrato il rito senza problemi, oggi ha pronunciato il tradizionale discorso del 25 dicembre, ripreso in mondovisione, ha salutato in 65 lingue diverse ed ha impartito la benedizione "Urbi et Orbi". In piazza San Pietro decine di migliaia di persone ne hanno seguito le parole e i gesti con grande attenzione, tra applausi, inni e canti natalizi. E' la crisi morale, più ancora di quella economica, a ferire l'umanità, ha spiegato Benedetto XVI nel suo discorso. In questa prospettiva, la Chiesa offre la sua speranza, "chiama all'accoglienza" degli immigrati e alla solidarietà "con coloro che sono colpiti dalle calamità naturali e dalla povertà, anche nelle società opulenti".
Come è tradizione nel giorno natalizio, Benedetto XVI ha citato i tanti punti di sofferenza e guerra del pianeta, ha invocato pace per la Terra Santa, ancora segnata da una "logica di violenza e di vendetta", per l'Iraq, per il grande Medio Oriente e i paesi dell'Asia e dell'Africa feriti da drammi e povertà. Nel saluto all'Italia, Benedetto XVI ha auspicato che "la nascita di Cristo rechi in ciascuno nuova speranza e susciti generoso impegno per la concorde costruzione di una società più giusta e solidale". "Contemplando la povera e umile grotta di Betlemme, le famiglie e le comunità imparino uno stile di vita semplice, trasparente e accogliente, ricco di gesti di amore e di perdono", ha aggiunto.
giovedì 24 dicembre 2009
...primo anniversario...
...e così è già passato un anno dal mio primo post: pensavo che nel giro di pochi mesi si sarebbe estinta questa mia voglia di scrivere un diario virtuale, fatto di pensieri, immagini, notizie curiose, tragiche, buone (poche),testi di canzoni, poesie: una miscellanea insomma che punteggiasse, a modo mio, l'inesorabile trascorrere del tempo- invece il blog è cresciuto, giorno dopo giorno, e poco importa se risulta pressochè privo di commenti e di lettori: io scrivo innanzitutto per me stesso...ah, dimenticavo...Buon Natale...WEB!
martedì 22 dicembre 2009
...da Libero news...ed una brutta.
Berlusconi, andro' avanti per il bene del Paese
VERONA - "Andrò avanti per il bene del Paese": questo il messaggio lanciato da Silvio Berlusconi, stamane, ai partecipanti alla manifestazione di solidarietà indetta in Piazza Brà a Verona, a una settimana dall'aggressione subita dal premier a Milano. "Manifestazioni di solidarietà nei miei confronti - ha detto Berlusconi, che ha chiamato al cellulare il sottosegretario Aldo Brancher - mi danno una ulteriore spinta ad andare avanti e a sostenere il nostro impegno per il bene del Paese"
"Sono commosso - ha detto ancora Berlusconi - e ringrazio Verona che ha per prima voluto organizzare questa manifestazione di solidarietà". "L'amore vince sempre sull'invidia e sull'odio", ha ribadito il presidente del Consiglio; è lo stesso slogan dello striscione che campeggia sulla scalinata del Municipio. "Questo é il messaggio - ha aggiunto il premier - che stiamo portando in giro per tutta l'Italia". "Sotto l'albero di Natale - ha detto ancora, rivolgendosi ai sostenitori - regalate una tessera del Pdl". In piazza Brà, secondo una prima stima, un migliaio di persone, tra le quali oltre a Brancher il sottosegretario Alberto Giorgetti, e vari sindaci e assessori comunali. La manifestazione si è chiusa con le note di 'meno male che Silvio c'é ".
"Credo che a tutti sia chiaro che se di un presidente del Consiglio si dice che è corruttore di minorenni, un corruttore di testimoni, uno che uccide la libertà di stampa, che è un mafioso o addirittura uno stragista, un tiranno, è chiarò che in qualche mente labile, e purtroppo ce ne sono in giro parecchie, possa sorgere il convincimento che essere tirannicidi e diventarlo vuol dire essere degli eroi nazionali e fare il bene della propria patria e dei propri concittadini e quindi acquisire un merito e una gloria importante". Così Silvio Berlusconi, in un passaggio dell'intervento telefonico, è tornato sull'aggressione subita a Milano da parte di Massimo Tartaglia. Il presidente del Consiglio ha poi sottolineato che da quanto avvenuto si deve trarre l'insegnamento di "rispettare" gli avversari politici senza considerarli "nemici".
Il premier, secondo quanto si ascolta nell'audio di Matteo Crimi, un giovane sostenitore del Pdl che ha registrato l'intero intervento del presidente del Consiglio, ha proseguito il suo ragionamento: quanto avvenuto, ha detto il Cavaliere, "deve avvisarci del fatto di come sia davvero pericoloso guardare agli altri con sentimenti che non siano di rispetto e di solidarietà ". "Quindi - ha aggiunto Berlusconi - da quest'ultima esperienza dobbiamo essere ancora più convinti di quanto abbiamo praticato fino ad oggi e cioé che sia giusto il nostro modo di considerare gli avversari come persone che la pensano in modo diverso da noi, ma che hanno il diritto di dire tutto ciò che pensano, che noi dobbiamo difenderli per far sì che lo possano dire e che non sono nemici o persone da combattere in ogni modo, ma sono persone da rispettare". "Lo facciamo noi con gli altri - ha detto Berlusconi - e ci piacerebbe che lo facessero gli altri nei nostri confronti".
D'ALEMA, SI' A DIALOGO
"Non siamo disponibili a fare 'leggine' in favore di Berlusconi, ma siamo pronti a lanciare la sfida del dialogo e delle riforme, questa è la politica di cui ha bisogno il Paese". E' un passaggio dell'intervista di Massimo D'Alema, esponente del Pd, ai microfoni del Tg2. ''Il Paese ha bisogno di riforme: riforme sociali e penso al tema degli ammortizzatori sociali e della protezione per chi non ha lavoro; ha bisogno di riforme delle istituzioni, riduzione del numero di parlamentari, un Parlamento piu' forte e piu' agile; ha bisogno di riforme in tanti campi, la maggioranza non e' in grado di farle e l'opposizione ha il dovere di mettersi in gioco''.
Massimo D'Alema respinge al mittente le accuse di voglia di 'inciucio' mosse da alcuni esponenti del Pd, sostenendo che la polemica nata per le sue affermazioni sulla necessita' di un dialogo sulle riforme nasce da una ''mistificazione'' in parte ''deliberata'' della sue parole. ''Innanzitutto non e' vero: non ho mai esaltato l'inciucio, una brutta parola che non mi piace'', ha detto l'esponente democratico ai microfoni del Tg2. ''E' stata usata dal giornalista che mi intervistava - ha proseguito D'Alema - e io ho detto polemicamente che cio' che viene chiamato inciucio a volte, invece, e' un compromesso che puo' essere utile per il Paese. Quindi - ha concluso - buona parte di questa polemica nasce da una mistificazione, devo ritenere in parte deliberata, di cio' che ho detto''.
Poi, rispondendo ad una domanda su quanto detto da Pier Ferdinando Casini che ha parlato di utilita' del compromesso in politica, D'Alema ha risposto: ''C'e' una sorta di militarizzazione della vita politica che io ritengo sbagliata''. ''Succede - ha proseguito l'ex ministro degli Esteri - che chi da una parte o dall'altra, e penso a quello che accade a Fini da una certa stampa di destra, cerca di ragionare e trovare le vie per fare qualcosa di utile per il Paese finisce invece per essere additato come un traditore. Questo appartiene a un certo imbarbarimento della vita politica''.
VERONA - "Andrò avanti per il bene del Paese": questo il messaggio lanciato da Silvio Berlusconi, stamane, ai partecipanti alla manifestazione di solidarietà indetta in Piazza Brà a Verona, a una settimana dall'aggressione subita dal premier a Milano. "Manifestazioni di solidarietà nei miei confronti - ha detto Berlusconi, che ha chiamato al cellulare il sottosegretario Aldo Brancher - mi danno una ulteriore spinta ad andare avanti e a sostenere il nostro impegno per il bene del Paese"
"Sono commosso - ha detto ancora Berlusconi - e ringrazio Verona che ha per prima voluto organizzare questa manifestazione di solidarietà". "L'amore vince sempre sull'invidia e sull'odio", ha ribadito il presidente del Consiglio; è lo stesso slogan dello striscione che campeggia sulla scalinata del Municipio. "Questo é il messaggio - ha aggiunto il premier - che stiamo portando in giro per tutta l'Italia". "Sotto l'albero di Natale - ha detto ancora, rivolgendosi ai sostenitori - regalate una tessera del Pdl". In piazza Brà, secondo una prima stima, un migliaio di persone, tra le quali oltre a Brancher il sottosegretario Alberto Giorgetti, e vari sindaci e assessori comunali. La manifestazione si è chiusa con le note di 'meno male che Silvio c'é ".
"Credo che a tutti sia chiaro che se di un presidente del Consiglio si dice che è corruttore di minorenni, un corruttore di testimoni, uno che uccide la libertà di stampa, che è un mafioso o addirittura uno stragista, un tiranno, è chiarò che in qualche mente labile, e purtroppo ce ne sono in giro parecchie, possa sorgere il convincimento che essere tirannicidi e diventarlo vuol dire essere degli eroi nazionali e fare il bene della propria patria e dei propri concittadini e quindi acquisire un merito e una gloria importante". Così Silvio Berlusconi, in un passaggio dell'intervento telefonico, è tornato sull'aggressione subita a Milano da parte di Massimo Tartaglia. Il presidente del Consiglio ha poi sottolineato che da quanto avvenuto si deve trarre l'insegnamento di "rispettare" gli avversari politici senza considerarli "nemici".
Il premier, secondo quanto si ascolta nell'audio di Matteo Crimi, un giovane sostenitore del Pdl che ha registrato l'intero intervento del presidente del Consiglio, ha proseguito il suo ragionamento: quanto avvenuto, ha detto il Cavaliere, "deve avvisarci del fatto di come sia davvero pericoloso guardare agli altri con sentimenti che non siano di rispetto e di solidarietà ". "Quindi - ha aggiunto Berlusconi - da quest'ultima esperienza dobbiamo essere ancora più convinti di quanto abbiamo praticato fino ad oggi e cioé che sia giusto il nostro modo di considerare gli avversari come persone che la pensano in modo diverso da noi, ma che hanno il diritto di dire tutto ciò che pensano, che noi dobbiamo difenderli per far sì che lo possano dire e che non sono nemici o persone da combattere in ogni modo, ma sono persone da rispettare". "Lo facciamo noi con gli altri - ha detto Berlusconi - e ci piacerebbe che lo facessero gli altri nei nostri confronti".
D'ALEMA, SI' A DIALOGO
"Non siamo disponibili a fare 'leggine' in favore di Berlusconi, ma siamo pronti a lanciare la sfida del dialogo e delle riforme, questa è la politica di cui ha bisogno il Paese". E' un passaggio dell'intervista di Massimo D'Alema, esponente del Pd, ai microfoni del Tg2. ''Il Paese ha bisogno di riforme: riforme sociali e penso al tema degli ammortizzatori sociali e della protezione per chi non ha lavoro; ha bisogno di riforme delle istituzioni, riduzione del numero di parlamentari, un Parlamento piu' forte e piu' agile; ha bisogno di riforme in tanti campi, la maggioranza non e' in grado di farle e l'opposizione ha il dovere di mettersi in gioco''.
Massimo D'Alema respinge al mittente le accuse di voglia di 'inciucio' mosse da alcuni esponenti del Pd, sostenendo che la polemica nata per le sue affermazioni sulla necessita' di un dialogo sulle riforme nasce da una ''mistificazione'' in parte ''deliberata'' della sue parole. ''Innanzitutto non e' vero: non ho mai esaltato l'inciucio, una brutta parola che non mi piace'', ha detto l'esponente democratico ai microfoni del Tg2. ''E' stata usata dal giornalista che mi intervistava - ha proseguito D'Alema - e io ho detto polemicamente che cio' che viene chiamato inciucio a volte, invece, e' un compromesso che puo' essere utile per il Paese. Quindi - ha concluso - buona parte di questa polemica nasce da una mistificazione, devo ritenere in parte deliberata, di cio' che ho detto''.
Poi, rispondendo ad una domanda su quanto detto da Pier Ferdinando Casini che ha parlato di utilita' del compromesso in politica, D'Alema ha risposto: ''C'e' una sorta di militarizzazione della vita politica che io ritengo sbagliata''. ''Succede - ha proseguito l'ex ministro degli Esteri - che chi da una parte o dall'altra, e penso a quello che accade a Fini da una certa stampa di destra, cerca di ragionare e trovare le vie per fare qualcosa di utile per il Paese finisce invece per essere additato come un traditore. Questo appartiene a un certo imbarbarimento della vita politica''.
...da Libero news...una buona notizia...
Ritrovata la scritta simbolo di Auschwitz
VARSAVIA - Sono delinquenti comuni, non neonazisti, i ladri che venerdì hanno rubato la scritta "Arbeit macht frei" dal cancello dell'ex lager di Auschwitz. La polizia polacca, che la notte scorsa ha arrestato cinque pregiudicati e ha recuperato l'insegna, punta a scoprire se hanno agito di loro iniziativa o se qualcuno ha commissionato il furto. Già domani la scritta in ferro battuto dovrebbe essere riconsegnata al museo dell'ex campo di sterminio.
"Possiamo dichiarare che nessuno dei cinque autori del furto é membro di gruppi neonazisti - ha dichiarato in una conferenza stampa Andrzej Rokita, capo del distretto di polizia di Cracovia -. Il loro intento era senza dubbio solo di compiere un furto. Saremo in grado in seguito di stabilire se il reato sia stato commissionato oppure se i ladri hanno agito di loro iniziativa". I cinque arrestati hanno dai 20 ai 39 anni e sono tutti pregiudicati per furti, rapine e aggressioni. Uno di loro è un ex funzionario di polizia. Rischiano una condanna a dieci anni per furto di patrimonio culturale. Due dei ladri sono stati bloccati a bordo di un'auto a Gdynia, nel nord, gli altri tre nelle loro case nei pressi di Wloclawek, al centro.
I cinque avrebbero confessato subito e avrebbero indicato il luogo dove avevano nascosto l'insegna, in un bosco vicino alla casa di uno di loro, nei pressi di Torun, al nord, in località Czernikw. La scritta in ferro battuto, lunga cinque metri, era stata tagliata in tre parti, una per parola, per essere trasportata e nascosta meglio. Gli investigatori vogliono scoprire ora se i ladri professionisti avevano un mandante che ha commissionato il furto (un ricco neonazista o un collezionista dai gusti macabri), oppure se hanno agito di loro iniziativa, sicuri di rivendere il pezzo o di ottenere un riscatto. Il raid era avvenuto nella notte fra il 17 e il 18 dicembre, in mezzo alla neve, sotto il naso dei servizi di vigilanza. La scritta era stata subito sostituita con una riproduzione conservata nei depositi del museo. Il furto aveva suscitato sdegno in tutto il mondo, in particolare in Israele e fra le comunità ebraiche europee. Era stato visto come un crimine contro la memoria e un sacrilegio nei confronti delle vittime del lager, un milione di ebrei e 100 mila fra polacchi, zingari e prigionieri di guerra sovietici. Sia la polizia che il museo di Auschwitz avevano offerto ricompense in denaro a chi avrebbe fornito informazioni sui ladri e sono arrivate un centinaio di telefonate. Il ritrovamento della scritta è stato accolto oggi con sollievo.
"Ci sentiamo sollevati e siamo grati al governo e alla polizia della Polonia per aver condotto le indagini con intensità", ha detto Noach Flug, tra i pochi scampati di Auschwitz e presidente del consiglio di coordinamento delle associazioni dei superstiti della Shoah. Soddisfazione è stata espressa dal Museo dell'Olocausto di Gerusalemme, lo Yad Vashem, mentre il Centro Simon Wisenthal per la caccia ai criminali nazisti ha chiesto una punizione severa degli arrestati.
VARSAVIA - Sono delinquenti comuni, non neonazisti, i ladri che venerdì hanno rubato la scritta "Arbeit macht frei" dal cancello dell'ex lager di Auschwitz. La polizia polacca, che la notte scorsa ha arrestato cinque pregiudicati e ha recuperato l'insegna, punta a scoprire se hanno agito di loro iniziativa o se qualcuno ha commissionato il furto. Già domani la scritta in ferro battuto dovrebbe essere riconsegnata al museo dell'ex campo di sterminio.
"Possiamo dichiarare che nessuno dei cinque autori del furto é membro di gruppi neonazisti - ha dichiarato in una conferenza stampa Andrzej Rokita, capo del distretto di polizia di Cracovia -. Il loro intento era senza dubbio solo di compiere un furto. Saremo in grado in seguito di stabilire se il reato sia stato commissionato oppure se i ladri hanno agito di loro iniziativa". I cinque arrestati hanno dai 20 ai 39 anni e sono tutti pregiudicati per furti, rapine e aggressioni. Uno di loro è un ex funzionario di polizia. Rischiano una condanna a dieci anni per furto di patrimonio culturale. Due dei ladri sono stati bloccati a bordo di un'auto a Gdynia, nel nord, gli altri tre nelle loro case nei pressi di Wloclawek, al centro.
I cinque avrebbero confessato subito e avrebbero indicato il luogo dove avevano nascosto l'insegna, in un bosco vicino alla casa di uno di loro, nei pressi di Torun, al nord, in località Czernikw. La scritta in ferro battuto, lunga cinque metri, era stata tagliata in tre parti, una per parola, per essere trasportata e nascosta meglio. Gli investigatori vogliono scoprire ora se i ladri professionisti avevano un mandante che ha commissionato il furto (un ricco neonazista o un collezionista dai gusti macabri), oppure se hanno agito di loro iniziativa, sicuri di rivendere il pezzo o di ottenere un riscatto. Il raid era avvenuto nella notte fra il 17 e il 18 dicembre, in mezzo alla neve, sotto il naso dei servizi di vigilanza. La scritta era stata subito sostituita con una riproduzione conservata nei depositi del museo. Il furto aveva suscitato sdegno in tutto il mondo, in particolare in Israele e fra le comunità ebraiche europee. Era stato visto come un crimine contro la memoria e un sacrilegio nei confronti delle vittime del lager, un milione di ebrei e 100 mila fra polacchi, zingari e prigionieri di guerra sovietici. Sia la polizia che il museo di Auschwitz avevano offerto ricompense in denaro a chi avrebbe fornito informazioni sui ladri e sono arrivate un centinaio di telefonate. Il ritrovamento della scritta è stato accolto oggi con sollievo.
"Ci sentiamo sollevati e siamo grati al governo e alla polizia della Polonia per aver condotto le indagini con intensità", ha detto Noach Flug, tra i pochi scampati di Auschwitz e presidente del consiglio di coordinamento delle associazioni dei superstiti della Shoah. Soddisfazione è stata espressa dal Museo dell'Olocausto di Gerusalemme, lo Yad Vashem, mentre il Centro Simon Wisenthal per la caccia ai criminali nazisti ha chiesto una punizione severa degli arrestati.
lunedì 21 dicembre 2009
...ed ecco che viene l'inverno...
...aria gelida, residue lingue di ghiaccio sull'asfalto e fiocchi di neve che iniziano a cadere...arriva l'inverno e l'anno snocciola i suoi ultimi giorni, prima di morire...per la prima volta ho paura dell'anno che verrà, di quanto potrà portare di brutto, di triste, di tragico: ad inizio Gennaio, ormai è sicuro,ci toccherà combattere contro un nemico che credevamo sconfitto, ma i cui resti sono ancora lì, a sfidarci, a tenerci in ansia, a insinuarci il veleno della paura sotto pelle...conviene stringere i denti, cacciare via la stanchezza e la mestizia dal nostro volto e presentargli la nostra maschera più dura e determinata: ci conforta il calore degli amici, capace di sciogliere quel po' di gelo che si è fatto strada in noi...
domenica 20 dicembre 2009
...da Libero news...vertice su clima concluso
Clima, chiuso il vertice. Il testo delude
dell'inviata Elisabetta Guidobaldi
Il clima aspettava la svolta e invece è delusione. E la salute del pianeta sembra essere rimandata a data da destinarsi anche se per la prima volta c'é l' impegno americano e i leader del mondo si sono stretti intorno alla questione del riscaldamento globale. E' una fine con più ombre che luci questa della 15esima Conferenza delle Parti della Convenzione Onu sui cambiamenti climatici (Cop15) a Copenaghen. Un nome difficile per dire summit Onu sul clima. Il risultato di un lavoro mastodontico e di una partecipazione mai vista a queste Conferenze è un accordo minimo, in 12 punti, non vincolante né a livello politico né legale. Niente target di riduzione delle emissioni ma un punto qualificante c'é e sono le risorse per i paesi in via di sviluppo. Il presidente Usa, Barack Obama torna alla Casa Bianca con un magro successo, la Cina invece esulta. L'Europa mastica amaro ma dice sì al testo. Ong e ambientalisti sono arrabbiati. Sotto accusa finisce l'Onu: dal Parlamento europeo si chiede di "riformare il metodo di lavoro dell'Onu con urgenza". Ma i soldi, questa l'unica nota positiva, restano come impegno concreto e anche immediato. Le risorse 'fast' prevedono un fondo da 30 miliardi di dollari per il triennio 2010-2012 mentre entro il 2020 il fondo è da 100 miliardi di dollari l'anno. L'importante, dicono gli osservatori, è che questi fondi non si 'distraggano' dalla lotta alla povertà. Sul tappeto restano tante questioni aperte e nel 2010 si dovrà arrivare a un accordo vincolante.
Ecco la maratona del clima al vertice Onu a Copenaghen:
- MINI-ACCORDO: Dopo quasi 14 ore di fila la sessione Plenaria della Conferenza "prende nota" dell' 'Accordo di Copenaghen''. Si tratta di un documento che non viene votato con il consenso e quindi riguarda solo alcuni paesi, primi su tutti gli Usa che stringono un patto con Cina, India, Sudafrica e Brasile. Si aggrega a malincuore l'Europa ma per il presidente francese, Nicolas Sarkozy si tratta "del migliore accordo possibile oggi". "Se non ci fosse stato un accordo, due Paesi importanti come Cina e India sarebbero stati liberati da ogni tipo di contratto, così come gli Stati Uniti, che non figurano nel protocollo di Kyoto", ha spiegato il presidente. Dal canto suo il presidente americano, Barack Obama, aveva detto: "Accordo significativo ma non basta", rimanendo fermo sugli impegni Usa -17% di Co2 al 2020 rispetto ai livelli del 2005;
- PIANO IN 12 PUNTI: Dodici i punti dell' 'Accordo di Copenaghen'. Si fissa a 2 gradi l'aumento della temperatura media ma si elimina ogni riferimento al taglio del 50% al 2050 per tutti i paesi (qui la vittoria della Cina). Inoltre entro il 31 gennaio 2010 i paesi ricchi dovranno quantificare i tagli. Resta il capitolo fondi nella formulazione acquisita dall'inizio. E, come ultimo punto, si stabilisce la revisione e l'assestamento entro il 2015, incluso il nuovo obiettivo a 1,5 gradi per limitare il riscaldamento;
- ONU E PRESIDENZA DANESE: "Faremo di tutto perché l'accordo diventi legalmente vincolante entro il 2010", ha detto il segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-Moon sottolineando che l'accordo è una "tappa essenziale". Per il capo negoziatore Onu e segretario esecutivo della Convenzione Onu (Unfccc), Yvo de Boer, "é stata una conferenza andata come sulle montagne russe" per raggiungere un accordo che di fatto é "solo una lettera di intenti, e questo significa che abbiamo ancora molto lavoro da fare". Per quanto riguarda la presidenza danese è stata molto criticata per le procedure adottate;
- RABBIA AMBIENTALISTI E ONG: Il giorno dell'Accordo è rabbia da parte delle maggiori associazioni ambientaliste. Legambiente parla di "occasione storica persa"; il Wwf di un testo "mezzo crudo dai contenuti poco chiari"; per Greenpeace si è passati "dall'accordo storico al fallimento storico";
- NUMERI DEL VERTICE: 13 giorni di fuoco, dal 7 al 19 dicembre con 21 ore e 28 minuti di ritardo rispetto all'orario inizialmente previsto (le 18 di venerdì); 193 i Paesi partecipanti, circa 120 capi di Stato e premier e 45.000 le richieste di accredito;
- CAOS E MANIFESTAZIONI: Il vertice Onu sul clima a Copenaghen verrà ricordato come il vertice che ha creato il caos ai cancelli con dieci ore di code, delle manifestazioni, una maxi-mobilitazione il sabato 12 dicembre, e dello schieramento da 'guerra' della polizia.
OBAMA DIFENDE L'ACCORDO
Il presidente Barack Obama ha detto oggi a Washington che l'accordo raggiunto a Copenaghen costituisce una "importante svolta" nella battaglia per combattere gli effetti del riscaldamento del pianeta. "Per la prima volta nella storia tutte le più importanti economie del pianeta si sono riunite per accettare la loro responsabilità nell'agire per affrontare la minaccia del mutamento del clima", ha detto Obama nella sua dichiarazione alla Casa Bianca. Il presidente Usa, che ha parlato in una capitale sepolta da una tempesta di neve, ha riconosciuto comunque che i negoziati in Danimarca sono stati duri. "Dopo negoziati estremamente difficili e complessi - ha detto il presidente Usa - questa svolta importante getterà le basi per le iniziative internazionali degli anni a venire".
ESPERTO IPCC, QUOTE TAGLI CO2 ENTRO 31 GENNAIO
La struttura dell'accordo di cui ha preso atto la Cop contiene due tabelle, più una terza, da riempire con le cifre relative alla quota di riduzione di emissioni di gas serra che i Paesi dovranno comunicare entro il 31 gennaio 2010. A dirlo all'ANSA l'esperto dell'Ipcc (Intergovernmental panel on climate change, cioè il panel di scienziati Onu che studiano i cambiamenti climatici), Riccardo Valentini, a proposito dell'accordo raggiunto al vertice delle Nazioni Unite sul clima a Copenaghen. La prima tabella, spiega Valentini, riguarda ''i Paesi industrializzati, in cui per esempio ricadono gli Stati Uniti, la seconda è per i Paesi non industrializzati, in cui rientra la Cina''. Mentre, ''la terza tabella fa riferimento agli sforzi finanziari che i Paesi dovranno compiere''.
dell'inviata Elisabetta Guidobaldi
Il clima aspettava la svolta e invece è delusione. E la salute del pianeta sembra essere rimandata a data da destinarsi anche se per la prima volta c'é l' impegno americano e i leader del mondo si sono stretti intorno alla questione del riscaldamento globale. E' una fine con più ombre che luci questa della 15esima Conferenza delle Parti della Convenzione Onu sui cambiamenti climatici (Cop15) a Copenaghen. Un nome difficile per dire summit Onu sul clima. Il risultato di un lavoro mastodontico e di una partecipazione mai vista a queste Conferenze è un accordo minimo, in 12 punti, non vincolante né a livello politico né legale. Niente target di riduzione delle emissioni ma un punto qualificante c'é e sono le risorse per i paesi in via di sviluppo. Il presidente Usa, Barack Obama torna alla Casa Bianca con un magro successo, la Cina invece esulta. L'Europa mastica amaro ma dice sì al testo. Ong e ambientalisti sono arrabbiati. Sotto accusa finisce l'Onu: dal Parlamento europeo si chiede di "riformare il metodo di lavoro dell'Onu con urgenza". Ma i soldi, questa l'unica nota positiva, restano come impegno concreto e anche immediato. Le risorse 'fast' prevedono un fondo da 30 miliardi di dollari per il triennio 2010-2012 mentre entro il 2020 il fondo è da 100 miliardi di dollari l'anno. L'importante, dicono gli osservatori, è che questi fondi non si 'distraggano' dalla lotta alla povertà. Sul tappeto restano tante questioni aperte e nel 2010 si dovrà arrivare a un accordo vincolante.
Ecco la maratona del clima al vertice Onu a Copenaghen:
- MINI-ACCORDO: Dopo quasi 14 ore di fila la sessione Plenaria della Conferenza "prende nota" dell' 'Accordo di Copenaghen''. Si tratta di un documento che non viene votato con il consenso e quindi riguarda solo alcuni paesi, primi su tutti gli Usa che stringono un patto con Cina, India, Sudafrica e Brasile. Si aggrega a malincuore l'Europa ma per il presidente francese, Nicolas Sarkozy si tratta "del migliore accordo possibile oggi". "Se non ci fosse stato un accordo, due Paesi importanti come Cina e India sarebbero stati liberati da ogni tipo di contratto, così come gli Stati Uniti, che non figurano nel protocollo di Kyoto", ha spiegato il presidente. Dal canto suo il presidente americano, Barack Obama, aveva detto: "Accordo significativo ma non basta", rimanendo fermo sugli impegni Usa -17% di Co2 al 2020 rispetto ai livelli del 2005;
- PIANO IN 12 PUNTI: Dodici i punti dell' 'Accordo di Copenaghen'. Si fissa a 2 gradi l'aumento della temperatura media ma si elimina ogni riferimento al taglio del 50% al 2050 per tutti i paesi (qui la vittoria della Cina). Inoltre entro il 31 gennaio 2010 i paesi ricchi dovranno quantificare i tagli. Resta il capitolo fondi nella formulazione acquisita dall'inizio. E, come ultimo punto, si stabilisce la revisione e l'assestamento entro il 2015, incluso il nuovo obiettivo a 1,5 gradi per limitare il riscaldamento;
- ONU E PRESIDENZA DANESE: "Faremo di tutto perché l'accordo diventi legalmente vincolante entro il 2010", ha detto il segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-Moon sottolineando che l'accordo è una "tappa essenziale". Per il capo negoziatore Onu e segretario esecutivo della Convenzione Onu (Unfccc), Yvo de Boer, "é stata una conferenza andata come sulle montagne russe" per raggiungere un accordo che di fatto é "solo una lettera di intenti, e questo significa che abbiamo ancora molto lavoro da fare". Per quanto riguarda la presidenza danese è stata molto criticata per le procedure adottate;
- RABBIA AMBIENTALISTI E ONG: Il giorno dell'Accordo è rabbia da parte delle maggiori associazioni ambientaliste. Legambiente parla di "occasione storica persa"; il Wwf di un testo "mezzo crudo dai contenuti poco chiari"; per Greenpeace si è passati "dall'accordo storico al fallimento storico";
- NUMERI DEL VERTICE: 13 giorni di fuoco, dal 7 al 19 dicembre con 21 ore e 28 minuti di ritardo rispetto all'orario inizialmente previsto (le 18 di venerdì); 193 i Paesi partecipanti, circa 120 capi di Stato e premier e 45.000 le richieste di accredito;
- CAOS E MANIFESTAZIONI: Il vertice Onu sul clima a Copenaghen verrà ricordato come il vertice che ha creato il caos ai cancelli con dieci ore di code, delle manifestazioni, una maxi-mobilitazione il sabato 12 dicembre, e dello schieramento da 'guerra' della polizia.
OBAMA DIFENDE L'ACCORDO
Il presidente Barack Obama ha detto oggi a Washington che l'accordo raggiunto a Copenaghen costituisce una "importante svolta" nella battaglia per combattere gli effetti del riscaldamento del pianeta. "Per la prima volta nella storia tutte le più importanti economie del pianeta si sono riunite per accettare la loro responsabilità nell'agire per affrontare la minaccia del mutamento del clima", ha detto Obama nella sua dichiarazione alla Casa Bianca. Il presidente Usa, che ha parlato in una capitale sepolta da una tempesta di neve, ha riconosciuto comunque che i negoziati in Danimarca sono stati duri. "Dopo negoziati estremamente difficili e complessi - ha detto il presidente Usa - questa svolta importante getterà le basi per le iniziative internazionali degli anni a venire".
ESPERTO IPCC, QUOTE TAGLI CO2 ENTRO 31 GENNAIO
La struttura dell'accordo di cui ha preso atto la Cop contiene due tabelle, più una terza, da riempire con le cifre relative alla quota di riduzione di emissioni di gas serra che i Paesi dovranno comunicare entro il 31 gennaio 2010. A dirlo all'ANSA l'esperto dell'Ipcc (Intergovernmental panel on climate change, cioè il panel di scienziati Onu che studiano i cambiamenti climatici), Riccardo Valentini, a proposito dell'accordo raggiunto al vertice delle Nazioni Unite sul clima a Copenaghen. La prima tabella, spiega Valentini, riguarda ''i Paesi industrializzati, in cui per esempio ricadono gli Stati Uniti, la seconda è per i Paesi non industrializzati, in cui rientra la Cina''. Mentre, ''la terza tabella fa riferimento agli sforzi finanziari che i Paesi dovranno compiere''.
venerdì 18 dicembre 2009
...da Libero news...senza commento
Furto ad Auschwitz, rubata la scritta 'Arbeit macht frei'
VARSAVIA - Il cartello recante l'iscrizione in tedesco "Arbeit macht frei" ("Il lavoro rende liberi") posto all'ingresso dell'ex campo di sterminio nazista di Auschwitz-Birkenau, in Polonia, è stato rubato da ignoti. La polizia ha offerto un premio di 5.000 zloty (1.250 euro) a chi ritroverà la scritta. La scritta è stata già sostituita con una copia eseguita in occasione dei lavori di restauro. La scritta, che campeggiava quattro metri sopra il cancello di accesso al campo, fu realizzata su ordine dei nazisti nel 1940 da un detenuto polacco del campo, il fabbro Jan Liwacz (numero 1010 di immatricolazione del Lager). Per esprimere la sua contestazione e protesta contro la scritta, Liwacz, nel realizzarla, capovolse la lettera 'b' nella parola "Arbeit".
"L'iscrizione è stata rubata alle prime ore del mattino", ha detto Jaroslaw Mensfeld, portavoce del museo che amministra l'ex campo di sterminio. "E' una profanazione del luogo dove sono state uccise oltre un milione di persone", ha aggiunto, precisando che si tratta del primo episodio del genere. "Chiunque lo abbia fatto sapeva bene cosa stava rubando".
La polizia ha aperto una inchiesta sull'accaduto, mentre la prefettura ha garantito che verrà data la caccia agli autori del furto. L'ex campo di sterminio è chiuso di notte e controllato dalla vigilanza. Gli inquirenti stanno ora vagliando le registrazioni delle videocamere che monitorano l'ex campo.
Sorto nell'aprile del 1940, dopo l'occupazione della Polonia da parte di Adolf Hitler nel settembre 1939, il campo di concentramento di Auschwitz (nome in tedesco della cittadina che in polacco si chiama Oswiecim) divenne il simbolo dell'Olocausto. Nel campo trovarono la morte oltre un milione di persone, in maggioranza ebrei. Il gerarca nazista Einrich Himmler aveva scelto Auschwitz come luogo anche per una fabbrica della industria chimica IG-Farben, nonché per altre di vario tipo, tra cui aziende agricole, per sfruttare la manodopera dei prigionieri.
Un appello alle autorità polacche affinché facciano ogni sforzo per ritrovare l'iscrizione rubata dall'ingresso del campo di sterminio nazista di Auschwitz-Birkenau e arrestare i ladri è stato lanciato dall'organizzazione di riferimento dei sopravvissuti della Shoah. Lo riferisce il sito del giornale israeliano Yediot Ahronot.
Il famigerato cartello "é un oggetto che rappresenta un simbolo di valore storico e deve tornare immediatamente al suo posto", ha sottolineato Noach Flug, presidente del Comitato Internazionale Auschwitz del Centro di coordinamento delle Organizzazioni dei superstiti dell'Olocausto, ricordando la funzione di quel simbolo di morte a tutela della memoria dei sei milioni di ebrei vittime del genocidio nazista. Per questo - ha auspicato Flug - il governo e le forze di polizia della Polonia devono "compiere uno sforzo particolarmente intenso al fine di catturare i responsabili e di portarli dinanzi alla giustizia".
Sdegno in Polonia per il furto. Il vice ministro degli esteri Andrzej Kremer ha espresso sdegno del ministero per "l'atto ripugnante". "Spero che la scritta sarà ritrovata il prima possibile", ha aggiunto. E' il primo caso di furto di questo genere in quello che è considerato il luogo simbolo dell'Olocausto.
Nel campo di sterminio di Auschwitz, nella Polonia occupata dalla Germania di Hitler, che si estende su una superficie di circa 200 ettari, furono sterminate nel complesso sistema di camere a gas oltre 1,1 milioni di persone, per lo più ebrei. Il lager fu liberato dai soldati dell'armata rossa il 27 gennaio 1945, e da allora questo giorno è stato dichiarato giornata della memoria mondiale in ricordo della Shoah.
VARSAVIA - Il cartello recante l'iscrizione in tedesco "Arbeit macht frei" ("Il lavoro rende liberi") posto all'ingresso dell'ex campo di sterminio nazista di Auschwitz-Birkenau, in Polonia, è stato rubato da ignoti. La polizia ha offerto un premio di 5.000 zloty (1.250 euro) a chi ritroverà la scritta. La scritta è stata già sostituita con una copia eseguita in occasione dei lavori di restauro. La scritta, che campeggiava quattro metri sopra il cancello di accesso al campo, fu realizzata su ordine dei nazisti nel 1940 da un detenuto polacco del campo, il fabbro Jan Liwacz (numero 1010 di immatricolazione del Lager). Per esprimere la sua contestazione e protesta contro la scritta, Liwacz, nel realizzarla, capovolse la lettera 'b' nella parola "Arbeit".
"L'iscrizione è stata rubata alle prime ore del mattino", ha detto Jaroslaw Mensfeld, portavoce del museo che amministra l'ex campo di sterminio. "E' una profanazione del luogo dove sono state uccise oltre un milione di persone", ha aggiunto, precisando che si tratta del primo episodio del genere. "Chiunque lo abbia fatto sapeva bene cosa stava rubando".
La polizia ha aperto una inchiesta sull'accaduto, mentre la prefettura ha garantito che verrà data la caccia agli autori del furto. L'ex campo di sterminio è chiuso di notte e controllato dalla vigilanza. Gli inquirenti stanno ora vagliando le registrazioni delle videocamere che monitorano l'ex campo.
Sorto nell'aprile del 1940, dopo l'occupazione della Polonia da parte di Adolf Hitler nel settembre 1939, il campo di concentramento di Auschwitz (nome in tedesco della cittadina che in polacco si chiama Oswiecim) divenne il simbolo dell'Olocausto. Nel campo trovarono la morte oltre un milione di persone, in maggioranza ebrei. Il gerarca nazista Einrich Himmler aveva scelto Auschwitz come luogo anche per una fabbrica della industria chimica IG-Farben, nonché per altre di vario tipo, tra cui aziende agricole, per sfruttare la manodopera dei prigionieri.
Un appello alle autorità polacche affinché facciano ogni sforzo per ritrovare l'iscrizione rubata dall'ingresso del campo di sterminio nazista di Auschwitz-Birkenau e arrestare i ladri è stato lanciato dall'organizzazione di riferimento dei sopravvissuti della Shoah. Lo riferisce il sito del giornale israeliano Yediot Ahronot.
Il famigerato cartello "é un oggetto che rappresenta un simbolo di valore storico e deve tornare immediatamente al suo posto", ha sottolineato Noach Flug, presidente del Comitato Internazionale Auschwitz del Centro di coordinamento delle Organizzazioni dei superstiti dell'Olocausto, ricordando la funzione di quel simbolo di morte a tutela della memoria dei sei milioni di ebrei vittime del genocidio nazista. Per questo - ha auspicato Flug - il governo e le forze di polizia della Polonia devono "compiere uno sforzo particolarmente intenso al fine di catturare i responsabili e di portarli dinanzi alla giustizia".
Sdegno in Polonia per il furto. Il vice ministro degli esteri Andrzej Kremer ha espresso sdegno del ministero per "l'atto ripugnante". "Spero che la scritta sarà ritrovata il prima possibile", ha aggiunto. E' il primo caso di furto di questo genere in quello che è considerato il luogo simbolo dell'Olocausto.
Nel campo di sterminio di Auschwitz, nella Polonia occupata dalla Germania di Hitler, che si estende su una superficie di circa 200 ettari, furono sterminate nel complesso sistema di camere a gas oltre 1,1 milioni di persone, per lo più ebrei. Il lager fu liberato dai soldati dell'armata rossa il 27 gennaio 1945, e da allora questo giorno è stato dichiarato giornata della memoria mondiale in ricordo della Shoah.
giovedì 17 dicembre 2009
...da Libero news...("el condor" vuelva a la casa)
Berlusconi e' ad Arcore. "Avanti con più forza"
MILANO - Il premier Silvio Berlusconi è rientrato nella sua residenza di Arcore, dopo le dimissioni dall'ospedale San Raffaele, avvenute in mattinata.
Berlusconi prima di tornare a casa a Villa San Martino, si è trattenuto per alcune ore dal dentista di fiducia a Milano. Nello studio del dott. Massimo Mazza in via Guerrazzi a Milano il premier si è sottoposto a un intervento di ricostruzione di un incisivo superiore e alla medicazione dell'altro dente danneggiato durante l'aggressione. L' intervento è durato circa quattro ore.
L'arrivo del presidente Berlusconi nella sua villa di Arcore è stato salutato da un applauso da parte di un gruppo di cittadini che lo aspettavano vicino all'ingresso di Villa San Martino. I giornalisti sono invece stati tenuti a un centinaio di metri di distanza dalla residenza del premier. Lo riferisce il sindaco di Arcore, Marco Rocchini, il primo a salutare il premier. "Mi ha abbracciato - ha detto il primo cittadino ai cronisti - e mi ha ringraziato, dicendomi di essere a disposizione. E' un uomo formidabile e mi sono commosso". "L'ho trovato abbastanza provato - ha proseguito Rocchini - certo i segni ci sono, ma è un uomo molto forte". Il premier, dopo aver salutato i cittadini e le forze dell'ordine che piantonano l'ingresso della sua residenza, è entrato nella villa.
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PREMIER DIMESSO DAL SAN RAFFAELE - Il premier ha lasciato l'ospedale San Raffaele, dove era ricoverato da domenica sera in seguito all'aggressione subita in piazza Duomo a Milano. Il premier è stato dimesso dopo "una notte tranquilla e senza dolori", come ha detto il suo medico personale e primario del San Raffaele, Alberto Zangrillo. Prima di allontanarsi dal nosocomio, Berlusconi ha salutato con la mano dal finestrino dell'auto i cronisti e gli operatori televisivi in attesa fuori dall'ospedale. Porta una vistosa medicazione sul volto che gli copre naso, labbro superiore e parte sinistra del volto.
Il premier è uscito in auto accompagnato dalla scorta passando dall'uscita secondaria dell'ospedale San Raffaele di Milano di via Olgettina 60. Berlusconi non si è fermato a parlare con i cronisti, ma si é limitato a salutarli dall'auto diretta ad Arcore.
"AVANTI CON FORZA" - "Mi rimarranno due cose come ricordo di questi giorni: l'odio di pochi e l'amore di tanti, tantissimi, italiani. Agli uni e agli altri faccio la stessa promessa: andremo avanti con più forza e più determinazione di prima sulla strada della libertà. Lo dobbiamo al nostro popolo, lo dobbiamo alla nostra democrazia, nella quale non prevarranno né la violenza delle pietre, né quella peggiore delle parole. In questi giorni ho sentito vicini anche alcuni leader politici dell'opposizione". Lo afferma il premier Silvio Berlusconi. "Se da quello che é successo deriverà una maggiore consapevolezza della necessità di un linguaggio più pacato e più onesto nella politica italiana, allora questo dolore non sarà stato inutile. Alcuni esponenti dell'opposizione sembrano averlo capito: se sapranno davvero prendere le distanze in modo onesto dai pochi fomentatori di violenza, allora potrà finalmente aprirsi una nuova stagione di dialogo". "In ogni caso - aggiunge - noi andremo avanti sulla strada delle riforme che gli italiani ci chiedono".
lunedì 14 dicembre 2009
...da L'Unità del 14/12/2009...(sic semper tyrannis?)
Tirar miniature del Duomo sulla faccia di Berlusconi
è da criminali o da malati. Oltretutto la
serata berlusconiana si stava chiudendo fiaccamente
e non doveva essere certo quello il
modo per ravvivarla dopo la solita, risaputa
teoria di autogratificazioni e di minacce. Mancato
il «predellino-bis» (quando due anni fa
Berlusconi dalla sua Mercedes annunciò la
nascita del Pdl, esautorando l’alleato Fini, un
colpo da maestro per una politica da circo),
proprio non ci stava il lancio della statuina a
inquinare una scena nazionale, che definire
turbata sarebbe un eufemismo. In piazza San
Babila s’era assistito all’imposizione di un partito,
qui al battesimo di un martire con la sua
maschera di sangue e non c’è dubbio che
l’immagine vista e rivista decine di volte di
Berlusconi, che eroicamente tenta di risalire sul
predellino (un’altra volta il predellino nel destino
degli italiani) per rassicurare i suoi, giocherà
ad accendere passioni contrapposte, a inasprire
divisioni, ad avvelenare gli animi, a censurare
critiche e denunce come altrettante offese
al corpo del regnante. «Prima c’erano stati i
fischi: Berlusconi aveva risposto vantando la
sua cultura liberale (ed ovviamente non si sta a
discutere quanto valga nella cultura liberale
anche il rispetto delle istituzioni e dell’autonomia
delle istituzioni) e lanciando il suo «vergogna,
vergogna, vergogna», con piglio feroce e
mascella irrigidita. Ma i fischi sono fischi: ci si
può ancora azzardare a dire che rientrano
nella dialettica democratica. Con il Duomo in
faccia siamo oltre: alla follia, all’imbecillità, alla
dannazione o all’autodannazione.
Berlusconi è incappato in un miracolo: ridando
fiato alla propria propaganda, mentre sta
navigando in un mare tempestoso tra venti
non proprio amici, allontanando sullo sfondo
escort, corruzioni, processi, mafie, eccetera
eccetera. A corto d’argomenti e d’invenzioni
per la tv, come s’era capito ieri sul retro di
piazza del Duomo, prima della «bomba»: Berlusconi
era riuscito a dire di sé d’esser bello e “un
bravo fieu”, un bravo figliolo, di non essere un
“mostro”, che la sua maggioranza è “coesa”
(con l’aggiunta di Storace e Santanchè) e che il
suo governo funziona “benissimo”, che di
Casini non gli importa nulla, se viene, bene,
altrimenti amen, che Bossi è il miglior alleato,
non una risposta a Fini, non un ripensamento
sugli ammonimenti del presidente Napolitano
e invece un altro attacco ai giudici, quelli che
ribaltano le leggi votate dal parlamento chiamando
in causa la Costituzione e la Corte
Costituzionale, composta ormai solo da magistrati
di sinistra (concludendo con l’ennesima
candidatura alla presidenza della Lombardia di
Formigoni, un altro satrapo, anche se solo
regionale). Di nuovo a Milano, nella sua Milano
governata dalla Moratti (pronta iscritta al Pdl),
comandata da Ligresti e dai padroni del mattone,
Berlusconi ha confermato d’essere un
uomo che gira attorno a se stesso, alla propria
autoesaltazione, ai soliti “intralci” giudiziari. Mai
una strategia per il paese, mai un orizzonte per
gli italiani. Solo un gran rispetto per la Lega,
senza la quale, come ha capito bene, non si
vince, soprattutto al Nord. Purtroppo quel
Duomo in faccia, che gli ha tolto le forze per
qualche secondo, gli ridarà vigore e titoli per
l’ennesima campagna elettorale, in un paese
che grazie a lui e ai suoi simili è sempre in
campagna elettorale.
è da criminali o da malati. Oltretutto la
serata berlusconiana si stava chiudendo fiaccamente
e non doveva essere certo quello il
modo per ravvivarla dopo la solita, risaputa
teoria di autogratificazioni e di minacce. Mancato
il «predellino-bis» (quando due anni fa
Berlusconi dalla sua Mercedes annunciò la
nascita del Pdl, esautorando l’alleato Fini, un
colpo da maestro per una politica da circo),
proprio non ci stava il lancio della statuina a
inquinare una scena nazionale, che definire
turbata sarebbe un eufemismo. In piazza San
Babila s’era assistito all’imposizione di un partito,
qui al battesimo di un martire con la sua
maschera di sangue e non c’è dubbio che
l’immagine vista e rivista decine di volte di
Berlusconi, che eroicamente tenta di risalire sul
predellino (un’altra volta il predellino nel destino
degli italiani) per rassicurare i suoi, giocherà
ad accendere passioni contrapposte, a inasprire
divisioni, ad avvelenare gli animi, a censurare
critiche e denunce come altrettante offese
al corpo del regnante. «Prima c’erano stati i
fischi: Berlusconi aveva risposto vantando la
sua cultura liberale (ed ovviamente non si sta a
discutere quanto valga nella cultura liberale
anche il rispetto delle istituzioni e dell’autonomia
delle istituzioni) e lanciando il suo «vergogna,
vergogna, vergogna», con piglio feroce e
mascella irrigidita. Ma i fischi sono fischi: ci si
può ancora azzardare a dire che rientrano
nella dialettica democratica. Con il Duomo in
faccia siamo oltre: alla follia, all’imbecillità, alla
dannazione o all’autodannazione.
Berlusconi è incappato in un miracolo: ridando
fiato alla propria propaganda, mentre sta
navigando in un mare tempestoso tra venti
non proprio amici, allontanando sullo sfondo
escort, corruzioni, processi, mafie, eccetera
eccetera. A corto d’argomenti e d’invenzioni
per la tv, come s’era capito ieri sul retro di
piazza del Duomo, prima della «bomba»: Berlusconi
era riuscito a dire di sé d’esser bello e “un
bravo fieu”, un bravo figliolo, di non essere un
“mostro”, che la sua maggioranza è “coesa”
(con l’aggiunta di Storace e Santanchè) e che il
suo governo funziona “benissimo”, che di
Casini non gli importa nulla, se viene, bene,
altrimenti amen, che Bossi è il miglior alleato,
non una risposta a Fini, non un ripensamento
sugli ammonimenti del presidente Napolitano
e invece un altro attacco ai giudici, quelli che
ribaltano le leggi votate dal parlamento chiamando
in causa la Costituzione e la Corte
Costituzionale, composta ormai solo da magistrati
di sinistra (concludendo con l’ennesima
candidatura alla presidenza della Lombardia di
Formigoni, un altro satrapo, anche se solo
regionale). Di nuovo a Milano, nella sua Milano
governata dalla Moratti (pronta iscritta al Pdl),
comandata da Ligresti e dai padroni del mattone,
Berlusconi ha confermato d’essere un
uomo che gira attorno a se stesso, alla propria
autoesaltazione, ai soliti “intralci” giudiziari. Mai
una strategia per il paese, mai un orizzonte per
gli italiani. Solo un gran rispetto per la Lega,
senza la quale, come ha capito bene, non si
vince, soprattutto al Nord. Purtroppo quel
Duomo in faccia, che gli ha tolto le forze per
qualche secondo, gli ridarà vigore e titoli per
l’ennesima campagna elettorale, in un paese
che grazie a lui e ai suoi simili è sempre in
campagna elettorale.
domenica 13 dicembre 2009
...da Libero news...
Domenica di pausa a Copenaghen
COPENAGHEN
- Al suo arrivo a Copenaghen dove è in corso la conferenza sul clima il segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon si è detto "prudentemente ottimista". "Sono sempre ottimista, ma prudente. Sono prudentemente ottimista", ha detto Ban appena sceso dall'aereo che lo ha portato a Copenaghen.
"Si deve attendere la fine dei lavori per vedere se la 15/ma Conferenza Onu sul clima intende realmente inviare un messaggio" sul cambiamento climatico, ha aggiunto il segretario generale delle Nazioni Unite. Ban ha definito un "buon inizio" il lavoro portato avanti nella prima settimana di vertice che ha consentito di mettere sul tavolo un primo progetto di accordo. Il fatto che " i ministri e i capi di Stato si riuniscono a Copenaghen è un buon segnale che un messaggio importante sarà inviato a tutti quanti", ha aggiunto Ban.
Al Bella Center intanto e' una domenica di pausa nei lavori. La sede del 15/o vertice Onu sul clima oggi è chiusa. La conferenza si ferma. Ma si continua ugualmente a lavorare con incontri informali e riunioni bilaterali. Martedì già ci potrebbe essere un nuovo testo della presidenza danese che dovrebbe dare più chiarezza e definire meglio i contorni del testo base sul quale i ministri da martedì dovranno confrontarsi ufficialmente. Ore quindi di rapporti serrati in attesa, a metà della prossima settimana, dell'arrivo dei capi di stato e premier. Per l'Italia, ad accelerare i tempi, è stato il ministro dell'Ambiente, Stefania Prestigiacomo, che, al suo arrivo al vertice, ieri, ha detto che "nella partita ci siamo dentro e lotteremo perché il testo sia più equo possibile". Intanto oggi, tra le manifestazioni attese, i 350 rintocchi di campane in contemporanea alle 15.00 ora locale per ricordare al mondo dove fermare il tasso di anidride carbonica.
La polizia, dispiegata nel centro della città sin dalle prime ore del mattino, è intervenuta stamane a Copenaghen bloccando circa duecento giovani, che si stavano dirigendo verso il porto con l'obiettivo di interromperne parzialmente le attività. I giovani, alcuni di quali con il volto coperto, hanno urlato slogan contro il capitalismo, sollecitando provvedimenti contro i cambiamenti climatici Gli agenti, che hanno fatto uso di manganelli e spray irritanti, secondo le prime notizie, hanno fermato alcune decine di manifestanti, intercettati lungo la strada verso il porto. La mobilitazione odierna aveva l'obiettivo di fermare, con le attività del porto, anche l'emissione di biossido di carbonio. Per questo i giovani avevano tentato di bloccare gli accessi stradali al porto e di disturbare il traffico via mare con delle barche.
IERI LA GRANDE MANIFESTAZIONE, QUASI MILLE ARRESTI
Il popolo del clima in piazza a Copenaghen. Una manifestazione imponente da 30 mila persone, ha detto la polizia. No, siamo in 100 mila, hanno detto i manifestanti. Tre ore di marcia per chiedere ai capi di stato (attesi nella capitale danese alla fine della prossima settimana) 'giustizia climatica'. E anche scontri tra polizia e Black Bloc con quasi mille arresti. Gli agenti mobilitati erano oltre 7 mila. Dovevano garantire il regolare svolgimento di quello che è stato un corteo pittoresco e allegro. Che però è stato turbato da episodi definiti isolati dalle stesse forze dell'ordine, portati avanti dai famigerati black bloc che non hanno perso l'occasione di provocare incidenti. Secondo quanto ha reso noto la polizia in serata, sono state 968 le persone fermate dagli agenti, quasi la metà dei quali proprio 'black bloc'. Quasi tutti sono stati rilasciati nella notte. Solo 13 manifestanti si trovano ancora in stato di fermo, detenute nel centro speciale di Retortvej, istituito in occasione della conferenza. Tre di loro, due danesi e un francese, compariranno oggi davanti ad un magistrato per rispondere dell'accusa di violenza a pubblico ufficiale nei confronti di alcuni agenti di polizia.
Molti, stando alla polizia, sono stranieri. Resta incerta la sorte di un centinaio di dimostranti che, secondo gli organizzatori della manifestazione in serata erano ancora trattenuti in strada "con le manette ai polsi nonostante il freddo intenso". Per questo, gli organizzatori di Climate Justice for Action (Cja), in un comunicato accusano la polizia danese di "violazione dei diritti umani" e di avere effettuato arresti in modo "indiscriminato". Nei tafferugli, un agente è stato colpito da una pietra in volto e un dimostrante si è ferito nel tentativo di far esplodere un petardo. Tante le vetrine infrante. Sassi scagliati contro le finestre e oggetti contro la polizia sono comparsi in mezzo a palloncini colorati, salvagenti che accerchiano palloni del pianeta terra, panda giganti e orsi polari che soffrono il caldo con in testa una fiamma, carrozzine, bambini e famiglie. Una selva di cartelloni con gli slogan più diversi sono stati agitati dai dimostranti: 'Non siamo un Pianeta di serie B', e ancora 'la natura non e' un compromessò. Per tutti una sola richiesta: 'giustizia climatica' e no alle parole inutili. 'Bla..bla..bla, agire ora' scrivono i no global sui cartelli portati a spalla per un percorso lungo sei chilometri.
La manifestazione è partita intorno alle 13.00 quando i primi gruppi di manifestanti hanno cominciato ad affluire a grosse ondate sulla piazza del Parlamento danese, davanti al Christianborg Castle. Un palco ha ospitato alcuni rappresentanti dei 516 gruppi provenienti da 67 Paesi che hanno organizzato la maxi-mobilitazione. Da lì è partito l'incitamento a credere nei diritti ad avere un accordo sul clima. Dal palco è venuto il calore per muovere i primi passi verso il Bella Center, sotto un cielo limpido per la prima volta in sei giorni, ma con una temperatura pungente che fa male a mani, naso e piedi. Ma si parte. Intorno alle 14:30 il corteo si muove. Davanti alla meta del Bella Center - oggi trasformatosi in un vero e proprio 'bunker' - tanto è grande il cordone di sicurezza che é stato predisposto per proteggere la sede del vertice Onu sul clima, il 15/o.
Lungo la strada poliziotti ovunque. Camionette e ambulanze fanno da cornice. A un tratto da questa marea pacifica è partito un tiro di sassi contro la Banca Nazionale e il ministero degli Esteri, il lancio di una molotov, oggetti scagliati contro la polizia. Compaiono i temuti black bloc, i tattici della protesta incappucciati e vestiti di nero. La polizia è pronta, li isola. Un intero gruppo di circa 200 persone è rimasto dal primo pomeriggio fino a tarda sera sorvegliato a vista da una lunga catena di uomini delle forze dell'ordine, messo alle strette e bloccato tra i palazzi e le camionette che facevano da scudo verso il resto della città. I manifestanti ritenuti più violenti sono stati ammanettati e fatti sedere sull'asfalto in fila, uno accanto all'altro. Nessuno ha dato in escandescenza. Tutto ciò mentre il corteo pacifico proseguiva la sua marcia verso il Bella Center. Il muro di poliziotti ha fermato i manifestanti ad almeno un quarto d'ora a piedi dalla sede del vertice. La polizia ha comunicato successivamente di avere attuato una "manovra a tenaglia" per fermarli. Una veglia con candele guidata dal premio Nobel vescovo Desmond Tutu, ha chiuso la giornata.
COPENAGHEN
- Al suo arrivo a Copenaghen dove è in corso la conferenza sul clima il segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon si è detto "prudentemente ottimista". "Sono sempre ottimista, ma prudente. Sono prudentemente ottimista", ha detto Ban appena sceso dall'aereo che lo ha portato a Copenaghen.
"Si deve attendere la fine dei lavori per vedere se la 15/ma Conferenza Onu sul clima intende realmente inviare un messaggio" sul cambiamento climatico, ha aggiunto il segretario generale delle Nazioni Unite. Ban ha definito un "buon inizio" il lavoro portato avanti nella prima settimana di vertice che ha consentito di mettere sul tavolo un primo progetto di accordo. Il fatto che " i ministri e i capi di Stato si riuniscono a Copenaghen è un buon segnale che un messaggio importante sarà inviato a tutti quanti", ha aggiunto Ban.
Al Bella Center intanto e' una domenica di pausa nei lavori. La sede del 15/o vertice Onu sul clima oggi è chiusa. La conferenza si ferma. Ma si continua ugualmente a lavorare con incontri informali e riunioni bilaterali. Martedì già ci potrebbe essere un nuovo testo della presidenza danese che dovrebbe dare più chiarezza e definire meglio i contorni del testo base sul quale i ministri da martedì dovranno confrontarsi ufficialmente. Ore quindi di rapporti serrati in attesa, a metà della prossima settimana, dell'arrivo dei capi di stato e premier. Per l'Italia, ad accelerare i tempi, è stato il ministro dell'Ambiente, Stefania Prestigiacomo, che, al suo arrivo al vertice, ieri, ha detto che "nella partita ci siamo dentro e lotteremo perché il testo sia più equo possibile". Intanto oggi, tra le manifestazioni attese, i 350 rintocchi di campane in contemporanea alle 15.00 ora locale per ricordare al mondo dove fermare il tasso di anidride carbonica.
La polizia, dispiegata nel centro della città sin dalle prime ore del mattino, è intervenuta stamane a Copenaghen bloccando circa duecento giovani, che si stavano dirigendo verso il porto con l'obiettivo di interromperne parzialmente le attività. I giovani, alcuni di quali con il volto coperto, hanno urlato slogan contro il capitalismo, sollecitando provvedimenti contro i cambiamenti climatici Gli agenti, che hanno fatto uso di manganelli e spray irritanti, secondo le prime notizie, hanno fermato alcune decine di manifestanti, intercettati lungo la strada verso il porto. La mobilitazione odierna aveva l'obiettivo di fermare, con le attività del porto, anche l'emissione di biossido di carbonio. Per questo i giovani avevano tentato di bloccare gli accessi stradali al porto e di disturbare il traffico via mare con delle barche.
IERI LA GRANDE MANIFESTAZIONE, QUASI MILLE ARRESTI
Il popolo del clima in piazza a Copenaghen. Una manifestazione imponente da 30 mila persone, ha detto la polizia. No, siamo in 100 mila, hanno detto i manifestanti. Tre ore di marcia per chiedere ai capi di stato (attesi nella capitale danese alla fine della prossima settimana) 'giustizia climatica'. E anche scontri tra polizia e Black Bloc con quasi mille arresti. Gli agenti mobilitati erano oltre 7 mila. Dovevano garantire il regolare svolgimento di quello che è stato un corteo pittoresco e allegro. Che però è stato turbato da episodi definiti isolati dalle stesse forze dell'ordine, portati avanti dai famigerati black bloc che non hanno perso l'occasione di provocare incidenti. Secondo quanto ha reso noto la polizia in serata, sono state 968 le persone fermate dagli agenti, quasi la metà dei quali proprio 'black bloc'. Quasi tutti sono stati rilasciati nella notte. Solo 13 manifestanti si trovano ancora in stato di fermo, detenute nel centro speciale di Retortvej, istituito in occasione della conferenza. Tre di loro, due danesi e un francese, compariranno oggi davanti ad un magistrato per rispondere dell'accusa di violenza a pubblico ufficiale nei confronti di alcuni agenti di polizia.
Molti, stando alla polizia, sono stranieri. Resta incerta la sorte di un centinaio di dimostranti che, secondo gli organizzatori della manifestazione in serata erano ancora trattenuti in strada "con le manette ai polsi nonostante il freddo intenso". Per questo, gli organizzatori di Climate Justice for Action (Cja), in un comunicato accusano la polizia danese di "violazione dei diritti umani" e di avere effettuato arresti in modo "indiscriminato". Nei tafferugli, un agente è stato colpito da una pietra in volto e un dimostrante si è ferito nel tentativo di far esplodere un petardo. Tante le vetrine infrante. Sassi scagliati contro le finestre e oggetti contro la polizia sono comparsi in mezzo a palloncini colorati, salvagenti che accerchiano palloni del pianeta terra, panda giganti e orsi polari che soffrono il caldo con in testa una fiamma, carrozzine, bambini e famiglie. Una selva di cartelloni con gli slogan più diversi sono stati agitati dai dimostranti: 'Non siamo un Pianeta di serie B', e ancora 'la natura non e' un compromessò. Per tutti una sola richiesta: 'giustizia climatica' e no alle parole inutili. 'Bla..bla..bla, agire ora' scrivono i no global sui cartelli portati a spalla per un percorso lungo sei chilometri.
La manifestazione è partita intorno alle 13.00 quando i primi gruppi di manifestanti hanno cominciato ad affluire a grosse ondate sulla piazza del Parlamento danese, davanti al Christianborg Castle. Un palco ha ospitato alcuni rappresentanti dei 516 gruppi provenienti da 67 Paesi che hanno organizzato la maxi-mobilitazione. Da lì è partito l'incitamento a credere nei diritti ad avere un accordo sul clima. Dal palco è venuto il calore per muovere i primi passi verso il Bella Center, sotto un cielo limpido per la prima volta in sei giorni, ma con una temperatura pungente che fa male a mani, naso e piedi. Ma si parte. Intorno alle 14:30 il corteo si muove. Davanti alla meta del Bella Center - oggi trasformatosi in un vero e proprio 'bunker' - tanto è grande il cordone di sicurezza che é stato predisposto per proteggere la sede del vertice Onu sul clima, il 15/o.
Lungo la strada poliziotti ovunque. Camionette e ambulanze fanno da cornice. A un tratto da questa marea pacifica è partito un tiro di sassi contro la Banca Nazionale e il ministero degli Esteri, il lancio di una molotov, oggetti scagliati contro la polizia. Compaiono i temuti black bloc, i tattici della protesta incappucciati e vestiti di nero. La polizia è pronta, li isola. Un intero gruppo di circa 200 persone è rimasto dal primo pomeriggio fino a tarda sera sorvegliato a vista da una lunga catena di uomini delle forze dell'ordine, messo alle strette e bloccato tra i palazzi e le camionette che facevano da scudo verso il resto della città. I manifestanti ritenuti più violenti sono stati ammanettati e fatti sedere sull'asfalto in fila, uno accanto all'altro. Nessuno ha dato in escandescenza. Tutto ciò mentre il corteo pacifico proseguiva la sua marcia verso il Bella Center. Il muro di poliziotti ha fermato i manifestanti ad almeno un quarto d'ora a piedi dalla sede del vertice. La polizia ha comunicato successivamente di avere attuato una "manovra a tenaglia" per fermarli. Una veglia con candele guidata dal premio Nobel vescovo Desmond Tutu, ha chiuso la giornata.
sabato 12 dicembre 2009
...si vis pacem, para bellum...
2009-12-11 09:11
Il Nobel per la Pace, Oslo festeggia Obama
(dell'inviato Cristiano Del Riccio)
OSLO - Ha affrontato nel modo più diretto possibile Barack Obama, nella grande sala del Municipio di Oslo colma di sovrani, diplomatici, leader politici e stelle di Hollywood, l'evidente contraddizione del capo di una nazione impegnata in due guerre che riceve il Nobel per la Pace. Esistono 'guerre giuste' che vanno combattute (come quella in Afghanistan) proprio per difendere la causa della pace e della sicurezza del mondo, ha affermato Obama dal podio del City Hall dove era entrato accompagnato dallo squillo di quattro trombettieri schierati sotto i grandi murali che adornano la sala che ospitava mille spettatori.
Nel suo discorso Obama ha analizzato con onesta brutalità il problema delle nuove minacce contro l'umanità - dall'estremismo religioso alla proliferazione nucleare - cercando di definire cosa può essere considerata 'guerra giusta'. Ma anche quando un conflitto è inevitabile, ha sottolineato il presidente Usa nel suo discorso di accettazione del premio, vi sono standard morali che vanno rispettati se non si vogliono compromettere "proprio quegli ideali che si cerca di difendere combattendò, una evidente allusione al suo predecessore George W. Bush. "Proprio per questo ho proibito la tortura, ho ordinato la chiusura di Guantanamo ed ho riaffermato l'impegno dell' America nel rispettare le Convenzioni di Ginevra", ha detto il presidente americano. Obama ha dedicato il Premio Nobel alla madre, morta molti anni fa. "Senza di lei, senza l'esempio del suo cuore generoso, non sarei qui", ha detto alcune ore dopo nel brindisi del gala che ha chiuso la giornata. Un altro momento emotivo si era avuto durante il discorso di accettazione di Obama quando la first lady Michelle, in uno splendente vestito giallo, e la sorellastra Maya Soetoro-Ng, che apparivano emozionatissime, ad un certo punto si sono asciugate gli occhi. Anche Valerie Jarrett, la sua imperturbabile consigliera, è stata vista ad un certo punto asciugarsi gli occhi.
Nel suo discorso Obama ha affrontato direttamente un altro motivo di polemica, quello di un riconoscimento prematuro: "accetto questo premio con profonda gratitudine e grande umiltà: sono solo all'inizio, non alla fine, del mio impegno sulla scena mondiale. Paragonato ad altri giganti della storia che hanno ricevuto questo premio - da Martin Luther King a Nelson Mandela - i miei successi sono limitati, ha ammesso il presidente Usa - E vi sono sicuramente altre persone che meritavano più di me questo premio". All'esterno del municipio vi sono sparuti gruppi di dimostranti. Un ambientalista esibisce lo striscione: 'Obama, l'hai vinto, adesso cerca di meritartelo". Le proteste sono continuate anche in serata, dopo la fiaccolata di migliaia di cittadini norvegesi per la vie di Oslo per rendere omaggio al Obama. Un gruppetto di pacifisti ed ambientalisti ha esortato il presidente Usa a ritirare subito le truppe dall'Afghanistan e a combattere il problema del clima con più determinazione. Obama, che ha dedicato gran parte del suo discorso alla definizione di 'guerra giusta' e 'guerra umanitaria', ha detto che in un mondo "dove le minacce sono sempre più diffuse e le missioni sempre più complesse l'America non può agire da sola" e questo è vero in casi come l'Afghanistan. "La pace richiede responsabilità e sacrifici - ha detto - questo è perché la Nato continua ad essere indispensabile, questo è perché bisogna rafforzare le operazioni di pace delle Nazioni Unite". E rende omaggio alla forze di pace che "da Oslo a Roma, da Ottawa a Sydney" sostengono la causa della sicurezza nel mondo. Il discorso di Obam, durato 36 minuti, ed è stato interrotto più volte dagli applausi. Tra i più entusiasti in sala è apparso il divo di Hollywood Will Smith che era accompagnato dalla moglie Jada Pinkett e dalla figlia. Il presidente Usa ha affermato che i regimi che violano le regole "devono pagare un prezzo concreto". Obama ha citato l'Iran e la Corea del Nord e il genocidio nel Darfur, gli stupri sistematici in Congo e la repressione in Birmania. "L'America non ha mai combattuto una guerra contro una democrazia - ha ricordato - e i nostri amici più stretti sono tutti paesi che proteggono i diritti dei loro cittadini". Il capo della Casa Bianca ha detto che l'America sarà sempre al fianco di chi si batte per valori universali, come la leader della opposizione birmana Aung Sang Suu Kyi come "le centinaia di migliaia di persone che hanno marciato in silenzio nelle strade dell'Iran".
Al contempo Obama ha difeso la sua politica di dialogo con i regimi oppressivi: "nessuno di loro seguirà nuove strade se non avrà la scelta di una porta aperta", ha detto il presidente Usa. "Il dialogo di Papa Giovanni Paolo II con la Polonia ha creato spazio non solo per la Chiesa cattolica ma anche per leader sindacali come Lech Walesa", ha ricordato. Ma una pace giusta e durevole oltre a rispettare i diritti civili ed umani delle persone deve anche offrire speranze di sicurezza economica. Una minaccia è rappresentata dal clima: il mondo deve unirsi se vuole evitare conseguenze catastrofiche. Obama ha chiuso il suo discorso condannando l'estremismo religioso di ogni tipo - "che porta ad uccidere nel nome di Dio" - ed esaltando l'opera di leader della non-violenza come Gandhi e Martin Luther King: una strada, la loro, non sempre praticabile. "Ma la loro fede nel progresso umano deve restare la nostra bussola morale - ha detto - perché se perdiamo quella fede, definendola sciocca o naive, allora perderemo ciò che c'é di più bello nell'umanità: il nostro senso di possibilità e di speranza in un mondo migliore". Il presidente Usa ha ricevuto ad Oslo una medaglia d'oro, un diploma ed un assegno da 1,4 milioni di dollari che consegnerà, ha fatto sapere la Casa Bianca, ad organizzazioni benefiche.
Il Nobel per la Pace, Oslo festeggia Obama
(dell'inviato Cristiano Del Riccio)
OSLO - Ha affrontato nel modo più diretto possibile Barack Obama, nella grande sala del Municipio di Oslo colma di sovrani, diplomatici, leader politici e stelle di Hollywood, l'evidente contraddizione del capo di una nazione impegnata in due guerre che riceve il Nobel per la Pace. Esistono 'guerre giuste' che vanno combattute (come quella in Afghanistan) proprio per difendere la causa della pace e della sicurezza del mondo, ha affermato Obama dal podio del City Hall dove era entrato accompagnato dallo squillo di quattro trombettieri schierati sotto i grandi murali che adornano la sala che ospitava mille spettatori.
Nel suo discorso Obama ha analizzato con onesta brutalità il problema delle nuove minacce contro l'umanità - dall'estremismo religioso alla proliferazione nucleare - cercando di definire cosa può essere considerata 'guerra giusta'. Ma anche quando un conflitto è inevitabile, ha sottolineato il presidente Usa nel suo discorso di accettazione del premio, vi sono standard morali che vanno rispettati se non si vogliono compromettere "proprio quegli ideali che si cerca di difendere combattendò, una evidente allusione al suo predecessore George W. Bush. "Proprio per questo ho proibito la tortura, ho ordinato la chiusura di Guantanamo ed ho riaffermato l'impegno dell' America nel rispettare le Convenzioni di Ginevra", ha detto il presidente americano. Obama ha dedicato il Premio Nobel alla madre, morta molti anni fa. "Senza di lei, senza l'esempio del suo cuore generoso, non sarei qui", ha detto alcune ore dopo nel brindisi del gala che ha chiuso la giornata. Un altro momento emotivo si era avuto durante il discorso di accettazione di Obama quando la first lady Michelle, in uno splendente vestito giallo, e la sorellastra Maya Soetoro-Ng, che apparivano emozionatissime, ad un certo punto si sono asciugate gli occhi. Anche Valerie Jarrett, la sua imperturbabile consigliera, è stata vista ad un certo punto asciugarsi gli occhi.
Nel suo discorso Obama ha affrontato direttamente un altro motivo di polemica, quello di un riconoscimento prematuro: "accetto questo premio con profonda gratitudine e grande umiltà: sono solo all'inizio, non alla fine, del mio impegno sulla scena mondiale. Paragonato ad altri giganti della storia che hanno ricevuto questo premio - da Martin Luther King a Nelson Mandela - i miei successi sono limitati, ha ammesso il presidente Usa - E vi sono sicuramente altre persone che meritavano più di me questo premio". All'esterno del municipio vi sono sparuti gruppi di dimostranti. Un ambientalista esibisce lo striscione: 'Obama, l'hai vinto, adesso cerca di meritartelo". Le proteste sono continuate anche in serata, dopo la fiaccolata di migliaia di cittadini norvegesi per la vie di Oslo per rendere omaggio al Obama. Un gruppetto di pacifisti ed ambientalisti ha esortato il presidente Usa a ritirare subito le truppe dall'Afghanistan e a combattere il problema del clima con più determinazione. Obama, che ha dedicato gran parte del suo discorso alla definizione di 'guerra giusta' e 'guerra umanitaria', ha detto che in un mondo "dove le minacce sono sempre più diffuse e le missioni sempre più complesse l'America non può agire da sola" e questo è vero in casi come l'Afghanistan. "La pace richiede responsabilità e sacrifici - ha detto - questo è perché la Nato continua ad essere indispensabile, questo è perché bisogna rafforzare le operazioni di pace delle Nazioni Unite". E rende omaggio alla forze di pace che "da Oslo a Roma, da Ottawa a Sydney" sostengono la causa della sicurezza nel mondo. Il discorso di Obam, durato 36 minuti, ed è stato interrotto più volte dagli applausi. Tra i più entusiasti in sala è apparso il divo di Hollywood Will Smith che era accompagnato dalla moglie Jada Pinkett e dalla figlia. Il presidente Usa ha affermato che i regimi che violano le regole "devono pagare un prezzo concreto". Obama ha citato l'Iran e la Corea del Nord e il genocidio nel Darfur, gli stupri sistematici in Congo e la repressione in Birmania. "L'America non ha mai combattuto una guerra contro una democrazia - ha ricordato - e i nostri amici più stretti sono tutti paesi che proteggono i diritti dei loro cittadini". Il capo della Casa Bianca ha detto che l'America sarà sempre al fianco di chi si batte per valori universali, come la leader della opposizione birmana Aung Sang Suu Kyi come "le centinaia di migliaia di persone che hanno marciato in silenzio nelle strade dell'Iran".
Al contempo Obama ha difeso la sua politica di dialogo con i regimi oppressivi: "nessuno di loro seguirà nuove strade se non avrà la scelta di una porta aperta", ha detto il presidente Usa. "Il dialogo di Papa Giovanni Paolo II con la Polonia ha creato spazio non solo per la Chiesa cattolica ma anche per leader sindacali come Lech Walesa", ha ricordato. Ma una pace giusta e durevole oltre a rispettare i diritti civili ed umani delle persone deve anche offrire speranze di sicurezza economica. Una minaccia è rappresentata dal clima: il mondo deve unirsi se vuole evitare conseguenze catastrofiche. Obama ha chiuso il suo discorso condannando l'estremismo religioso di ogni tipo - "che porta ad uccidere nel nome di Dio" - ed esaltando l'opera di leader della non-violenza come Gandhi e Martin Luther King: una strada, la loro, non sempre praticabile. "Ma la loro fede nel progresso umano deve restare la nostra bussola morale - ha detto - perché se perdiamo quella fede, definendola sciocca o naive, allora perderemo ciò che c'é di più bello nell'umanità: il nostro senso di possibilità e di speranza in un mondo migliore". Il presidente Usa ha ricevuto ad Oslo una medaglia d'oro, un diploma ed un assegno da 1,4 milioni di dollari che consegnerà, ha fatto sapere la Casa Bianca, ad organizzazioni benefiche.
...quarant'anni fa, alle 16,37...
Il 12 dicembre del 1969 fino alle 16.37 piazza Fontana a Milano era solo un posto abbastanza anonimo dove passavano i tram. Situata dietro il Duomo con ai lati la Banca Nazionale dell'Agricoltura e l'edificio dell'Arcivescovado e al centro qualche panchina. L'esplosione che trasformò un giorno d'inverno nel nostro primo 11 settembre (in seguito ne abbiamo avuti decine dall'Italicus alla strage di Capaci) sventrò la banca, uccise 17 persone e ne ferì in modo grave un centinaio. Fu un tentativo di colpo di Stato. Nessuno può rispondere con certezza se il tentativo riuscì oppure no. "La situazione che si era creata avrebbe dovuto portare a un colpo di Stato" ha dichiarato in seguito il giudice Gerardo D'Ambrosio che indagò sulla strage. Della stessa opinione fu Aldo Moro che quel giorno disse: "Siamo in guerra" e in seguito aggiunse: "Ci sono tanti modi di fare politica: e tra i tanti c'è anche quello delle bombe". L'allora presidente Saragat voleva proclamare "lo stato di pericolo pubblico" mai adottato nella storia repubblicana. Moro si oppose. Era un possibile "golpe alla greca" dei colonnelli con leggi eccezionali e l'eventuale ricorso a elezioni anticipate. Piazza Fontana è stato un attentato politico, la prova provata è che gli unici condannati sono stati alcuni ufficiali dei servizi segreti italiani. I segreti di Piazza Fontana, condivisi da una parte della classe politica e degli apparati dello Stato, hanno "contaminato" tutta la storia successiva del Paese. L'impunità dei mandanti "ha distrutto la fiducia nello Stato di un'intera generazione di cittadini", secondo le parole di Paolo Emilio Taviani, ministro democristiano dell'epoca.
Le indagini si bloccarono in sostanza nel 1974. Lo Stato impose il segreto politico-militare di fronte all'incriminazione dell'ammiraglio Eugenio Henke, capo del Servizio Informazioni Difesa (SID). Emilio Alessandrini, in seguito assassinato da Prima Linea, che indagava sull'attentato disse al collega D'Ambrosio: "Ci hanno tolto l'inchiesta, ma ci hanno salvato la vita".
Da allora in Italia operano due livelli. Quello dei cittadini normali e uno superiore che decide senza chiedere, che informa senza informare, che non si farà mai processare
"La storia di un Paese in cui è stato assassinato il più importante dirigente industriale, Enrico Mattei, il più importante uomo politico, Aldo Moro, l'uomo delle forze dell'ordine più rappresentativo, il generale Dalla Chiesa, uno dei giornalisti più capaci di penetrare le trame del potere, Mino Pecorelli, uno dei banchieri "cerniera" tra mondo laico e Vaticano, Roberto Calvi, in cui si è tentato di uccidere il papa più eminente del secolo scorso, Giovanni Paolo II - e c'è chi sospetta fortemente dell'uccisione del suo predecessore, Giovanni Paolo I. Come potranno i giovani trovare radici e alimento politico culturale e morale nella nostra memoria se certi suoi nodi irrisolti non vengono sciolti?" Paolo Cucchiarelli.
> Citazioni e riferimenti dal libro: "Il segreto di Piazza Fontana" di Paolo Cucchiarelli, edizioni Ponte alle Grazie
Le indagini si bloccarono in sostanza nel 1974. Lo Stato impose il segreto politico-militare di fronte all'incriminazione dell'ammiraglio Eugenio Henke, capo del Servizio Informazioni Difesa (SID). Emilio Alessandrini, in seguito assassinato da Prima Linea, che indagava sull'attentato disse al collega D'Ambrosio: "Ci hanno tolto l'inchiesta, ma ci hanno salvato la vita".
Da allora in Italia operano due livelli. Quello dei cittadini normali e uno superiore che decide senza chiedere, che informa senza informare, che non si farà mai processare
"La storia di un Paese in cui è stato assassinato il più importante dirigente industriale, Enrico Mattei, il più importante uomo politico, Aldo Moro, l'uomo delle forze dell'ordine più rappresentativo, il generale Dalla Chiesa, uno dei giornalisti più capaci di penetrare le trame del potere, Mino Pecorelli, uno dei banchieri "cerniera" tra mondo laico e Vaticano, Roberto Calvi, in cui si è tentato di uccidere il papa più eminente del secolo scorso, Giovanni Paolo II - e c'è chi sospetta fortemente dell'uccisione del suo predecessore, Giovanni Paolo I. Come potranno i giovani trovare radici e alimento politico culturale e morale nella nostra memoria se certi suoi nodi irrisolti non vengono sciolti?" Paolo Cucchiarelli.
> Citazioni e riferimenti dal libro: "Il segreto di Piazza Fontana" di Paolo Cucchiarelli, edizioni Ponte alle Grazie
venerdì 11 dicembre 2009
...e la lotta continuerà...
...all'orizzonte, seminascosti nella nebbia di questa fine autunno, si intravedono i resti del nemico sconfitto, forse ancora pronti a dare battaglia: occorre mantenere la guardia alzata e stare pronti a colpire ancora ed ancora fino al suo annientamento totale: la prossima settimana, dopo una marcia di avvicinamento, si potrà constatare l'entità del pericolo; nel frattempo si sta in attesa, e le ore corrono veloci...
mercoledì 9 dicembre 2009
...una carezza per Kelly...
...Alle 8 di questa sera una chiamata da Sandro, mio nipote: ultimi accordi per domani, appuntamento alle 07.00 circa per la visita di Ivan; mi dice che Roby ha trovato lavoro in una pizzeria, sia pure solo per queste feste, e poi, con finta indifferenza, che Kelly, la cagnetta più giovane è morta nella notte, secondo il veterinario per gastroenterite...rimane Kira, la più vecchia e se ne va questa lupacchiotta di tre anni...la morte lascia sempre un segno in noi, profondo, sia che riguardi noi umani che i nostri amici animali, esseri semplici ma insostituibili per l'affetto che ci donano ogni giorno senza nulla chiedere...
Ciao Kelly, corri felice nel tuo paradiso, accanto al piccolo Charlie, Lupa, Johnson e gli altri che ti hanno preceduto e non dimenticatevi delle mie carezze...
Ciao Kelly, corri felice nel tuo paradiso, accanto al piccolo Charlie, Lupa, Johnson e gli altri che ti hanno preceduto e non dimenticatevi delle mie carezze...
lunedì 7 dicembre 2009
...da Libero news...
Russia e India insieme contro mutamenti climatici
COPENAGHEN - Russia e India hanno lanciato un appello comune per "una azione internazionale immediata per il controllo sui mutamenti climatici". In una dichiarazione congiunta adottata a Mosca dal presidente russo Dmitri Medvedev e dal premier indiano Manmohan Singh si sottolinea la volontà dei due Paesi a "continuare il lavoro costruttivo allo scopo di favorire il successo della Conferenza dell'Onu sul clima a Copenhagen, in conformità ai principi e alle tesi della Convenzione dell'Onu sui cambiamenti climatici e al 'Piano d'azione di Balì, ma anche tenendo conto del principio della responsabilità comune ma differenziata e delle rispettive possibilità dei diversi stati".
200 MLD DI DLR L'ANNO PER IL SUCCESSO DELLA CONFERENZA
Ammonta a 200 miliardi di dollari l'anno da destinare, a partire dal 2020, ai Paesi in via di sviluppo, la somma di denaro che i Paesi sviluppati dovrebbero spendere per assicurare il successo del vertice di Copenaghen. A fare la stima sono state le organizzazioni Oxfam International e Ucodep (Unità e Cooperazione per lo Sviluppo dei Popoli) nel giorno di apertura della Conferenza delle Nazioni Unite sul clima di Copenaghen.
Secondo Oxfam e Ucodep, è necessario un fondo globale di 150 miliardi di dollari l'anno a partire dal 2013, per poi arrivare almeno a 200 miliardi entro il 2020. La quota iniziale che Usa e Ue dovrebbero versare è di 50 miliardi di dollari l'anno ciascuno. "Raggiungere il successo a Copenaghen costa 200 miliardi di dollari: una cifra che aiuterà le popolazioni più povere ad adattarsi ai cambiamenti del clima - ha spiegato Antonio Hill, esperto di Oxfam International - noccioline se confrontate con gli 8.400 miliardi di dollari per salvare le banche".
Alcuni grandi Paesi in via di sviluppo, come l'India, vogliono impegnarsi nel ridurre le emissioni, a patto che i paesi industrializzati forniscano il sostegno necessario. Secondo Oxfam e Ucodep, a Copenaghen gli Usa hanno l'opportunità di contribuire al processo annunciando un consistente pacchetto di aiuti finanziari per il clima. Mentre l'Ue può contribuire a cambiare le cose, annunciando la volontà di anticipare la sua quota dei fondi per il clima. "Non basta essere presenti alla conferenza - ha dichiarato Elisa Bacciotti, portavoce di Oxfam International e Ucodep - occorre anche la volontà politica di prendere degli impegni chiari per aiutare i Paesi in via sviluppo a fronteggiare la crisi climatica".
COPENAGHEN - Russia e India hanno lanciato un appello comune per "una azione internazionale immediata per il controllo sui mutamenti climatici". In una dichiarazione congiunta adottata a Mosca dal presidente russo Dmitri Medvedev e dal premier indiano Manmohan Singh si sottolinea la volontà dei due Paesi a "continuare il lavoro costruttivo allo scopo di favorire il successo della Conferenza dell'Onu sul clima a Copenhagen, in conformità ai principi e alle tesi della Convenzione dell'Onu sui cambiamenti climatici e al 'Piano d'azione di Balì, ma anche tenendo conto del principio della responsabilità comune ma differenziata e delle rispettive possibilità dei diversi stati".
200 MLD DI DLR L'ANNO PER IL SUCCESSO DELLA CONFERENZA
Ammonta a 200 miliardi di dollari l'anno da destinare, a partire dal 2020, ai Paesi in via di sviluppo, la somma di denaro che i Paesi sviluppati dovrebbero spendere per assicurare il successo del vertice di Copenaghen. A fare la stima sono state le organizzazioni Oxfam International e Ucodep (Unità e Cooperazione per lo Sviluppo dei Popoli) nel giorno di apertura della Conferenza delle Nazioni Unite sul clima di Copenaghen.
Secondo Oxfam e Ucodep, è necessario un fondo globale di 150 miliardi di dollari l'anno a partire dal 2013, per poi arrivare almeno a 200 miliardi entro il 2020. La quota iniziale che Usa e Ue dovrebbero versare è di 50 miliardi di dollari l'anno ciascuno. "Raggiungere il successo a Copenaghen costa 200 miliardi di dollari: una cifra che aiuterà le popolazioni più povere ad adattarsi ai cambiamenti del clima - ha spiegato Antonio Hill, esperto di Oxfam International - noccioline se confrontate con gli 8.400 miliardi di dollari per salvare le banche".
Alcuni grandi Paesi in via di sviluppo, come l'India, vogliono impegnarsi nel ridurre le emissioni, a patto che i paesi industrializzati forniscano il sostegno necessario. Secondo Oxfam e Ucodep, a Copenaghen gli Usa hanno l'opportunità di contribuire al processo annunciando un consistente pacchetto di aiuti finanziari per il clima. Mentre l'Ue può contribuire a cambiare le cose, annunciando la volontà di anticipare la sua quota dei fondi per il clima. "Non basta essere presenti alla conferenza - ha dichiarato Elisa Bacciotti, portavoce di Oxfam International e Ucodep - occorre anche la volontà politica di prendere degli impegni chiari per aiutare i Paesi in via sviluppo a fronteggiare la crisi climatica".
domenica 6 dicembre 2009
...da Libero news...
No B-Day Bersani "Una buona giornata"
ROMA - Il compito del Pd è di "mettere in comunicazione" le "energie nuove" viste ieri al No B day, con tutte le forze che vogliono l'alternativa. Lo ha detto Pierluigi Bersani, segretario del Pd, al Tg3. Bersani ha detto di non essere pentito di non aver fatto partecipare ufficialmente il Pd alla manifestazione: "sono convinto della nostra scelta" "E' stata una buona giornata - ha aggiunto - che ha mostrato una energia nuova. Ora il compito del Pd è mettere in comunicazione queste e tutte le altre forze che vogliono una alternativa. Ci siamo stati - ha concluso Bersani - e il nostro compito è di mettere in comunicazione queste energie".
Della manifestazione ha parlato anche il presidente dell'Italia dei Valori Felice Belisario: "La piazza viola, con le centinaia di migliaia di giovani e di famiglie, ha sfilato in maniera determinata ma pacifica. Da ieri fare opposizione in Parlamento e nel Paese sarà più facile per il centrosinistra e per l'Italia dei Valori perché sappiamo di avere alle nostre spalle un popolo intero che sostiene il nostro operato". "Con la piazza di ieri - ha aggiunto - abbiamo chiesto le dimissioni di Berlusconi per la sua incapacità di risolvere i problemi del paese e per impedire che la sua azione, in costante conflitto di interessi, possa servire solo a risolvere i suoi problemi personali con le solite leggi ad personam a cui ci opporremo sempre".
IERI LA MANIFESTAZIONE, "SIAMO PIU' DI UN MILIONE"
di Giovanni Innamorati
ROMA - I partiti di opposizione scavalcati dalla piazza, dove si vedono tantissimi giovani che invece sono sempre piu' rari nelle sedi dei movimenti politici. Questo l'aspetto piu' vistoso del 'No B Day', la prima manifestazione mai convocata in Italia via web, senza l'appoggio di apparati organizzativi di partiti o sindacati. Una manifestazione con un unico messaggio espresso insieme con rabbia e allegria: ''Berlusconi vada a casa''. Proprio il manifesto lanciato su Facebook a ottobre per convocare la manifestazione mostra tutto l'approccio impolitico dell'iniziativa: ''non ci interessano le conseguenze delle dimissioni di Berlusconi; l'importante e' che si dimetta subito''.
Ed ecco che i partiti di opposizione oggi si sono dovuti accodare. Gli organizzatori hanno parlato di oltre un milione di presenti. la Questura di 90 mila. Quel che e' certo e' che hanno riempito piazza San Giovanni. I manifestanti hanno applaudito tutti quelli che hanno sfilato nel corteo con loro, da Di Pietro a Rosy Bindi, da Paolo Ferrero a Oliviero Diliberto, da Nichi Vendola ad Angelo Bonelli dei Verdi. Le polemiche per la mancata presenza ufficiale del Pd, sollevate da Idv e dagli altri partiti di sinistra, si e' vista quindi solo nel retropalco piu' che nella piazza, che aveva solo voglia di gridare assieme ''Berlusconi dimettiti'' come e' stato ritmato piu' volte. Pier Luigi Bersani, alla fine, ha inviato la 'pasionaria' Rosy Bindi, festeggiatissima dai manifestanti: ''abbiamo perso tre settimane a litigare con Di Pietro - sospira Pippo Civati - e a dividerci tra noi sul nulla''. Di Pietro, sempre attorniato dalle telecamere, ha attaccato il governo a testa bassa (''e' mafioso, fascista e piduista'') ma non e' riuscito a monopolizzare l'iniziativa. Paolo Ferrero analizza cosi' la paura del Pd per questa piazza: ''hanno una concezione vecchia, in cui i partiti hanno il monopolio della politica. Ma ormai non e' piu' cosi', e il primo compito dei partiti e' ascoltare la societa'''.
Cosi' in molti hanno evitato di fare dichiarazioni, sottolineando piuttosto di voler ascoltare la piazza: da Dario Franceschini a Fausto Bertinotti. La prima sfida per il centrosinistra consiste ora nel proporre a questa piazza un'offerta politica adeguata. La seconda sfida e' costituita dalla massiccia presenza di giovani in quella che Ferrero ha definito ''una manifestazione generazionale, convocata con mezzi generazionali''. Sono passati solo otto anni dal 2001 e i Girotondi sono gia' archeologia.
S.BORSELLINO,BERLUSCONI E SCHIFANI SONO VILIPENDIO
"Il vero vilipendio è che persone come Schifani e Berlusconi occupino le istituzioni. Schifani non vuole chiarire i rapporti avuti con la mafia nel suo studio professionale". Lo ha detto Salvatore Borsellino, fratello di Paolo, in un intervento alla manifestazione del No B Day, interrotto più volte dall'ovazione della folla.
MONICELLI, MANIFESTAZIONE BELLA E GIOVANE
"Questa è una manifestazione bella perché è giovane, non c'é cupezza, non c'é aria di sconfitta", ha detto Mario Monicelli, giaccone bianco, sciarpa viola e coppola, intervenendo sul palco. "Tenete duro, viva voi, viva la vostra forza, viva la classe operaia, viva il lavoro" ha aggiunto. Secondo il regista, "dobbiamo costruire una Repubblica in cui ci sia giustizia, uguaglianza, e diritto al lavoro, che sono cose diverse dalla libertà".
LA DIRETTA SULLA TV DANESE - Il No B day trasmesso in diretta dalla Tv danese, oltre che da Rainews 24, Sky Tg24, Red Tv e You Dem. "Possiamo essere soddisfatti - ha detto Gianfranco Mascia, uno degli organizzatori - del fatto che ci sarà la diretta di una rete televisiva pubblica nazionale: quella Danese. Infatti abbiamo saputo che il canale televisivo pubblico della Danimarca ha deciso di mandare in onda non solo P.zza San Giovanni, ma seguirà tutto il corteo. Una bella dimostrazione di democrazia nei confronti di chi - alla RAI - ha preferito non concedere la diretta TV".
ROMA - Il compito del Pd è di "mettere in comunicazione" le "energie nuove" viste ieri al No B day, con tutte le forze che vogliono l'alternativa. Lo ha detto Pierluigi Bersani, segretario del Pd, al Tg3. Bersani ha detto di non essere pentito di non aver fatto partecipare ufficialmente il Pd alla manifestazione: "sono convinto della nostra scelta" "E' stata una buona giornata - ha aggiunto - che ha mostrato una energia nuova. Ora il compito del Pd è mettere in comunicazione queste e tutte le altre forze che vogliono una alternativa. Ci siamo stati - ha concluso Bersani - e il nostro compito è di mettere in comunicazione queste energie".
Della manifestazione ha parlato anche il presidente dell'Italia dei Valori Felice Belisario: "La piazza viola, con le centinaia di migliaia di giovani e di famiglie, ha sfilato in maniera determinata ma pacifica. Da ieri fare opposizione in Parlamento e nel Paese sarà più facile per il centrosinistra e per l'Italia dei Valori perché sappiamo di avere alle nostre spalle un popolo intero che sostiene il nostro operato". "Con la piazza di ieri - ha aggiunto - abbiamo chiesto le dimissioni di Berlusconi per la sua incapacità di risolvere i problemi del paese e per impedire che la sua azione, in costante conflitto di interessi, possa servire solo a risolvere i suoi problemi personali con le solite leggi ad personam a cui ci opporremo sempre".
IERI LA MANIFESTAZIONE, "SIAMO PIU' DI UN MILIONE"
di Giovanni Innamorati
ROMA - I partiti di opposizione scavalcati dalla piazza, dove si vedono tantissimi giovani che invece sono sempre piu' rari nelle sedi dei movimenti politici. Questo l'aspetto piu' vistoso del 'No B Day', la prima manifestazione mai convocata in Italia via web, senza l'appoggio di apparati organizzativi di partiti o sindacati. Una manifestazione con un unico messaggio espresso insieme con rabbia e allegria: ''Berlusconi vada a casa''. Proprio il manifesto lanciato su Facebook a ottobre per convocare la manifestazione mostra tutto l'approccio impolitico dell'iniziativa: ''non ci interessano le conseguenze delle dimissioni di Berlusconi; l'importante e' che si dimetta subito''.
Ed ecco che i partiti di opposizione oggi si sono dovuti accodare. Gli organizzatori hanno parlato di oltre un milione di presenti. la Questura di 90 mila. Quel che e' certo e' che hanno riempito piazza San Giovanni. I manifestanti hanno applaudito tutti quelli che hanno sfilato nel corteo con loro, da Di Pietro a Rosy Bindi, da Paolo Ferrero a Oliviero Diliberto, da Nichi Vendola ad Angelo Bonelli dei Verdi. Le polemiche per la mancata presenza ufficiale del Pd, sollevate da Idv e dagli altri partiti di sinistra, si e' vista quindi solo nel retropalco piu' che nella piazza, che aveva solo voglia di gridare assieme ''Berlusconi dimettiti'' come e' stato ritmato piu' volte. Pier Luigi Bersani, alla fine, ha inviato la 'pasionaria' Rosy Bindi, festeggiatissima dai manifestanti: ''abbiamo perso tre settimane a litigare con Di Pietro - sospira Pippo Civati - e a dividerci tra noi sul nulla''. Di Pietro, sempre attorniato dalle telecamere, ha attaccato il governo a testa bassa (''e' mafioso, fascista e piduista'') ma non e' riuscito a monopolizzare l'iniziativa. Paolo Ferrero analizza cosi' la paura del Pd per questa piazza: ''hanno una concezione vecchia, in cui i partiti hanno il monopolio della politica. Ma ormai non e' piu' cosi', e il primo compito dei partiti e' ascoltare la societa'''.
Cosi' in molti hanno evitato di fare dichiarazioni, sottolineando piuttosto di voler ascoltare la piazza: da Dario Franceschini a Fausto Bertinotti. La prima sfida per il centrosinistra consiste ora nel proporre a questa piazza un'offerta politica adeguata. La seconda sfida e' costituita dalla massiccia presenza di giovani in quella che Ferrero ha definito ''una manifestazione generazionale, convocata con mezzi generazionali''. Sono passati solo otto anni dal 2001 e i Girotondi sono gia' archeologia.
S.BORSELLINO,BERLUSCONI E SCHIFANI SONO VILIPENDIO
"Il vero vilipendio è che persone come Schifani e Berlusconi occupino le istituzioni. Schifani non vuole chiarire i rapporti avuti con la mafia nel suo studio professionale". Lo ha detto Salvatore Borsellino, fratello di Paolo, in un intervento alla manifestazione del No B Day, interrotto più volte dall'ovazione della folla.
MONICELLI, MANIFESTAZIONE BELLA E GIOVANE
"Questa è una manifestazione bella perché è giovane, non c'é cupezza, non c'é aria di sconfitta", ha detto Mario Monicelli, giaccone bianco, sciarpa viola e coppola, intervenendo sul palco. "Tenete duro, viva voi, viva la vostra forza, viva la classe operaia, viva il lavoro" ha aggiunto. Secondo il regista, "dobbiamo costruire una Repubblica in cui ci sia giustizia, uguaglianza, e diritto al lavoro, che sono cose diverse dalla libertà".
LA DIRETTA SULLA TV DANESE - Il No B day trasmesso in diretta dalla Tv danese, oltre che da Rainews 24, Sky Tg24, Red Tv e You Dem. "Possiamo essere soddisfatti - ha detto Gianfranco Mascia, uno degli organizzatori - del fatto che ci sarà la diretta di una rete televisiva pubblica nazionale: quella Danese. Infatti abbiamo saputo che il canale televisivo pubblico della Danimarca ha deciso di mandare in onda non solo P.zza San Giovanni, ma seguirà tutto il corteo. Una bella dimostrazione di democrazia nei confronti di chi - alla RAI - ha preferito non concedere la diretta TV".
venerdì 4 dicembre 2009
...Leukomed T...
Una stanza d'ospedale, forse sei x cinque, di servizio, ingombra di carrelli carichi di garze, tintura di iodio, bende, e poi strumenti strani, il cui unico segno di vita è un led verde che si ostina a splendere, e poi contenitori di vetro issati su trespoli a raggiera, muniti di ruote, ed Elisa collegata a una flebo, e poi ad un'altra, in attesa di un esame importante...ultimi strascichi, speriamo, di una battaglia durissima, vinta.
giovedì 3 dicembre 2009
At the end of everything
I walked trough the mists of my mind
I fought against the demons of the past
What I discovered after that is a love that doesn't last
Which can be pushed away by a lightly wind
I'll tell the truth, nothing is alright,
but if you trust in me everything will find a way,
we can do it somehow, now, tomorrow or a far day,
we can love us as long as last the night
The only thing we should find is an hope for tomorrow,
I don't care of the next death coming
as the only thing I want now is to heal your inner sorrow
love me as it could be possible as if this love lasted forever,
believe me, star the sky and with your hardest scream,
CRY,
cry and give me your anger, love me now and ever...
I fought against the demons of the past
What I discovered after that is a love that doesn't last
Which can be pushed away by a lightly wind
I'll tell the truth, nothing is alright,
but if you trust in me everything will find a way,
we can do it somehow, now, tomorrow or a far day,
we can love us as long as last the night
The only thing we should find is an hope for tomorrow,
I don't care of the next death coming
as the only thing I want now is to heal your inner sorrow
love me as it could be possible as if this love lasted forever,
believe me, star the sky and with your hardest scream,
CRY,
cry and give me your anger, love me now and ever...
lunedì 30 novembre 2009
...dalla mail list di Michael Moore...
An Open Letter to President Obama from Michael Moore
Monday, November 30th, 2009
Dear President Obama,
Do you really want to be the new "war president"? If you go to West Point tomorrow night (Tuesday, 8pm) and announce that you are increasing, rather than withdrawing, the troops in Afghanistan, you are the new war president. Pure and simple. And with that you will do the worst possible thing you could do -- destroy the hopes and dreams so many millions have placed in you. With just one speech tomorrow night you will turn a multitude of young people who were the backbone of your campaign into disillusioned cynics. You will teach them what they've always heard is true -- that all politicians are alike. I simply can't believe you're about to do what they say you are going to do. Please say it isn't so.
It is not your job to do what the generals tell you to do. We are a civilian-run government. WE tell the Joint Chiefs what to do, not the other way around. That's the way General Washington insisted it must be. That's what President Truman told General MacArthur when MacArthur wanted to invade China. "You're fired!," said Truman, and that was that. And you should have fired Gen. McChrystal when he went to the press to preempt you, telling the press what YOU had to do. Let me be blunt: We love our kids in the armed services, but we f*#&in' hate these generals, from Westmoreland in Vietnam to, yes, even Colin Powell for lying to the UN with his made-up drawings of WMD (he has since sought redemption).
So now you feel backed into a corner. 30 years ago this past Thursday (Thanksgiving) the Soviet generals had a cool idea -- "Let's invade Afghanistan!" Well, that turned out to be the final nail in the USSR coffin.
There's a reason they don't call Afghanistan the "Garden State" (though they probably should, seeing how the corrupt President Karzai, whom we back, has his brother in the heroin trade raising poppies). Afghanistan's nickname is the "Graveyard of Empires." If you don't believe it, give the British a call. I'd have you call Genghis Khan but I lost his number. I do have Gorbachev's number though. It's + 41 22 789 1662. I'm sure he could give you an earful about the historic blunder you're about to commit.
With our economic collapse still in full swing and our precious young men and women being sacrificed on the altar of arrogance and greed, the breakdown of this great civilization we call America will head, full throttle, into oblivion if you become the "war president." Empires never think the end is near, until the end is here. Empires think that more evil will force the heathens to toe the line -- and yet it never works. The heathens usually tear them to shreds.
Choose carefully, President Obama. You of all people know that it doesn't have to be this way. You still have a few hours to listen to your heart, and your own clear thinking. You know that nothing good can come from sending more troops halfway around the world to a place neither you nor they understand, to achieve an objective that neither you nor they understand, in a country that does not want us there. You can feel it in your bones.
I know you know that there are LESS than a hundred al-Qaeda left in Afghanistan! A hundred thousand troops trying to crush a hundred guys living in caves? Are you serious? Have you drunk Bush's Kool-Aid? I refuse to believe it.
Your potential decision to expand the war (while saying that you're doing it so you can "end the war") will do more to set your legacy in stone than any of the great things you've said and done in your first year. One more throwing a bone from you to the Republicans and the coalition of the hopeful and the hopeless may be gone -- and this nation will be back in the hands of the haters quicker than you can shout "tea bag!"
Choose carefully, Mr. President. Your corporate backers are going to abandon you as soon as it is clear you are a one-term president and that the nation will be safely back in the hands of the usual idiots who do their bidding. That could be Wednesday morning.
We the people still love you. We the people still have a sliver of hope. But we the people can't take it anymore. We can't take your caving in, over and over, when we elected you by a big, wide margin of millions to get in there and get the job done. What part of "landslide victory" don't you understand?
Don't be deceived into thinking that sending a few more troops into Afghanistan will make a difference, or earn you the respect of the haters. They will not stop until this country is torn asunder and every last dollar is extracted from the poor and soon-to-be poor. You could send a million troops over there and the crazy Right still wouldn't be happy. You would still be the victim of their incessant venom on hate radio and television because no matter what you do, you can't change the one thing about yourself that sends them over the edge.
The haters were not the ones who elected you, and they can't be won over by abandoning the rest of us.
President Obama, it's time to come home. Ask your neighbors in Chicago and the parents of the young men and women doing the fighting and dying if they want more billions and more troops sent to Afghanistan. Do you think they will say, "No, we don't need health care, we don't need jobs, we don't need homes. You go on ahead, Mr. President, and send our wealth and our sons and daughters overseas, 'cause we don't need them, either."
What would Martin Luther King, Jr. do? What would your grandmother do? Not send more poor people to kill other poor people who pose no threat to them, that's what they'd do. Not spend billions and trillions to wage war while American children are sleeping on the streets and standing in bread lines.
All of us that voted and prayed for you and cried the night of your victory have endured an Orwellian hell of eight years of crimes committed in our name: torture, rendition, suspension of the bill of rights, invading nations who had not attacked us, blowing up neighborhoods that Saddam "might" be in (but never was), slaughtering wedding parties in Afghanistan. We watched as hundreds of thousands of Iraqi civilians were slaughtered and tens of thousands of our brave young men and women were killed, maimed, or endured mental anguish -- the full terror of which we scarcely know.
When we elected you we didn't expect miracles. We didn't even expect much change. But we expected some. We thought you would stop the madness. Stop the killing. Stop the insane idea that men with guns can reorganize a nation that doesn't even function as a nation and never, ever has.
Stop, stop, stop! For the sake of the lives of young Americans and Afghan civilians, stop. For the sake of your presidency, hope, and the future of our nation, stop. For God's sake, stop.
Tonight we still have hope.
Tomorrow, we shall see. The ball is in your court. You DON'T have to do this. You can be a profile in courage. You can be your mother's son.
We're counting on you.
Yours,
Michael Moore
MMFlint@aol.com
MichaelMoore.com
P.S. There's still time to have your voice heard. Call the White House at 202-456-1111 or email the President.
Monday, November 30th, 2009
Dear President Obama,
Do you really want to be the new "war president"? If you go to West Point tomorrow night (Tuesday, 8pm) and announce that you are increasing, rather than withdrawing, the troops in Afghanistan, you are the new war president. Pure and simple. And with that you will do the worst possible thing you could do -- destroy the hopes and dreams so many millions have placed in you. With just one speech tomorrow night you will turn a multitude of young people who were the backbone of your campaign into disillusioned cynics. You will teach them what they've always heard is true -- that all politicians are alike. I simply can't believe you're about to do what they say you are going to do. Please say it isn't so.
It is not your job to do what the generals tell you to do. We are a civilian-run government. WE tell the Joint Chiefs what to do, not the other way around. That's the way General Washington insisted it must be. That's what President Truman told General MacArthur when MacArthur wanted to invade China. "You're fired!," said Truman, and that was that. And you should have fired Gen. McChrystal when he went to the press to preempt you, telling the press what YOU had to do. Let me be blunt: We love our kids in the armed services, but we f*#&in' hate these generals, from Westmoreland in Vietnam to, yes, even Colin Powell for lying to the UN with his made-up drawings of WMD (he has since sought redemption).
So now you feel backed into a corner. 30 years ago this past Thursday (Thanksgiving) the Soviet generals had a cool idea -- "Let's invade Afghanistan!" Well, that turned out to be the final nail in the USSR coffin.
There's a reason they don't call Afghanistan the "Garden State" (though they probably should, seeing how the corrupt President Karzai, whom we back, has his brother in the heroin trade raising poppies). Afghanistan's nickname is the "Graveyard of Empires." If you don't believe it, give the British a call. I'd have you call Genghis Khan but I lost his number. I do have Gorbachev's number though. It's + 41 22 789 1662. I'm sure he could give you an earful about the historic blunder you're about to commit.
With our economic collapse still in full swing and our precious young men and women being sacrificed on the altar of arrogance and greed, the breakdown of this great civilization we call America will head, full throttle, into oblivion if you become the "war president." Empires never think the end is near, until the end is here. Empires think that more evil will force the heathens to toe the line -- and yet it never works. The heathens usually tear them to shreds.
Choose carefully, President Obama. You of all people know that it doesn't have to be this way. You still have a few hours to listen to your heart, and your own clear thinking. You know that nothing good can come from sending more troops halfway around the world to a place neither you nor they understand, to achieve an objective that neither you nor they understand, in a country that does not want us there. You can feel it in your bones.
I know you know that there are LESS than a hundred al-Qaeda left in Afghanistan! A hundred thousand troops trying to crush a hundred guys living in caves? Are you serious? Have you drunk Bush's Kool-Aid? I refuse to believe it.
Your potential decision to expand the war (while saying that you're doing it so you can "end the war") will do more to set your legacy in stone than any of the great things you've said and done in your first year. One more throwing a bone from you to the Republicans and the coalition of the hopeful and the hopeless may be gone -- and this nation will be back in the hands of the haters quicker than you can shout "tea bag!"
Choose carefully, Mr. President. Your corporate backers are going to abandon you as soon as it is clear you are a one-term president and that the nation will be safely back in the hands of the usual idiots who do their bidding. That could be Wednesday morning.
We the people still love you. We the people still have a sliver of hope. But we the people can't take it anymore. We can't take your caving in, over and over, when we elected you by a big, wide margin of millions to get in there and get the job done. What part of "landslide victory" don't you understand?
Don't be deceived into thinking that sending a few more troops into Afghanistan will make a difference, or earn you the respect of the haters. They will not stop until this country is torn asunder and every last dollar is extracted from the poor and soon-to-be poor. You could send a million troops over there and the crazy Right still wouldn't be happy. You would still be the victim of their incessant venom on hate radio and television because no matter what you do, you can't change the one thing about yourself that sends them over the edge.
The haters were not the ones who elected you, and they can't be won over by abandoning the rest of us.
President Obama, it's time to come home. Ask your neighbors in Chicago and the parents of the young men and women doing the fighting and dying if they want more billions and more troops sent to Afghanistan. Do you think they will say, "No, we don't need health care, we don't need jobs, we don't need homes. You go on ahead, Mr. President, and send our wealth and our sons and daughters overseas, 'cause we don't need them, either."
What would Martin Luther King, Jr. do? What would your grandmother do? Not send more poor people to kill other poor people who pose no threat to them, that's what they'd do. Not spend billions and trillions to wage war while American children are sleeping on the streets and standing in bread lines.
All of us that voted and prayed for you and cried the night of your victory have endured an Orwellian hell of eight years of crimes committed in our name: torture, rendition, suspension of the bill of rights, invading nations who had not attacked us, blowing up neighborhoods that Saddam "might" be in (but never was), slaughtering wedding parties in Afghanistan. We watched as hundreds of thousands of Iraqi civilians were slaughtered and tens of thousands of our brave young men and women were killed, maimed, or endured mental anguish -- the full terror of which we scarcely know.
When we elected you we didn't expect miracles. We didn't even expect much change. But we expected some. We thought you would stop the madness. Stop the killing. Stop the insane idea that men with guns can reorganize a nation that doesn't even function as a nation and never, ever has.
Stop, stop, stop! For the sake of the lives of young Americans and Afghan civilians, stop. For the sake of your presidency, hope, and the future of our nation, stop. For God's sake, stop.
Tonight we still have hope.
Tomorrow, we shall see. The ball is in your court. You DON'T have to do this. You can be a profile in courage. You can be your mother's son.
We're counting on you.
Yours,
Michael Moore
MMFlint@aol.com
MichaelMoore.com
P.S. There's still time to have your voice heard. Call the White House at 202-456-1111 or email the President.
domenica 29 novembre 2009
...da Libero news...
Russia, torna a colpire il terrorismo. Decine di morti sul Nievski Express(di Claudio Salvalaggio e Franco Quintano)
MOSCA - Torna lo spettro del terrorismo in Russia, dopo la bomba da sette chili di tritolo che ieri sera ha fatto deragliare il treno veloce Nievski Express Mosca-San Pietroburgo a 300 km dalla capitale, con un bilancio ancora provvisorio di 26 morti, 18 dispersi e un centinaio di feriti, di cui metà gravi. Coinvolto anche un imprenditore udinese, Armando Noacco, 58 anni, già operato in un ospedale di S. Pietroburgo per una frattura al bacino. "Improvvisamente il treno è deragliato e in un attimo si era capito che era la fine", ha raccontato dal suo cellulare. "Mi sono risvegliato in mezzo alle lamiere, con gente che gemeva, piangeva e chiedeva acqua. Poi mi hanno aiutato, mi hanno liberato, portato in ospedale e fornito tutta l' assistenza", ha proseguito, confermando le scene drammatiche rilanciate per tutta la giornata dalle tv russe.
Gli investigatori sono convinti che sia stato un attentato e hanno già aperto un'inchiesta per terrorismo e detenzione illegale di esplosivo. Sono stati ritrovati i resti di ben due ordigni, uno esploso ieri sera sui binari mentre il convoglio passava a 200 km/h e l'altro vicino a un pilone, detonato parzialmente solo oggi pomeriggio, senza fare vittime. "C'é stata un'esplosione sotto la locomotiva, non so cosa abbiamo urtato, abbiamo deragliato, non so altro, è tutto in fumo", ha telefonato dal suo cellulare il macchinista al ministero delle emergenze, con una chiamata registrata e diffusa dalle tv. La polizia sembra avere già una pista. Il ministro dell' interno, Rashid Nurgaliev, ha rivelato che un uomo sta dando delle informazioni e che si sta già cercando una prima persona sospetta, "un uomo di circa 40 anni, tarchiato di corporatura, rosso di capelli", anche se ad agire sarebbero state più persone.
Sul luogo dell'attentato, ha aggiunto, vi sono "tanti oggetti che ci possono indicare la direzione nella quale andare per far luce su questo crimine". Ma finora gli investigatori non si sono sbilanciati sulla matrice cecena o ultranazionalista dell'attentato. La prima non si palesa da tempo fuori dal Caucaso, la seconda invece sembra avvalorata da una rivendicazione via internet del gruppo neonazista Combat 18, una delle tante sigle dell'arcipelago estremista russo. E' nato come movimento neonazista britannico affiliato al gruppo estremista Blood and Honour e si è diffuso in particolare in Inghilterra e Germania ma è presente anche in Italia. In Russia i suoi militanti hanno anche un sito inquietante, che in base alla legge sull'estremismo dovrebbe essere chiuso da un pezzo. Vi si teorizza anche il diritto al terrore in una strategia della tensione che non risparmia i "civili", per far cambiar rotta a un governo "che sta distruggendo la nazione russa". Gli attentati ai treni potrebbero essere il tentativo di alzare il tiro nella strategia della tensione "made in Russia". Ma resta aperta anche la pista del terrorismo ceceno, che in passato ha colpito treni, metro, aerei.
C'é un'analogia, secondo il presidente delle ferrovie russe, Vladimir Iakunin, con l'attentato del 13 agosto 2007, quando un'esplosione contro un altro Nievski Express sulla linea Mosca-San Pietroburgo ferì 60 persone: per quella vicenda a Novgorod è in corso un processo a due ingusci, uno dei quali ha confessato che l' attentato fu compiuto su ordine della guerriglia cecena. Per lo stesso episodio è ricercato uno dei capi dei ribelli ceceni, Pavel Kosolapov, legato al comandante Doku Umarov. Durante la giornata si sono susseguiti bilanci provvisori, che oscillavano tra 25 e 39 morti su un totale di 661 passeggeri su 14 carrozze. Il Nievski, uno dei treni più eleganti, è usato dai turisti ma anche dai pendolari, soprattutto nel fine settimana, in quella che resta la linea più trafficata del Paese e dove in dicembre passerà anche il treno ad alta velocità Sapsan. Il leader del Cremlino, Dmitri Medvedev, che ha ricevuto condoglianze da tutto il mondo, ha sollecitato un'inchiesta rapida e accurata e annunciato, insieme alle ferrovie, indennizzi per le famiglie delle vittime e per i feriti.
MOSCA - Torna lo spettro del terrorismo in Russia, dopo la bomba da sette chili di tritolo che ieri sera ha fatto deragliare il treno veloce Nievski Express Mosca-San Pietroburgo a 300 km dalla capitale, con un bilancio ancora provvisorio di 26 morti, 18 dispersi e un centinaio di feriti, di cui metà gravi. Coinvolto anche un imprenditore udinese, Armando Noacco, 58 anni, già operato in un ospedale di S. Pietroburgo per una frattura al bacino. "Improvvisamente il treno è deragliato e in un attimo si era capito che era la fine", ha raccontato dal suo cellulare. "Mi sono risvegliato in mezzo alle lamiere, con gente che gemeva, piangeva e chiedeva acqua. Poi mi hanno aiutato, mi hanno liberato, portato in ospedale e fornito tutta l' assistenza", ha proseguito, confermando le scene drammatiche rilanciate per tutta la giornata dalle tv russe.
Gli investigatori sono convinti che sia stato un attentato e hanno già aperto un'inchiesta per terrorismo e detenzione illegale di esplosivo. Sono stati ritrovati i resti di ben due ordigni, uno esploso ieri sera sui binari mentre il convoglio passava a 200 km/h e l'altro vicino a un pilone, detonato parzialmente solo oggi pomeriggio, senza fare vittime. "C'é stata un'esplosione sotto la locomotiva, non so cosa abbiamo urtato, abbiamo deragliato, non so altro, è tutto in fumo", ha telefonato dal suo cellulare il macchinista al ministero delle emergenze, con una chiamata registrata e diffusa dalle tv. La polizia sembra avere già una pista. Il ministro dell' interno, Rashid Nurgaliev, ha rivelato che un uomo sta dando delle informazioni e che si sta già cercando una prima persona sospetta, "un uomo di circa 40 anni, tarchiato di corporatura, rosso di capelli", anche se ad agire sarebbero state più persone.
Sul luogo dell'attentato, ha aggiunto, vi sono "tanti oggetti che ci possono indicare la direzione nella quale andare per far luce su questo crimine". Ma finora gli investigatori non si sono sbilanciati sulla matrice cecena o ultranazionalista dell'attentato. La prima non si palesa da tempo fuori dal Caucaso, la seconda invece sembra avvalorata da una rivendicazione via internet del gruppo neonazista Combat 18, una delle tante sigle dell'arcipelago estremista russo. E' nato come movimento neonazista britannico affiliato al gruppo estremista Blood and Honour e si è diffuso in particolare in Inghilterra e Germania ma è presente anche in Italia. In Russia i suoi militanti hanno anche un sito inquietante, che in base alla legge sull'estremismo dovrebbe essere chiuso da un pezzo. Vi si teorizza anche il diritto al terrore in una strategia della tensione che non risparmia i "civili", per far cambiar rotta a un governo "che sta distruggendo la nazione russa". Gli attentati ai treni potrebbero essere il tentativo di alzare il tiro nella strategia della tensione "made in Russia". Ma resta aperta anche la pista del terrorismo ceceno, che in passato ha colpito treni, metro, aerei.
C'é un'analogia, secondo il presidente delle ferrovie russe, Vladimir Iakunin, con l'attentato del 13 agosto 2007, quando un'esplosione contro un altro Nievski Express sulla linea Mosca-San Pietroburgo ferì 60 persone: per quella vicenda a Novgorod è in corso un processo a due ingusci, uno dei quali ha confessato che l' attentato fu compiuto su ordine della guerriglia cecena. Per lo stesso episodio è ricercato uno dei capi dei ribelli ceceni, Pavel Kosolapov, legato al comandante Doku Umarov. Durante la giornata si sono susseguiti bilanci provvisori, che oscillavano tra 25 e 39 morti su un totale di 661 passeggeri su 14 carrozze. Il Nievski, uno dei treni più eleganti, è usato dai turisti ma anche dai pendolari, soprattutto nel fine settimana, in quella che resta la linea più trafficata del Paese e dove in dicembre passerà anche il treno ad alta velocità Sapsan. Il leader del Cremlino, Dmitri Medvedev, che ha ricevuto condoglianze da tutto il mondo, ha sollecitato un'inchiesta rapida e accurata e annunciato, insieme alle ferrovie, indennizzi per le famiglie delle vittime e per i feriti.
sabato 28 novembre 2009
http://incontriamocinelpartitodemocratico.blogspot.com/
E' un vero peccato aver scovato questo blog ad un anno esatto dalla sua chiusura-: succede, navigando in questo mare pressochè infinito, di approdare ad un'isola ormai abbandonata, ma che porta i segni di un passaggio, anche importante, di pensieri e di ragionamenti. Un'ennesima riprova, se mai ce ne fosse bisogno, che dai partiti tradizionali difficilmente se ne può ricavare qualcosa di buono. Urge una radicale trasformazione di questi organismi, è impellente una nuova costruzione della democrazia nel nostro Paese.
mercoledì 25 novembre 2009
Riflessioni sul sistema dei partiti
In tutto il mondo, la gestione della Politica è affidata al sistema partitico, ad esempio negli U.S.A. le elezioni si concretizzano nel confronto tra il partito democratico ed il partito repubblicano, ognuno sostenuto dalle sue lobbies-
E’ proprio questo il punto: con il tempo, i partiti si sono trasformati in centri di potere, dominati dalle segreterie e dalle lobbies e si sono via via allontanati sempre di più dai reali bisogni della gente comune- da qui il disinteresse sempre più accentuato verso tutto ciò che riguarda la politica e la sua gestione.
Se è vero che in ogni caso spetta ai partiti, in quanto libere associazioni di cittadini, il governo della res publica, è ancor più vero che occorre agire con determinazione sulle regole interne di queste associazioni per permettere un reale coinvolgimento della massa elettorale, composta di iscritti ai partiti e non, ma anche e soprattutto da un numero considerevole di “invisibili”, persone che non possiedono un bagaglio culturale sufficiente per una scelta meditata, o, peggio ancora, afflitti da impellenti bisogni materiali, di fronte ai quali è vano parlare di democrazia e di partecipazione.
“Partecipazione”: è forse questa la parola chiave per scardinare questo sistema logoro ed inefficiente: si potrebbe, per esempio, estendere il sistema delle Primarie anche alla scelta dei candidati locali, sottraendola alle segreterie e costringendoli ad un più intenso rapporto con i loro rappresentati.
Dovrebbe poi esserci un' apertura maggiore dei partiti verso il bacino elettorale, con riunioni dedicate ad argomenti che possano risvegliare l’interesse anche di chi ha a che fare ogni giorno con problemi “vitali”
Rispetto ad un passato più o meno recente, oggi disponiamo di un nuovo formidabile mezzo di aggregazione e di confronto: nel “mare magnum” del web possono incontrarsi le opinioni ed i punti di vista di quella “maggioranza silenziosa” che oggi aspira ad un nuovo modello di democrazia.
E’ proprio questo il punto: con il tempo, i partiti si sono trasformati in centri di potere, dominati dalle segreterie e dalle lobbies e si sono via via allontanati sempre di più dai reali bisogni della gente comune- da qui il disinteresse sempre più accentuato verso tutto ciò che riguarda la politica e la sua gestione.
Se è vero che in ogni caso spetta ai partiti, in quanto libere associazioni di cittadini, il governo della res publica, è ancor più vero che occorre agire con determinazione sulle regole interne di queste associazioni per permettere un reale coinvolgimento della massa elettorale, composta di iscritti ai partiti e non, ma anche e soprattutto da un numero considerevole di “invisibili”, persone che non possiedono un bagaglio culturale sufficiente per una scelta meditata, o, peggio ancora, afflitti da impellenti bisogni materiali, di fronte ai quali è vano parlare di democrazia e di partecipazione.
“Partecipazione”: è forse questa la parola chiave per scardinare questo sistema logoro ed inefficiente: si potrebbe, per esempio, estendere il sistema delle Primarie anche alla scelta dei candidati locali, sottraendola alle segreterie e costringendoli ad un più intenso rapporto con i loro rappresentati.
Dovrebbe poi esserci un' apertura maggiore dei partiti verso il bacino elettorale, con riunioni dedicate ad argomenti che possano risvegliare l’interesse anche di chi ha a che fare ogni giorno con problemi “vitali”
Rispetto ad un passato più o meno recente, oggi disponiamo di un nuovo formidabile mezzo di aggregazione e di confronto: nel “mare magnum” del web possono incontrarsi le opinioni ed i punti di vista di quella “maggioranza silenziosa” che oggi aspira ad un nuovo modello di democrazia.
lunedì 23 novembre 2009
...la vacanza è finita...
Fw: Check in online now - VANOS/MARIEPIERRE
Posta in arrivoX
Rispondi |Marie Pierre en Rudy a me
mostra dettagli 22 nov (1 giorno fa)
----- Original Message -----
From: NoReply@brusselsairlines.com
To: RUDYMP@SKYNET.BE
Sent: Saturday, November 21, 2009 8:13 PM
Subject: Check in online now - VANOS/MARIEPIERRE
Dear customer,
Flying in less than 24 hours?
Avoid the queues at the airport and check in online now.
Simple, fast and secure check-in system
Check in as from 24 hours before your flight
Select your own seat online
Print off your boarding pass and go straight to your gate or
Drop your luggage at our no-queues luggage drop (beside check-in)
Check in and print your boarding pass now
Don't forget to bring your pass with you to the airport!
Brussels Airlines ©
No virus found in this incoming message.
Checked by AVG - www.avg.com
Version: 8.5.425 / Virus Database: 270.14.76/2517 - Release Date: 11/21/09 07:47:00
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sabato 21 novembre 2009
money for nothing - Dire Straits - Roby's hint -
Guardali gli yo-yo
È il modo in cui lo fai
Suoni la chitarra su MTV
Così non va ***
È il modo in cui lo fai
Soldi facili e pollastrelle gratis
Adesso così non va
È il modo in cui lo fai
Fammi dire che la gente non è stupida
Forse ti verrà una vescica sul mignolo
Forse ti verrà una vescica sul pollice
Dobbiamo installare forni a microonde
Consegne di cucine su misura
Dobbiamo spostare questi frigoriferi
Dobbiamo spostare queste TV a colori
Vedi la checca truccata e con l’orecchino
Si amico, sono i suoi capelli
Questa checca possiede un jet
La checca è un milionario
Dobbiamo installare forni a microonde
Consegne di cucine su misura
Dobbiamo spostare questi frigoriferi
Dobbiamo spostare queste TV a colori
Avrei dovuto imparare a suonare la chitarra
Avrei dovuto imparare a suonare la batteria
Guarda, sta appiccicata alla telecamera
Gente, ci divertiremo
Hey lassù? Cos’è?
Musiche hawaiane?
Suonando il bongo come uno scimpanzé
Così non va, è il modo in cui lo fai
ottieni i tuoi soldi facili e le tue pollastrelle gratis
Dobbiamo installare forni a microonde
Consegne di cucine su misura
Dobbiamo spostare questi frigoriferi
Dobbiamo spostare queste TV a colori
Suoni la chitarra su MTV
Così non va, è il modo in cui lo fai
Soldi facili e pollastrelle gratis
Soldi facili e pollastrelle gratis
That ain’t working = così non va, non è un lavoro serio (con cui guadagni i tuoi soldi facili)
-------------------------------------------------------------------------------------
Now look at them yo yo's that's the way you do it
You play the guitar on the MTV
That ain't working that's the way you do it
Money for nothing and your chicks for free
That ain't working that's the way you do it
Lemme tell ya them guys ain't dumb
Maybe get a blister on your little finger
Maybe get a blister on your thumb
We gotta install microwave ovens
Custom kitchen deliveries
We gotta move these refrigerators
We gotta move these colour TV's
See the little faggot
With the earring and the makeup
Yeah buddy that's his own hair
That little faggot got his own jet airplane
That little faggot he's a millionaire
We gotta install microwave ovens
Custom kitchen deliveries
We gotta move these refrigerators
We gotta move these colour TV's
Move, move...
Yeah
We gotta move these refrigerators
Look at them, look up...
I shoulda learned to play the guitar
I shoulda learned to play them drums,
Look at that mama,
She got it sticking in the cameraman
And he's up there, what's that? Hawaiian noises?
Banging on the bongoes like a chimpanzee
Now that ain't working that's the way you do it
Get your money for nothing
Get your chicks for free
We gotta install microwave ovens
Custom kitchen deliveries
We gotta move these refrigerators
We gotta move these colour TV's
Give it up, give it up
That ain't working that's the way you do it
You play the guitar on the MTV
That ain't working that's the way you do it
Money for nothing and your chicks for free
Money for nothing chicks for free
Money for nothing chicks for free
Money for nothing chicks for free
Money for nothing chicks for free
Money for nothing chicks for free
Money for nothing chicks for free
Give it up, Give it up...
Give it up, Give it up...
È il modo in cui lo fai
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MariePierre est arrivee!
Je suis arrivee ce matin a 8 heure, la nostalgie: les montagnes avec de la neige!
Mais le principal est de revoir mes amis Lisa et Renato en bonne santee
MP
Mais le principal est de revoir mes amis Lisa et Renato en bonne santee
MP
giovedì 19 novembre 2009
...aspettando Marie-Pierre...
...Il tempo scivola via, come al solito veloce, troppo veloce- mi sorprendo a pensare, al momento di addormentarmi, al mio amico Ferruccio:...siamo davvero foglie malamente attaccate ad un ramo, in balia di tutti i colpi di vento- io, con i miei libri, le mie riviste, i miei videogames, il mio fedele pc, e con l'improvviso tarlo che rode dentro: e poi?, e quando? Oggi ho passato un po' di tempo con il mio nipote Roberto, e tra un enigma e l'altro del nostro amico robottino (leggi Machinarium) gli ho comunicato la notizia: sarà lui il mio erede per quanto riguarda il mio pc ed i videogames- meglio pensarci per tempo, no?, non si sa mai...
Sabato e domenica prossimi avremo in visita la nostra amica del Belgio- Marie-Pierre: Vorrei che scrivesse un suo pensiero sul mio blog: speriamo...
Sabato e domenica prossimi avremo in visita la nostra amica del Belgio- Marie-Pierre: Vorrei che scrivesse un suo pensiero sul mio blog: speriamo...
lunedì 16 novembre 2009
...da Libero news...lo scandalo della fame nel mondo.
Papa: "Basta sprechi, la Terra ha cibo per tutti"
di Eloisa Gallinaro
ROMA - Grandi dichiarazioni di principio e solenni impegni a passare dalle parole ai fatti, ma neppure un centesimo di euro in più stanziato per salvare subito qualcuno di quei bambini che ogni sei secondi muore di fame nel mondo dei poveri. Un vertice senz'anima, quello che si è aperto alla Fao, a Roma, con l'obiettivo dichiarato di dare una risposta all'emergenza alimentare che coinvolge oltre un miliardo di persone.
Nessun confronto vero, oggi, anche a causa della latitanza dei leader occidentali, con l'eccezione del presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, che ha fatto 'gli onori di casa' e presieduto la sessione plenaria di apertura. La condanna solenne del Papa di "opulenza e spreco" e di "speculazioni", il discorso autorevole del segretario generale dell'Onu Ban Ki-moon sul legame tra "sicurezza alimentare" e "sicurezza climatica", gli appelli accorati del direttore generale della Fao Jacques Diouf non sono bastati a dare certezze e risposte, anche se Berlusconi ha sottolineato che è venuto il momento di "decidere le date e le modalità " dei versamenti di quei 20 miliardi di dollari contro la povertà promessi al G8 dell'Aquila. Anche Diouf, alla fine ne ha preso atto. "Non sono soddisfatto", ha detto nella conferenza stampa che ha concluso la prima giornata del Vertice, per la mancanza di scadenze precise all'interno del documento finale. E ha aggiunto di esserne "rammaricato". Del resto, ha spiegato, "non ho negoziato io il documento", anzi "ne sono stato escluso, non c'ero neppure".
Un'altra promessa è arrivata dal presidente della Commissione europea José Manuel Durao Barroso. L'85% del miliardo di euro messo in campo dall'Unione Europea per combattere la fame - ha detto - sarà assegnato già entro il 2009. Nessuna traccia, invece, dei 44 miliardi di dollari ritenuti indispensabili da Diouf per sostenere i piccoli agricoltori, nonostante l'invito del presidente egiziano Hosni Mubarak "a oltrepassare la fase del dialogo verso delle misure serie e concrete". E nonostante il discorso chiaro del presidente brasiliano Luiz Inacio Lula Da Silva, secondo il quale "la fame é la più terribile delle armi di distruzione di massa esistenti sul pianeta". Vistosa, peraltro, anche l' assenza di qualche notissimo esponente dei Paesi in via di sviluppo, come il venezuelano Hugo Chavez, che ha inviato il suo ministro dell'agricoltura. Addirittura 'sobrio' il leader libico Muammar Gheddafi, che ha parlato solo per una decina di minuti denunciando l' "ipocrisia" delle ex potenze coloniali che non hanno mantenuto nessuna delle promesse formulate nei vertici precedenti.
Presenti in massa, invece, come previsto dal copione dei bisogni, i capi di Stato e di governo dell'Africa subsahariana, con l'eccezione del presidente dello Zimbabwe Robert Mugabe giunto ieri mattina a Roma, che oggi al vertice non si è visto e dovrebbe parlare domani. Deluso anche il sindaco di Roma, Gianni Alemanno, per il quale, nel documento finale, "manca una chiara indicazione dell'impegno finanziario". Insoddisfatte le Ong, che hanno rilevato "l'assenza di ogni impegno concreto". D'altra parte sul documento finale, smussato nelle settimane scorse da ogni possibile asperità e approvato per acclamazione poco più di due ore dopo l'inizio del summit, non c'é stato dibattito. Si evocano cinque azioni da mettere in campo per combattere la fame, i cosiddetti "5 Principi di Roma per una sicurezza alimentare globale sostenibile", e si chiede ai governi di assicurare ai Paesi in via di sviluppo i soldi promessi. Quando, è tutto da vedere.
di Eloisa Gallinaro
ROMA - Grandi dichiarazioni di principio e solenni impegni a passare dalle parole ai fatti, ma neppure un centesimo di euro in più stanziato per salvare subito qualcuno di quei bambini che ogni sei secondi muore di fame nel mondo dei poveri. Un vertice senz'anima, quello che si è aperto alla Fao, a Roma, con l'obiettivo dichiarato di dare una risposta all'emergenza alimentare che coinvolge oltre un miliardo di persone.
Nessun confronto vero, oggi, anche a causa della latitanza dei leader occidentali, con l'eccezione del presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, che ha fatto 'gli onori di casa' e presieduto la sessione plenaria di apertura. La condanna solenne del Papa di "opulenza e spreco" e di "speculazioni", il discorso autorevole del segretario generale dell'Onu Ban Ki-moon sul legame tra "sicurezza alimentare" e "sicurezza climatica", gli appelli accorati del direttore generale della Fao Jacques Diouf non sono bastati a dare certezze e risposte, anche se Berlusconi ha sottolineato che è venuto il momento di "decidere le date e le modalità " dei versamenti di quei 20 miliardi di dollari contro la povertà promessi al G8 dell'Aquila. Anche Diouf, alla fine ne ha preso atto. "Non sono soddisfatto", ha detto nella conferenza stampa che ha concluso la prima giornata del Vertice, per la mancanza di scadenze precise all'interno del documento finale. E ha aggiunto di esserne "rammaricato". Del resto, ha spiegato, "non ho negoziato io il documento", anzi "ne sono stato escluso, non c'ero neppure".
Un'altra promessa è arrivata dal presidente della Commissione europea José Manuel Durao Barroso. L'85% del miliardo di euro messo in campo dall'Unione Europea per combattere la fame - ha detto - sarà assegnato già entro il 2009. Nessuna traccia, invece, dei 44 miliardi di dollari ritenuti indispensabili da Diouf per sostenere i piccoli agricoltori, nonostante l'invito del presidente egiziano Hosni Mubarak "a oltrepassare la fase del dialogo verso delle misure serie e concrete". E nonostante il discorso chiaro del presidente brasiliano Luiz Inacio Lula Da Silva, secondo il quale "la fame é la più terribile delle armi di distruzione di massa esistenti sul pianeta". Vistosa, peraltro, anche l' assenza di qualche notissimo esponente dei Paesi in via di sviluppo, come il venezuelano Hugo Chavez, che ha inviato il suo ministro dell'agricoltura. Addirittura 'sobrio' il leader libico Muammar Gheddafi, che ha parlato solo per una decina di minuti denunciando l' "ipocrisia" delle ex potenze coloniali che non hanno mantenuto nessuna delle promesse formulate nei vertici precedenti.
Presenti in massa, invece, come previsto dal copione dei bisogni, i capi di Stato e di governo dell'Africa subsahariana, con l'eccezione del presidente dello Zimbabwe Robert Mugabe giunto ieri mattina a Roma, che oggi al vertice non si è visto e dovrebbe parlare domani. Deluso anche il sindaco di Roma, Gianni Alemanno, per il quale, nel documento finale, "manca una chiara indicazione dell'impegno finanziario". Insoddisfatte le Ong, che hanno rilevato "l'assenza di ogni impegno concreto". D'altra parte sul documento finale, smussato nelle settimane scorse da ogni possibile asperità e approvato per acclamazione poco più di due ore dopo l'inizio del summit, non c'é stato dibattito. Si evocano cinque azioni da mettere in campo per combattere la fame, i cosiddetti "5 Principi di Roma per una sicurezza alimentare globale sostenibile", e si chiede ai governi di assicurare ai Paesi in via di sviluppo i soldi promessi. Quando, è tutto da vedere.
domenica 15 novembre 2009
...da Libero news..."verrà il peggio"
Cgil in piazza a Roma, Epifani: "Verrà il peggio"
ROMA - "Il peggio deve ancora venire": ed é in arrivo una "valanga" di licenziamenti. Il segretario della Cgil, Guglielmo Epifani, parla così della crisi dal palco di Piazza del Popolo davanti alle 100 mila persone che, secondo gli organizzatori, hanno partecipato alla manifestazione indetta dal sindacato di Corso d'Italia. E non si ferma qui, il leader della Cgil si dice "pronto" allo sciopero generale minacciato da Cisl e Uil se il governo non allenterà la pressione fiscale su lavoratori e pensionati.
Un esecutivo che, per Epifani, "va contro il mondo dei lavoro". Dal ministro del Welfare, Maurizio Sacconi, immediato è il commento alla mobilitazione del sindacato: la Cgil - dice - è ancorata al "Novecento e alle sue ideologie". La situazione economica del Paese, per il leader della Cgil, rimane invece grave e la crescita del Pil nel terzo trimestre del 2009 dopo 15 mesi di cali non può farci stare tranquilli: con quel +0,6% "siamo ritornati indietro al primo trimestre del 2003, quello che oggi fa l'Italia è esattamente quello che faceva sei anni fa". E ce ne vorranno altrettanti per uscire da una crisi che non ha toccato ancora il fondo: "gli effetti più negativi sull'occupazione si registreranno nelle prossime settimane". Epifani nel suo comizio davanti ai lavoratori e agli studenti giunti a Roma da tutta Italia con 3 treni speciali e 750 pullman, ha preannunciato infatti una "valanga di persone che se ne andranno a casa".
Uno scenario che si avvererà sopratutto se il governo continuerà a non fare "nulla" e a restare "invisibile" nei confronti delle difficoltà del mondo del lavoro. Il leader del sindacato di Corso d'Italia, oltre al governo, punta il dito anche contro gli imprenditori, almeno quelli che "stanno facendo i furbetti, stanno intervenendo per rilevare, chiudere, rivendere e naturalmente licenziare i lavoratori". Coprendosi dietro lo schermo della crisi. Nel suo discorso Epifani si è anche rivolto apertamente a Cisl e Uil: "Nel caso in cui si volesse fare lo sciopero generale sul fisco, la Cgil è ovviamente pronta ed è in prima fila". Nei giorni scorsi, infatti, Raffaele Bonanni e Luigi Angeletti avevano detto che, se il governo non avesse diminuito il fisco su pensionati e lavoratori, come per gli altri, sarebbero stati pronti allo sciopero generale.
Ma per Sacconi il popolo della Cgil è "un piccolo mondo antico che rappresenta un pezzo del Paese, ma rimane ancorato al '900 e alle sue ideologie''. Pur rispettando la manifestazione il ministro del Welfare afferma di "non comprendere perché la Cgil scelga frequentemente la via del conflitto, spesso anche pregiudiziale nei confronti del governo e dell'isolamento nei confronti delle altre organizzazioni sindacali".
Per il leader del Pd Luigi Bersani, che alla manifestazione ha fatto pervenire un messaggio di appoggio "il Governo ha perso 18 mesi preziosissimi" e adesso è "l'ora di una svolta. Il Parlamento - sottolinea - deve varare una vera manovra anti-ciclica a sostegno della domanda aggregata".
ROMA - "Il peggio deve ancora venire": ed é in arrivo una "valanga" di licenziamenti. Il segretario della Cgil, Guglielmo Epifani, parla così della crisi dal palco di Piazza del Popolo davanti alle 100 mila persone che, secondo gli organizzatori, hanno partecipato alla manifestazione indetta dal sindacato di Corso d'Italia. E non si ferma qui, il leader della Cgil si dice "pronto" allo sciopero generale minacciato da Cisl e Uil se il governo non allenterà la pressione fiscale su lavoratori e pensionati.
Un esecutivo che, per Epifani, "va contro il mondo dei lavoro". Dal ministro del Welfare, Maurizio Sacconi, immediato è il commento alla mobilitazione del sindacato: la Cgil - dice - è ancorata al "Novecento e alle sue ideologie". La situazione economica del Paese, per il leader della Cgil, rimane invece grave e la crescita del Pil nel terzo trimestre del 2009 dopo 15 mesi di cali non può farci stare tranquilli: con quel +0,6% "siamo ritornati indietro al primo trimestre del 2003, quello che oggi fa l'Italia è esattamente quello che faceva sei anni fa". E ce ne vorranno altrettanti per uscire da una crisi che non ha toccato ancora il fondo: "gli effetti più negativi sull'occupazione si registreranno nelle prossime settimane". Epifani nel suo comizio davanti ai lavoratori e agli studenti giunti a Roma da tutta Italia con 3 treni speciali e 750 pullman, ha preannunciato infatti una "valanga di persone che se ne andranno a casa".
Uno scenario che si avvererà sopratutto se il governo continuerà a non fare "nulla" e a restare "invisibile" nei confronti delle difficoltà del mondo del lavoro. Il leader del sindacato di Corso d'Italia, oltre al governo, punta il dito anche contro gli imprenditori, almeno quelli che "stanno facendo i furbetti, stanno intervenendo per rilevare, chiudere, rivendere e naturalmente licenziare i lavoratori". Coprendosi dietro lo schermo della crisi. Nel suo discorso Epifani si è anche rivolto apertamente a Cisl e Uil: "Nel caso in cui si volesse fare lo sciopero generale sul fisco, la Cgil è ovviamente pronta ed è in prima fila". Nei giorni scorsi, infatti, Raffaele Bonanni e Luigi Angeletti avevano detto che, se il governo non avesse diminuito il fisco su pensionati e lavoratori, come per gli altri, sarebbero stati pronti allo sciopero generale.
Ma per Sacconi il popolo della Cgil è "un piccolo mondo antico che rappresenta un pezzo del Paese, ma rimane ancorato al '900 e alle sue ideologie''. Pur rispettando la manifestazione il ministro del Welfare afferma di "non comprendere perché la Cgil scelga frequentemente la via del conflitto, spesso anche pregiudiziale nei confronti del governo e dell'isolamento nei confronti delle altre organizzazioni sindacali".
Per il leader del Pd Luigi Bersani, che alla manifestazione ha fatto pervenire un messaggio di appoggio "il Governo ha perso 18 mesi preziosissimi" e adesso è "l'ora di una svolta. Il Parlamento - sottolinea - deve varare una vera manovra anti-ciclica a sostegno della domanda aggregata".
venerdì 13 novembre 2009
omaggio ad Alda Merini
Confesso, non conoscevo questa autrice e stamane, in edicola a caccia di novità, mi sono ritrovato tra le mani un libriccino, dal titolo "Le madri non cercano il paradiso"- ultima fatica terrena di questa poetessa che mi riprometto di leggere,cercando di penetrarne le atmosfere.
In un mondo sempre più grigio ed in caduta libera verso un futuro certamente non roseo, la poesia è come una boccata d'aria pura, un paio d'ali che ti trasporta verso un cielo ancora tenacemente, ostinatamente azzurro...
mercoledì 11 novembre 2009
Machinarium
E' da un po' che non scrivo un post con farina del mio sacco- ultimamente ci ho dato giù di brutto con il copia ed incolla: potrei dire impegni di famiglia, mancanza di idee, stanchezza mentale e prime avvisaglie di senilità...
Orsù, scacciamo il grigiore quotidiano ed allontaniamoci per un attimo dall'incessante pioggia di notizie inutili o tristi o desolanti...c'è un robottino che attira la mia attenzione, all'interno di un'avventura grafica di ottimo livello- sarà che un po' mi somiglia: si ricompone, in qualche modo, dopo essere stato scaricato, in mezzo ad altre ferraglie, in un angoscioso paesaggio di rottami, ed inizia la sua missione, una nuova vita insomma, una nuova chance, che non sperava più di avere...ed io, rottame dimenticato in un angolo, da un sistema di mercato stupidamente ed ottusamente crudele, spero di avere la mia chance, una missione, un pezzo di vita ancora, degna di essere vissuta...
domenica 8 novembre 2009
mercoledì 4 novembre 2009
...The EU seigniorage...
The EU seigniorage ticking time BOMB - EU: la bomba a orologeria
AUDIT THE ECB, THE EU CENTRAL BANK ! Bulletin
Posted by Marco Saba
The EU seigniorage ticking time BOMB - EU: la bomba a orologeria
THE CURIOUS CASE OF THE 'FRAUD-BUSTING' EUROPEAN COMMISSIONER
April 17, 2008 |
London Miscellany
February 2008
Ashley Mote examines the chequered past of the Estonian EU Commissioner Siim Kallas, now responsible for the EU's fight against fraud.
One of the strangest coincidences that occurred when the present European Commission was appointed in 2004 was the selection of two former communists, from two of the smallest new member states, to control and manage the entire European Union budget between them for the next five years.
You may not believe in coincidences, especially when over 100 billion euros a year are involved. Many well-placed observers in Brussels at the time didn't either, especially sceptical MEPs.
Both Dalia Grybauskaite of Lithuania and Siim Kallas of Estonia were educated and learned their politics in the Soviet Union. Both were later politically active under the communist regimes in their own countries before the USSR collapsed. Siim Kallas was a member of the communist party from 1972 to 1990.
Now, Mrs Grybauskaite controls the EU's budget and Mr Kallas is responsible for its administration, which includes the apparent fight against fraud and corruption.
This brings us to the point. Mr Kallas has a curious past in the matter of money management. By the end of this story you may find yourself wondering why such a man was made a Commissioner in the first place - worse, why the president of the Commission, Manuel Barroso, then appointed him to supervise the outflow of funds.
In 1992, barely three years after the fall of the Berlin wall, Siim Kallas, then aged 43, was already the head of the Bank of Estonia. Indeed he had previously been in charge of the state-owned bank's administration during the Soviet regime, when the application of strict international banking rules was not always observed to the letter and Kallas depended on KGB support for survival.
In the spring of 1992 Estonia received 11.4 tons of gold from the Bank of England. It was - and always had been - Estonia's property. On 17 June 1940, it had been shipped to London for safe-keeping as the situation in the Baltic states deteriorated fast and occupation became a certainty.
Estonia's government-in-exile made a gentleman's agreement with the then British government, which was upheld by successive administrations. The gold would be at their disposal and returned only to a free and independent Estonia. Indeed, the British never recognized the occupation of Estonia by the Soviet Union.
In the spring of 1992, the gold held in Britain for 52 years was safely returned to its rightful owners - the people of Estonia. It was then put to good use by a young and ambitious Estonian government. They would re-launch their own currency.
The gold was crucial in the creation of the new kroon. Former Soviet slave states were still using the Russian rouble. Even if they liked the idea, they lacked the courage and the necessary reserves to support a new currency. The return of such an immense asset to Estonia, now worth many times its original value even after inflation, made such an adventurous proposal viable. The venture was a great success. The kroon quickly became serious money. The Estonian economy boomed. Over the next few years the country became a potential Hong Kong of the north.
Of course all that came to an abrupt halt when Estonia joined the EU in 2004. Nowadays the Bank of Estonia has to buy euros with its reserves every time it prints kroon. But the European Central Bank in Frankfurt does not have to buy kroon in return. The net effect is to move Estonian wealth into the Eurozone, which Estonia is obliged to join when the European Central Bank decides its economy is ready.
This little technicality has a name - seigniorage. The American Federal Reserve practised the same mischief on 'dollarised' countries for years - and probably still does. But we digress!
Siim Kallas, as head of the Bank of Estonia, presided over this daring currency reform and quickly became one of the best known figures in public life in Estonia.
Why things then went so spectacularly wrong remains a mystery to this day, but for the word 'greed'.
Using the gold as collateral, in 1993 the Bank of Estonia secretly arranged the transfer via a third party of US$10m to a Swiss bank (1). It was part of a contract in which - it was later alleged (2) - the bank was supposed to receive highly improbable dividends from oil trading.
The precise details of this contract - if that is what it was - remain shrouded in ambiguity to this day. Indeed, it took several years for even basic information to emerge in Estonia, let alone anywhere else.
We know that the bank was not, in fact, the beneficiary of income generated by the $10m. We know that the anonymous beneficiaries had given no guarantees for the safe return of the capital to the Bank of Estonia. We know they did not bear any of the attendant liabilities. So when the money disappeared, along with all the income it had supposedly generated, the people of Estonia had been defrauded.
Details of this scandal only seeped out three years later, and it took a further four years before the very same Siim Kallas found himself in the dock on charges relating to these events.
By that time, he had long since left the Bank of Estonia to found the Reform Party, a new group in Estonian politics. It soon became part of the ruling government coalition and Kallas was installed in the Estonian government as Minister of Finance, no less.
In September 1998, Siim Kallas and his advisor Urmas Kaju (of whom more later) went on trial for investing public money without the authority of the Council of the Bank of Estonia. They were further accused of causing material loss to the people of Estonia by attempting to divert interest from the investment. They were also accused of theft and Kallas of misusing his position.
According to the magazine Central European Review
Kallas was convicted on the charges. But the convictions were overturned on appeal, bar one charge of providing false information which was referred back to the lower courts.
Then, according to the same source reporting on 30 October 2000, the four-year criminal case against Kallas finally came to a close when the lower court acquitted him of the one outstanding minor charge.
Unusually, the prosecutor in the case Andres Ãœlviste then attempted to re-open the prosecution, on the grounds that Kallas had provided the auditors of the Bank of Estonia with false information. But Estonia's chief prosecutor, Raivo Sepp, overruled his deputy, took over the case and ended it. Sepp defended his controversial decision by claiming that he trusted the Estonian judicial system's judgements in bringing this long-running case to a conclusion.
The former Estonian MP and doctor of law Ando Leps has written at length about this case (3). He claims that Kallas was at the centre of money problems at the Bank of Estonia before the accusations that led to a trial, and that he had previously depended on KGB support.
It must have been a considerable help to Siim Kallas that his representative throughout this lengthy legal process was the high-profile lawyer Indrek Teder, who just happened to be the law partner of Märt Rask, then Justice Minister in the Estonian government and chairman of the Estonian Supreme Court. By a happy coincidence, Rask was also a member of the Reform Party, of which Kallas was then the leader.
Retrospective rumours
Some years later, a prominent lawyer in Estonia, who had taken no part in any of these events, found himself at a meeting with one of the leading police investigator Rocco Ots throughout the Kallas case.
The police officer was only too glad to analyse the Kallas case to a lawyer not involved at the time. Leaving aside the strength of the evidence itself, he heavily criticized the way in which various hearings had been conducted. Rocco Ots criticized the evaluation of evidence at every level. He went so far as to say he thought the whole court process corrupted.
In Estonia there is a time-limit on bringing prosecutions to court. Several years had already passed before investigations began in earnest, so investigators had little time to complete the gathering of evidence. Unsurprisingly, Kallas' Reform Party, now a part of the government, was able to exploit this lack of time. It was spectacularly slow in answering questions and providing information. The Reform Party also tried to explain away all the public interest and investigations as political theatre.
Nonetheless, valuable evidence was accumulated, including important computer-disks relating to the case, only for them to be rejected as inadmissible evidence.
There were serious doubts in the prosecution's mind about motivation. According to the investigator Rocco Ots, the main objective of Kallas and his associates was to seize the interest from the investment for their own ends and later return the money to the Bank of Estonia. In which case, what happened to the original capital and where did most of the interest go?
Another version of these events suggested that the stolen money was 'invested' in the interests of the state in an Estonian oil business. This explained its disappearance, even if it then raised questions about the ownership of the shares. This version at least had logic on its side. Oil had been one of the most profitable businesses in Estonia for many years, servicing Russian sales of oil reserves worldwide.
The police investigator Rocco Ots also described events when an official Estonian police delegation visited Switzerland to collect evidence of the misappropriation of Estonian public funds. Despite being alerted to the arrival of the Estonian police, the Swiss police failed to meet them.
The visitors eventually found their Swiss counterparts, who claimed to the astonishment of the Estonian police that, some days before, another Estonian delegation had visited and taken away all the evidence. The Swiss police claimed not to know who the first group were, except that they purported to have authority to collect and remove all material evidence.
It has been suggested since by people close to the case that the only credible explanation is that the earlier visitors were from the Estonian secret service. Were they acting on the instructions of someone involved in the defence?
The decision of the Prosecutor General to stop the appeal for a re-trial and refuse a renewal of the investigation astounded the investigating team.
Little wonder the police were convinced long before Kallas' acquittal that members of the government, and the Reform Party, were taking all measures to undermine the case, better still stop it altogether.
One prosecutor, who was working in the office of the prosecutor general when the Kallas case was in the courts, now believes that Raivo Sepp was personally threatened. Certainly attempts were made to bring criminal charges against him, but they led nowhere and few thought the accusations credible.
Meanwhile, there was palpable tension within the prosecutor's office, and bonuses were stopped. Yet, once the Kallas case was dropped, the bonuses returned and an extra payment arrived at Christmas.
Throughout this long and sorry tale, Siim Kallas was advised by a close associate, Urmas Kaju. At least one prominent Estonian businessman has confirmed recently that Mr Kaju approached him during the early 1990s with an invitation to join in what the gentleman concerned now believes to have been the very same $10 million scam. In his case, another bank was also to be involved - the Northern Estonian Bank. He declined the invitation, and doesn't regret it. But he can't help wondering whether his business life in Estonia might not have been a great deal more successful if he had agreed. He suspects that the Northern Estonian Bank held the accounts into which the $10 million and the proceeds disappeared, and thinks they probably hold them to this day. But as we shall see, other evidence suggests it was stolen before ever being returned to any bank in Estonia. Urmas Kaju was an alcoholic who had a serious car accident in 1996 (4). He still lives in Estonia.
Given all these circumstances it is quite extraordinary that the Estonian government never invited Interpol to help with enquiries. None of the main characters were ever interviewed by Interpol. The newly formed Europol has taken no interest either, despite being set up precisely to deal with cross-border organized crime in Europe.
Bank 'management'
We now know, from his own account of these events (5) that it was Urmas Kaju, Kallas's advisor at the Bank of Estonia, who opened the account in Switzerland, on the basis of a private placement agreement. The funds were then transferred by yet another Estonian bank, Põhja-Eesti Pank (PEP). Later those funds were withdrawn by unidentified persons and disappeared without a trace.
PEP has justified its actions by saying that the transaction was prepared by the management of the Bank of Estonia. The contract that formed the basis of the ill-fated investment was signed by a representative of the Bank of Estonia (Kaju himself, authorised by Kallas), and the details for the money transfer were received directly from the Bank of Estonia.
The private placement agreement was the formal banking basis for PEP to make a transfer of $10 million dollars to a Swiss bank, for one year and a day. In order to receive the funds, the recipient was supposed to submit a guarantee from a reliable independent credit institution (with at least AAA rating), to ensure the return of at least the same amount after the term specified in the agreement.
Urmas Kaju has since claimed (6) that Delaware companies with offshore accounts had been opened to receive the interest payments on the 'investment'. He further claims that the supposed involvement of oil traders was to hide the high profit potential, and also to encourage the Swiss to think such a transfer a perfectly ordinary transaction between major banks.
According to Kaju, the false references to oil were quite believable. Most of the money in the oil business between Russia and the rest of the world then moved through Swiss bank
accounts, and still does. So an account opened for such purpose would not draw any particular attention among dozens of the same kind. Indeed, many of these other legitimate accounts would routinely involve much larger sums.
Enter two other characters in this extraordinary plot. First is Abram Sher, an Estonian businessman who served time during the Soviet era for illegal currency speculation. He helped set up the Bank of Estonia scheme, acted as mediator and made sure the first few interest payments arrived on time. Then, suddenly and without warning, he declared that the money had 'disappeared' (7)
This brings us to Sher's contact Victor Schiralli. Schiralli is a doctor-at-law, but Kaju describes him as a small-time Sicilian crook - "the type you could find in the lobbies of most hotels in Zurich"? (8). He survived by posing as a financial intermediary. Later it was discovered that the Sicilian was not intermediating for anyone. Instead he and Sher gave the post-Soviet bankers their first lesson in capitalism. They exploited a technical gap in a money transfer order prepared by inexperienced banking staff in the Baltic. In vulgar terms, they pickpocketed a thick wad from a yokel just arrived in town. And the yokel was Peeter Vähi, president of Põhja-Eesti Pank. Before his appointment he had had no professional experience of banking, except as a customer. He had previously sold Soviet Lada vehicles to Belgium.
PEP was created in the aftermath of an earlier banking crisis, largely to cover the tracks of the money lost by the Bank of Estonia to the Vne_ekonombank of Moscow. The survival prospects of the credit institution were so much in doubt that Siim Kallas personally invited Peeter Vähi to manage it.
In his new position, Vähi was similarly convinced that the new central authority - the Bank of Estonia - would know and control everything. And, in any case, he owed Kallas a big favour. He was a soft touch at both ends of the deal.
After Vähi had been handed an authorising document from Switzerland and separately received $10 million from his new 'superior', the former car dealer probably did not dare to consult even with the specialists of the money market department of his own bank. Instead he handled the paperwork himself - and screwed up.
Vähi assumed that Kallas, his boss, knew what he was doing. Having received from Vähi, their boss, the order to transfer the funds, the dealers at PEP processed the order. They assumed that Vähi knew what he was doing.
Thus the money for this adventure was readily lent by the Bank of Estonia to another Estonian bank, PEP, which was not unusual. But it simultaneously transferred the liability to return the loan in due course to a third party. Thus PEP became liable and it is virtually certain that the president of PEP did not fully understand the position he was now in. The Bank of Estonia had overstepped its own rules, but now apparently had clean hands.
Greed, ignorance and incompetence
So, in the end, we are left with a prima facie fraud based on an explosive combination of greed, ignorance and incompetence. Those in the know did not fully understand, and those who understood said nothing.
All the evidence suggests Kallas and his cronies allowed greed to overwhelm both their judgment and their knowledge. It was a daring and dangerous illegal adventure for which they had no expertise. They merely had access to the opportunity.
The Swiss account should have been opened with the condition that the $10 million could be withdrawn from the account only by a person presenting a guarantee from a third bank with reliable AAA rating. This guarantee was never demanded or presented. Instead the money was simply stolen from Põhja-Eesti Pank by small-time crooks with connections in Switzerland.
Since independence, Estonia has sadly grown accustomed to political scandals and lies. It seems that the Estonian voter is somewhat indifferent when one of his elected leaders is accused of being a cunning fraudster, corrupt or incompetent. Quite possibly he is seen as a combination of all three.
The only villain who comes out of this with any credit - even by his own warped standards - is Victor Schiralli, the Sicilian opportunist who found a way to remove $10 million from a Swiss bank account and walked clean away. To this day there is an arrest warrant out for him. His eventual arrest may even open the Kallas case again.
Meanwhile, Siim Kallas, the greedy and incompetent former head of the Bank of Estonia, now spends his time in Brussels - would you believe - fighting fraud and corruption in the EU which - as the EU itself admits - currently costs taxpayers over €2 million a day.
This is why nothing much has changed on that front since his appointment in 2004, and nothing much is likely to change while he is in office.
(Ashley Mote in an independent MEP for South-East England who has researched EU financial mismanagement over many years. Since his election in 2004 he has had a seat on the European Parliament's Budget Control Committee.)
Footnotes
(1) Eesti Pank: Persoonid ja saladused. Author: Urmas Kaju. Tallinn 2003 p. 145
(2) Ibid p. 140
(3) Kesknädal. 06.12.2000
(4) Eesti Pank: Persoonid ja saladused. Urmas Kaju. Tallinn 2003
(5) Ibid pp. 139-141
(6) Ibid
(7) Ibid p. 145
(8) Ibid p.140
See also: OLAF POLICE CAN'T INVESTIGATE THE ECB EURO-SEIGNIORAGE SCANDAL:
COMMISSIONE EUROPEA
UFFICIO EUROPEO PER LA LOTTA ANTIFRODE (OLAF)
Il Direttore Generale
Bruxelles, D/07210 09.09.05
APo/sr D (2005-AC-7558)
OLAF Operations
Dottor Marco SABA
c/o OCO - Observatoire du Crime Organisé
CP1148
1211 Genève 1
CH - SUISSE
Oggetto: Presunte frodi connesse al fenomeno del cosiddetto "signoraggio"
CMS no. OF/2005/0166 (si prega di citare il presente numero in tutta la successiva corrispondenza)
Gentile Dottor SABA,
nel ringraziarla per le informazioni fornite circa il fenomeno di cui all'oggetto, desidero
comunicarLe che, dopo approfondita analisi degli elementi a disposizione, il Consiglio
Esecutivo dell'OLAF ha ritenuto che le situazioni rappresentate non rientrino nella
competenza dell'Ufficio, così come stabilita dall'art. 1 del Reg. (CE) 1073/99 [1].
Conseguentemente, l'OLAF non svolgerà alcun ulteriore verifica in relazione alla citata
vicenda.
Distinti saluti,
[firma]
F.-H. BRÜNER
________________________________
[1] Regolamento (CE) n. 1073/1999 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 maggio 1999, relativo alle indagini svolte
dall'Ufficio per la lotta antifrode (OLAF) - in G.U.C.E. n. L 136 del 31/05/1999 pag. 0001 - 0007;
Commissione europea - Rue Joseph 11, 30 - B-1049 Bruxelles - Belgio - Telefono: (32-2) 299 11 11
Ufficio: J-30 05/56 - Telefono: linea diretta (32-2) 29 55186 - Fax: (32-2) 29 66998
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The EU seigniorage ticking time BOMB - EU: la bomba a orologeria
THE CURIOUS CASE OF THE 'FRAUD-BUSTING' EUROPEAN COMMISSIONER
April 17, 2008 |
London Miscellany
February 2008
Ashley Mote examines the chequered past of the Estonian EU Commissioner Siim Kallas, now responsible for the EU's fight against fraud.
One of the strangest coincidences that occurred when the present European Commission was appointed in 2004 was the selection of two former communists, from two of the smallest new member states, to control and manage the entire European Union budget between them for the next five years.
You may not believe in coincidences, especially when over 100 billion euros a year are involved. Many well-placed observers in Brussels at the time didn't either, especially sceptical MEPs.
Both Dalia Grybauskaite of Lithuania and Siim Kallas of Estonia were educated and learned their politics in the Soviet Union. Both were later politically active under the communist regimes in their own countries before the USSR collapsed. Siim Kallas was a member of the communist party from 1972 to 1990.
Now, Mrs Grybauskaite controls the EU's budget and Mr Kallas is responsible for its administration, which includes the apparent fight against fraud and corruption.
This brings us to the point. Mr Kallas has a curious past in the matter of money management. By the end of this story you may find yourself wondering why such a man was made a Commissioner in the first place - worse, why the president of the Commission, Manuel Barroso, then appointed him to supervise the outflow of funds.
In 1992, barely three years after the fall of the Berlin wall, Siim Kallas, then aged 43, was already the head of the Bank of Estonia. Indeed he had previously been in charge of the state-owned bank's administration during the Soviet regime, when the application of strict international banking rules was not always observed to the letter and Kallas depended on KGB support for survival.
In the spring of 1992 Estonia received 11.4 tons of gold from the Bank of England. It was - and always had been - Estonia's property. On 17 June 1940, it had been shipped to London for safe-keeping as the situation in the Baltic states deteriorated fast and occupation became a certainty.
Estonia's government-in-exile made a gentleman's agreement with the then British government, which was upheld by successive administrations. The gold would be at their disposal and returned only to a free and independent Estonia. Indeed, the British never recognized the occupation of Estonia by the Soviet Union.
In the spring of 1992, the gold held in Britain for 52 years was safely returned to its rightful owners - the people of Estonia. It was then put to good use by a young and ambitious Estonian government. They would re-launch their own currency.
The gold was crucial in the creation of the new kroon. Former Soviet slave states were still using the Russian rouble. Even if they liked the idea, they lacked the courage and the necessary reserves to support a new currency. The return of such an immense asset to Estonia, now worth many times its original value even after inflation, made such an adventurous proposal viable. The venture was a great success. The kroon quickly became serious money. The Estonian economy boomed. Over the next few years the country became a potential Hong Kong of the north.
Of course all that came to an abrupt halt when Estonia joined the EU in 2004. Nowadays the Bank of Estonia has to buy euros with its reserves every time it prints kroon. But the European Central Bank in Frankfurt does not have to buy kroon in return. The net effect is to move Estonian wealth into the Eurozone, which Estonia is obliged to join when the European Central Bank decides its economy is ready.
This little technicality has a name - seigniorage. The American Federal Reserve practised the same mischief on 'dollarised' countries for years - and probably still does. But we digress!
Siim Kallas, as head of the Bank of Estonia, presided over this daring currency reform and quickly became one of the best known figures in public life in Estonia.
Why things then went so spectacularly wrong remains a mystery to this day, but for the word 'greed'.
Using the gold as collateral, in 1993 the Bank of Estonia secretly arranged the transfer via a third party of US$10m to a Swiss bank (1). It was part of a contract in which - it was later alleged (2) - the bank was supposed to receive highly improbable dividends from oil trading.
The precise details of this contract - if that is what it was - remain shrouded in ambiguity to this day. Indeed, it took several years for even basic information to emerge in Estonia, let alone anywhere else.
We know that the bank was not, in fact, the beneficiary of income generated by the $10m. We know that the anonymous beneficiaries had given no guarantees for the safe return of the capital to the Bank of Estonia. We know they did not bear any of the attendant liabilities. So when the money disappeared, along with all the income it had supposedly generated, the people of Estonia had been defrauded.
Details of this scandal only seeped out three years later, and it took a further four years before the very same Siim Kallas found himself in the dock on charges relating to these events.
By that time, he had long since left the Bank of Estonia to found the Reform Party, a new group in Estonian politics. It soon became part of the ruling government coalition and Kallas was installed in the Estonian government as Minister of Finance, no less.
In September 1998, Siim Kallas and his advisor Urmas Kaju (of whom more later) went on trial for investing public money without the authority of the Council of the Bank of Estonia. They were further accused of causing material loss to the people of Estonia by attempting to divert interest from the investment. They were also accused of theft and Kallas of misusing his position.
According to the magazine Central European Review
Kallas was convicted on the charges. But the convictions were overturned on appeal, bar one charge of providing false information which was referred back to the lower courts.
Then, according to the same source reporting on 30 October 2000, the four-year criminal case against Kallas finally came to a close when the lower court acquitted him of the one outstanding minor charge.
Unusually, the prosecutor in the case Andres Ãœlviste then attempted to re-open the prosecution, on the grounds that Kallas had provided the auditors of the Bank of Estonia with false information. But Estonia's chief prosecutor, Raivo Sepp, overruled his deputy, took over the case and ended it. Sepp defended his controversial decision by claiming that he trusted the Estonian judicial system's judgements in bringing this long-running case to a conclusion.
The former Estonian MP and doctor of law Ando Leps has written at length about this case (3). He claims that Kallas was at the centre of money problems at the Bank of Estonia before the accusations that led to a trial, and that he had previously depended on KGB support.
It must have been a considerable help to Siim Kallas that his representative throughout this lengthy legal process was the high-profile lawyer Indrek Teder, who just happened to be the law partner of Märt Rask, then Justice Minister in the Estonian government and chairman of the Estonian Supreme Court. By a happy coincidence, Rask was also a member of the Reform Party, of which Kallas was then the leader.
Retrospective rumours
Some years later, a prominent lawyer in Estonia, who had taken no part in any of these events, found himself at a meeting with one of the leading police investigator Rocco Ots throughout the Kallas case.
The police officer was only too glad to analyse the Kallas case to a lawyer not involved at the time. Leaving aside the strength of the evidence itself, he heavily criticized the way in which various hearings had been conducted. Rocco Ots criticized the evaluation of evidence at every level. He went so far as to say he thought the whole court process corrupted.
In Estonia there is a time-limit on bringing prosecutions to court. Several years had already passed before investigations began in earnest, so investigators had little time to complete the gathering of evidence. Unsurprisingly, Kallas' Reform Party, now a part of the government, was able to exploit this lack of time. It was spectacularly slow in answering questions and providing information. The Reform Party also tried to explain away all the public interest and investigations as political theatre.
Nonetheless, valuable evidence was accumulated, including important computer-disks relating to the case, only for them to be rejected as inadmissible evidence.
There were serious doubts in the prosecution's mind about motivation. According to the investigator Rocco Ots, the main objective of Kallas and his associates was to seize the interest from the investment for their own ends and later return the money to the Bank of Estonia. In which case, what happened to the original capital and where did most of the interest go?
Another version of these events suggested that the stolen money was 'invested' in the interests of the state in an Estonian oil business. This explained its disappearance, even if it then raised questions about the ownership of the shares. This version at least had logic on its side. Oil had been one of the most profitable businesses in Estonia for many years, servicing Russian sales of oil reserves worldwide.
The police investigator Rocco Ots also described events when an official Estonian police delegation visited Switzerland to collect evidence of the misappropriation of Estonian public funds. Despite being alerted to the arrival of the Estonian police, the Swiss police failed to meet them.
The visitors eventually found their Swiss counterparts, who claimed to the astonishment of the Estonian police that, some days before, another Estonian delegation had visited and taken away all the evidence. The Swiss police claimed not to know who the first group were, except that they purported to have authority to collect and remove all material evidence.
It has been suggested since by people close to the case that the only credible explanation is that the earlier visitors were from the Estonian secret service. Were they acting on the instructions of someone involved in the defence?
The decision of the Prosecutor General to stop the appeal for a re-trial and refuse a renewal of the investigation astounded the investigating team.
Little wonder the police were convinced long before Kallas' acquittal that members of the government, and the Reform Party, were taking all measures to undermine the case, better still stop it altogether.
One prosecutor, who was working in the office of the prosecutor general when the Kallas case was in the courts, now believes that Raivo Sepp was personally threatened. Certainly attempts were made to bring criminal charges against him, but they led nowhere and few thought the accusations credible.
Meanwhile, there was palpable tension within the prosecutor's office, and bonuses were stopped. Yet, once the Kallas case was dropped, the bonuses returned and an extra payment arrived at Christmas.
Throughout this long and sorry tale, Siim Kallas was advised by a close associate, Urmas Kaju. At least one prominent Estonian businessman has confirmed recently that Mr Kaju approached him during the early 1990s with an invitation to join in what the gentleman concerned now believes to have been the very same $10 million scam. In his case, another bank was also to be involved - the Northern Estonian Bank. He declined the invitation, and doesn't regret it. But he can't help wondering whether his business life in Estonia might not have been a great deal more successful if he had agreed. He suspects that the Northern Estonian Bank held the accounts into which the $10 million and the proceeds disappeared, and thinks they probably hold them to this day. But as we shall see, other evidence suggests it was stolen before ever being returned to any bank in Estonia. Urmas Kaju was an alcoholic who had a serious car accident in 1996 (4). He still lives in Estonia.
Given all these circumstances it is quite extraordinary that the Estonian government never invited Interpol to help with enquiries. None of the main characters were ever interviewed by Interpol. The newly formed Europol has taken no interest either, despite being set up precisely to deal with cross-border organized crime in Europe.
Bank 'management'
We now know, from his own account of these events (5) that it was Urmas Kaju, Kallas's advisor at the Bank of Estonia, who opened the account in Switzerland, on the basis of a private placement agreement. The funds were then transferred by yet another Estonian bank, Põhja-Eesti Pank (PEP). Later those funds were withdrawn by unidentified persons and disappeared without a trace.
PEP has justified its actions by saying that the transaction was prepared by the management of the Bank of Estonia. The contract that formed the basis of the ill-fated investment was signed by a representative of the Bank of Estonia (Kaju himself, authorised by Kallas), and the details for the money transfer were received directly from the Bank of Estonia.
The private placement agreement was the formal banking basis for PEP to make a transfer of $10 million dollars to a Swiss bank, for one year and a day. In order to receive the funds, the recipient was supposed to submit a guarantee from a reliable independent credit institution (with at least AAA rating), to ensure the return of at least the same amount after the term specified in the agreement.
Urmas Kaju has since claimed (6) that Delaware companies with offshore accounts had been opened to receive the interest payments on the 'investment'. He further claims that the supposed involvement of oil traders was to hide the high profit potential, and also to encourage the Swiss to think such a transfer a perfectly ordinary transaction between major banks.
According to Kaju, the false references to oil were quite believable. Most of the money in the oil business between Russia and the rest of the world then moved through Swiss bank
accounts, and still does. So an account opened for such purpose would not draw any particular attention among dozens of the same kind. Indeed, many of these other legitimate accounts would routinely involve much larger sums.
Enter two other characters in this extraordinary plot. First is Abram Sher, an Estonian businessman who served time during the Soviet era for illegal currency speculation. He helped set up the Bank of Estonia scheme, acted as mediator and made sure the first few interest payments arrived on time. Then, suddenly and without warning, he declared that the money had 'disappeared' (7)
This brings us to Sher's contact Victor Schiralli. Schiralli is a doctor-at-law, but Kaju describes him as a small-time Sicilian crook - "the type you could find in the lobbies of most hotels in Zurich"? (8). He survived by posing as a financial intermediary. Later it was discovered that the Sicilian was not intermediating for anyone. Instead he and Sher gave the post-Soviet bankers their first lesson in capitalism. They exploited a technical gap in a money transfer order prepared by inexperienced banking staff in the Baltic. In vulgar terms, they pickpocketed a thick wad from a yokel just arrived in town. And the yokel was Peeter Vähi, president of Põhja-Eesti Pank. Before his appointment he had had no professional experience of banking, except as a customer. He had previously sold Soviet Lada vehicles to Belgium.
PEP was created in the aftermath of an earlier banking crisis, largely to cover the tracks of the money lost by the Bank of Estonia to the Vne_ekonombank of Moscow. The survival prospects of the credit institution were so much in doubt that Siim Kallas personally invited Peeter Vähi to manage it.
In his new position, Vähi was similarly convinced that the new central authority - the Bank of Estonia - would know and control everything. And, in any case, he owed Kallas a big favour. He was a soft touch at both ends of the deal.
After Vähi had been handed an authorising document from Switzerland and separately received $10 million from his new 'superior', the former car dealer probably did not dare to consult even with the specialists of the money market department of his own bank. Instead he handled the paperwork himself - and screwed up.
Vähi assumed that Kallas, his boss, knew what he was doing. Having received from Vähi, their boss, the order to transfer the funds, the dealers at PEP processed the order. They assumed that Vähi knew what he was doing.
Thus the money for this adventure was readily lent by the Bank of Estonia to another Estonian bank, PEP, which was not unusual. But it simultaneously transferred the liability to return the loan in due course to a third party. Thus PEP became liable and it is virtually certain that the president of PEP did not fully understand the position he was now in. The Bank of Estonia had overstepped its own rules, but now apparently had clean hands.
Greed, ignorance and incompetence
So, in the end, we are left with a prima facie fraud based on an explosive combination of greed, ignorance and incompetence. Those in the know did not fully understand, and those who understood said nothing.
All the evidence suggests Kallas and his cronies allowed greed to overwhelm both their judgment and their knowledge. It was a daring and dangerous illegal adventure for which they had no expertise. They merely had access to the opportunity.
The Swiss account should have been opened with the condition that the $10 million could be withdrawn from the account only by a person presenting a guarantee from a third bank with reliable AAA rating. This guarantee was never demanded or presented. Instead the money was simply stolen from Põhja-Eesti Pank by small-time crooks with connections in Switzerland.
Since independence, Estonia has sadly grown accustomed to political scandals and lies. It seems that the Estonian voter is somewhat indifferent when one of his elected leaders is accused of being a cunning fraudster, corrupt or incompetent. Quite possibly he is seen as a combination of all three.
The only villain who comes out of this with any credit - even by his own warped standards - is Victor Schiralli, the Sicilian opportunist who found a way to remove $10 million from a Swiss bank account and walked clean away. To this day there is an arrest warrant out for him. His eventual arrest may even open the Kallas case again.
Meanwhile, Siim Kallas, the greedy and incompetent former head of the Bank of Estonia, now spends his time in Brussels - would you believe - fighting fraud and corruption in the EU which - as the EU itself admits - currently costs taxpayers over €2 million a day.
This is why nothing much has changed on that front since his appointment in 2004, and nothing much is likely to change while he is in office.
(Ashley Mote in an independent MEP for South-East England who has researched EU financial mismanagement over many years. Since his election in 2004 he has had a seat on the European Parliament's Budget Control Committee.)
Footnotes
(1) Eesti Pank: Persoonid ja saladused. Author: Urmas Kaju. Tallinn 2003 p. 145
(2) Ibid p. 140
(3) Kesknädal. 06.12.2000
(4) Eesti Pank: Persoonid ja saladused. Urmas Kaju. Tallinn 2003
(5) Ibid pp. 139-141
(6) Ibid
(7) Ibid p. 145
(8) Ibid p.140
See also: OLAF POLICE CAN'T INVESTIGATE THE ECB EURO-SEIGNIORAGE SCANDAL:
COMMISSIONE EUROPEA
UFFICIO EUROPEO PER LA LOTTA ANTIFRODE (OLAF)
Il Direttore Generale
Bruxelles, D/07210 09.09.05
APo/sr D (2005-AC-7558)
OLAF Operations
Dottor Marco SABA
c/o OCO - Observatoire du Crime Organisé
CP1148
1211 Genève 1
CH - SUISSE
Oggetto: Presunte frodi connesse al fenomeno del cosiddetto "signoraggio"
CMS no. OF/2005/0166 (si prega di citare il presente numero in tutta la successiva corrispondenza)
Gentile Dottor SABA,
nel ringraziarla per le informazioni fornite circa il fenomeno di cui all'oggetto, desidero
comunicarLe che, dopo approfondita analisi degli elementi a disposizione, il Consiglio
Esecutivo dell'OLAF ha ritenuto che le situazioni rappresentate non rientrino nella
competenza dell'Ufficio, così come stabilita dall'art. 1 del Reg. (CE) 1073/99 [1].
Conseguentemente, l'OLAF non svolgerà alcun ulteriore verifica in relazione alla citata
vicenda.
Distinti saluti,
[firma]
F.-H. BRÜNER
________________________________
[1] Regolamento (CE) n. 1073/1999 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 maggio 1999, relativo alle indagini svolte
dall'Ufficio per la lotta antifrode (OLAF) - in G.U.C.E. n. L 136 del 31/05/1999 pag. 0001 - 0007;
Commissione europea - Rue Joseph 11, 30 - B-1049 Bruxelles - Belgio - Telefono: (32-2) 299 11 11
Ufficio: J-30 05/56 - Telefono: linea diretta (32-2) 29 55186 - Fax: (32-2) 29 66998
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