Il berlusconismo non è fascismo è dittatura del semiocapitale.
E cosa induce l'ottimo Cacciari a garantire che l'Italia non sarà trascinata a combattere per il solito vincitore, che poi, strada facendo diventa lo sconfitto? Perché insistere a chiederci se si tratta o no di fascismo? Quello prodotto da trent'anni di bombardamento televisivo è probabilmente peggio del fascismo storico, perché non si fonda sulla repressione del dissenso, non si fonda sull'obbligo del silenzio, ma tutto al contrario, si fonda sulla proliferazione della chiacchiera, sull'irrilevanza dell'opinione e del discorso, sulla banalizzazione e la ridicolizzazione del pensiero, del dissenso e della critica. Il totalitarismo di oggi non è fondato sulla censura del dissenso ma su un immenso sovraccarico informativo, su un vero e proprio assedio all'attenzione. Non si può in alcun modo assimilare l'attuale composizione sociale del paese con la composizione sociale, prevalentemente contadina e strapaesana dell'Italia degli anni Venti. Nei primi decenni del secolo ventesimo, il modernismo futurista dei fascisti introduceva un elemento di innovazione e di progresso sociale, mentre oggi il regime forzitaliota non porta dentro di sé alcun germe di progresso, e la sua politica economica si fonda sulla dilapidazione del patrimonio accumulato nel passato. In questo Asor Rosa ha visto giusto. Il fascismo è un fenomeno di modernizzazione totalitaria, il berlusconismo è un fenomeno di devastazione della civiltà sociale della modernità. Mentre il fascismo avviò un processo di modernizzazione produttiva del paese, il regime forzitaliota ha dissipato le risorse accumulate dal paese negli anni dello sviluppo industriale, come aveva fatto Carlos Menem in Argentina nel decennio che ha preceduto il crollo di quell'economia e di quella società. Ma questo carattere dissipativo è perfettamente coerente con la tendenza principale che si manifesta nel pianeta nell'epoca neoliberista.Il capitalismo moderno era fondato su alcune regole direttamente riconducibili all'etica protestante. Regole su cui si fondava la fiducia, elemento decisivo dell'economia borghese moderna. Ma ora la forma weberiana dello sviluppo si esaurisce per il capitalista post-borghese il quale sa che il credito non dipende dai valori protestanti dell'affidabilità, dell'onestà, della competenza, ma dal ricatto, dalla violenza, dalla protezione familiare e mafiosa. Non si tratta di una temporanea caduta del rigore morale, di un'ondata di corruzione. E non si tratta neppure di un fenomeno di arretratezza. Si tratta di un mutamento della natura profonda del processo di produzione. La determinazione del valore ha perduto la sua base materiale, oggettiva (il tempo di lavoro socialmente necessario, come dice Marx), e ora dipende dal gioco di simulazione linguistica, dei media, della pubblicità, della produzione semiotica, ma anche dalla violenza.Ecco allora che la prospettiva in cui vedemmo l'Italia nella passata epoca moderna ora si ribalta: proprio ciò che aveva fatto dell'Europa meridionale controriformata un luogo arretrato, ora ne fa laboratorio delle forme di potere postmoderno. Proprio ciò che aveva messo l'Italia alla retroguardia dello sviluppo capitalistico moderno, diviene il motivo della sua capacità di anticipazione. Proprio perché predomina la cultura del familismo immorale, della violenza mafiosa e del raggiro mediatico, negli anni Novanta di Berlusconi l'Italia diviene il laboratorio culturale e politico del capitalismo criminale iperliberista. La scarsa penetrazione dell'autorità statale nelle pieghe della società e dell'economia è sempre stata considerata un fattore di arretratezza e di debolezza, ma il neo-liberismo ha creato una situazione in cui gli interessi privati, gli interessi di famiglia e di clan prevalgono sugli interessi pubblici. In nome di un'ideologia della libera impresa e del libero mercato si è in effetti aperta la strada a una sorta di privatizzazione dello stato. La macchina statale non è stata ridimensionata, ma si è messa al servizio di interessi di famiglia. Questo processo non si è svolto solamente in Italia, ma qui le condizioni culturali erano particolarmente ben predisposte. La deregulation economica ha liberato immense energie produttive, e al tempo stesso ha indebolito o distrutto le difese che la società moderna aveva costruito per proteggersi dall'aggressività predatoria del capitale. Come al capitalismo proprietario si addiceva il decoro gotico e severo, così al capitalismo finanziarizzato si confanno sembianze barocche. A partire dagli anni ottanta, lo spirito barocco della Controriforma, che aveva impacciato le società meridionali fino a tutto il novecento, non è più un elemento di arretratezza. Il borghese moderno era legato alla sua impresa perché le macchine, i luoghi, i lavoratori dell'industria erano la sua proprietà. Il capitalismo virtuale separa la proprietà dall'impresa, l'impresa si finanziarizza e si immaterializza. La corporation globale può spostare il suo investimento in pochi istanti senza render conto ai sindacati, alla comunità, allo stato. Il capitale non ha più alcuna responsabilità verso la società, e ormai, come abbiamo visto nel caso Enron, neppure nei confronti dei suoi azionisti. L'etica protestante non è più redditizia. E' molto più efficace l'etica della compromissione mafiosa, del ricatto e dello scambio illegale. Nel processo di globalizzazione l'Italia non è sfavorita dall'illegalismo e dall'immoralità della sua nuova classe dirigente, come la sinistra moralista paventa. Al contrario, l'Italia diviene il paese nel quale la dittatura tardo-liberista meglio può svilupparsi. Qui il regime incorpora comportamenti del fascismo (la brutalità poliziesca, che abbiamo visto a Genova nel 2001, l'irresponsabilità che portò l'Italia di Mussolini alla guerra catastrofica del 1940-45, il servilismo che ha sempre caratterizzato la vita intellettuale italiana). Incorpora caratteristiche proprie della mafia (il disprezzo per il bene pubblico, la tolleranza per l'illegalità economica). Ma non per questo è una riedizione del regime fascista né come un sistema di mafia. Neoliberismo aggressivo e media-populismo sono i suoi ingredienti decisivi, ed esso funziona obiettivamente come laboratorio delle forme culturali e politiche che accompagnano la formazione del semiocapitale.
E cosa induce l'ottimo Cacciari a garantire che l'Italia non sarà trascinata a combattere per il solito vincitore, che poi, strada facendo diventa lo sconfitto? Perché insistere a chiederci se si tratta o no di fascismo? Quello prodotto da trent'anni di bombardamento televisivo è probabilmente peggio del fascismo storico, perché non si fonda sulla repressione del dissenso, non si fonda sull'obbligo del silenzio, ma tutto al contrario, si fonda sulla proliferazione della chiacchiera, sull'irrilevanza dell'opinione e del discorso, sulla banalizzazione e la ridicolizzazione del pensiero, del dissenso e della critica. Il totalitarismo di oggi non è fondato sulla censura del dissenso ma su un immenso sovraccarico informativo, su un vero e proprio assedio all'attenzione. Non si può in alcun modo assimilare l'attuale composizione sociale del paese con la composizione sociale, prevalentemente contadina e strapaesana dell'Italia degli anni Venti. Nei primi decenni del secolo ventesimo, il modernismo futurista dei fascisti introduceva un elemento di innovazione e di progresso sociale, mentre oggi il regime forzitaliota non porta dentro di sé alcun germe di progresso, e la sua politica economica si fonda sulla dilapidazione del patrimonio accumulato nel passato. In questo Asor Rosa ha visto giusto. Il fascismo è un fenomeno di modernizzazione totalitaria, il berlusconismo è un fenomeno di devastazione della civiltà sociale della modernità. Mentre il fascismo avviò un processo di modernizzazione produttiva del paese, il regime forzitaliota ha dissipato le risorse accumulate dal paese negli anni dello sviluppo industriale, come aveva fatto Carlos Menem in Argentina nel decennio che ha preceduto il crollo di quell'economia e di quella società. Ma questo carattere dissipativo è perfettamente coerente con la tendenza principale che si manifesta nel pianeta nell'epoca neoliberista.Il capitalismo moderno era fondato su alcune regole direttamente riconducibili all'etica protestante. Regole su cui si fondava la fiducia, elemento decisivo dell'economia borghese moderna. Ma ora la forma weberiana dello sviluppo si esaurisce per il capitalista post-borghese il quale sa che il credito non dipende dai valori protestanti dell'affidabilità, dell'onestà, della competenza, ma dal ricatto, dalla violenza, dalla protezione familiare e mafiosa. Non si tratta di una temporanea caduta del rigore morale, di un'ondata di corruzione. E non si tratta neppure di un fenomeno di arretratezza. Si tratta di un mutamento della natura profonda del processo di produzione. La determinazione del valore ha perduto la sua base materiale, oggettiva (il tempo di lavoro socialmente necessario, come dice Marx), e ora dipende dal gioco di simulazione linguistica, dei media, della pubblicità, della produzione semiotica, ma anche dalla violenza.Ecco allora che la prospettiva in cui vedemmo l'Italia nella passata epoca moderna ora si ribalta: proprio ciò che aveva fatto dell'Europa meridionale controriformata un luogo arretrato, ora ne fa laboratorio delle forme di potere postmoderno. Proprio ciò che aveva messo l'Italia alla retroguardia dello sviluppo capitalistico moderno, diviene il motivo della sua capacità di anticipazione. Proprio perché predomina la cultura del familismo immorale, della violenza mafiosa e del raggiro mediatico, negli anni Novanta di Berlusconi l'Italia diviene il laboratorio culturale e politico del capitalismo criminale iperliberista. La scarsa penetrazione dell'autorità statale nelle pieghe della società e dell'economia è sempre stata considerata un fattore di arretratezza e di debolezza, ma il neo-liberismo ha creato una situazione in cui gli interessi privati, gli interessi di famiglia e di clan prevalgono sugli interessi pubblici. In nome di un'ideologia della libera impresa e del libero mercato si è in effetti aperta la strada a una sorta di privatizzazione dello stato. La macchina statale non è stata ridimensionata, ma si è messa al servizio di interessi di famiglia. Questo processo non si è svolto solamente in Italia, ma qui le condizioni culturali erano particolarmente ben predisposte. La deregulation economica ha liberato immense energie produttive, e al tempo stesso ha indebolito o distrutto le difese che la società moderna aveva costruito per proteggersi dall'aggressività predatoria del capitale. Come al capitalismo proprietario si addiceva il decoro gotico e severo, così al capitalismo finanziarizzato si confanno sembianze barocche. A partire dagli anni ottanta, lo spirito barocco della Controriforma, che aveva impacciato le società meridionali fino a tutto il novecento, non è più un elemento di arretratezza. Il borghese moderno era legato alla sua impresa perché le macchine, i luoghi, i lavoratori dell'industria erano la sua proprietà. Il capitalismo virtuale separa la proprietà dall'impresa, l'impresa si finanziarizza e si immaterializza. La corporation globale può spostare il suo investimento in pochi istanti senza render conto ai sindacati, alla comunità, allo stato. Il capitale non ha più alcuna responsabilità verso la società, e ormai, come abbiamo visto nel caso Enron, neppure nei confronti dei suoi azionisti. L'etica protestante non è più redditizia. E' molto più efficace l'etica della compromissione mafiosa, del ricatto e dello scambio illegale. Nel processo di globalizzazione l'Italia non è sfavorita dall'illegalismo e dall'immoralità della sua nuova classe dirigente, come la sinistra moralista paventa. Al contrario, l'Italia diviene il paese nel quale la dittatura tardo-liberista meglio può svilupparsi. Qui il regime incorpora comportamenti del fascismo (la brutalità poliziesca, che abbiamo visto a Genova nel 2001, l'irresponsabilità che portò l'Italia di Mussolini alla guerra catastrofica del 1940-45, il servilismo che ha sempre caratterizzato la vita intellettuale italiana). Incorpora caratteristiche proprie della mafia (il disprezzo per il bene pubblico, la tolleranza per l'illegalità economica). Ma non per questo è una riedizione del regime fascista né come un sistema di mafia. Neoliberismo aggressivo e media-populismo sono i suoi ingredienti decisivi, ed esso funziona obiettivamente come laboratorio delle forme culturali e politiche che accompagnano la formazione del semiocapitale.
COORDINAMENTO PER I REFERENDUM
RispondiEliminaPer la prima volta, esponenti di diverse organizzazioni, gruppi e singoli, che a vario titolo fanno riferimento ai concetti di democrazia diretta, autoverno, sovranità popolare e partecipazione consapevole, hanno trovato un accordo intorno all’obbiettivo di introdurre il referendum deliberativo a iniziativa popolare senza quorum. Questo può essere l’inizio di un grande processo di rinascimento democratico. Impegnamoci a diffonderlo e aderite!
Segue il testo della determinazione presa dai presenti alla riunione. Mancano le firme di alcuni che sono andati via la sera del sabato, che pure avevano dato la loro disponibilità. Comunque, da questo momento, chiunque può, anzi è caldamente invitato, a dichiarare la propria adesione a questo coordinamento e diffonderlo urbi et orbi.
1) I presenti dichiarano di concordare nel costituire un coordinamento di organizzazioni (associazioni, movimenti, gruppi, etc) e di singoli denominato xxxxxxxx, affinché vengano introdotti i referendum deliberativi ad iniziativa popolare senza quorum a livello comunale, provinciale, regionale, e nazionale.
2) Le regole decisionali del coordinamento ricalcheranno quelle della confederazione svizzera: diventa decisione del coordinamento ciò che viene approvato dalla maggioranza delle organizzazioni che lo compongono e dalla maggioranza dei singoli membri.
3)Inoltre come nella confederazione elvetica ci sono cantoni che contano meno perchè piccoli (in numero di cittadini) così anche nel coordinamento le organizzazioni avranno un numero di “macrovoti” in ragione del numero degli iscritti al coordinamento di ciascuna: 3 macrovoti per quelle con più di 500 iscritti, 2 per quelle da 100 a 500 iscritti, 1 per quelle da 30 a 100 e 1/2 per quelle da 10 a 30.
4) I presenti si costituiscono in comitato promotore per raccogliere le adesioni di singoli e di organizzazioni. Fissano la prossima riunione di tutti gli aderenti, il 20, 21 giugno, in una di queste tre probabili sedi (Bologna, Parma, Roma). La prima cosa che verrà decisa democraticamente sarà il nome del coordinamento.
Firenze, 29 marzo 2009
F.to: (in ordine alfabetico)
Samuele Bartolini (Officina Democrazia)
Paolo Bonacchi (Unione Movimento per la Sovranità Popolare)
Piero Lanaro (Progetto Movimento Popolare)
Pasquale Parise (Unione Movimento per la Sovranità Popolare)
Romano Redini (Unione per l'Autogoverno)
Giuseppe Strano (Democratici Diretti)
Leonello Zaquini (Officina Democrazia)
Lucio Sanna (Unione Movimento per la Sovranità Popolare)
Giacomo Consalez (Unione Movimento per la Sovranità Popolare)
Sergio Gamberale
Fabio Castellucci
Gennaro Fierro (Unione Movimento per la Sovranità Popolare)
Caterina Carrassi ( Unione Movimento per la Sovranità Popolare)
Luisa Galimberti ( Unione Movimento per la Sovranità Popolare)
Enzo Trentin (Comitato per i diritti dei cittadini)
Aderite e seguite gli sviluppi dell’iniziativa su questo forum, o su uno dei siti o forum delle organizzazioni citate.
siti informativi:
http://www.democraticidiretti.org
http://www.meetup.com/Gruppo-Meetup-Sovranit-Popolare/it/
ho inserito il link per aderire alla risoluzione di Firenze sia sul nostro sito, sia su Facebook pagine "Piero Lanaro" e "Progetto Movimento Popolare"
RispondiEliminaa Domenica
pedro
Percorso comune, di politica democratica diretta, dei cittadini sul reale
RispondiEliminaCiao a Tutti da Piero Lanaro
vorrei, e spero di aver individuato il posto giusto, iniziare una nuova discussione, per l'azione.
Vengo da l'esperienza di Firenze che ritengo importantissima, ma ritengo che la sovranità popolare e la DD bisognerebbe applicarla subito nel reale.
Per questo vengo a chiedervi, e invierò questo messaggio anche ai Sovranità popolare, DD, e a Siamo Vivi ( Mov. D'aggregazione) e altri, se possiamo iniziare a fare un percorso comune di politica DD reale.
Specifico per punti i principi e alcuni campi d'azione che penso primari.
*Partiamo da quello che ci unisce, un definitivo allontanamento dai partiti, una grande criticità verso governi, unioni naz.li e internazionali..., un partire da noi come cittadini per ripristinare la nostra sovranità utilizzando la DD
* Il nome del percorso dovrebbe contenere le parole che ci aggregano: movimento, cittadini, popolo, DD, democrazia, sovranità popolare
* Punto cruciale: IL CITTADINO o IL POPOLO, di conseguenza l'ISTRUZIONE, il LAVORO, il TEMPO DI VITA, la partecipazione delle DONNE alla vita pubblica
* sulla base di principi dei diritti umani / Carte / Dichiarazioni / Patti / costituzioni modificabili e migliorabili
* Regole, modi differenti / programma scritto con TUTTI I CITTADINI (ass.ni/movimenti...)
*Percorso elettorale (anche tra 4 anni) o Campagne
* Delegati dei cittadini con delega /informazione / controllo operato / revoca
* sistema uninominale????
* spazio d'azione internazionale
* utilizzo legale o a scopo di denuncia (CAMPAGNE INFORMATIVE) di leggi, dichiarazioni, patti...
* attenzione agli strumenti dell'INFORMAZIONE e all'abuso del potere politico e delle forze di polizia
* difesa di chiunque si muova a favore dei cittadini, magistrati, giornalisti, singoli cittadini, forze di polizia
* ricordo delle vittime della mafia e della lotta contro il potere
* Appello ad associazioni, ONG, liste civiche popolari, movimenti comune per spingere alla aggregazione e per utilizzarne le loro contraddizioni di fronte ai cittadini
* una riflessione sui cittadini che professano una fede
* Temi primari di azione: LAVORO, ISTRUZIONE, APPELLO AD UNIRSI, AMBIENTE, PROGRAMMA POLITICO DEI CITTADINI CON PRINCIPI E REGOLE – FINANZA, BANCHE (Signoraggio, moneta dei cittadini, inflazione, crisi...), TUTTI I CITTADINI
penso che i punti siano abbastanza chiari, pur nella voluta schematicità, nel caso approfondirò, sono un estratto di uno scritto più lungo.
Quello che ho apprezzato di Firenze è stato l'apporto di persone che da molto tempo ragionano, studiano, approfondiscono temi importanti, anche lontani dal dibattito generale, ma essendo punti importanti del nostro vivere sociale dovremmo cercare di utilizzare questi strumenti nella politica fra cittadini.
Continuando a lavorare con serietà e ponderatezza.
Grazie dell'attenzione
Piero Lanaro