NASCE PDL, GUIDERA' TERZA RICOSTRUZIONE ITALIA
di Milena Di Mauro-ROMA -
Acclamato presidente del Pdl, come primo atto Silvio Berlusconi proclama che si battera', con o senza il consenso dell'opposizione, per ammodernare la Costituzione, dando al premier (quindi, oggi, a se' stesso) ''poteri veri'' e non ''finti'', come quelli che attualmente ha. Subito dopo il Cavaliere getta il guanto della sfida al segretario del Pd Dario Franceschini, che gli contesta la candidatura alle Europee: ''Io mi candido, come deve avere il coraggio di fare un vero leader che chiama a raccolta dietro alla sua bandiera la sua gente. Sarebbe bene, se anche a sinistra ne esistesse uno, che facesse altrettanto''. Ecco dunque il Cavaliere sventolare il vessillo bianco del Pdl, investire con il suo spadone del titolo di ''missionari di liberta'' i 6000 delegati, porsi a capo del suo popolo per la battaglia delle battaglie: cambiare l'Italia e la Costituzione. ''Se sulle riforme ci sara' un atteggiamento di confronto, di concorso delle opposizioni - dice Berlusconi - saro' il primo a rallegrarmene e a darne atto ai leader della minoranza. Ma nel frattempo la nostra maggioranza e il Popolo della Liberta' non possono sottrarsi al dovere di fare la loro parte, sciogliere questo nodo, nelle forme costituzionalmente previste, e offrire agli italiani la soluzione per un governo che governi e un Parlamento che controlli''. Del resto, per il premier, l'opposizione ha ben poco da applaudire, oggi, a chi chiede riforme. Fu proprio una ''sinistra irresponsabile'' a dire prima si' e poi ad ''impedire'' le riforme, con il suo 'no' al referendum del maggio 2006 e con ''ridicole accuse di regime e di attentato alla democrazia''. Fini' nel cestino cosi' la riforma costituzionale del centrodestra ed i poteri piu' forti per il premier in essa previsti. Percio', dopo l'esperienza negativa del passato, per Berlusconi ''c'e' molto da dubitare sulla serieta' della nostra controparte''. Tra le riforme da fare subito quella ''non piu' rinviabile'' dei regolamenti parlamentari. Una riforma che ''non mortifichera' il Parlamento, ma gli restituira' la sua piena dignita' e la possibilita' di votare provvedimenti con una urgenza imposta non dai decreti del governo, ma dalle circostanze''. Poi, c'e' il federalismo che ''non e' un tributo a Bossi''. Berlusconi promette che le risorse risparmiate verranno usate per ''ridurre le tasse''. Nel compito di ammodernamento delle istituzioni, comunque ''Parlamento e governo dovranno fare ognuno la propria parte, rispettare ciascuno il proprio ruolo''. Berlusconi ha quindi ben chiaro che ''naturalmente non spetta al governo cambiare i poteri del premier''. L'esecutivo ha altre 'mission'. ''Porteremo l'Italia fuori dalla crisi senza lasciare indietro nessuno, e difenderemo democrazia e liberta''', promette ad esempio il premier, riepilogando lo ''straordinario complesso delle cose fatte dal governo'' ma ben sapendo che ''cambiare l'Italia va oltre questo''. Solo sulle riforme il Cavaliere risponde agli urgenti quesiti posti ieri da Gianfranco Fini, che oggi non e' venuto ad ascoltarlo. Quando Berlusconi dice che ''Fini ha ragione'' non e' per rispondergli su referendum, biotestamento, laicita', stato etico, immigrazione. Su tutto cio' il premier glissa. Ma al ''caro Gianfranco'' riconosce di aver colto nel segno parlando della sua ''lucida follia'', che oggi porta al Pdl. Un partito ''oggi al 44%, che si candida a raggiungere il 51%, e punta ad essere il primo gruppo del Ppe'', una forza ''moderata, liberale, nazionale, riformista, intorno alla quale ruotera' la politica italiana dei prossimi decenni''. Un partito dove, assicura Berlusconi, ''in spirito unitario e senza mai essere correntismo'' avranno pieno titolo dibattito politico, confronto di idee e pluralismo ''vero lievito della democrazia''. E per smentire che il Pdl sia stato concepito solo per celebrare il culto del Capo, Berlusconi garantisce: ''Durera' nel tempo, sopravvivera' ai suoi fondatori''. Perche' oggi si scrive ''una pagina di storia''.
di Milena Di Mauro-ROMA -
Acclamato presidente del Pdl, come primo atto Silvio Berlusconi proclama che si battera', con o senza il consenso dell'opposizione, per ammodernare la Costituzione, dando al premier (quindi, oggi, a se' stesso) ''poteri veri'' e non ''finti'', come quelli che attualmente ha. Subito dopo il Cavaliere getta il guanto della sfida al segretario del Pd Dario Franceschini, che gli contesta la candidatura alle Europee: ''Io mi candido, come deve avere il coraggio di fare un vero leader che chiama a raccolta dietro alla sua bandiera la sua gente. Sarebbe bene, se anche a sinistra ne esistesse uno, che facesse altrettanto''. Ecco dunque il Cavaliere sventolare il vessillo bianco del Pdl, investire con il suo spadone del titolo di ''missionari di liberta'' i 6000 delegati, porsi a capo del suo popolo per la battaglia delle battaglie: cambiare l'Italia e la Costituzione. ''Se sulle riforme ci sara' un atteggiamento di confronto, di concorso delle opposizioni - dice Berlusconi - saro' il primo a rallegrarmene e a darne atto ai leader della minoranza. Ma nel frattempo la nostra maggioranza e il Popolo della Liberta' non possono sottrarsi al dovere di fare la loro parte, sciogliere questo nodo, nelle forme costituzionalmente previste, e offrire agli italiani la soluzione per un governo che governi e un Parlamento che controlli''. Del resto, per il premier, l'opposizione ha ben poco da applaudire, oggi, a chi chiede riforme. Fu proprio una ''sinistra irresponsabile'' a dire prima si' e poi ad ''impedire'' le riforme, con il suo 'no' al referendum del maggio 2006 e con ''ridicole accuse di regime e di attentato alla democrazia''. Fini' nel cestino cosi' la riforma costituzionale del centrodestra ed i poteri piu' forti per il premier in essa previsti. Percio', dopo l'esperienza negativa del passato, per Berlusconi ''c'e' molto da dubitare sulla serieta' della nostra controparte''. Tra le riforme da fare subito quella ''non piu' rinviabile'' dei regolamenti parlamentari. Una riforma che ''non mortifichera' il Parlamento, ma gli restituira' la sua piena dignita' e la possibilita' di votare provvedimenti con una urgenza imposta non dai decreti del governo, ma dalle circostanze''. Poi, c'e' il federalismo che ''non e' un tributo a Bossi''. Berlusconi promette che le risorse risparmiate verranno usate per ''ridurre le tasse''. Nel compito di ammodernamento delle istituzioni, comunque ''Parlamento e governo dovranno fare ognuno la propria parte, rispettare ciascuno il proprio ruolo''. Berlusconi ha quindi ben chiaro che ''naturalmente non spetta al governo cambiare i poteri del premier''. L'esecutivo ha altre 'mission'. ''Porteremo l'Italia fuori dalla crisi senza lasciare indietro nessuno, e difenderemo democrazia e liberta''', promette ad esempio il premier, riepilogando lo ''straordinario complesso delle cose fatte dal governo'' ma ben sapendo che ''cambiare l'Italia va oltre questo''. Solo sulle riforme il Cavaliere risponde agli urgenti quesiti posti ieri da Gianfranco Fini, che oggi non e' venuto ad ascoltarlo. Quando Berlusconi dice che ''Fini ha ragione'' non e' per rispondergli su referendum, biotestamento, laicita', stato etico, immigrazione. Su tutto cio' il premier glissa. Ma al ''caro Gianfranco'' riconosce di aver colto nel segno parlando della sua ''lucida follia'', che oggi porta al Pdl. Un partito ''oggi al 44%, che si candida a raggiungere il 51%, e punta ad essere il primo gruppo del Ppe'', una forza ''moderata, liberale, nazionale, riformista, intorno alla quale ruotera' la politica italiana dei prossimi decenni''. Un partito dove, assicura Berlusconi, ''in spirito unitario e senza mai essere correntismo'' avranno pieno titolo dibattito politico, confronto di idee e pluralismo ''vero lievito della democrazia''. E per smentire che il Pdl sia stato concepito solo per celebrare il culto del Capo, Berlusconi garantisce: ''Durera' nel tempo, sopravvivera' ai suoi fondatori''. Perche' oggi si scrive ''una pagina di storia''.
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