OBAMA APRE A TURCHIA E CHIUDE A INCUBO NUCLEARE
dell'inviato Fabrizio Finzi
PRAGA - Trentamila in delirio per sentire il primo presidente americano nero chiedere all'Europa di marciare insieme verso un futuro senza l'incubo della bomba atomica e di aprirsi senza paura alla musulmana Turchia. Trentamila al castello di Praga soprattutto per "vedere" Obama muoversi come una rock star sul palco allestito al centro dell'antica fortezza medievale: dove, insieme alla moglie Michelle, ha accompagnato suggestioni politiche a robuste dosi di carisma personale mandando in visibilio i giovanissimi accampati sin dall'alba. Conquistata Praga, conquistata l'Europa. Così Barack Obama ha oggi lasciato il Vecchio continente per la Turchia, il Paese musulmano che gli Stati Uniti - e gran parte della Ue - vogliono ancorare all'Occidente. Ma lascia nelle capitali europee un messaggio inequivocabile: l'era Bush da oggi è chiusa nei fatti e non solo a parole. Obama ha saputo mostrarsi "saggio ma umile", come ha osservato Silvio Berlusconi. "Coraggioso" e mai superbo. Capace di un'autocritica che il suo predecessore alla Casa bianca non avrebbe neanche immaginato: "la leadership morale è più potente di qualsiasi arma", ha premesso il presidente che ha già firmato la chiusura di Guantanamo e messo al bando la tortura nelle prigioni della Cia. Ma sono proprio gli Stati Uniti ad avere un triste primato, quello di essere "l'unica potenza nucleare ad avere usato la bomba atomica". Gli Usa per primi, quindi, "hanno la responsabilità morale di agire" per liberare il pianeta dagli arsenali nucleari. Barack Obama vola alto su tutto e conferma punto su punto le aperture della campagna elettorale. Così sulla lotta ai cambiamenti climatici volta pagina, assicurando che gli Usa non saranno più il Paese del 'no', la potenza che ha snobbato il Protocollo di Kyoto in nome del 'dio petrolio'. Anzi, qui a Praga gli europei sono venuti a lezione da 'mister Obama', per capire quanto ci sia di buono nella "green economy", quella ricetta 'verde' che tutelando l'ambiente dovrebbe mettere il turbo alla ripresa mondiale. Un solo neo ha turbato la sua marcia trionfale in Europa. Una macchia firmata Francia, come spesso è accaduto in passato: il no secco di Nicolas Sarkozy all'ingresso della Turchia nell'Unione europea. Non si tratta però di un capriccio isolato da neogollista di ritorno: la questione è seria, come conferma la sponda che il cancelliere tedesco Angela Merkel ha subito fornito all'inquilino dell'Eliseo, a conferma che quell'asse che si era già rivisto a Londra non era una casualità. Francia e Germania non ritengono pronta la Turchia, temono il partito confessionale di Erdogan e sono spaventati dall'idea che una adesione della Turchia all'Ue si tramuti in una invasione di cittadini turchi nei loro confini. Obama non ha di questi problemi gestendo un Paese che si trova dall'altra parte del mondo. Ma giudica "vitale" l'ancoraggio definitivo all'Europa di un Paese musulmano moderato e membro della Nato. Il nodo dell'adesione della Turchia è già da tempo "congelato" in seno alla Ue proprio per la sua delicatezza. L'Italia è da sempre favorevole al proseguimento del negoziato ritenendo importante che il dialogo continui. E oggi il premier Silvio Berlusconi ha confermato che su questo tema esistono delle divisione tra i franco-tedeschi e gli Stati Uniti. Divisioni che però, a suo avviso, possono essere superate con un compromesso che preveda una clausola che congeli l'apertura delle frontiere alla Turchia. Ma su tutto il resto è sbocciato l'amore tra le due sponde dell'Atlantico: "sintonia assoluta", "consonanze di vedute" e chi più ne ha più ne metta per descrivere l'energia positiva che corre tra Washington e Bruxelles. Anche il presidente del Consiglio Berlusconi non ha nascosto quanto Obama lo abbia convinto. E, pressato dai media, ha annunciato che presto sarà a Washington per un bilaterale alla Casa Bianca. Una "visita di cortesia" negli Usa, che non si è realizzata in questi sei giorni passati da Obama in Europa tra Londra, Strasburgo e Praga.
dell'inviato Fabrizio Finzi
PRAGA - Trentamila in delirio per sentire il primo presidente americano nero chiedere all'Europa di marciare insieme verso un futuro senza l'incubo della bomba atomica e di aprirsi senza paura alla musulmana Turchia. Trentamila al castello di Praga soprattutto per "vedere" Obama muoversi come una rock star sul palco allestito al centro dell'antica fortezza medievale: dove, insieme alla moglie Michelle, ha accompagnato suggestioni politiche a robuste dosi di carisma personale mandando in visibilio i giovanissimi accampati sin dall'alba. Conquistata Praga, conquistata l'Europa. Così Barack Obama ha oggi lasciato il Vecchio continente per la Turchia, il Paese musulmano che gli Stati Uniti - e gran parte della Ue - vogliono ancorare all'Occidente. Ma lascia nelle capitali europee un messaggio inequivocabile: l'era Bush da oggi è chiusa nei fatti e non solo a parole. Obama ha saputo mostrarsi "saggio ma umile", come ha osservato Silvio Berlusconi. "Coraggioso" e mai superbo. Capace di un'autocritica che il suo predecessore alla Casa bianca non avrebbe neanche immaginato: "la leadership morale è più potente di qualsiasi arma", ha premesso il presidente che ha già firmato la chiusura di Guantanamo e messo al bando la tortura nelle prigioni della Cia. Ma sono proprio gli Stati Uniti ad avere un triste primato, quello di essere "l'unica potenza nucleare ad avere usato la bomba atomica". Gli Usa per primi, quindi, "hanno la responsabilità morale di agire" per liberare il pianeta dagli arsenali nucleari. Barack Obama vola alto su tutto e conferma punto su punto le aperture della campagna elettorale. Così sulla lotta ai cambiamenti climatici volta pagina, assicurando che gli Usa non saranno più il Paese del 'no', la potenza che ha snobbato il Protocollo di Kyoto in nome del 'dio petrolio'. Anzi, qui a Praga gli europei sono venuti a lezione da 'mister Obama', per capire quanto ci sia di buono nella "green economy", quella ricetta 'verde' che tutelando l'ambiente dovrebbe mettere il turbo alla ripresa mondiale. Un solo neo ha turbato la sua marcia trionfale in Europa. Una macchia firmata Francia, come spesso è accaduto in passato: il no secco di Nicolas Sarkozy all'ingresso della Turchia nell'Unione europea. Non si tratta però di un capriccio isolato da neogollista di ritorno: la questione è seria, come conferma la sponda che il cancelliere tedesco Angela Merkel ha subito fornito all'inquilino dell'Eliseo, a conferma che quell'asse che si era già rivisto a Londra non era una casualità. Francia e Germania non ritengono pronta la Turchia, temono il partito confessionale di Erdogan e sono spaventati dall'idea che una adesione della Turchia all'Ue si tramuti in una invasione di cittadini turchi nei loro confini. Obama non ha di questi problemi gestendo un Paese che si trova dall'altra parte del mondo. Ma giudica "vitale" l'ancoraggio definitivo all'Europa di un Paese musulmano moderato e membro della Nato. Il nodo dell'adesione della Turchia è già da tempo "congelato" in seno alla Ue proprio per la sua delicatezza. L'Italia è da sempre favorevole al proseguimento del negoziato ritenendo importante che il dialogo continui. E oggi il premier Silvio Berlusconi ha confermato che su questo tema esistono delle divisione tra i franco-tedeschi e gli Stati Uniti. Divisioni che però, a suo avviso, possono essere superate con un compromesso che preveda una clausola che congeli l'apertura delle frontiere alla Turchia. Ma su tutto il resto è sbocciato l'amore tra le due sponde dell'Atlantico: "sintonia assoluta", "consonanze di vedute" e chi più ne ha più ne metta per descrivere l'energia positiva che corre tra Washington e Bruxelles. Anche il presidente del Consiglio Berlusconi non ha nascosto quanto Obama lo abbia convinto. E, pressato dai media, ha annunciato che presto sarà a Washington per un bilaterale alla Casa Bianca. Una "visita di cortesia" negli Usa, che non si è realizzata in questi sei giorni passati da Obama in Europa tra Londra, Strasburgo e Praga.
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