“Il 19 febbraio 1937, in seguito a un attentato alla vita del viceré d’Etiopia, maresciallo Rodolfo Graziani, alcune migliaia di italiani, civili e militari, uscivano dalle loro case e dalle loro caserme e davano inizio alla più furiosa e sanguinosa caccia al nero che il continente africano avesse mai visto. Armati di randelli, di mazze, di spranghe di ferro, abbattevano chiunque – uomo, donna, vecchio o bambino – incontravano sul loro cammino nella città-foresta di Addis Abeba. E poiché era stabilito che la strage durasse tre giorni, e l’uso dei randelli si era rivelato troppo faticoso, già dal secondo giorno si ricorreva a metodi più sbrigativi ed efficaci. Il più praticato era quello di cospargere una capanna di benzina e poi incendiarla, con dentro tutti i suoi occupanti, lanciando una bomba a mano.” (..) “Non è mai stato fatto un bilancio ufficiale di quanti morti ha prodotto questa carneficina, si va da 1.400 a 30.000 morti, dipende dalle fonti. Ancor più grave è che nessuno ha mai fatto un giorno di prigione per questo crimine contro l’umanità.”
[Angelo del Boca, Partigiano e storico torinese]
L'Italia monarchico-fascista attuò vere e proprie campagne militari coloniali mediante stragi e massacri con ogni metodo, usando anche armi chimiche in aperta violazione della Convenzione di Ginevra.
L’utilizzo di armi con iprite, arsine, fosgene e altri agenti chimici fu solo l’inizio di una serie di atti criminali compiuti in Africa contro le popolazioni civili locali.
Nel corso della "conquista", l’aviazione italiana bombardò anche campi di raccolta per feriti allestiti dalla Croce Rossa e torturò prigionieri di guerra.
Mussolini stesso aveva telegrafato a Graziani: "autorizzo ancora una volta V.E. a iniziare e condurre sistematicamente politica del terrore et dello sterminio contro i ribelli et le popolazioni complici stop. Senza la legge del taglione ad decuplo non si sana la piaga in tempo utile. Attendo conferma".
Fu obbligato dal #Duce a vestire panni che non voleva.
Sapeva bene che contrastare il #Fascismo significava mettere a repentaglio la vita sua e quella dei suoi familiari… così accettò l’ign0bile compito di accompagnare il #Führer e il #Duce durante tutte le visite museali che tanto entusiasmavano #Hitler (notoriamente amante dell’arte) e meno l’esibizionismo arrogante di #Mussolini, che zampettava pateticamente (così come Ranuccio stesso racconterà) da una sala all’altra solo per affrettare i percorsi con la sua altezzosità, esuberanza clownesca e straf0ttenza artistica.
1939: le città che sarebbero state toccate, fino a pochi giorni prima fetide e lerce, vennero tirate a lucido. Si assistette, a #Firenze come a #Roma, alla pavimentazione delle strade per il passaggio del festante corteo (improvvisamente non mancavano più i fondi per riparare le fognature); facciate di cartone e rattoppi alla “meglio e buona” furono issati sui luoghi di passaggio per nascondere il degrado, e al povero Bandinelli, importante rinnovatore degli studi di #archeologia, fu imposto il compito di “cicerone”.
Colui che poi fu definito “l'uomo che non cambiò la #storia” si fece soprassalire dall’idea di att3ntare alla vita dei due dittat0ri crimin4li. Lui, intellettuale onesto, cosciente, da sempre #antifascista, si ritrovò per diversi giorni gomito a gomito con i due più potenti assassine al mondo senza riuscire a fare nulla.
Bandinelli, a differenza del Führer e del Duce, non era un assassino: quel sacrosanto attentato che avrebbe salvato in un sol colpo il mondo intero non ebbe il coraggio di attuarlo.
Se potete, recuperate il libro e il film “L'uomo che non cambiò la storia” di Enrico Caria.
#19febbraio 1900, #Siena: oggi voglio ricordare il professore Ranuccio Bianchi Bandinelli (l'uomo nel mezzo che parla con Hitler, quello con la divisa fascista nuova di zecca che il Duce fece confezionare appositamente e lo obbligò a indossarla).
#storia #Memoria #resistenza #antifascista #antifascismo #ANPI #partigiani #colonialismo #razzismo
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