lunedì 3 febbraio 2025
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A meno di due settimane dall’insediamento di Donald Trump, il presidente statunitense ha dato il via al "bastone tariffario", iniziando dai suoi due vicini come Canada e Messico insieme alla seconda economia al mondo, con la firma di un ordine esecutivo per imporre dazi del 25% contro i primi due Paesi e del 10% contro la Repubblica Popolare cinese.
Questa nuova misura protezionistica ha suscitato una diffusa opposizione sia nella comunità internazionale che all’interno degli stessi Stati Uniti.
Partendo dalla Cina, i due portavoci del Ministero degli Esteri e del Commercio cinese hanno espresso forte insoddisfazione e ferma opposizione in merito alla decisione statunitense sull’aumento dei dazi poggiata sul pretesto del problema del fentanyl. Pechino ha annunciato che le guerre commerciali e tariffarie non portano vincitori, ma purtroppo si è costretto ad adottare contromisure necessarie per tutelare con determinazione i propri diritti e interessi legittimi.
Il primo ministro del Canada, Justin Trudeau, ha dichiarato che il Canada imporrà sui prodotti americani dazi doganali del 25%, per un totale di 155 miliardi di dollari canadesi. Il primo giro di tariffe colpirà prodotti Usa per un valore di 30 miliardi di dollari canadesi ed entrerà in vigore martedì 4 febbraio; il resto, che conterà 125 miliardi di dollari canadesi, entrerà in vigore entro 21 giorni.
Mentre dal Messico, la presidente Claudia Sheinbaum ha affermato che il suo Paese adotterà delle contromisure e ha già incaricato il ministro dell’Economia Marcelo Ebrard di avviare il “Plan B”, precedentemente preparato, imponendo dazi sui prodotti importati dagli Stati Uniti.
È molto probabile il Vecchio Continente non riesca a saltare i super dazi del suo alleato americano, perché Trump ha minacciato l’Europa e sta giustificando la politica. Una volta colpiranno i paesi europei, sarebbe una vera e propria guerra commerciale al livello globale.
In un sondaggio condotto da CGTN al livello globale, gli intervistati ritengono generalmente che l'imposizione unilaterale di tariffe da parte degli Stati Uniti su altri paesi non porterà una crescita sostanziale dell'economia statunitense, ma che viceversa peggiorerà ulteriormente la lenta ripresa dell'economia mondiale. Il 90,53% degli intervistati a livello globale critica la serie di misure protezionistiche commerciali adottate da Usa come un grave calpestio delle regole dell'OMC; il 90,68% degli intervistati ritiene che la coercizione economica degli Stati Uniti contro altri paesi abbia evidenziato il suo lato di bullismo e prepotenza; il 92,14% degli intervistati ritiene che la stessa coercizione statunitense abbia seriamente minato la stabilità del mercato globale e abbia avuto un impatto negativo a lungo termine sulla ripresa economica globale.
“Parleremo, credo che faremo qualcosa di significativo presto. Vogliamo che la guerra finisca“. Poche parole senza contorni chiari, ma con un unico obiettivo: mettere la parola fine al conflitto in Ucraina. Donald Trump, parlando coi giornalisti nello Studio ovale, spiega che l’amministrazione americana “ha già avviato” i colloqui e “serie discussioni” con gli uomini dello zar del Cremlino Vladimir Putin, ma i venti di pace non hanno ancora fermato le bombe e i combattimenti, con l’ennesima giornata sanguinosa di vittime tra i civili e i militari e le bombe finite anche sui palazzi del centro di Odessa, patrimonio dell’Unesco.
Intanto il presidente russo, parlando alla tv di Stato, dichiara che il tycoon "ripristinerà l'ordine molto rapidamente". E il segretario della Nato Rutte sollecita gli Alleati sull'obiettivo del capo della Casa Bianca: aumentare oltre il 2% la spesa militare.
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