Che cos'è la libertà? Possiamo forse comprenderla come un "qualcosa", allo stesso modo in cui comprendiamo, dimostriamo, calcoliamo i fenomeni? Questa dimostrazione della nostra libertà è impossibile.
Proviamo a dimostrare questa impossibilità. Facciamo un esperimento di pensiero: come posso provare, ora che sto parlando, che ciò che sto dicendo dipende da una mia scelta, che io ho scelto di dire ciò che sto dicendo? Come faccio a provare che è per mia libertà che ho detto le parole che ho appena pronunciato?
Vi è un possibile esperimento di ciò? Sì, ci sarebbe un possibile esperimento di ciò. In che cosa consisterebbe un simile esperimento? Io dovrei poter tornare indietro all'istante immediatamente precedente questo in cui vi sto parlando, e con me dovrebbero poter tornare indietro tutte - nessuna esclusa - le condizioni generali di un istante fa: e a quel punto io dovrei ripetere, con la stessa voce, con gli stessi termini, ciò che avete appena ascoltato. Questo è l'unico esperimento mediante il quale io potrei dire: sì sono libero. Se potessi ripetermi per un istante - ma non io solo, bensì io insieme a tutte le condizioni -, se tutto il mondo tornasse a un istante fa, e io ripetessi ciò che avete appena ascoltato; allora dimostrerei che l'ho fatto per mia libera scelta.
Ma questo esperimento è radicalmente impossibile; è concepibile ma non può realizzarsi. Allora per forza io dubiterò sempre che ciò che vi ho detto sia il frutto di una costrizione, che io sia stato causato a dirvi ciò che vi ho detto, che le mie parole siano state un effetto di una catena concomitante di cause che in quell'istante preciso - mio e del mondo - ha costretto me, questa parte del mondo, a dirvi le cose che vi ho detto.
La libertà è indimostrabile. Questa è l'idea kantiana: la libertà non è un fenomeno, non è una cosa. La libertà è un pensiero dell'uomo, indimostrabile, incatturabile; la libertà è un noumeno, qualcosa che noi pensiamo, non un fenomeno, non qualcosa che possiamo vedere calcolare, misurare, catturare; la libertà è un'idea. Quest'idea non è dimostrabile: mai potrò dimostrare di essere libero - ecco il taglio luterano che impronta di sé tutta la cultura contemporanea - perché non posso costruire quell'esperimento che vi ho raccontato. Ma questa idea della libertà è un'idea che mi è necessario alimento: ecco la ragione pratica kantiana. E' vero che io non posso dimostrare di essere libero, ma è vero altresì che non posso vivere senza questa idea. Ecco la necessità della libertà: non posso vivere senza questa idea.
Nietzsche dirà che la libertà è un errore originario, un errore inevitabile; so benissimo di poter essere sempre confutato, anzi sarò sempre confutato; la filosofia deve sempre confutare chi si illude di poter dimostrare la nostra libertà. Ma la libertà è un errore originario che non posso cancellare dalla mia mente, che alimenta tutto il mio pensiero. La libertà è una insopprimibile supposizione, è il presupposto di ogni nostro agire; ma come tutti i presupposti, come tutti i principi primi, è indimostrabile, è necessario ma indimostrabile.
La libertà è una congettura: il nostro libero arbitrio è una congettura necessaria. E aggiungerei, per finire: non sono congetture un po' tutte le nostre verità ultime? Tutto ciò che alla fine ci sta veramente a cuore, tutto ciò per cui alla fine davvero viviamo e a volte moriamo, non sono congetture? Proprio le congetture, gli errori originari, le insopprimibili supposizioni, lungi dall'essere le cose più deboli ed evanescenti della nostra vita, sono le cose più necessarie alla nostra vita? Nel nostro linguaggio, non sono proprio congetture ciò che ci è più proprio? Ciò che possiamo dimostrare, ciò che possiamo provare riguardo ai fenomeni, riguardo alle azioni, è ciò che ci sta davvero più a cuore? O piuttosto non ci sta più a cuore l'indimostrabile, l'inattingibile, l'incatturabile? La libertà appartiene a questo nostro proprio, a questo nostro fondamento assolutamente infondato, a questo nostro originario che non potrà mai essere provato, che non potrà mai essere dimostrato, che non potrà mai essere analizzato come analizziamo le cose e i fenomeni.
Vi è un destino, che avvertiamo nella nostra mente: in questa porzione di cosmo che è la nostra mente si mostra un destino, una necessità per noi: pensare che siamo liberi.
(Tratto dall'intervista "Il libero arbitrio" - Napoli, Vivarium, giovedì 8 aprile 1993).
Massimo Cacciari
"Serena Bortone doveva essere licenziata per quello che ha fatto e non è stata licenziata. L’11 giugno rappresenterà le sue tesi e valuteremo, ma a nessun dipendente di nessuna azienda sarebbe consentito di dire cose contro l’azienda in cui lavora".
Queste sono le indegne parole di Roberto Sergio, amministratore delegato della Rai. Neanche a dirlo, per chi non lo sapesse, uomo voluto alla guida della Rai da questa becera destra. "Dire cose contro l'azienda". Ma la Bortone lavora per noi italiani. Non è una dipendente di una azienda privata.
E sarebbe già aberrante il concetto, tutto aziendalistico e ricattatorio, di una libertà di parola sottoposta ai dettami di una azienda privata. Ma lo è ancor di più se questa azienda è pubblica, e ancora di più se è la Radio Televisione Italiana, la TV di Stato. Una concezione padronale del potere che è vergognosa.
Semplicemente vergognosa. Ma per amor di addio eh! Telemeloni non esiste. In Italia esiste la libertà di parola e i giornalisti sono liberi. Tranne esser lapidati pubblicamente, rischiare il posto e vedersi ridurre il palinsesto. Siete il punto più basso mai raggiunto dalla politica dalla fondazione della Repubblica ad oggi. Vergogna!!!
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