AGI - Continua ad aggravarsi il bilancio della doppia esplosione che ha devastato Beirut: secondo quanto riferito dal ministro della Salute libanese, Hamad Hassan, i morti sono almeno 137 e 5 mila i feriti. I soccorritori sono ancora al lavoro tra le macerie, gli abitanti si sono rimboccati le maniche per ripulire le strade dai detriti e la diaspora libanese sparsa nel mondo è impegnata a raccogliere soldi per aiutare chi è rimasto ferito o ha perso la casa.
"Il Libano non e' solo", ha scritto su Twitter il presidente francese, Emmanuel Macron, appena atterrato a Beirut per portare la solidarieta' del suo Paese e del mondo. In agenda, incontri con il capo di Stato Michel Aoun e il premier Hassn Diab. "Desidero organizzare la cooperazione europea e, piu' in generale, la cooperazione internazionale", ha annunciato il capo dell'Eliseo, promettendo anche "un ulteriore sostegno a livello francese nei prossimi giorni". Per poi avvertire: "Oggi la priorita' e' l'aiuto e il sostegno alla popolazione, senza condizioni. Ma c'e' l'esigenza, sulla quale la Francia insiste da mesi e anni, di riforme indispensabili in certi settori. Se non vengono fatte, il Libano continuera' ad affondare".
Da Bruxelles, la presidente della Commissione Ue, Ursula Von der Leyen, dopo un colloquio telefonico con il premier Diab, ha annunciato la mobilitazione di 33 milioni di euro di aiuti di prima necessita' per il Libano. "Un sostegno maggiore" verra' valutato in base all'evoluzione della situazione, ha fatto sapere.
Intanto, cresce la rabbia degli abitanti contro lo Stato libanese, in quella che viene vista come l'ennesima, tragica, dimostrazione di un governo corrotto e inefficiente. Dallo scorso ottobre, a migliaia si sono riversati nelle strade per protestare: "Stiamo cercando di sistemare questo Paese, ci abbiamo provato per nove mesi ma ora faremo a modo nostro", ha sottolineato la 42enne Melissa Fadlallah, volontaria impegnata nelle operazioni di polizia a Mar Mikhail. "Se avessimo avuto un vero Stato, sarebbe stato nelle strade fin dalla scorsa notte a pulire e lavorare. Dove sono?", ha chiesto polemicamente. "Sono tutti seduti sulle loro poltrone con l'aria condizionata mentre la gente è per strada, l'ultima cosa che importa loro è questo Paese e la gete che ci vive", gli ha risposto il 30enne Mohammad Suyur, avvertendo che è stato raggiunto il limite di sopportazione: "L'intero sistema se ne deve andare".
Qualche funzionario in giro a valutare i danni c'è, ma i giovani sono molti di piu, organizzati in piccoli gruppi per liberare le strade da detriti e vetri rotti, ma anche impegnati a sostegno di anziani e disabili che hanno avuto le case danneggiate. Nel Paese si sono moltiplicate le offerte di ospitare famiglie di Beirut e il patriarcato maronita ha annunciato l'apertura dei suoi monasteri e scuole religiose come rifugi; sono stati allestiti tavoli con cibo e bottiglie d'acqua donate e imprese si sono offerte di sistemare i danni a porte e finestre a prezzi scontati e addirittura gratis.
Nel mondo, la diaspora libanese (quasi tre volte il numero di abitanti del Paese dei Cedri) si è attivata per inviare aiuti e fornire assistenza a chi è rimasto ferito o ha perso la casa. In pochissimo tempo sono stati creati fondi per raccogliere denaro e indirizzarlo verso associazioni affidabili e in molti si sono attivi singolarmente o con campagne online per aiutare un Paese che gia' prima dell'esplosione era piegato dall'epidemia di coronavirus e da una crisi economica gravissima.
Le rimesse sono un capitolo importante e specialmente d'estate i libanesi che vivono all'estero, rientrando in patria per le vacanze, portano denaro nelle casse e nelle tasche dei concittadini ma quest'anno c'è stata una battuta d'arresto, complice l'epidemia di Covid e la corruzione dilagante. "La gente è indignata dalla cattiva gestione del Paese, vogliono aiutare ma nessuno si fida delle persone in carica", ha sottolineato Najib Khoury-Haddad, imprenditore dell'high-tech nella zona di San Francisco.
venerdì 7 agosto 2020
... a Beirut tre giorni fa ...
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