domenica 15 settembre 2019

... Moana ...

Moana Pozzi se ne andava 25 anni fa: lo scandalo del porno, la liaison con Craxi, la morte misteriosa Silvia Maria Dubois La matematica, il clavicembalo e la fuga a Roma Il suo nome era uno scivolo morbido di vocali, pronto a terminare la sua corsa nella taglia numero sei del suo seno, ma pure con il rischio di schiantarsi nello sguardo serio dei suoi occhi intelligenti. Moana. Per la precisione Anna Moana Rosa Pozzi: uno dei misteri più affascinanti del cinema a luci rosse (quando il porno era ancora un mondo sotterraneo e le videoteche avevano quella tenda nera che copriva le cassette vietate) terminato 25 anni fa. Nata a Genova il 27 aprile 1961, figlia di un fisico nucleare e di una casalinga, seppe mescolare quei due mondi dentro di sé senza troppi squilibri: la madre spazzava la polvere dai pavimenti, il padre ne studiava la parte radioattiva. Moana, in mezzo, studiò e tanto: il liceo scientifico prima, il conservatorio poi. Le sue esibizioni di chitarra e clavicembalo devono essere state affascinanti. Ma Moana ebbe voglia di andare oltre: a 18 anni lasciò la famiglia per trasferirsi a Roma. Non dopo aver seguito i genitori nei tanti posti del mondo dove il padre veniva trasferito per lavoro: Brasile, Canada, infine Lione. Una città a cui Moana si affezionò in modo particolare, dove forse si sentiva sicura e anonima, e dove decise di vivere i suoi ultimi giorni: come fanno certi animaletti che si nascondono per morire, scegliendo un posto lontano ma conosciuto. Gli esordi (già un “po’ porno”) Estate 1980, camera da letto della Reggia di Caserta: è lì, in mezzo alla storia borbonica, che Moana scopre il seno davanti alla telecamera, per la prima volta. Senza troppi problemi, sicura del proprio corpo, nutrita di una certa dose di libertà post sessantottina che le cresce dentro. Si tratta di un cortometraggio, “Smorza ‘e llights ovvero Caserta by night”, di Arnaldo Delehaye, con Renzo Arbore. Ma l’ingresso “ufficiale” nella pornografia di “Serie A” avverrà solo sette anni più tardi. In mezzo, Moana, sembra quasi divertirsi a tirare la corda, calibrando uscite osè a lavori più istituzionali. A Roma si mantiene facendo la modella, con piccole parti nelle commedie italiane, che vivono la loro stagione più florida. Ma Moana osa troppo: nel 1982 le viene affidata una grande occasione, quella di condurre un programma per bambini su Rai 2 (“Tip Tap Club”), ma contemporaneamente si intensificano le sue presenze nei film proibiti, con scene sempre più hot. A nulla le servirà la sfilza di pseudonimi usati in quegli anni (Margaux Jobert si alternava a Linda Heveret): beccata dai dirigenti Rai, fu allontanata dal programma. Lì, il pubblico, inizio ad interessarsi a lei. Fantastica Moana È il 1987, l’esordio nei cinema è frontale: una pellicola con il suo nome, la regia di Riccardo Schicchi, un contratto con l’agenzia Diva Futura. Con “Fantastica Moana” si celebra il battesimo di fuoco di quella che sarà ricordata come la più grande pornostar italiana. Da lì, l’agenda della bionda genovese, non avrà più un giorno libero. “Moana la bella di giorno”, “Cicciolina e Moana Mondiali” sono solo due delle pellicole diventate cult, e cucite addosso alla fortissima personalità dell’attrice. Il mito in quegli anni sale di giorno in giorno: le tv se la contendono, i giornali la seguono, al pubblico piace pensare alla rivalità con Ilona Staller (i protagonisti del porno in quel periodo strategico diventano sempre più pop, hanno finalmente un volto e una vita extra, come dimostra anche il caso di Rocco Siffredi). Moana accontenta tutti: non risparmia ospitate nei salotti tv e nei primi, scandalosissimi “Erotik Festival” in terra italiana, incisioni musicali (“Mi sono rotta lo sai”; “Supermacho”), un libro sulle sue conquiste di letto che inguaia non poco personaggi istituzionali, come l’allora segretario del Psi Bettino Craxi. Il gioco delle ambiguità è un crescendo: nell’Araba Fenice, nel 1988, parla vestita solo di cellophane, scoppia il famoso caso della “rivolta delle casalinghe”, una sua lunga intervista a Baudo resta negli annali. Blob la manda in onda a più non posso. Censura permettendo. Lei stessa dirà più volte: “Il mio è un erotismo consapevole. Faccio all’amore e mi diverto. Ho fatto quello che volevo”. La politica Un cuore rosa, dentro una foto stilizzata di Moana. È il simbolo del Partito dell’Amore, fondato da Riccardo Schicchi e Mauro Biuzzi: nato all’inizio degli anni Novanta, vide un passaggio di testimone proprio fra le due antagoniste dell’hardcore, Cicciolina-Moana. La prima aveva già avuto la fortuna di entrare in parlamento con i Radicali, la seconda, meno fortunata, scese in campo per le elezioni politiche del 1992 e poi per le amministrative nella capitale. Nonostante i punti “seri” del suo programma (lotta alla corruzione e alla criminalità organizzata) rispetto a quelli precedentemente sostenuti dalla collega (creazione di parchi dell’amore, legalizzazione delle case chiuse), non riuscì ad arrivare all’elezione. Ma Moana prese più voti (12.393 nominali) di Umberto Bossi e Francesco Rutelli. La sconfitta fece virare ancora di più il programma verso temi più seri e sempre meno scandalistici. Moana organizzava direttivi nella sua casa romana, metteva soldi di tasca propria (il partito aveva perso il diritto al rimborso elettorale), ci credeva. Il partito, sebbene trafitto dalle sconfitte elettorali, morì con la scomparsa di Moana. Anche se per un certo periodo lo ressero Biuzzi e la mamma dell’attrice, sostanzialmente per difenderne l’immagine, anche in tribunale. La morte, tutto un altro film “Moana è viva!” Moana è viva!”. Sembrano visioni. Con regolare periodicità una voce che non si arrende, si leva da qualche giornale, pronta a giurare che Moana esiste, si nasconde da qualche parte del mondo, come uno di quegli ex leader pronti a tornare al momento giusto. Voci pronte ad alimentare il mito, e a far male alla famiglia. Moana è morta all’Hotel-Dieu di Lione il 15 settembre 1994, dove era ricoverata da mesi. La sua morte, un quarto di secolo fa, è ufficialmente dovuta ad un tumore al fegato, ma si parla anche di epatite cronicizzata. E qui inizia un altro film, l’ultimo di Moana: la sua morte, a soli 33 anni, è ancora fonte di misteri. Dai più neri, come l’ipotesi di essersi spenta a causa dell’Aids a quelle più colorate (viva, felice, al caldo). A posteriori, tutti hanno qualcosa da dire: chi se la ricorda emaciata nelle ultime ospitate, chi la vedeva sempre più triste, chi ha letto spiegazioni nuove in sue vecchie dichiarazioni. La verità è che il pubblico ha bisogno di ricordare un personaggio che ha segnato un’epoca: una ribelle, sensuale libera, elegante e intelligente. Quasi ossimori se cuciti addosso ad una donna, fino a pochi decenni fa.

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