La vedete quella formula lì nell'immagine? Sembra uscita da un compito di fisica del liceo, ma è il modo con cui il Dipartimento del Commercio USA ha deciso quali dazi imporre e a chi.
Sembra una roba seria, vero? Un’equazione con simboli, lettere greche, un bel denominatore. Peccato che sia una buffonata in piena regola.
Il meccanismo è semplice, quasi comico:
Prendi il deficit commerciale con un Paese (cioè quanto più importi rispetto a quanto esporti).
Lo dividi per le importazioni da quel Paese.
Ottieni un numero.
Lo dividi per due — “per gentilezza”, ha detto Trump.
Applichi quel numero come dazio. Fine.
Con l’Indonesia, come spiega il Post in un esempio, il deficit è di 17,9 miliardi di dollari e le importazioni ammontano a 28 miliardi di dollari. Da qui la formula: 17,9 diviso 28 fa 0,64 e dunque 64 per cento.
64% diviso 2 ("per gentilezza") = 32% di dazio su tutto.
Ora, a parte l’aritmetica da scuola media e a parte il fatto che Trump aveva dichiarato, mentendo, che questi dazi fossero una risposta ad altri dazi (non è così, come questa formula dimostra si sono basati solo sul deficit commerciale), il problema è il presupposto folle: che il deficit commerciale sia colpa del Paese esportatore.
Capito? È come dire: "Se compro troppo sushi, è colpa del Giappone".
Peccato che il commercio mondiale sia una cosetta un filo più complessa. Dentro ci sono miliardi di consumatori, imprese, regole, costi, dogane, elasticità, logistica, potere d’acquisto, dumping, trattati internazionali.
Insomma, si prendono decisioni su miliardi di dollari e milioni di lavoratori con una formula che fa acqua da tutte le parti. E invece di affrontare seriamente la globalizzazione, Trump la semplifica in un’equazione che sembra una barzelletta.
Ci sarebbe da ridere, se non stessimo parlando del destino del commercio mondiale. Ci sarebbe da ridere, se questo pazzo non fosse l'idolo della destra italiana e internazionale.
sabato 5 aprile 2025
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