martedì 9 maggio 2023

... giorno della memoria ...

ALDO MORO SOLO PER RICORDARE UN TRAGICO GIORNO! 

«Mia dolcissima Noretta, credo di essere giunto all’estremo delle mie possibilità e di essere sul punto di chiudere questa mia esperienza umana. Ho tentato di tutto. Credo di tornare a voi in un’altra forma. Ci rivedremo. Ci ritroveremo. Ci riameremo. A Te devo dire grazie, infinite grazie, per tutto l’amore che mi hai dato. Ricordati che sei stata la cosa più importante della mia vita. Bacia e carezza per me tutti, volto per volto, occhi per occhi, capelli per capelli. A ciascuno la mia immensa tenerezza che passa per le tue mani. Sii forte, mia dolcissima, in questa prova assurda e incomprensibile. Vorrei capire, con i miei piccoli occhi mortali, come ci si vedrà dopo. Se ci fosse luce, sarebbe bellissimo». Lui è Aldo, lei Noretta, la loro storia d'amore, resa immortale da queste poche parole che lui le scrisse dal carcere delle Brigate Rosse quando apprese della sua condanna a morte. Un amore talmente intenso da sopravvivere alla barriera più grande, in verità solo umana, l'estrema separazione, la morte. Il 9 maggio 1978 il corpo dello statista, giurista e presidente della Democrazia Cristiana, fu ritrovato in via Caetani, al centro di Roma, nel baule di un'auto. Aldo rimane uno dei padri della Repubblica, uno di quegli uomini per cui la politica può ancora, nonostante tutto, essere definita come il compito più alto dell'uomo su questa terra. Lei, Noretta, gli sopravvisse per tanti anni, e fino all'ultimo reclamò verità e giustizia per il suo uomo. Io, tutti noi, li immaginiamo insieme, mano a mano, nella luce, mentre si dicono che si, è bellissimo.
(Adnkronos) – “La mafia è una montagna di merda”. Peppino Impastato lo gridava forte e senza paura dai microfoni di ‘Radio Aut’ sfidando e sbeffeggiando con ironia, informazione e cultura, il potere mafioso. Un potere che nella sua Cinisi, a ‘cento passi’ da casa sua, aveva il volto del boss Tano Badalamenti che ne avrebbe ordinato la morte. E il 9 maggio 1978, mentre tutti i riflettori stavano per essere puntati su Roma per il ritrovamento, in via Caetani, del corpo senza vita del presidente Dc Aldo Moro, Peppino fu assassinato.   “A 45 anni dalla sua scomparsa, la figura del giornalista e attivista Peppino Impastato continua a rappresentare un simbolo e un esempio di ribellione e lotta ai condizionamenti della mafia”, ha scandito oggi il sindaco di Palermo, Roberto Lagalla. “Ha portato avanti una rivoluzione culturale, parlando apertamente di mafia in un territorio in cui c’era paura anche solo a nominarla. Il mio pensiero – aggiunge Lagalla – oggi va a Peppino Impastato e ai suoi familiari che, dopo la sua uccisione non si sono mai stancati di lottare per trovare la verità su quell’agguato mafioso di 45 anni fa”.  A ricordare il giornalista anche il ministro della Difesa, Guido Crosetto: “Aldo Moro e Peppino Impastato accomunati dalla tragica uccisione nella stessa data. Di loro – scrive su Twitter – ricordiamo caratura morale e grande coraggio. Nel giorno della memoria per le vittime del terrorismo il nostro pensiero va anche a chi non si è mai piegato davanti alla mafia”.  Dal sindacato è il leader Cisl Luigi Sbarra a ricordare la battaglia di Peppino. “Oggi ricordiamo le vittime del terrorismo e della mafia come Aldo Moro e Peppino Impastato, barbaramente assassinati quarantacinque anni fa. Non bisogna mai dimenticare il sacrificio dei tanti martiri della libertà e del progresso civile, sociale, economico”.  Tuttavia, dalla Cgil Sicilia, il segretario generale Alfio Mannino mette in guardia dal rischio di commemorazioni vuote. “Assistiamo oggi a un calo di tensione nella lotta contro la mafia. Si varano provvedimenti come quelli sugli appalti che allargano le maglie della discrezionalità, la pubblicistica – denuncia Mannino – privilegia il gossip piuttosto che la ricerca della verità su complicità e collusioni, viene riabilitato un ceto politico che per quanto abbia scontato i suoi debiti con la giustizia non può tornare illibato. E’ come se Peppino Impastato e Giovanni Falcone fossero morti invano. L’attuale clima ci preoccupa, la mafia è entrata in tanti settori economici, dai rifiuti alla sanità, anche grazie a un ceto politico se non colluso compiacente”. Mannino sottolinea “la necessità di una Sicilia libera dai condizionamenti mafiosi in economia, nel lavoro e nelle istituzioni. Libera dal malaffare che la sta strozzando e che le impedisce di progettare il proprio futuro. Il tempo di Pio La Torre, Impastato, Falcone è ora, è ora che dobbiamo mobilitarci e la Cgil è pronta a organizzare questa lotta. Come Impastato vogliamo che la bellezza della nostra terra e dei giovani sconfigga la misera di chi lucra e affama il popolo”.  

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