domenica 7 febbraio 2021

... un anno di prigione ...

È passato un anno da quando il ricercatore egiziano Patrick George Zaki è stato arrestato in Egitto, all’aeroporto internazionale del Cairo, la capitale del paese. Nel corso di questi 12 mesi, il suo arresto ha portato a una grossa e collettiva mobilitazione di attivisti e associazioni come Amnesty International, che chiedono al governo egiziano la scarcerazione di Zaki accusando il regime del presidente Abdel Fattah al Sisi di averlo imprigionato ingiustamente e per motivi politici. Zaki ha 28 anni e prima del suo arresto stava studiando per il suo dottorato in studi di genere all’Università di Bologna. Il giorno in cui è stato arrestato si trovava in Egitto per una breve vacanza nella sua città natale, Mansoura. Inizialmente non si era capito il motivo dell’arresto e solo in un secondo momento le autorità egiziane lo hanno informato di essere accusato di propaganda sovversiva. Subito dopo l’arresto è stato portato a Mansoura e hanno cominciato a circolare racconti del suo interrogatorio, durante il quale sarebbe stato minacciato, picchiato e sottoposto a scosse elettriche. Le accuse nei confronti di Zaki sono di aver pubblicato notizie false con l’intento di disturbare la pace sociale, di aver incoraggiato le proteste contro l’autorità pubblica e il rovesciamento dello stato egiziano. Sono accuse che di solito il regime egiziano – noto per essere repressivo e violento – rivolge ai dissidenti o a chi è critico nei confronti del governo. Secondo Amnesty Zaki rischia fino a 25 anni di carcere, a causa di alcuni post su Facebook che gli avvocati di Zaki sostengono essere falsi. Le prime udienze del processo contro Zaki si sono tenute solamente a luglio del 2020, 5 mesi dopo l’arresto. Lo scorso 7 dicembre il giudice della terza sezione del tribunale antiterrorismo del Cairo ha stabilito un primo prolungamento del carcere preventivo, rinnovato nuovamente il 2 febbraio 2021. Il caso è seguito anche dal ministero degli Esteri italiano, che ha chiesto il suo inserimento in un «programma di monitoraggio processuale coordinato dall’Unione Europea», che prevede che il processo contro Zaki sia costantemente monitorato dalla delegazione diplomatica in Egitto di alcuni paesi dell’UE. Durante l’udienza di inizio febbraio, in tribunale era presente un funzionario dell’ambasciata italiana al Cairo.

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