venerdì 3 gennaio 2020

... 100 anni fa ...

Esattamente cent’anni fa nasceva a Napoli Renato Carosone, uno dei più grandi e originali artisti della canzone italiana, grande creatore di contaminazioni

di Mario Luzzatto Fegiz

I 100 anni di Renato Carosone, genio eclettico ma sempre outsider.

 Esattamente cent’anni fa nasceva a Napoli Renato Carosone, uno dei più grandi e originali artisti della canzone italiana, creatore di contaminazioni fra il jazz, la musica americana e partenopea e l’Oriente. I suoi classici, da Torero a Caravan petrol, da Tu vuò fa l’americano a Pianofortissimo, da Maruzzella a Pijate ‘na pasticca testimoniano una modernità stilistica e una vocazione all’intrattenimento in qualche modo uniche. Carosone ebbe la fortuna di un padre che amava la musica e lo spinse a studiare, fino al diploma, su uno scassatissimo pianoforte francese. Poi una scrittura con una compagnia di varietà lo portò a Massaua, Addis Abeba, Asmara. La scalata al successo cominciò nel ‘49 quando formò un trio con Van Wood e l’esuberante batterista Gegè di Giacomo: debuttò nel ‘49 alla Shaker Club di Napoli, mentre nel ‘55 inaugurò la Bussola di Sergio Bernardini, alleandosi col paroliere Nisa (Nicola Salerno) che inventò dei testi in linea con l’ecletticità e lo humour di Carosone, qualità con cui incantava le platee. Torero fu tradotta in 12 lingue, la Loren e Clark Gable duettarono con Tu vuò fà l’americano ne La Baia di Napoli, la Magnani cantò Maruzzella e anche Scorsese utilizzò suoi brani in Main Street. Nel ‘59, al culmine del successo, annunciò il ritiro. «Ritengo che il mio genere sia ormai superato». Per i 15 anni seguenti solo piano e pittura, la sua segreta passione. Poi il ritorno. Carosone era un napoletano speciale che detestava l’acquerello partenopeo del quadrinomio cuore-amore-pizza-Vesuvio. Pur cresciuto con molti grandi della canzone napoletana come Sergio Bruni e Murolo, rimase un outsider. Il 20 maggio 2001, dopo aver pranzato con la famiglia, si concesse un sonnellino. Dal quale non si svegliò più. Un addio in punta di piedi, con la stessa classe con cui aveva vissuto.

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