Libia, oltre mille i morti a Tripoli. Gheddafi: non lascio, morirò qui
Martedì 22.02.2011 15:30
Si aggrava sempre di più la situazione in Libia. Sono oltre mille i morti a Tripoli durante i bombardamenti sulla folla di manifestanti scesi in piazza per protestare contro il regime di Muammar Gheddafi. A riferirlo è il presidente della Comunità del Mondo Arabo in Italia (Comai) Foad Aodi, che e' in costante contatto, da Roma, con alcuni testimoni in Libia. "Manca l'energia elettrica e i medicinali negli ospedali", ha riferito ancora Aodi, che ha rivolto un appello al governo italiano affinché' si mobiliti 'per un aiuto economico e con l'invio di medicinali in Libia. Il governo non rimanga in coma, sordo e cieco, alla rivoluzione che e' in atto in queste ore'.
TELEFONATA BERLUSCONI-GHEDDAFI. La telefonata tra Silvio Berlusconi e il leader libico Gheddafi, a quando si apprende, c'e' stata dopo
appena venti minuti dal discorso televisivo del Colonnello. Dunque, il colloquio tra i due ha finito per toccare, sempre a quanto si apprende, anche quella frase dello stesso Gheddafi in cui si parla di razzi italiani forniti ai giovani che manifestano a Bengasi. Una circostanza questa che è stata seccamente smentita da parte del presidente
del Consiglio italiano. Già lunedì, con una nota, Berlusconi aveva avuto occasione di dirsi allarmato per l'inaccettabile uso della violenza tornando a sottolineare la necessita' di una soluzione pacifica per la crisi in corso in Libia, una soluzione all'insegna della moderazione. Berlusconi ha anche ribadito la necessita' di scongiurare una guerra civile con tutte le conseguenze che questa porta con se'.
GHEDDAFI IN DIRETTA TV. IL DISCORSO
"Non sono un presidente e non posso dimettermi". "Sono un leader della rivoluzione e resterò' a capo della rivoluzione fino alla morte, come un martire". Muammar Gheddafi, dopo la brevissima apparizione in TV della scorsa notte, torna in un discorso sulla rete nazionale libica per esortare con tutta la sua forza il Paese a reagire alle proteste, attaccando i media arabi "che vogliono rovinare la vostra immagine nel mondo" e i "giovani drogati", che imitano le rivolte in Egitto e dietro cui, ha detto "c'e' un gruppo di persone malate infiltrate nelle città' che pagano questi giovani innocenti per entrare in battaglia", "ratti pagati dai servizi segreti stranieri". "Chi ha designato questi attacchi ora e' in sedi tranquille dopo aver dato loro ordine di distruggerci". Gheddafi e' apparso in TV dalla sua residenza-caserma di Bab alAzizia, a Tripoli, dove si e' asserragliato col crescere della rivolta nel Paese. Occhiali, turbante color cammello e casacca con mantella intonata, Gheddafi e' apparso molto accalorato. Ha parlato in piedi, gesticolando e usando toni forti, urlati. "La vostra immagine e' distorta nei mass media arabi per umiliarvi" ha detto e ha esortato il popolo, unico vero leader della Libia, a reagire. "Uscite dalle vostre case e attaccate i manifestanti". "Le famiglie dovrebbero iniziare a raccogliere i loro figli. A uscire dalle loro case se amano Gheddafi". "Non abbiamo ancora utilizzato la forza - ha aggiunto nel suo discorso in TV - e la useremo in conformità' con le leggi internazionali". Gheddafi ha poi esortato anche l'esercito e la polizia a "schiacciare la rivolta" e ha ricordato che la legge libica prevede per i protestanti la pena di morte. Il leader libico accusa: Italia e Usa "hanno dato razzi Rpg ai ragazzi di Bengasi".
LIBIA: ITALIANI RIENTRATI, CAOS ALL'AEROPORTO DI TRIPOLI - Circa 180 italiani sono rientrati, all'aeroporto di Fiumicino, dalla Libia a meta' pomeriggio con un volo di linea Alitalia, un A321 da 200 posti, il primo riuscito a partire da Tripoli alla volta dell'Italia. Ed il caos nell'aeroporto libico e' testimoniato proprio dal racconto di molti connazionali: "L'aeroporto di Tripoli e' ormai una sorta di campo profughi, e' sull'orlo di una crisi umanitaria, scarseggiano cibo ed acqua: c'e' la ressa di migliaia di persone in attesa di poter partire, che fanno fatica, tra spintoni e tensione, ad arrivare agli imbarchi". Un volo speciale, un B777 da 290 posti organizzato da Alitalia per conto della Farnesina, partito alle 13 da Fiumicino, e' atteso poi in rientro allo scalo romano alle 19.40; un altro volo speciale da Tripoli, un A319 con 132 passeggeri, allestito sempre da Alitalia per conto di un Ente riconosciuto, atterrerà' alle 18.15 a Malpensa. La compagnia di bandiera ha messo a disposizione per il rimpatrio dei nostri connazionali aerei di maggior capacita' operativa di posti. "Abitavo in un quartiere residenziale al centro di Tripoli - racconta un giovane operaio edile - al chiuso mi sentivo abbastanza al sicuro e non avevo paura, ma dall'esterno sentivo spari ma anche caroselli festanti, fuochi d'artificio e musica, di cui era difficile capire l'origine. Era un forte contrasto. Di bombardamenti ho solo sentito voci, ma nessuna percezione diretta: c'erano gli incroci presidiati da miliziani armati di kalashnikov e jeep dell'esercito. Sparavano tutto intorno".
"Siamo stati in attesa in aeroporto da mezzogiorno di ieri - hanno poi raccontato un gruppo di giovani, che hanno interrotto il loro tour nel deserto con un anticipo di 5 giorni - c'e' un caos incredibile, mancava da mangiare e da bere; non essendo stati in città', molti stranieri ed italiani ci hanno riferito degli spari e della tensione a Tripoli". Gli fa eco un addetto di una ditta di olio-gas, rientrato con un gruppo di colleghi da Mellita: "Abbiamo atteso 17 ore in aeroporto, dopo aver impiegato piu' di 4 ore per entrare nello scalo: ieri i nostri funzionari ci hanno detto che era opportuno far rientro al piu' presto in Italia". Nella testimonianza di altri connazionali la "scarsa assistenza" da parte del Consolato italiano: "A differenza di portoghesi, austriaci e francesi in aeroporto ci siamo sentiti abbandonati, con difficoltà' ad avere dei contatti sia telefonici che diretti. Ringraziamo un funzionario Alitalia che si e' adoperato per tanti di noi". C'e' anche chi si e' fatto un'idea chiara della situazione: "E' un Paese scisso - raccontano dei turisti - tra una Cirenaica povera, da dove siamo andati via prima che scoppiasse il caos quando si cominciavano a vedere i primi fuochi sulle strade, ed una Tripolitania piu' sviluppata: si puo' cosi' comprendere perché' i moti siano partiti dalla prima regione".
NAPOLITANO: ASCOLTI IL POPOLO - Il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano sta seguendo con attenzione le drammatiche notizie provenienti dalla Libia che riferiscono di un già pesante bilancio di vittime fra la popolazione civile. Il Capo dello Stato sottolinea come alle legittime richieste di riforme e di maggiore democrazia che giungono dalla popolazione libica vada data una risposta nel quadro di un dialogo fra le differenti componenti della società civile libica e le autorità' del Paese che miri a garantire il diritto di libera espressione della volontà popolare. Viceversa la cieca repressione che colpisce in modo indiscriminato la popolazione non fa che allontanare il Paese da quel cammino di pace e prosperità necessario ad assicurare il benessere del popolo libico. Il Presidente Napolitano auspica pertanto l'immediata cessazione delle violenze e invoca una rinnovata determinazione negli sforzi volti a restituire al popolo libico la speranza in un futuro migliore.
Intanto sara' il cacciatorpediniere lanciamissili 'Francesco Mimbelli' a salpare dall'Italia per fare "da piattaforma per il controllo aereo nel sud del Mediterraneo". Lo ha riferito il ministro della Difesa Ignazio La Russa da Abu Dhabi, sottolineando che a partire non sarà' dunque la nave Elettra come in precedenza riferito. "Per motivi di logistica e tecnici", ha spiegato il ministro a margine della sua visita ufficiale negli Emirati Arabi, "non sarà' piu' l'Elettra ma la Mimbelli a posizionarsi nel sud del Mediterraneo. Il progetto rimane uguale ma non aggiungo altro perché' in questo momento credo sia opportuno mantenere un po' di riservatezza. La Mimbelli e' una unita' multi-ruolo con un equipaggio di circa 400 persone". La Mimbelli, caccia torpediniere specializzata nella difesa aerea, partirà' dal porto di Taranto in giornata per posizionarsi nelle acque internazionali nel Sud del Mediterraneo.
SAIF GHEDDAFI: NIENTE MASSACRI La tv di Stato ha smentito le voci di "massacri" nel paese anche se dal mondo arabo (e dagli Stati Uniti) si moltiplicano le voci di condanna per la sanguinosa repressione organizzata dal regime del colonello. La tv Al-Jamahiriya cita anche Saif, il figlio del colonnello. Per Saif non è stato effettuato nessun raid su Tripoli o Bengasi ma l'aviazione ha bombardato "depositi di armi lontani dai centri abitati".
IL MONDO ARABO IN ALLARME - La crisi libica mette in allarme il mondo arabo. Mentre hamas e l'Iran condannano le violenze contro i civili, la Lega araba convoca una riunione d'urgenza e l'Egitto rafforza i controlli alla frontiera. La riunione è prevista alle 17 locali (le 16 italiane) e si terrà a livello di ambasciatori dei ventidue membri dell'organizzazione. Il segretario della Lega araba, Amr Moussa, ha espresso la sua "estrema preoccupazione" dopo la cruenta repressione delle manifestazioni contro il colonnello Muammar Gheddafi in Libia, chiedendo di "interrompere tutte le forme di violenza". "Le rivendicazioni di tutti i popoli arabi che richiedono riforme, lo sviluppo e il cambiamento sono legittime", ha dichiarato Moussa in un comunicato. Il rappresentante permanente della Libia presso la Lega, Abdel Moneim al-Honi, ha annunciato le dimissioni dall'incarico unirsi alla "rivoluzione" e ha protestato per la "violenza contro i manifestanti" nel Paese. L'Egitto, intanto, ha rafforzato la presenza militare al confine con la Libia.
Intanto il Consiglio di Sicurezza dell'Onu si riunisce per discutere la crisi in Libia. Lo ha annunciato il Segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, aggiungendo di aver parlato direttamente con il leader libico Muammar Gheddafi, invitandolo alla "porre fine alle violenze". "L'ho invitato ad avere pieno rispetto dei diritti dell'uomo, della libertà di riunione e di parola", ha detto il numero uno dell'Onu, precisando di essersi intrattenuto al telefono con il colonnello per circa 40 minuti. "L'Ambasciatore aggiunto della Libia (all'Onu) ha chiesto una riunione urgente del Consiglio di sicurezza e il Consiglio di sicurezza si riunirà domani mattina (martedì)", ha detto Ban ai giornalisti. Interpellato sul suo colloquio con Gheddafi, ha aggiunto: "L'ho invitato a porre fine alle violenze contro i dimostranti e ho nuovamente ribadito l'importanza di rispettare i diritti dell'uomo di questi dimostranti". Poche ore prima, Ban si era detto "indignato" per le notizie in arrivo dalla Libia, secondo cui le forze dell'ordine avevano aperto il fuoco sui dimostranti: "Tali attacchi contro civili, se saranno confermate, costituirebbero una violazione grave della legge umanitaria internazionale e sarebbero condannati dal Segretario generale nei termini più duri", aveva sottolineato il suo portavoce Martin Nesirky. Poco dopo, era quindi stato diffuso un comunicato in cui il Segretario generale dell'Onu aveva rivolto un appello "per la fine immediata della violenze".
Gli Stati Uniti chiedono alla Libia di mettere fine a "un bagno di sangue inaccettabile": lo ha detto il capo della diplomazia americana, Hillary Clinton. "Il mondo osservata allarmato la situazione in Libia - ha detto - e gli Usa si associano alla comunità internazionale per condannare con fermezza la violenza. Il governo libico ha la responsabilità di rispettare il diritto universale del popolo... Bisogna fermare questo bagno di sangue inaccettabile". L'amministrazione Obama, ha proseguito la Clinton, "lavora intensamente con i suoi alleati nel mondo per far arivare questo messaggio al governo libico". Gli Usa nel 2008 hanno rinominato per la prima volta un ambasciatore in Libia dal 1972. Tra i due paesi le relazioni diplomatiche.
Anche l'Iran si e' unito al resto della comunita' internazionale nello stigmatizzare la repressione delle proteste di piazza in atto in Libia. Per Teheran, e' l'ennesimo segnale del risveglio nel mondo islamico. "L'estrema violenza impiegata contro il popolo libico e' inaccettabile", ha affermato Ramin Mehmanparast, portavoce del ministero degli Esteri iraniano, citato dall'agenzia di stampa semi-ufficiale 'Mehr'. "Le notizie di attacchi dell'Aviazione sui civili e sulle zone residenziali, il massacro degli innocenti sono deprecabili e chiediamo alle organizzazioni internazionali di attivarsi per fermarli", ha aggiunto il portavoce. Mehmanparast ha quindi puntualizzato che "la Repubblica islamica considera la rivolta del popolo libico e le sue richieste giuste e coerenti con il risveglio islamico in corso nei Paesi della regione".
Questa la sequenza degli ultimi eventi in Libia dopo l'inizio delle proteste senza precedenti contro il regime del colonello Gheddafi, al potere da oltre 40 anni.
Nella notte tra martedì e mercoledì la polizia disperde con la forza un sit-in antigovernativo a Bengasi, seconda città del paese e roccaforte dell'opposizione. 30 feriti. A al Baida, a 1200 km est da Tripoli, due manifestanti sono uccisi dalle forze di sicurezza.
Dopo duri scontri, sei persone sono uccise a Bengasi e due ad Al Baida. In giornata viene diffuso su Facebook un appello per scendere il piazza il giorno dopo in un "giorno della collera contro il regime". Scontri, feriti e arresti anche a sud di Tripoli a Zenten.
Il bilancio della rivolta supera quota quaranta morti. Duri scntri a Bengasi, dove viene incendiata la sede della radio. A Baida due poliziotti sono catturati dai manifesatanti, quindi impiccati.nella capitale continuano invece a scendere in piazza i sostenitori di Gheddafi. Il colonnello Gheddafi fa una breve apparizione in pubblico ma non fa alcun discorso.facebook non è più accessibile e le connessioni internet sono molto disturbate.
Secondo Human Rights Watch oltre 80 persone risultano essere state uccise nei cinque giorni di contestazione. A Bengasi 12 persone sono state uccise dalle forze dell'ordinementre prendevano d'assalto una caserma. Sanguinosi scontri anche a Musratha, 200 km a est della capitale. La connessione a internet è praticamente impossibile.
La contestazione si trasforma in aperta insurrezione nell'est del paese. Hrw parla ormai di oltre 100 morti da martedì. Nella sola giornata di domenica 60 persone almeno sono uccise a Bengasi. Le autorità libiche annunciano l'arresto di una serie di stranieri arabi accusati di complottare per destabilizzare il paese.
A Tripoli gli avvocati organizzano un sit-in di protesta contro la repressione mentre la sede di una televisione e di una radio pubbliche vengono attaccate e saccheggiate. Il manifestanti attaccano anche posti di polizia e sedi dei comitati rivoluzionari. sfilano i sostenitori del regime e nella notte si scontrano con i rivoltosi presso la Piazza verde, nel centro città. In serata parla al paese Saif al islam, figlio di Gheddafi: Saif evoca lo spettro di una sanguinosa guerra civile ma promette riforme febbraio: HRW diffonde un nuovo bilancio. I morti sono oltre 230. Molti paesi occidentali si preparano a evacuare i loro cittadini mentre si diffonde la voce, non verificabile, di una fuga del colonnello Gheddafi. Nel pomeriggio, durissimi scontri a Tripoli: l'aviazione interviene contro la folla. Il bilancio dei morti supera quota trecento. In tarda serata Gheddafi si presenta in tv e smentisce le voci di fuga: "non sono in Venezuela". Dagli Usa il segretario di stato Clinton chiede di porre fine al "bagno di sangue".
mercoledì 23 febbraio 2011
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