sabato 25 dicembre 2021
... Natale in quarantena ...
È la prima volta che scrivo un post autobiografico. Ho sempre fatto in modo che questo blog, al di là di una presentazione nella pagina "Chi sono", non avesse volto, vita o storia legata all'autrice, ma che in esso stesso, attraverso i suoi scritti, si creasse una nuova immagine, che non sia né quella di chi scrive, né tantomeno quella dei suoi lettori.
Oggi trasgredirò per la prima volta questa linea editoriale, poiché la situazione in cui ci troviamo inonda la mia testa di pensieri, elaborazioni, domande e non posso fare a meno di metterli nero su bianco, apponendovi tanto di firma e partendo da una situazione assolutamente personale.
Mi trovo in quarantena cautelativa, ovvero, essendo entrata in contatto con un caso di positività al Covid, pur risultando negativa al test antigenico, devo rimanere a casa per una settimana in via preventiva, e poi ripetere il test. Sono indicazioni del medico, c'è poco da discutere. La conversazione è stata abbastanza esaustiva: "Dottere'! Sono entrata in contatto con un caso di Covid, cosa devo fare?" Due-tre domande per capire quanto questo contatto fosse stretto e ad alto rischio, e il verdetto è arrivato "Ti tocca!". Eseguo. Avviso la mia famiglia "Mamma, papà, quest'anno la vigilia la faremo in video chiamata!", si dispiacciono, ma prendono atto. Mi precipito a casa e faccio incetta di libri, film e serie tv per trascorrere questi giorni. Mi faccio anche suggerire un buon programma di video-allenamenti, in modo da garantirmi un minimo di movimento, mi faccio portare la spesa, due-tre chiamate a persone a cui voglio bene e che avrei dovuto vedere... E stop. La settimana di segregazione abbia inizio! Il rodimento è inevitabile, ma pensare a "cosa accadrebbe se", lo placa e me la fa prendere tutto sommato zen. Mi sembrava tutto assolutamente lineare e poco discutibile, eppure, le voci di chi non condivide questa scelta (quale scelta?!) o che "si vabbè ma mo' stai pure a sentire quello che dice il medico" (ma una volta non esisteva il detto "Mica l'ha detto il medico" per far capire quanto fosse obbligatoria una cosa?) non hanno tardato a farsi sentire.
Al di là delle incazzature, non ho potuto fare a meno di trasformare queste dinamiche in una ricerca personale. Chi si sentiva contrariato a questa scelta (continuo a chiedermi quale scelta) erano persone che avrebbero voluto vedermi e trascorrere queste feste con me. Gesto affettuoso, non c'è che dire. È talmente poco il tempo per stare insieme, che effettivamente non poter approfittare delle feste è un bel rammarico. Ma poi accendo la televisione, guardo quello che sta succedendo e mi rassereno all'idea di essermi accorta per tempo di questo "contatto" e di essere corsa ai ripari.
Non so se quello del mio medico sia eccesso di zelo, ma qui non stiamo parlando di un raffreddore, ma di una malattia che se ti contagia rischia di mandarti all'altro mondo, previo averti fatto diventare a tua volta veicolo di contagio, e allora, mi chiedo, vale davvero la pena rischiare? Vale davvero la pena essere approssimativi, dire "ma sì cosa vuoi che succeda?" quando la posta in gioco è così alta?
E allora la mente va un po' indietro nel tempo e torna la memoria di qualcuno che mi insegnò la differenza tra affetto e affettività. L'affetto è quel sentimento che si prova verso le altre persone - ma, perché no, anche verso gli animali - per il quale si ricerca il contatto fisico, lo scambio, la carezza, il bacio. Un sentimento molto bello, che classificherei comunque fra gli "affetti sani". Ma a volte l'affetto può ingannare, perché se non va a braccetto con quell'altra parola che tanto gli somiglia, ma in fondo in fondo così diversa nel significato, diventa una terribile trappola.
L'affettività è volere il bene dell'altro. Anche a costo di sacrificare qualche bacio, qualche carezza, qualche incoraggiamento. A volte l'affettività prevede un'assertività che turba l'affettuoso tutto baci e carezze. A volte l'affettività richiede una solitudine, una separazione, un allontanamento. Qualsiasi cosa si riveli al servizio della realizzazione dell'altro. E allora vien da chiedersi quanto questo bisogno di vicinanza e festeggiamenti a tutti i costi, anche con un'epidemia in corso, sia affettivo. E son le favole a venirci in aiuto, in certi casi, quando raccontano di innocenti vecchiette che regalano mele avvelenate o di case di marzapane destinate a diventare prigioni.
C'è poi tutto un altro discorso che riguarda una generale diffidenza nei confronti della scienza e dei medici, che mi ricorda tanto quei tempi oscuri in cui i mali dell'umanità - morti, malattie, epidemie - venivano imputati agli dei, e mi obbliga a una riflessione su chi siano, da sempre, i veri nemici della scienza.
Ma affrontarlo adesso, renderebbe questo articolo autobiografico troppo lungo, perciò lo lascio lì come spunto e torno alle mie faccende da quarantenata.
Buona Festa del sole a tutti!
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