venerdì 19 novembre 2021

... 20 anni fa ...

Maria Grazia lo sapeva di trovarsi in uno dei posti più pericolosi al mondo. E sapeva anche che quello era un momento particolare: era il 2001, il paese in preda al caos, i Talebani in fuga, violenza e disperazione ovunque. Ma lei doveva, voleva raccontare quello che stava accadendo, perché era il suo lavoro. Un lavoro che lei amava intensamente nonostante le difficoltà, la valigia sempre pronta e i tanti anni di precariato, prima di essere finalmente assunta, nel 1999, al Corriere della Sera. Maria Grazia Cutuli aveva bisogno di cercare la verità per poi raccontarla, non era una giornalista da scrivania, e per questo non aveva esitato ad andare in Afghanistan all’indomani dell’attentato alle Torri Gemelle, e da Jalalabad aveva deciso di recarsi a Kabul, nell’occhio del ciclone. Era il 19 novembre 2001. Quella mattina sul Corriere della Sera era appena uscito un suo scoop: Maria Grazia Cutuli aveva scoperto la presenza di un deposito di gas nervino in una base di Al-Qaida. Un articolo scritto dopo settimane di indagini e perlustrazioni sul campo: un bellissimo esempio di giornalismo investigativo. Ma purtroppo quello fu il suo ultimo articolo. Perché a pochi chilometri da Kabul, Maria Grazia fu vittima di un agguato, e lei e i suoi colleghi Julio Fuentes, Harry Burton e Azizullah Haidari furono tutti brutalmente uccisi. Maria Grazia Cutuli aveva solo 39 anni. Tutto questo accadeva 20 anni fa. Maria Grazia non è stata dimenticata, né in Italia, né in Afghanistan, dove una scuola nella provincia di Herat è stata dedicata a questa giovane inviata di guerra, morta per raccontare la Storia di un paese dilaniato dalla violenza. Ma quella stessa violenza di 20 anni fa, oggi è ancora drammaticamente attuale, e nella scuola dedicata a Maria Grazia, la sua foto adesso non campeggia più all’ingresso, ma è seminascosta, per non “disturbare” i talebani che sono tornati al potere. E a cui, evidentemente, una donna che ha fatto della libertà di informazione la sua vocazione di vita, continua a far paura, anche da morta. Perché donna, perché libera, perché giornalista. E perché, come scrisse Maria Grazia in uno dei suoi tanti articoli dedicati all’Afghanistan: “Non ci sono donne tra chi fa la guerra, gestisce il potere, decide il futuro”.

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