mercoledì 30 aprile 2025

... fine mese ...

"Quello che sta emergendo in queste ore sui saluti fascisti a Milano è semplicemente sconvolgente. Come riporta il giornalista Matteo Pucciarelli di Repubblica, la polizia non solo ha lasciato sfilare indisturbati migliaia di neofascisti con il braccio teso, ma ha addirittura presidiato le vie del corteo per proteggere i manifesti affissi in onore di Ramelli. E quando un cittadino — uno solo — ha provato a staccarli dicendo “perché il mio palazzo deve essere imbrattato così?”, è stato fermato e identificato dai poliziotti. Poliziotti che hanno chiamato due agenti della Digos che candidamente gli hanno spiegato: “Siamo qui per vigilare che nessuno li stacchi”. Capite? Non vigilare contro il saluto fascista. Non far rispettare la legge che vieta l’apologia del fascismo. Ma proteggere i manifesti neofascisti. Siamo arrivati a questo. Uno Stato che non tutela la Costituzione, ma i suoi nemici, che non ferma chi celebra il Ventennio, ma chi ancora prova a indignarsi. Un’indecenza totale". Un unico appunro agli amici di Abolizione del suffragio universale Non è un'indecenza. O almeno non solo è illegalità tutelata dallo Stato. Come nel Ventennio più triste della storia italiana!!!
La direttrice del cimitero acattolico di Roma ha vietato le bandiere rosse durante la commemorazione di Antonio Gramsci, rivoluzionario comunista e fondatore del Partito Comunista d'Italia, affermando che "bandiere rosse e camicie nere sono ugualmente divisive" Oltre ad essere di una disonestà intellettuale gigantesca e una dimostrazione di infamia storica, queste affermazioni sono un segno distintivo dei tempi che viviamo È incredibile ma non sorprendente vedere come più sale l'estrema destra, più i liberali alzano il tiro nell'attacco a comunisti e socialisti, cercando di rendere il più accettabile possibile una condanna politica dapprima solo verbale per poi diventare attiva sotto forma di leggi e divieti Leggi come l'equiparazione di comunismo e nazismo votata ben due volte dal parlamento europeo, divieti come quello contro la commemorazione di Gramsci o quello a Berlino contro simboli e bandiere sovietiche per il 9 Maggio, prorogato per il terzo anno consecutivo dalle autorità della città. Il fatto che la capitale tedesca sia governata da una coalizione SPD, Linke e Verdi rende il divieto ancor più vergognoso e conferma l'assioma dell'anticomunismo preferito ad ogni antifascismo La storia ci insegna che il capitale quando affronta una crisi strutturale e di egemonia diventa più aggressivo. Sguinzaglia la sua parte armata e senza remore o tentennamenti mette da parte ogni istituzione democratica e annichilisce qualsiasi agibilità politica pur di autoconservarsi Viviamo in una Weimar moderna, nella quale, come allora, le classi dirigenti tra Hiler e i comunisti scelgono il primo senza nemmeno pensarci. A parole magari lo dileggiano, come oggi fanno con Afd, ma dall'altro si concentrano esclusivamente contro chi è realmente rappresenta l'alternativa di sistema Non è possibile però cancellare la storia, nonostante gli enormi sforzi di revisionismo che si stanno attuando in occidente. Sono passati 80 anni dalla denazificazione dell'Europa e come disse Zhukov: "non ci perdoneranno mai" Ma nemmeno noi perdoneremo mai loro Dovrebbero anzi sapere che se dovremo di nuovo arrivare a Berlino e innalzare la "vietata" bandiera rossa sul Reichstag, lo faremo 

(da un post di Nicolò Monti )



... e nel frattempo, nel nostro piccolo abbiamo provveduto alle nostre scadenze ...

... CIAO MIA KITTY ...

Ciao mia Kitty, 

 il tempo passa veloce e scandisce il terzo anno da quando sei partita, superando il ponte dell'arcobaleno ... io sono rimasto qui, in attesa del mio momento, con la speranza di ritrovarvi e poter stare per sempre con voi. 
Qui l'atmosfera è sempre più pesante, c'è un evidente rigurgito di fascismo, favorito da un governo erede del precedente tragico regime. Ma non voglio annoiarti con queste miserie umane, io penso sempre a te ed a Tommy, siete stati due splendidi compagni di vita e spero che saremo di nuovo presto insieme- spero che Dio mi faccia questo regalo, non desidero altro, pagherò per i miei errori, subirò la pena per i miei peccati, chiedo solo di potervi avere accanto a me per sempre. 

 Ciao Kitty, a presto, spero! 

 il tuo amico Renato.

martedì 29 aprile 2025

... Giorgia Meloni ...

𝐈𝐥 𝐩𝐫𝐞𝐦𝐢𝐞𝐫𝐚𝐭𝐨 𝐜𝐡𝐞 𝐜'𝐞̀ 𝐠𝐢𝐚̀ 

Il #buongiorno di Giulio Cavalli 

Nel Parlamento italiano il primo maggio dura dodici giorni. Non è una battuta, è la fotografia impietosa che Stefano Iannaccone traccia su Domani. Sedute sospese, commissioni ridotte ad audizioni a distanza, aule vuote. È il simbolo di una politica che si arrende alla propria irrilevanza mentre Giorgia Meloni consolida un premierato di fatto senza bisogno di riforme. Il governo decide senza contraddittorio, converte decreti in leggi senza dibattito, annuncia iniziative senza mediazione. La "madre di tutte le riforme", sbandierata come priorità istituzionale, è scomparsa dal calendario, ma il potere si è già riorganizzato intorno alla figura della premier. Senza resistenza. Senza alternative. La morte di papa Francesco e i dazi di Donald Trump anestetizzano un dibattito politico che, a destra come a sinistra, sembra incapace di reagire. Le opposizioni si aggrappano ai social, ma la mobilitazione sui referendum per il voto dei fuorisede è tiepida, burocratica, inadeguata. Giuseppe Conte tenta una mossa sui diritti dei lavoratori, ma il rumore si spegne senza eco. Nel frattempo la Camera e il Senato sembrano esistere solo per ratificare decisioni già prese altrove. I numeri raccontano una resa: quasi tre voti di fiducia al mese, record assoluto per un governo politico. I luoghi della rappresentanza si svuotano senza che nessuno si prenda la responsabilità di difenderne la dignità. Il risultato è un'Italia in cui la democrazia formale sopravvive, mentre quella sostanziale si consuma nell'indifferenza. E Giorgia Meloni, senza colpo ferire, trasforma l'inerzia collettiva nella propria incoronazione.

... Sandro Pertini ...

SANDRO PERTINI SPIEGA COME E PERCHE' IL CRIMINALE MUSSOLINI FU GIUSTIZIATO DAI PARTIGIANI SU ORDINE DEL C.L.N. IL 28 APRILE 1945... 

... E’ la parola destino. Il destino. Lo chiami destino, le chiami coincidenze, però le coincidenze della mia vita sono coincidenze eccessive per sembrare solo coincidenze. Pensi al mio incontro con Mussolini, poco prima della liberazione di Milano. Vengo a sapere che i rappresentanti del CLN Alta Italia sono riuniti da Schuster, così mi precipito all’arcivescovado, salgo su per una rampa della scalinata, e giù per l’altra rampa vedo scendere un vecchio in uniforme circondato da gerarchi. Un vecchio molto pallido, molto scavato. Resto un po’incerto e poi dico a me stesso: «Ma quello è Mussolini!». Era proprio Mussolini che s’era appena recato da Schuster per dire che era pronto ad arrendersi purché nei suoi confronti fossero applicate le norme dei Diritti delle Genti. Quando Schuster parlò di Diritti delle Genti io risposi: «Se si arrende, sarà consegnato al CLN. Il CLN lo affiderà a un tribunale del popolo e giustizia sarà fatta». Allora intervenne il prefetto di Milano, e disse che io non avevo assolutamente a cuore le sorti di Milano: se Mussolini fosse morto, i tedeschi avrebbero messo la città a ferro e fuoco. E a lui risposi: «Senta, è dal 1922 che io ho a cuore non solo le sorti di Milano ma di tutta l’Italia. La ruota dell’insurrezione ha già incominciato a girare. Non saremo né io né lei a fermarla». Oh, io non ebbi mai dubbi sul fatto che Mussolini dovesse arrendersi al CLN e venir fucilato. Dovevamo impedire che finisse nelle mani degli alleati che lo volevano vivo. Sul fatto di impedire che finisse nelle mani degli alleati, del resto, ci mostrammo tutti intransigenti. Non a caso, quando sapemmo che Mussolini era tornato in prefettura, volevamo prenderlo lì. Ma la prefettura era presidiata dai carri armati tedeschi e, quando arrivammo, lui era già partito per il suo destino. Cioè Dongo. Chiariamo bene questo punto: Mussolini non fu fucilato per iniziativa personale di nessuno. Non è vero, ad esempio, che Walter Audisio ricevette l’ordine da Cadorna. Lo ricevette dal Comitato di Liberazione Nazionale. Scritto. Il documento esiste: firmato da me per il Partito socialista, da Leo Valiani per il Partito d’azione, da Longo e Sereni per il Partito comunista, da Arpesani per il Partito liberale, da Marazza per la Democrazia cristiana, e da Cadorna. Esiste, si può trovare, si può pubblicare. Da esso risulta che il CLN si assume l’intera responsabilità per la morte di Mussolini e dà ordine di fucilarlo..." [Sandro Pertini, intervista di Oriana Fallaci per "l'Europeo", 27 dicembre 1973] #partigiani #ANPI #25aprile #liberazione #resistenza #antifascista #antifascismo #pace #Costituzione

lunedì 28 aprile 2025

... un clima fetente! ...

A “In altre parole” Gramellini ha chiesto alla fornaia di Ascoli, Lorenza Roiati, se è preoccupata per gli striscioni fascisti contro di lei appesi nella sua città. E lei ha dato una risposta che è un manuale di resistenza al nuovo fascismo. “Non sono preoccupata nello specifico per questi due striscioni vigliaccamente appesi di notte, come è nello stile dei fascisti. Sono più preoccupata per il clima francamente irrespirabile che si sta diffondendo in tutta italia. Perché oggi posso dirlo sulla mia pelle: gli antifascisti, le persone che difendono i valori democratici del nostro Paese, vengono identificati e fermati per un nonnulla, mentre i fascisti che vanno in giro a braccio teso in manifestazione o che cercano di intimidire i cittadini che si esprimono liberamente la fanno franca. Io non ho paura, io sono cresciuta con i racconti di mio nonno e mio zio. Erano due partigiani, hanno fatto la Resistenza in montagna e hanno combattuto faccia a faccia con i nazisti, quelli veri. Se lo rifarò? Certo. Ho ricevuto consigli anche per fare magliette e non solo striscioni con quella frase. Pane e antifascismo uniscono ancora oggi tutti.” Grazie, Lorenza, per quello che hai detto. Per quello che hai fatto. 

 Lorenzo Tosa.
Meloni impazzita. Ferocissima e stracolma di bile si scaglia contro Guccini. Non aspettava altro che l'occasione giusta. Il motivo? Perché Guccini ha rivisitato Bella Ciao mettendocela dentro. Anzi, associando i fascisti ad alcuni suoi seguaci. E lei si è imbestialita. Imbestialita. No no, non ci sta. Perché evidentemente la Meloni non vuole passare per fascista. Ma figurarsi. E come darle torto? L’ha dimostrato bene ieri, quando alla Camera tutti i deputati si sono alzati ad applaudire per commemorare il 25 aprile. E i suoi sono rimasti seduti. L’ha dimostrato bene oggi, non spendendo una parola (una) sul 25 aprile, che è festa nazionale, riuscendo in questo a farsi battere persino da Salvini. Lo dimostra bene il suo braccio destro e sodale Ignazio La Russa, che prima ha proposto di abolire la stretta di mano per tornare al saluto fascista per poi proporre di “cambiare” il 25 aprile perché “divisivo”. Lo dimostrano bene i suoi alleati internazionali come Orban, che chiudono i parlamenti e chiedono pieni poteri. Lo dimostrano i suoi dirigenti locali, che ogni tre per due organizzano cene in onore di Mussolini o vanno in giro gridando di “avere il diritto di dirsi fascisti”. Quindi la capiamo bene la Meloni. E non capiamo come Guccini possa così assurdamente aver accostato il suo partito al fascismo. Nella stessa maniera in cui non capiamo (davvero) come lei faccia a non perdere occasione per tacere per rispetto della sua stessa dignità.
Prima una messa in suffragio nella chiesa sant'Abbondio, poi un corteo di centinaia di f@scisti che ha sfilato esponendo gli stendardi della Repubblica Sociale Italiana, ripeto della Repubblica Sociale Italiana, cioè dello Stato fantoccio f@scista complice dei peggiori crimini n@zisti Poi un corteo fino ai cancelli di Villa Belmonte dove Benito Mussol*ni e Calretta Petacci furono condannati e giustiziati dalle brigate partigiane, comandate da Walter Audisio. Qui i neof@scisti, schierati in file ordinate tra bandiere italiane e vessilli della X Mas, hanno perpetrato il rito del 'presente'. Hanno urlato tre volte 'presente' in risposta al grido: "sua eccellenza Benito Mussol*ni" facendo il saluto romano. Tutto questo a pochi giorni dal 25 aprile in cui secondo le nuove aperture della Meloni "onoriamo i valori democratici negati dal f@scismo". Cara Presidente Meloni se il 25 aprile "onoriamo i valori democratici negati dal f@scismo" il 27 aprile non possiamo onorare il capo del f@scismo. Delle due l'una. E finalmente scelga come Premier della Repubblica italiana da che parte stare!!!

domenica 27 aprile 2025

... 27 aprile 1937 ...

27 aprile 1937, morte di Antonio Gramsci si spegne all’alba ha appena compiuto quarantasei anni. Quarto di sette figli di Francesco Gramsci e Giuseppina Marcias, Antonio - Nino, come era chiamato in famiglia era nato ad Ales, in provincia di Cagliari, il 22 gennaio del 1891. Quando muore è in corso la guerra di Spagna. Una batteria di artiglieri garibaldini porta il suo nome. Negli scritti che gli vengono dedicati sulla stampa comunista viene sempre definito capo del partito. Nel parco di cultura Gor'kij a Mosca, campeggia il ritratto di Gramsci e il suo figliolo minore, Giuliano (che il padre non ha mai potuto vedere), allora sui dieci anni, lo scopre con sorpresa e vuole sapere dalla madre Giulia «tutto ciò che si riferisce» alla sua vita e alla sua sorte. La fama internazionale, la solidarietà antifascista, non leniscono molto l’isolamento di Gramsci, che non è stato meno profondo negli ultimi anni di semiprigionia, di vigilanza poliziesca strettissima, immutata, anzi rafforzatasi nel passaggio dalla clinica di Formia a quella Quisisana di Roma. Il malato si trova, fino alla vigilia della morte, in «libertà condizionale», piantonato e sorvegliato. Le sue condizioni di salute sono gravi anche se non ci si aspetta che possano da un momento all'altro diventare gravissime. Gramsci era stato trasferito alla clinica di Roma (accompagnato da un commissario di PS e da due agenti) il 23 agosto 1935. Ciò è avvenuto soltanto perché, dopo reiterati solleciti della cognata Tatiana e il certificato medico del professor Puricelli, appariva urgente sottoporre il malato ad un intervento chirurgico di ernia. Era stata scelta la clinica Quisisana di Roma, «presi gli ordini da S.E. il capo del governo» e dopo attenti sopralluoghi, perché, secondo il capo della polizia «si presta(va) a una più efficace vigilanza». Oltre alle visite assidue del fratello Carlo, e a quelle periodiche di Sraffa (Piero Sraffa, antifascista torinese, vicino ai comunisti, quelli dell'«Ordine Nuovo», che ha conosciuto nella prima giovinezza, insegna a Cambridge ed è un economista di grande valore), egli è assistito senza posa dalla cognata Tatiana. La moglie, Giulia Schucht, è stata lunghi anni ammalata, ricoverata in una clinica per malattie nervose. A Gramsci é stata taciuta la gravità dello stato di salute della sua compagna. Giulia non verrà a trovarlo, probabilmente perché non è in grado di affrontare tale viaggio, e sarà un nuovo motivo di dolore per il prigioniero (che indirizza in questo ultimo periodo frequenti, affettuosissime lettere ai due figli). La sua esistenza nella clinica Quisisana è meno tormentata di quella passata a Formia ma le forze declinano di mese in mese. Durante il 1936, Gramsci comincia a progettare di trasferirsi in Sardegna non appena finirà il periodo della «libertà vigilata », cioè nell’aprile del 1937. La sera del 25 aprile 1937 sopravviene improvvisamente un'emorragia cerebrale. Neppure in questa estrema circostanza è assistito adeguatamente dal punto di vista clinico (mentre le suore della clinica gli mandano un sacerdote). Gramsci si spegne all'alba del 27 aprile, alle 4,10. La cognata è al suo capezzale: poco dopo arriverà il fratello Carlo. Soltanto questi due congiunti possono vedere la salma, «circondati da una folla di agenti e di funzionari del Ministero degli Interni», ricorda Tatiana. Un fonogramma del questore di Roma, il 28 aprile, dà conto dei funerali: «Comunico che questa sera, alle 19,30, ha avuto luogo il trasporto della salma noto Gramsci Antonio seguito soltanto dai familiari. Il carro ha proceduto al trotto dalla clinica al Verano dove la salma è stata posta in deposito in attesa di essere cremata». Il cadavere sarà cremato il 5 maggio. I giornali italiani dànno la notizia della morte di Gramsci in poche righe attraverso un dispaccio dell’agenzia Stefani: «É morto nella clinica privata Quisisana di Roma, dove era ricoverato da molto tempo, l'ex deputato comunista Gramsci». L’eco all’estero, sui giornali democratici in Europa e in America, nella stampa comunista e antifascista, sarà grandissima. Il 22 maggio 1937 (18 giorni prima di venire ucciso con il fratello Nello), Carlo Rosselli, in una commemorazione alla sala Huyghens di Parigi, ricordava Gramsci come uomo «intimo, riservato, razionale, severo, nemico dei sensitivi e delle cose facili, fedele alla classe operaia nella buona come nella cattiva sorte, agonizzante in una cella, con tutto un esercito di poliziotti che cercano di sottrarlo al ricordo e all’amore di un popolo ...». Per Gramsci «conta(va) solo la coerenza e la fedeltà a un ideale, a una causa, che vive di se stessa, indipendentemente da ogni carriera e da ogni interesse personale». La notizia del sacrificio e l'esaltazione della figura del capo comunista vengono divulgate sulle onde dell'etere da una trasmissione di «Radio Milano», cioè dall’emittente che i comunisti hanno in Spagna e che in Italia viene ascoltata tutte le sere, verso le ore ventitre, da numerossimi radioascoltatori nostante divenga di mese in mese più intensa la caccia della polizia a quanti captano la voce della Spagna. Sulla base dell'intercettazione fatta dalla stazione di Imperia dei carabinieri apprendiamo che la trasmissione speciale in onore di Gramsci, con la partecipazione di oratori comunisti, socialisti e di “Giustizia e Libertà” italiani, ebbe luogo il 22 maggio 1937. In essa si descrive la vita del rivoluzionario, si cita il “processone” del 1928, si dà conto della solidarietà dei combattenti spagnoli per la libertà, si ricordano gli altri prigionieri politici del fascismo e si conclude: «Il nome di Antonio Gramsci sta scritto a lettere d'oro sulla bandiera dei lavoratori italiani». Pier Paolo Pasolini visitò la tomba e dedicò Le ceneri di Gramsci una raccolta di poesie pubblicata da Garzanti nel 1957. «Mi chiederai tu, morto disadorno, d'abbandonare questa disperata passione di essere nel mondo?» 

( da Anpi Lissone- )
Il 27 aprile 1937 muore a Roma, dopo dieci anni di prigionia e di sofferenze, Antonio #Gramsci, una delle figure più alte e nobili della storia d'Italia, il più grande teorico marxista italiano. "Contemporaneamente, in quegli anni 1948-49, scoprivo Gramsci. Il quale mi offriva la possibilità di fare un bilancio della mia situazione personale. Attraverso Gramsci, la posizione dell’intellettuale – piccolo-borghese di origine o di adozione – la situavo ormai tra il partito e le masse, vero e proprio perno di mediazione tra le classi, e soprattutto verificavo sul piano teorico l’importanza del mondo contadino nella prospettiva rivoluzionaria. La risonanza dell’opera di Gramsci fu per me determinante." Pier Paolo Pasolini 📰 Dal fascismo corrente ... alle ceneri di Gramsci, in "Il sogno del centauro", SPS, p.1415. 📷Pasolini in un ritratto fotografico di Sandro Becchetti nella sua casa di via Eufrate 9, Roma del 1971©️Archivio Becchetti/Tutti i diritti riservati

... Napoli 2 - Torino 0 ...

Il Napoli torna primo in classifica. Ma questa volta da solo. Gli azzurri hanno approfittato del passo falso dell’Inter, inaspettato, e hanno riconquistato la testa della classifica, quando mancano 4 giornate al termine. La squadra di Conte ha vinto 2-0 in casa con il Torino. A trascinare verso la vittoria è stato Scott McTominay, che ormai ha preso il “vizio” del gol: e oggi porta a casa una doppietta.
ERA MEGLIO PERDERLA A TAVOLINO 

NAPOLI 2 TORINO 0 
DI GIAN PIERO AMANDOLA 

Si poteva anche fare a tavolino, invece che sul campo, un onorevole 2 a 0. Se hai una Panda (cui prima hanno forato le gomme e poi un po' truccata a gennaio e manca pure il guidatore Ricci), davanti hai una Mercedes, che gara vuoi fare? Vai in campo e ovviamente non fai neanche un tiro in porta. Poi scopri ad esempio che hai Pedersen che deve marcare Spinazzola, si racconta solo nelle barzellette. Anche quando affronta Politano è riso, amaro. Anche la casacca simil arlecchino fa un po' ridere, come il Kitsch di Andi Warhol. Di là c'è Buongiorno che gli hai venduto, di qua c'è Coco. E' un dramma. Non una partita, è una sceneggiata napoletana di Merola. Se poi metti anche Casadei, uno dei pochi che sa inventare in attacco per tenere McTominay, obbligatoriamente prendi due gol, fotocopia. Perché Casadei è abituato a essere marcato, non a marcare. Ovviamente s'era già perso a Torino con gol di Mc Tominay. Lì non c'era manco Casadei. La partita l'hai già persa quando l'Inter s'è sgretolata contro la Roma e il Napoli sente l'odore dello scudetto passando sul tuo cadavere. Quando l'ingaggio dell'allenatore Conte è di 6 milioni e mezzo, e tu hai comprato Masina a a 1 milione, qualcosa significherà. E poi ti toccherà pagare sette milioni perché sei salvo e quindi scatta l'obbligo di comprarti Pedersen a 7 milioni. Allora capisci che la partita l'hai persa non solo in campo ma anche prima e dopo, con questa arguta società. Che, pure lei per fare soldi (e manco ci riesce bene), passa sul tuo cadavere. E' andata benissimo. Perché nel secondo tempo, il Napoli s'è fermato per non rischiare nulla nella partita di lancio verso lo scudetto. E ovviamente tu, il Toro, non gli hai fatto rischiare nulla. Se almeno la società Toro Calcio riuscisse a convincere la Figc a consentire le sconfitte a tavolino, risparmierebbe molte sofferenze ai tifosi. 

(Statistiche a cura di Massimo Fiandrino) 

 GIAN PIERO AMANDOLA

sabato 26 aprile 2025

... e ora? ...

"E ora 
chi ci parlerà di amore? 

Oggi il mondo ha smesso di correre. 
Si è inginocchiato. 
Si è coperto il volto con le mani. 
Il nostro Papa. 
Il nostro Francesco. 
E ora? 
Chi ci parlerà di pace? 
Chi ci ricorderà 
che siamo amati e per amare? 
Chi ci dirà che nessuna caduta è per sempre? 
Forse se ascoltiamo bene, 
nel profondo del cuore, 
la sua voce non ci ha mai lasciati. 
Perché le parole e i gesti 
di un uomo buono sono semi: 
e prima o poi fioriscono, 
anche negli spazi più angusti 
di un mondo in affanno. 
E diventano colore, e diventano profumo. 
 La luminosa primavera di una nuova umanità. 
Più pura, più vera. 
Padre dolce e testardo. 
Buon viaggio, Francesco. 
Che il vento ti sia leggero, 
che il cielo ti accolga 
in questo sentire comune 
che unisce, come filo di speranza, 
ogni angolo di mondo. 
Hai posato il peso del mondo, 
e ora cammini nella luce. 
Noi restiamo qui. 
Più orfani ma più veri, 
grazie a te."

... Ciao Padre Santo! ...

PAPA FRANCESCO HA DETTO: "Pensate a una madre single che va in chiesa o in parrocchia, e dice al segretario: VOGLIO BATTEZZARE MIO FIGLIO, e colui che lo assiste gli dice: "No, non si può, perché lei non si è sposato... " Teniamo presente che... questa madre ha avuto il coraggio di continuare una gravidanza, e cosa si trova? Con una porta chiusa! E così, se seguiamo questa strada e con questo atteggiamento, non stiamo facendo del bene alla gente, al Popolo di Dio.

 "CHI SI AVVICINA ALLA CHIESA DEVE TROVARE PORTE APERTE E NON FISCALI DELLA FEDE". "

Abbiamo bisogno di santi senza velo, senza tonaca. Abbiamo bisogno di santi in jeans e scarpe da ginnastica. 

Abbiamo bisogno di santi che vadano al cinema, ascoltino musica e passeggino con i loro amici. 

Abbiamo bisogno di santi che mettano Dio al primo posto e che eccellano all'Università. 

Abbiamo bisogno di santi che cerchino il tempo per pregare ogni giorno e che sappiano innamorarsi in purezza e castità, o che consacrino la loro castità. 

Abbiamo bisogno di santi moderni, santi del ventunesimo secolo con una spiritualità inserita nel nostro tempo. 

Abbiamo bisogno di santi impegnati con i poveri e i necessari cambiamenti sociali. 

Abbiamo bisogno di santi che vivono nel mondo, che si santifichino nel mondo e che non abbiano paura di vivere nel mondo. 

Abbiamo bisogno di santi che bevano Coca Cola e mangiano hot dog, che siano netizen, che ascoltino iPod. 

Abbiamo bisogno di santi che amino l'Eucaristia e che non si vergognino di bere una birra o mangiare pizza nel fine settimana con gli amici. 

Abbiamo bisogno di santi a cui piace il cinema, il teatro, la musica, la danza, lo sport. 

Abbiamo bisogno di santi socievoli, aperti, normali, amici, allegri, compagni. 

Abbiamo bisogno di santi che siano al mondo e che sappiano assaporare le cose pure e buone del mondo, ma senza essere mondani". 

Questi dobbiamo essere noi!!! - Marco Iasevoli -
Gli ultimi miracoli di un uomo di Pace: Trump-Zelensky per la prima volta senza abbigliamento militare, che si parlano in Chiesa. Un incontro produttivo lo ha definito la Casa Bianca, mentre Hamas propone la liberazione di tutti gli ostaggi in cambio della fine della guerra: “Pronti a 5 anni di tregua”. Ora Papa nella continuità di #papafrancesco nella #Pace

venerdì 25 aprile 2025

... il nostro 25 aprile!! ...

La verità è che a me l’idea di un 25 Aprile sobrio non dispiace affatto. 
Anzi quasi lo auspico. 
Auspico il 25 Aprile di quelli che non hanno bisogno di gridare per farsi capire. 

Il 25 Aprile di chi sfugge la prepotenza e cerca il confronto. 

Il 25 Aprile di chi sceglie sempre la sobrietà di un ragionamento evitando gli schiamazzi blateranti degli slogan. 

Il 25 Aprile di canzoni sussurrate, di ricordi sospirati e di storie tramandate ai nostri figli. 

Il 25 Aprile che siamo noi. Siamo noi padri e figli. 

Il 25 Aprile di chi predilige la presenza all’esibizione. 

Il 25 Aprile di chi antepone il rispetto delle mille scale di grigio alla prepotenza del bianco o nero. 

Il 25 Aprile anche di quelli che il 25 Aprile non lo vogliono. Perchè il vero senso del 25 Aprile è proprio questo. 
E se chi il 25 Aprile non lo vuole dovesse prendere il sopravvento pazienza. Che sia addirittura un 25 Aprile silenzioso. 

Il 25 Aprile di chi è senza scudi per proteggersi né armi per difendersi Né caschi per nascondersi o santi a cui rivolgersi 
Con solo questa lingua in bocca 
E se gli tagli pure questa Lui non si ferma, scusa 
Canta pure a bocca chiusa…

giovedì 24 aprile 2025

... la "sobrietà"!! ...

*Quando la #sobrietà prende la mano anche da questa parte* (L'elenco dei sindaci sobri del centro sinistra) Il ministro Musumeci, con la sua chiamata alla "sobrietà" per il lutto del Papa, ha dato il la a una danza macabra di annullamenti per il nostro sacro 25 aprile. E sapete chi ha deciso di ballare questo valzer della vergogna? Non vi parlo dei comuni di centrodestra, perché, diciamocelo, quelli stavano già scaldando i motori per spegnere "Bella ciao" da anni. No, no, miei cari. Oggi punto il dito su chi ha tradito la vocazione antifascista: le amministrazioni di centrosinistra, elette col vostro voto laico e progressista, che hanno deciso di abbassare la testa e limitare o cancellare le celebrazioni della Liberazione. Sì, proprio loro, quelli che vi hanno promesso di difendere i valori della Resistenza mentre brindavano con il camparino alle feste dell’Unità! Ecco i nomi, Italia antifascista, perché tutta l’Italia deve sapere chi ha spento i canti partigiani per “rispettare il lutto”: #PonteSanNicolò (Padova), col sindaco PD Gabriele De Boni, ha detto ciao ciao a concerti e consegne delle tessere elettorali ai neodiciottenni. Solo una messa e una corona ai Caduti, perché apparently la Liberazione è un optional. #Cesena, guidato da Enzo Lattuca, altro big del PD, ha tagliato la musica come se “Bella ciao” fosse un tormentone estivo. Sinistra Italiana ha protestato, ma lui, sobrio, ha tirato dritto. #Legnano, con Lorenzo Radice, sempre PD, ha ridotto il 25 aprile a un evento da sagra di paese, ma senza la banda. Liberazione? Solo se è sottotono, grazie. #IsoladelLiri (Frosinone), con Massimiliano Quadrini e la sua lista civica di centrosinistra, ha deciso che la Resistenza si celebra meglio in silenzio, limitando tutto all’osso. #Chivasso (Torino), dove Claudio Castello, altro centrosinistra doc, ha pensato che il 25 aprile sia più “sobrio” senza troppe fanfare. Evviva la Liberazione, ma sottovoce, mi raccomando! E allora, Italia antifascista, che ne dite? Vi sentite rappresentati da questi campioni del progressismo che, alla prima chiamata di Musumeci, hanno piegato la schiena più veloce di un origami? Vi hanno chiesto il voto per difendere la laicità dello Stato, la memoria della Resistenza, la libertà conquistata col sangue dei partigiani, e poi? Poi hanno deciso che un concerto o un inno sono “di troppo” perché c’è il lutto. Ma il lutto vero, cari miei, è per la coerenza politica che giace in una bara di ipocrisia. Le loro motivazioni? Oh, tutte uguali, un copia-incolla degno di un tema delle medie: “Rispetto per il lutto nazionale”, “Sobrietà per il Papa”, “Non vogliamo dividere”. Ma ditemi, sindaci del cuore immacolato e progressista, da quando la Liberazione è una festa divisiva? Da quando cantare “Bella ciao” è mancanza di rispetto? E soprattutto, da quando il 25 aprile, che è già sobrio di suo con le sue corone e i suoi discorsi, ha bisogno di essere zittito ancora di più? Tutta l’Italia antifascista deve sapere che il voto, quello dato con la lacrimuccia pensando a Berlinguer e alle lotte partigiane, è finito in mano a chi oggi si nasconde dietro la “sobrietà” per non disturbare il manovratore. E mentre l’#ANPI conferma le sue celebrazioni e ricorda che il 25 aprile è un dovere civile, questi signori del centrosinistra si mettono in fila per fare i bravi scolari del governo. Antifascisti! Il 25 aprile non è una sagra che si rinvia per pioggia. È la nostra storia, la nostra libertà, il nostro orgoglio. E se i vostri sindaci progressisti pensano che sia sacrificabile, forse è ora di ricordargli chi li ha messi su quelle poltrone. Cantate “Bella ciao” più forte, sotto i loro balconi. Magari si ricordano da che parte stare. 

 #25Aprile #Antifascismo #CentrosinistraVergogna #SatiraPolitica 
(Fonte foto: collettiva.it)
IL REVISIONISMO STORICO A SOSTEGNO DEL GOVERNO MELONI - 

Ci riprova in occasione del 25 Aprile, Festa della Liberazione dal nazi-fascismo. Stavolta a scendere in campo è Pierluigi Battista, editorialista del Corriere della Sera, in una intervista pubblicata su "Il Giornale" del 24 Aprile 2025. Sottacendo le violenze del fascismo rivolte agli oppositori, attraverso il carcere e l’assassinio; dimenticando le leggi razziali e i crimini di guerra, egli afferna: 

"IL 25 APRILE È UNA FESTA CHE DIVIDE. FACCIAMOLA FINITA ! BASTA ! SMETTIAMOLA DI FESTEGGIARE OGNI ANNO IL 25 APRILE. NORMALIZZIAMO IL 25 APRILE IL 25 APRILE CELEBRA UN FATTO SPECIFICO, MOLTO CIRCOSCRITTO NELLA STORIA DEL MONDO, COME LA LIBERAZIONE DEL NORD-ITALIA. IL SIGNOR PAGLIARULO CHE VIENE SPACCIATO PER IL CAPO DEI PARTIGIANI È ESATTAMENTE COME ME. NÈ IO, NÈ LUI ABBIAMO COMBATTUTO. 
 NON È VERO TU SEI NIENTE".

... Ciao, Bella, Ciao!! ...

Cara Bella, 
 intanto ciao. 

Sono certo, cara Bella, che la canzone che parla di te, come ogni anno di questo periodo tornerà a far discutere. Ogni anno succede che quelli di una parte dicono alcune cose, quelli dell’altra parte dicono l’opposto. Quello che tutti dimenticano è che la vera protagonista di questa canzone sei te. Una ragazza che mi piace immaginare di 15 anni. In un epoca in cui avere 15 anni significava già essere donne. Chissà cosa hai provato la mattina che ti sei svegliata e hai trovato l’invasor. E chissà cosa hai provato quando il tuo ragazzo, un giovane uomo magari di 17 anni, è stato costretto a partire per darsi alla macchia tra le montagne. Per combattere una guerra illogica e crudele come ogni guerra. Chissà come si chiamava quel ragazzo che amavi con antico pudore. A me piace immaginare che si chiamasse Marco. La storia lo ricorda come un partigiano. A me piace pensare che fosse semplicemente Marco, un giovane uomo di 17 anni costretto a lasciare la sua Bella per darsi alla macchia. Cara Bella, chissà che piega ha preso la tua vita quando ti sei resa conto che Marco non sarebbe tornato. Seppelito da qualche parte tra le montagne, sotto l’ombra di un bel fior. Nonostante tutto quel dolore crudele, Immagino che la tua vita sia andata comunque avanti. Sono convinto che tu abbia trovato un altro buon compagno di vita. Un uomo onesto e lavoratore col quale hai messo su famiglia. Eravate sporchi, affamati ed ignoranti. Eppure tu e lui un mattone alla volta avete tirato su di nuovo questo paese. Sono convinto che tu e il tuo marito siate riusciti, tra mille sacrifici,a comprarvi una bella casa. Nella mia immaginazione tu sei diventata mamma di tre figli. Ma questo non ti ha mai impedito di continuare a lavorare, magari in fabbrica. Ti vedo battagliera e puntigliosa sempre in prima fila durante le lotte sindacali. Gli anni passati non hanno minimamente scalfito il tuo spirito. Immagino la vita ti abbia dato dolori e soddisfazioni come accade a tutti noi. E forse, il premio più dolce che la vita t’ha riservato è stato quello di diventare nonna. Tua figlia t’ha regalato un nipotino bellissimo. E penso che tu sia quasi svenuta, quando tua figlia, senza sapere nulla della tua storia, ti ha confidato in anticipo il nome di suo figlio, tuo nipote. Marco. Probabilmente avrai sentito un cerchio chiudersi dentro di te. Attraverso te. Perchè nonostante una lunga vita piena d’amore e di fatiche, in gran segreto e animata dal pudore più innocente, non hai mai smesso di buttare un’occhiata verso le montagne. Magari in primavera cercavi di percepire da lontano l’odore del fiore che fa da guardiano al corpo di quel tuo giovane amore mai più tornato. E mai dimenticato. Ecco Cara Bella, sarebbe giusto se finalmente quest’anno si pensasse a te. A tutto quello che ti grandioso hai fatto per questo dannato paese. E che si lasciassero da parte tutte le solite inutili polemiche che francamente sono diventate insopportabili. Per quanto sia improbabile, spero che tu sia ancora qui tra noi. Ad ogni modo lascia che ti saluti. E lascia che possa farlo nel modo più corretto. 

Con enorme affetto, 

ciao Bella, ciao.

... Guido Pasolini ...

La lettera alla quale Pasolini rispondeva su "Vie Nuove", n. 28, a. XVI –15 luglio 1961 – è la seguente: 


"Caro Pasolini, mi rivolgo a lei non già per un dialogo o per esporre le mie idee e sentire poi la sua opinione: le scrivo per chiederle di illuminarmi su un avvenimento, cosa che nessuno può fare meglio di lei. La prego quindi di rispondere a questa lettera un po’ fuor del comune, anche se ciò che sto per chiederle potrà arrecarle dispiacere. Nella ricorrenza del 25 aprile, sui muri di Roma sono apparsi dei manifesti fascisti i quali, con l’evidente scopo di gettar fango sulla Resistenza, si chiedevano perché mai non si commemorassero anche quei partigiani (e facevano alcuni nomi di quei partigiani) trucidati per ordine dell’Internazionale comunista. A questo manifesto come a tutti i manifesti ed altre notizie fasciste, avrei dato poca importanza se non fosse stato nominato fra gli altri "trucidati per ordine dell’Internazionale comunista", suo fratello. Ciò mi ha stupito e mi ha indotto a scriverle affinché voglia far conoscere a me e a tutti gli altri, la storia di suo fratello ed onorare cosi la sua memoria che hanno cercato di infangare. 
Distinti saluti". 

Giovanni Venenzani, Roma 


Non so cosa sia questa Internazionale comunista: solo la fantasia infantile e provinciale dei fascisti può immaginare siffatte entità, nebulose e nemiche, veri e propri mostri del sonno della ragione. Non fosse che per questa orrenda genericità, il manifesto di cui lei mi parla non dovrebbe nemmeno essere preso in considerazione. Non rispondo a quel manifesto, dunque, ma a lei che mi chiede notizie del mio povero fratello con animo così amico. La cosa si racconta in due parole: mia madre, mio fratello ed io eravamo sfollati da Bologna in Friuli, a Casarsa. Mio fratello continuava i suoi studi a Pordenone: faceva il liceo scientifico, aveva diciannove anni. Egli è subito entrato nella Resistenza. Io, poco più grande di lui, l’avevo convinto all’antifascismo più acceso, con la passione dei catecumeni, perché anch’io, ragazzo, ero soltanto da due anni venuto alla conoscenza che il mondo in cui ero cresciuto senza nessuna prospettiva era un mondo ridicolo e assurdo. Degli amici comunisti di Pordenone (io allora non avevo ancora letto Marx, ed ero liberale, con tendenza al Partito d’Azione) hanno portato con sé Guido ad una lotta attiva. Dopo pochi mesi, egli è partito per la montagna, dove si combatteva. Un editto di Graziani, che lo chiamava alle armi, era stata la causa occasionale della sua partenza, la scusa davanti a mia madre. L’ho accompagnato al treno, con la sua valigetta, dov'era nascosta la rivoltella dentro un libro di poesia. Ci siamo abbracciati: era l’ultima volta che lo vedevo. Sulle montagne, tra il Friuli e la Jugoslavia, Guido combatté a lungo, valorosamente, per alcuni mesi: egli si era arruolato nella divisione Osoppo, che operava nella zona della Venezia Giulia insieme alla divisione Garibaldi. Furono giorni terribili: mia madre sentiva che Guido non sarebbe tornato più. Cento volte egli avrebbe potuto cadere combattendo contro i fascisti e i tedeschi: perché era un ragazzo di una generosità che non ammetteva nessuna debolezza, nessun compromesso. Invece era destinato a morire in un modo più tragico ancora. Lei sa che la Venezia Giulia è al confine tra l’Italia e la Jugoslavia: così, in quel periodo, la Jugoslavia tendeva ad annettersi l’intero territorio e non soltanto quello che, in realtà, le spettava. È sorta una lotta di nazionalismi, insomma. Mio fratello, pur iscritto al Partito d’Azione, pur intimamente socialista (è certo che oggi sarebbe stato al mio fianco), non poteva accettare che un territorio italiano, com'è il Friuli, potesse esser mira del nazionalismo jugoslavo. Si oppose, e lottò. Negli ultimi mesi, nei monti della Venezia Giulia la situazione era disperata, perché ognuno era tra due fuochi. Come lei sa, la Resistenza jugoslava, ancor più che quella italiana, era comunista: sicché Guido, venne a trovarsi come nemici gli uomini di Tito, tra i quali c’erano anche degli italiani, naturalmente le cui idee politiche egli in quel momento sostanzialmente condivideva, ma di cui non poteva condividere la politica immediata, nazionalistica. Egli morì in un modo che non mi regge il cuore di raccontare: avrebbe potuto anche salvarsi, quel giorno: è morto per correre in aiuto del suo comandante e dei suoi compagni. Credo che non ci sia nessun comunista che possa disapprovare l’operato del partigiano Guido Pasolini. Io sono orgoglioso di lui, ed è il ricordo di lui, della sua generosità, della sua passione, che mi obbliga a seguire la strada che seguo. Che la sua morte sia avvenuta così, in una situazione complessa e apparentemente difficile da giudicare, non mi dà nessuna esitazione. Mi conferma soltanto nella convinzione che nulla è semplice, nulla avviene senza complicazioni e sofferenze: e che quello che conta soprattutto è la lucidità critica che distrugge le parole e le convenzioni, e va a fondo nelle cose, dentro la loro segreta e inalienabile verità. 

Pier Paolo Pasolini

mercoledì 23 aprile 2025

... Torino 2 -- Udinese 0 ...

Vanoli: “Non siamo stati belli ma abbiamo saputo soffrire. Contento per Dembélé” 

Redazione - 23 Aprile 2025 

 Al termine di Torino-Udinese, il tecnico granata Paolo Vanoli ha così commentato la vittoria: “Abbiamo voluto a tutti i costi questa vittoria” Imposta di soggiorno: record nel 2025 Al termine dell’incontro tra Torino e Udinese disputato all’Olimpico Grande Torino, Vanoli ha analizzato il match. “Abbiamo voluto questa vittoria a tutti i costi, dobbiamo imparare ad andare a cercarcele: sono tre punti importanti per il decimo posto. Oggi siamo stati gruppo, abbiamo tante cose da migliorare e questo lo sappiamo”. Il tecnico granata ha poi aggiunto: “Sappiamo dove vogliamo arrivare, a Napoli sarà un ambiente caldo ma è anche bello misurarsi con queste partite, solo cosi puoi crescere. Abbiamo avuto un momento di assestamento dopo l’infortunio di Zapata, l’abbiamo pagato a caro prezzo e abbiamo perso un punto di riferimento anche nello spogliatoio. Stasera non siamo stati belli ma abbiamo saputo soffrire, oggi eravamo in emergenza totale e tutti i ragazzi più giovani sono entrati bene”. Era la vittoria che volevi? “Non che volevo ma che volevamo. Volevamo a tutti i costi questi tre punti, dobbiamo imparare anche per il futuro che ci sono delle partite che devi vincere a tutti i costi come quella di stasera. Abbiamo dimostrato che siamo una squadra perché abbiamo avuto diverse assenze ma abbiamo saputo soffrire”. Il gol del 2-0 l’ha segnato Dembélé su assist di Perciun “Abbiamo sempre avuto grande attenzione sui giovani, fa parte anche del lavoro dell’allenatore seguire i giovani, già lo facevo con l’allenatore prima. A Perciun non ho regalato niente, se ha esordito è perché l’ha meritato. Oggi si deve godere questo momento, è il suo compleanno ma non lo sapeva, ora quando tornerà con la Primavera avrà maggiori pressioni perché dovrà dimostrare di meritarsi la Prima squadra. Dembélé stava attraversando un momento non semplice, lui ha avuto pazienza, ha continuato a lavorare, a lottare, penso che il gol sia un momento meritato”. Questo bagno d’amore con i tifosi dal primo all’ultimo secondo è un bellissimo segnale “I nostri tifosi da quando sono qua sono sempre stati una parte importante, all’inizio abbiamo attraversato un momento difficile e loro sono stati sempre presenti. All’inizio ci eravamo fatti una promessa e la stiamo mantenendo. Noi dobbiamo essere un esempio come lo sono i nostri tifosi, poi credo che l’ago della bilancia sia la prestazione. A Como non meritavamo di perdere contro una squadra che a gennaio ha speso molti soldi. Io penso che la squadra stia facendo un attimo girone di ritorno. Oggi volevamo a tutti i costi una vittoria, le vittoria possono essere anche non belle ma sono importanti. Stasera devo dire bravi ai ragazzi perché eravamo in emergenza poi chi è entrato, Masina, Karamoh, Perciun, Walukiewicz si sono sacrificati per la squadra”. Masina e Ricci sono usciti per problemi fisici? “Masina aveva i crampi, non giocava da tanto. Samuele invece ha da una settimana un sovraccarico sopra il ginocchio”. Ilic e Sosa perché non sono stati convocati? “A Ilic purtroppo si è gonfiato il piede per un festone sull’alluce e non riusciva a mettere la scarpa, a Sosa invece si è girata la caviglia nella rifinitura. Ma spero che per Napoli qualcuno posso recuperarlo”. Contento di Adams? “Adams ha capito subito com’è il campionato italiano. Quello che mi piace di lui è il lavoro che fa per la squadra. E’ stato bravo in assenza di una punta fisica come Duvan a sostituirlo, ci serviva una punta che desse un po’ di profondità e lui ha queste caratteristiche. Può ancora migliorare, dobbiamo servirlo un po’ meglio, ma ha confermato con i gol e le prestazioni che ha fatto un gran colpo”.

... IREN - C 19 ...

...stamane nostro blitz alla IREN di Via Confienza 10 per il rinnovo dei contratti luce e gas di Torino e di Mattie: luce 0,14 variabile -- gas 0,80 variabile.

martedì 22 aprile 2025

... fascisti schifosi!! ...

𝐅𝐮𝐠𝐠𝐢𝐫𝐞 𝐝𝐚𝐥 𝟐𝟓 𝐚𝐩𝐫𝐢𝐥𝐞, 𝐜𝐨𝐦𝐞 𝐬𝐞 𝐟𝐨𝐬𝐬𝐞 𝐮𝐧 𝐯𝐢𝐫𝐮𝐬 

Il #buongiorno di Giulio Cavalli 

 Ci sono malattie che si presentano puntuali, ogni anno. Per Giorgia Meloni e i suoi, l’allergia al 25 aprile è cronica. Quando arriva la Liberazione, c’è sempre un biglietto prenotato, una missione inderogabile, un viaggio che chiama. Quest’anno è l’Uzbekistan. Giusto il tempo di una cerimonia all’Altare della Patria, poi via, lontano, a Samarcanda, fino al 27 aprile. Un’assenza calibrata per evitare che il fastidio dell’antifascismo possa durare più di qualche ora. Il presidente Mattarella, invece, sarà a Genova. Non fosse bastata la sua recente degenza ospedaliera, qualcuno aveva temuto di dover assistere a un 25 aprile officiato da Ignazio La Russa. Ma la Costituzione non prevede supplenze di comodo. La Russa, comunque, la sua parte l’ha già fatta: l’altro giorno era a Primavalle, a commemorare l’attentato del 1973. Un omaggio strumentale, tanto che Giampaolo Mattei, fratello delle vittime, ha denunciato la speculazione elettorale. Loro, i fascisti, si raccontano martiri per riscrivere la storia: trasformano carnefici in vittime, dissolvono le trame golpiste, dimenticano le aggressioni. Così, il 25 aprile si trasforma da celebrazione della Resistenza a terreno minato da narrazioni tossiche.
Lollobrigida, quando contava ancora qualcosa, spiegava che la parola antifascista “ha portato a morti”. Fratelli d’Italia è questo: la destra anti-antifascista. In bilico tra negare e riscrivere. Intanto le opposizioni chiedono una cerimonia solenne al Senato. La Russa tace. Ma loro scappano: perché il 25 aprile, per chi ha certe radici, resta il giorno più difficile dell’anno.
Il governo di Giorgia Meloni è allergico alla festa della Liberazione e all'antifascismo. C’è poco da fare, è più forte di loro. Non si spiegano altrimenti le parole strampalate sulla sobrietà con cui celebrare il 25 Aprile utilizzate da un ministro del governo Meloni. Voler sminuire il valore di ciò che rappresenta quel giorno, usando peraltro la scomparsa di una personalità straordinaria come Papa Francesco, non può passare sotto silenzio. Sono trascorsi 80 anni da quando i partigiani insieme alle forze alleate hanno sconfitto i nazifascisti e cacciato i traditori della Patria. Ma qualcuno, in tutta evidenza, fa ancora fatica a farci i conti. #AlleanzaVerdiSinistra




... disumanità!! ...

L'unico leader del mondo occidentale che non si è manco degnato di indossare la maschera ipocrita del dolore per la morte di Papa Francesco è stato Benjamin Netanyahu. Almeno bisogna dargli atto di esser stato coerente. Ha sempre avversato il Papa. Papa Francesco infatti ha avuto il coraggio, a differenza di tanti leader politici di definire quel che gli isr@el*ani stanno perpetrando a Gaza per quel che davvero è: un genoc*dio, una vera e propria pulizia etnica. Inoltre ricordiamo il fatto che ha riconosciuto nel 2015, lo Stato di Palestina. E sempre, da ormai 3 anni a questa parte, anche nel.suo ultimo messaggio di Pasqua, ha dedicato un pensiero ai p@lestinesi, vittime di "una drammatica e ignobile situazione umanitaria". Basti pensare che negli ultimi 3 anni, da quando è iniziato lo sterminio a Gaza, Papa Francesco ha telefonato a padre Gabriel Romanelli, il parroco dell'unica chiesa cattolica a Gaza, ben 563 volte. Di fronte a tanta umanità, il mancato cordoglio di Netanyahu a conferma della sua disumanità è solo motivo di orgoglio per il grande uomo che è stato Francesco!!! 

 Mario Imbimbo.
... e ipocrisia!! ... 




 Noi di stop ai politici inutili odiamo l'ipocrisia di questo governo. La detestiamo profondamente perché si tratta di qualcosa che fa a pezzi la Giustizia e parla di Falcone e Borsellino, sostenendo opportunisticamente di aver intrapreso la carriera politica grazie a loro e poi si presenta ad ammimistrare con delmastro, donzelli, la russa, gasparri, santanchè, montaruli, berlusconi e altri fenomeni. L'ipocrisia di una che dice di aver goduto dell'amicizia, dei consigli e degli insegnamenti di papà Francesco (ha scritto così la premier nel suo post paraculo del giorno, come del resto anche salvini, tajani, renzi e tutti gli altri politicanti). Al lato pratico di quegli insegnamenti non hanno colto nulla né hanno voluto mai ascoltarli né metterli in pratica. Una che ha reso il nostro Paese complice di un genocidio, che ha annichilito le istituzioni italiane e che ha affamato poveri e onesti italiani. Un paese di ipocriti che ha posto al potere la classe dirigente più ipocrita dell'umanità che sostiene lobbisti, arrivisti senza onore che sfruttano qualsiasi argomento, tematica ed essere umano per i propri fini propagandistici e per la loro sete di potere. L’espressione di papa Francesco in questa foto con Meloni vale più di cento parole vuote divulgate!





lunedì 21 aprile 2025

... ed ora, che succederà? ...

È morto Papa Francesco. 

E io, che non sono cattolico, e non lo sono mai stato, oggi sento comunque un vuoto. Non era un santo da immaginetta, non era perfetto. Ma era vero. Un uomo che ha provato a scardinare il trono dorato su cui si era accomodata da secoli la Chiesa, per tornare tra i poveri, tra gli ultimi, tra gli esseri umani. Un Papa che parlava di migranti quando il mondo costruiva muri, che denunciava l’idolatria del denaro quando molti cardinali continuavano a nuotare nel lusso, che stringeva mani callose invece di baciare anelli. Non piaceva ai restauratori, ai dogmatici, ai puristi del potere e della forma. E questo, per me, è sempre stato un buon segno. Ha camminato fino all’ultimo respiro. Ieri, ironia della sorte, aveva incontrato il vicepresidente degli Stati Uniti che, con la sua classica intelligenza e lungimiranza gli aveva detto di trovarlo in "ottima forma". E oggi non c’è più. Spero – prego, se posso usare questa parola – che non arrivi ora un Papa reazionario, un custode di ciò che è morto. Che il prossimo sia ancora un uomo (o una donna, chissà!) capace di ascoltare, di rischiare, di amare i diseredati, e non il potere. Un’anima libera. Un folle per amore. Perché abbiamo bisogno di pastori randagi, non di principi vestiti di porpora. 

Riposa in pace, Francesco. E grazie. 

Manuele Dalcesti

... partita rinviata ...

Rinviata dalla Lega di Serie A a seguito della morte di Papa Francesco, la sfida tra Torino e Udinese sarà ricollocata: le possibilità A due ore dal fischio d’inizio Torino-Udinese è stata rinviata, così come le altre tre gare in programma nella giornata di Pasquetta (lo stesso per le partite del campionato Primavera). Quando sarà recuperata la sfida tra granata e bianconeri? Sono al vaglio in queste ore tutte le possibili ipotesi. Di certo Torino-Udinese non potrà essere recuperata la prossima settimana. L’Udinese giocherà infatti lunedì alle 18.30 il posticipo della prossima giornata mentre il Torino anticiperà contro il Venezia venerdì 2 maggio. Per questo motivo la partita non sarà calendarizzata. Resta più probabile invece che granata e friulani possano incontrarsi nella settimana che va dal 5 all’11 maggio: è la prima data utile al momento. Questo perché la Lega di A non ha ancora ufficializzato le sfide in programma nel weekend del 10 e 11 maggio. L’ipotesi del 6 o 7 maggio Torino-Udinese potrebbero incontrarsi martedì 6 maggio o mercoledì 7 maggio (i granata avrebbero qualche giorno per recuperare come i bianconeri, in campo sabato 3 maggio), in quel caso poi la successiva giornata di A sarebbe calibrata per dare tempo alle due squadre di ritornare in campo. Senza un accordo si andrebbe invece alla settimana successiva, sempre a metà settimana.