Dormono sulla collina: pensieri sul 4 maggio
Ci sono dei giorni in cui il sole è così splendente che ti chiedi come sia possibile la pioggia. Vai sul balcone, guardi alla tua destra, la vedi.
La vedi così bene che ti chiedi come sia possibile che, il 4 maggio 1949, fosse invisibile.
Ed è talmente stupenda che ti chiedi come può, una cosa così bella, permettere quello che ha permesso.
Poi alzi gli occhi al cielo, ti sembra di sentirli.
Qualcuno sta guardando verso il basso, rientra, scuote la testa. “Ne hanno perso un altro” dice il numero dieci. E si tira su le maniche, con un gesto automatico, come se dovesse dare una scossa a tutto il Paradiso. Da lontano, altrettanto automaticamente, si sente lo squillo di una tromba, anche se non ci sono partite da giocare.
Ezio e Franco sorridono, guardano Valerio e gli chiedono: “Ma tu il tiro di Vidal l’avresti parato?” Valerio sorride a sua volta. Era un tiro quasi imparabile, ma lui l’avrebbe preso. Sarebbe stato uno dei pochissimi a poterlo prendere.
Guglielmo, invece, pensa che vorrebbe tornare giù per un attimo.
Sì, su si sta bene, il clima e tutto quanto, ma avrebbe voluto reincarnarsi in Jonathas, pochi istanti prima dell’assist di Cerci: altro che fuorigioco, altro che rigore, avrebbe fatto gol.
E poi sarebbe tornato su.
Ma non si può.
Possono soltanto fare il tifo. Possono soltanto farsi amare da chi è rimasto giù, ma non possoLa prima persona che mi parlò del grande Torino fu mio nonno Sergio.
Mi raccontò le gesta degli Invincibili, mi mostrò un giornale ingiallito dagli anni e, indicando la foto dei funerali, mi disse che lui c’era.
Mi innamorai di questa storia senza eguali e continuo ad innamorarmene, a sentire una piccola lama fredda dentro me quando la data si avvicina, a sentire dentro una vicenda di tantissimi anni fa come se l’avessi vissuta, anche se non c’ero.
E oggi, che tanti di coloro che c’erano non ci sono più, il testimone è passato silenziosamente a chi non c’era, ma ha radici, ha cuore, ha memoria.
Il presente di oggi fa a pugni col presente di allora.
E, non contento di farci a pugni, ne esce malconcio e sanguinante, anche se ad accorgersene sembrano solo essere i tifosi, nemmeno tutti.
Mentre il nostro presente sanguina ci dicono che non importa, che va bene così, che tocca accontentarsi, che pensiamo troppo al passato, guardandoci come se non avessimo capito nulla, poverini, prigionieri del passato. In realtà, sono “loro” a non aver capito, a non aver capito la fortuna che hanno a stare qua, a non comprendere che, basterebbe essere solo un briciolo più da Toro, per essere immortali.
Ci sarebbe quasi da dire “ben gli sta”, se non fosse che la loro superficialità finisce col danneggiarci continuamente.
E così arriva un altro 4 maggio, mentre noi continuiamo a farci del male. Mentre continuano a farci del male.
E volevano celebrare il 4 maggio un giorno prima.
Ma questa umiliazione ci è stata risparmiata (e non era per nulla scontato, visto l’andazzo). Squadra e società ci saranno, domani, nella giornata giusta.
Sì, anche la società. Quella società silente. Quella che quando gli arbitri ti danno addosso tace, lasciando che siano i giocatori a protestare.
Quella che, quando si parla di Filadelfia, cambia discorso o se ne esce con frasi come “bella l’idea della marcia del 19 maggio”, come se la cosa non li riguardasse.
Quella che, sul mercato, ha fatto e ha fatto, finchè non ha comprato le pedine che servivano per completare una squadra, permettendo una salvezza senza affanni, invece della solita paura dietro l’angolo. Quella che augura alla Juventus di passare il turno contro il Bayern Monaco.
Quella, insomma.
Ci sarà, farà le foto, si mostrerà. Poi sparirà di nuovo.
Forse anche ignara delle responsabilità che ha in questo 4 maggio, dove le lacrime del passato si confondono con quelle del presente e finisci per non sapere neanche per cosa stai piangendo.
Bacigalupo, Ballarin, Maroso, Grezar, Rigamonti, Castigliano, Menti, Loik, Gabetto, Mazzola, Ossola. E Dino Ballarin, Bongiorni, Fadini, Grava, Martelli, Operto, Schubert. Gli allenatori Erbstein e Lievesley. Il massaggiatore Cortina. I dirigenti Agnisetta, Civalleri e Bonaiuti. I giornalisti Casalbore, Tosatti e Cavallero.
L’equipaggio col pilota Pierluigi Meroni (strano, il destino), D’Inca, Biancardi, Pangrazi.
Tutti coloro che erano a bordo di quel maledetto aereo.
Sappiate che il sogno vero di ogni tifoso del Toro è viaggiare indietro nel tempo e portare in quel 4 maggio di 66 anni fa un po’ di sole.
Anche di quello pallido di questa mattina.
Per farvi vedere bene Superga, in cima alla collina, in modo da farvi evitare lo schianto.
Ma è solo un sogno e il fatto che ce l’abbiamo tutti, dal bambino di 10 anni al nonno di 85, non lo renderà reale, purtroppo. E, su quella collina, le vostre anime continueranno a dormire.
di Francesco Bugnone
lunedì 4 maggio 2020
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