Dal 1980 in poi, dal ritorno in forze dell’ideologia neoliberista, se qualcosa non funziona nelle economie reali, la causa è da ricercarsi nell’eccesso di regolamentazione e di controllo pubblico.
Lo Stato- secondo un famoso slogan degli anni di Reagan- non è la soluzione, ma la causa dei problemi. Da qui parte la lunga stagione delle liberalizzazioni, della rimozione dei controlli e della deregolamentazione sia nei mercati finanziari che in quelli “reali”, che hanno avuto ulteriore impulso dopo il crollo delle economie dell’Est nel 1989.
Nel frattempo negli Stati Uniti, come in Gran Bretagna, il problema più importante per la politica economica era quello di abbattere l’inflazione; il monetarismo apparve la soluzione più facile e diretta: nessuna contrattazione o concertazione o trattativa con le parti sociali ed i sindacati, ma semplice restrizione della crescita della quantità di moneta e quindi del credito, lasciando per il resto mano libera ai mercati.
Avrebbe dovuto essere chiaro, e non lo fu, che il neoliberismo monetaristico si basa su una notevole incomprensione di come funzionano effettivamente i mercati monetari e finanziari, e il grave rischio di instabilità che corre tutto il sistema economico “reale” quando una o più istituzioni finanziarie dovessero entrare in gravi difficoltà.
L’idea che si è imposta nell’era del neoliberismo e nel periodo della lotta all’inflazione è che tutti i mercati, compreso quello della moneta e del credito, siano stabili di per sé, e non abbiano dunque un particolare bisogno di regole e di controlli, con buona pace dell’autorità di sorveglianza.
Con questi presupposti, negli Stati Uniti ci fu un’enorme crescita delle Banche e degli intermediari finanziari, di pari passo con il processo di liberalizzazione e deregolamentazione in campo finanziario e bancario, sia a livello federale, sia sul piano internazionale, con il procedere del fenomeno della globalizzazione.
L’origine della crisi attuale ha le sue basi in questa gestione dei mercati, che favorì la creazione di una “bolla speculativa”, ed, al suo scoppio, trascinò ad un rovinoso ribasso le Borse di tutto il mondo.
Nel 2007 ci fu l’impennata delle insolvenze sui mutui fondiari americani di peggiore qualità (i cosiddetti subprime). Negli anni recenti la Federal Reserve, con a capo Alan Greenspan, ha praticato una politica di bassissimi tassi d’interesse, consentendo un aumento assolutamente straordinario ed anomalo del credito in relazione alla crescita dell’economia “reale”.
Tutto questo insieme ad altri fattori, tra i quali il deficit dei conti dello Stato e l’indebitamento con l’estero, con la Cina in particolare, ha creato una miscela potenzialmente esplosiva alla quale ha fatto da contraltare l’inerzia dei governi, in sostanza ancora convinti della bontà delle loro politiche in materia di finanza.
Le Banche, assediate dall’insolvenza dei loro clienti, non hanno trovato di meglio che ridurre i prestiti a famiglie ed imprese, scatenando un effetto domino sull’economia “reale”
Ora si cerca di correre ai ripari con un massiccio intervento dello Stato- si parla di nazionalizzare le principali Banche: certo è che l’attuale crisi modificherà, ed in parte ha già modificato, ogni aspetto della nostra vita, disegnando, speriamo, un nuovo equilibrio mondiale.
Lo Stato- secondo un famoso slogan degli anni di Reagan- non è la soluzione, ma la causa dei problemi. Da qui parte la lunga stagione delle liberalizzazioni, della rimozione dei controlli e della deregolamentazione sia nei mercati finanziari che in quelli “reali”, che hanno avuto ulteriore impulso dopo il crollo delle economie dell’Est nel 1989.
Nel frattempo negli Stati Uniti, come in Gran Bretagna, il problema più importante per la politica economica era quello di abbattere l’inflazione; il monetarismo apparve la soluzione più facile e diretta: nessuna contrattazione o concertazione o trattativa con le parti sociali ed i sindacati, ma semplice restrizione della crescita della quantità di moneta e quindi del credito, lasciando per il resto mano libera ai mercati.
Avrebbe dovuto essere chiaro, e non lo fu, che il neoliberismo monetaristico si basa su una notevole incomprensione di come funzionano effettivamente i mercati monetari e finanziari, e il grave rischio di instabilità che corre tutto il sistema economico “reale” quando una o più istituzioni finanziarie dovessero entrare in gravi difficoltà.
L’idea che si è imposta nell’era del neoliberismo e nel periodo della lotta all’inflazione è che tutti i mercati, compreso quello della moneta e del credito, siano stabili di per sé, e non abbiano dunque un particolare bisogno di regole e di controlli, con buona pace dell’autorità di sorveglianza.
Con questi presupposti, negli Stati Uniti ci fu un’enorme crescita delle Banche e degli intermediari finanziari, di pari passo con il processo di liberalizzazione e deregolamentazione in campo finanziario e bancario, sia a livello federale, sia sul piano internazionale, con il procedere del fenomeno della globalizzazione.
L’origine della crisi attuale ha le sue basi in questa gestione dei mercati, che favorì la creazione di una “bolla speculativa”, ed, al suo scoppio, trascinò ad un rovinoso ribasso le Borse di tutto il mondo.
Nel 2007 ci fu l’impennata delle insolvenze sui mutui fondiari americani di peggiore qualità (i cosiddetti subprime). Negli anni recenti la Federal Reserve, con a capo Alan Greenspan, ha praticato una politica di bassissimi tassi d’interesse, consentendo un aumento assolutamente straordinario ed anomalo del credito in relazione alla crescita dell’economia “reale”.
Tutto questo insieme ad altri fattori, tra i quali il deficit dei conti dello Stato e l’indebitamento con l’estero, con la Cina in particolare, ha creato una miscela potenzialmente esplosiva alla quale ha fatto da contraltare l’inerzia dei governi, in sostanza ancora convinti della bontà delle loro politiche in materia di finanza.
Le Banche, assediate dall’insolvenza dei loro clienti, non hanno trovato di meglio che ridurre i prestiti a famiglie ed imprese, scatenando un effetto domino sull’economia “reale”
Ora si cerca di correre ai ripari con un massiccio intervento dello Stato- si parla di nazionalizzare le principali Banche: certo è che l’attuale crisi modificherà, ed in parte ha già modificato, ogni aspetto della nostra vita, disegnando, speriamo, un nuovo equilibrio mondiale.
Ti invio una bozza abbastanza soddisfacente sul lavoro.
RispondiEliminaPensare il lavoro?
Nell'attuale riduzione del lavoro nel settore industriale, cassa integrazione, licenziamenti, ancora una volta i lavoratori vengono espulsi dal ciclo del lavoro, con forti preoccupazioni per il futuro, per la propria vita e quella dei familiari.
Il lavoro precario, la disoccupazione è la difficoltà che molti cittadini devono affrontare tutti i giorni
Perciò se vogliamo affrontare questo tema, l'analisi e la soluzione, dobbiamo fare un discorso chiaro, completo, che sappia trovare una sintesi e senza tentare inutili e facili scorciatoie.
Per prima cosa dobbiamo ricordare l'appartenenza comune al mondo dei lavoratori occupati, precari e disoccupati (in questi ultimi tempi il passaggio dagli uni agli altri è molto semplice), avere rispetto gli uni degli altri, e non accettare le divisioni.
Quando pensiamo al lavoro dobbiamo avere una visione generale, fare scelte che riguardano la situazione italiana e anche quella internazionale, il trasferimento di aziende all'estero e una delle cause di perdita del lavoro.
Utilizzare le spese comuni statali, distruttive e distorte; i soldi spesi per le guerre o missioni di "peace keeping" poco chiare, le opere e gli enti inutili e dannosi per l'ambiente con un utilizzo inefficace del denaro pubblico ( vedi TAV ), i doppioni di enti, convegni, spese di consulenza, studi (spesso non considerati) e rappresentanza.
o
Il governo italiano nella sua distruttiva azione, con centinaia di migliaia di morti civili e militari, sul territorio iraqeno, seguendo G.W. Bush sulla base di informazioni scorrette create e non volutamente verificate dal governo americano, ha speso 23 miliardi e 352 milioni di Euro fino al 2007, l'11 novembre 2008 ha stanziato altri 150 milioni.
L'unione di cittadini in movimenti, liste civiche popolari più estese, associazioni, ONG devono diventare uno strumento di pressione verso governi, unione europea e istituzioni economiche internazionali per modificare le politiche economiche - lavorative in senso ecologico e solidale, con l'attenzione per i lavoratori di ogni paese, le regole del lavoro, il salario equo, la sicurezza devono essere condizioni uguali per tutti i lavoratori in ogni paese, in questo modo il trasferimento delle aziende all'estero non sarà più competitivo.
Diminuire la produzione industriale, l'auto e il suo mercato (autostrade), le fabbriche inquinanti.
Non confondiamo questi strumenti (che perlopiù servono solo allo spostamento) con la vera ricchezza, i prodotti della terra ed i beni primari, alimentazione, vestiario, istruzione-cultura, salute, abitazioni, svago.
Creiamo lavoro sul territorio.
Perciò i beni primari devono ritornare ad essere in maggioranza i prodotti del lavoro.
Coltiviamo la terra, le piante tessili, miglioriamo le scuole, l'istruzione come ricchezza del sapere e conoscenza, come strumento, anche, per il lavoro, miglioriamo la salute e le strutture di prevenzione, utilizzamo le strutture abitative che sono già state costruite, miglioriamo il trasporto pubblico, pensiamo alla cultura e allo svago come fonti di lavoro.
* miglioriamo l'accoglienza turistica alberghiera ed eno-gastronomica ed eco-solidale con la cura del territorio, l'accesso alle rive dei fiumi, parchi turistici ecologici
* la raccolta differenziata, riciclo rifiuti - rispetto del territorio
* Consulenze e studi (esperti e ditte) per una crescita di una economia ecologica, sobria e solidale.
* Campagna, produzione biologica, con sgravi per chi sviluppa una agricoltura ecologica, boschi, castanicultura, miele.
Valutare quanto spazio di lavoro occorre in riferimento alla popolazione del territorio, che cosa può offrire il territorio.
Estendere il lavoro nei settori delle ecologia, nelle energie alternative
Ritornare a considerare il lavoro come mezzo per procurarsi i mezzi del vivere.
+ Ma se noi risparmiamo energia, se consideriamo un modo di vita più sobrio, ma che ci arrichisce nella nostra personalità, nel nostro modo di vivere, lavorando meno, avendo più tempo per noi , ecco che abbiamo ridotte le nostre esigenze.
+ L'uso del trasporto privato è il meglio che possiamo concepire? E che dire del tempo perso, soprattutto nelle città, nelle code, disagi, fatiche, più inquinamento e l'aumento dei costi ambientali sociali per la salute? Usiamo i mezzi pubblici , ne avremo anche un risparmio?
+ Il non consumo del territorio ci permette di risparmiare ancora sulla salute
Pensare e spostare delle risorse economiche già stanziate (vedi TAV) per la crescita effettiva di situazioni lavorative rispettose del territorio e del volere dei cittadini, ma soprattutto che possano essere creative di altro lavoro
* Il Risparmio energetico - Illuminazione pubblica, efficienza energetica,
* il riutilizzo del materiale utilizzato dagli enti pubblici, che può avere un'altra vita, computers, cancelleria, attrezzistica, etc... , fonti energetiche rinnovabili (solari, eoliche, dell'acqua, delle biomasse) sicuramente locali,
* la riduzione degli imballaggi con l'utilizzo dei prodotti alla spina,
* Riduzione dell'inquinamento come riduzione delle bonifiche e delle cure mediche.
* Banche del tempo come forma di riduzione dei costi dei singoli e famiglie nelle attività casalinghe. Estensione degli scambi non mercantili di dono e autoproduzione.
* L'utilizzo di monete alternative, in forma di sconto, quali lo scec
* Estensione dei Gruppi di aquisto solidale GAS in collaborazione con produttori di prodotti locali o con gli orti biologici sostenuti attraverso partenariato, minore spese e inquinamento per trasporti
* Autoproduzione di beni personali, orti privati e cittadini
* Cura e riparazione degli acquedotti pubblici, con meno spreco di acqua pubblica
Sono altri strumenti per ridurre le nostre richieste di lavoro e ampliano il nostro tempo di vita
Per finire questi nostri ragionamenti, parlando di lavoro, dobbiamo, alfine, considerare il rapporto tra la popolazione/popoli e le risorse del territorio/i e le risorse energetiche fossili, che vanno ad estinguersi, il numero di cittadini del pianeta deve essere rapportato alle risorse esistenti e rinnovabili e certamente dobbiamo considerare una società più agricolo-etica-ecologica sobria che non una società industriale, non ecologica, e divoratrici di molte risorse energetiche.
PEDRO VALIGIA
Voglio ribadire che dobbiamo denudare il re, denudare il re denaro.
RispondiEliminaIo ritengo che la soluzione sia il lavoro, non il lavoro della Fiat, della Thyssen Krupp, delle opere devastatrici, del mito dll'auto, telefonino...
Il lavoro che produce ricchezze ecologiche e solidali, il lavoro che si svolge non solo se ci sono i soldi, ma se occorre per il bene di tutti.
L'assurdo che si è innescato un meccanismo che non ha nessuna logica, per fare qualcosa devo avere i soldi e guadagnarci soldi, se non non mi interessa, ma i soldi rappresentano proprio ore-lavoro, beni immagazzinati, servizi.
Se io non lavoro, se non produco beni, il denaro che cosa mi rappresenta.
Il nulla.
Facciamo un esempio paradossale, nel mondo si lavora per produrre beni utili a tutti, che si scambiano attravverso il denaro, da un giorno ha l'altro si decide di non considerare più il denaro, ma di dare direttamente le merci rappresentate dal denaro, a chi ha lavorato.
Le merci e i servizi esistono proprio perchè si è lavorato e possiamo capire attravverso le presenze chi ha contribuito alla produzione dei beni comuni (scuole, trasporti...) e beni da utilizzare in modo privato (cibo, vestiario, svago...).
Ecco perciò che la soluzione è il lavoro.
La costituzione Italiana ci dicono è fondata sul lavoro!
Dovrebbero dirci, secondo loro, che è fondata sul loro denaro che non si muove se non fa altro denaro, per loro, se non accumulano merci rappresentate dal loro denaro.
Il preambolo dovrebbe recitare così: è fondata sulla solidarietà e fratellanza, sul lavoro rispettoso dei diritti della persona e dell'ambiente, sul lavoro utile e indispensabile.
Pedro Valigia