ANPI MAGENTA RICORDA
MILANO, 12 DICEMBRE 1969: STRAGE DI PIAZZA FONTANA
(2023 - 54° ANNIVERSARIO)
LA STRAGE
Milano, venerdì 12 dicembre 1969, ore 16,37:
l’esplosione di un ordigno ad alto potenziale (7 chili di titolo), uccide all’istante quattordici persone, nell’affollato salone della Banca Nazionale dell’Agricoltura di Piazza Fontana, luogo centralissimo, retrostante al Duomo. Dei moltissimi feriti, due muoiono in ospedale poco dopo. Infine, nel 1983, per problemi di salute legati all’esplosione, vi è l’ultima vittima diretta dell’attentato.
Il bilancio definitivo è di 17 morti e 88 feriti.
STRATEGIA DELLA TENSIONE
Il 1969 segnò l’apertura della cosiddetta “strategia della tensione” e il 1980 la sua chiusura: undici anni insanguinati dagli attentati della destra eversiva, qui elencati: 12 dicembre 1969 - Strage di Piazza Fontana a Milano (17 morti e 88 feriti), 22 luglio 1970 - Strage di Gioia Tauro (6 morti e 66 feriti), 31 maggio 1972 - Strage di Peteano a Gorizia (3 morti e 2 feriti), 17 maggio 1973 - Strage della Questura di Milano (4 morti e 52 feriti), 28 maggio 1974 - Strage di Piazza della Loggia a Brescia (8 morti e 102 feriti), 4 agosto 1974 - Strage dell'Italicus (12 morti e 105 feriti), 2 agosto 1980 - Strage della Stazione di Bologna (85 morti e 200 feriti).
Una catena di “terrore nero”, di cui la Strage di Piazza Fontana – il più dirompente atto terroristico del dopoguerra, una sorta di drammatico spartiacque fra due momenti storici della nostra Repubblica – sarà il primo anello.
La strage ebbe degli importanti pròdromi: il 25 aprile di quell’anno, una bomba esplose al padiglione FIAT della Fiera di Milano, facendo diversi feriti gravi, mentre un'altra, inesplosa, venne ritrovata all'Ufficio Cambi della Stazione Centrale; inoltre, il 9 agosto, otto bombe su diversi treni provocarono complessivamente 12 feriti.
E per comprendere a fondo cosa stava accadendo, quale fosse cioè la portata del piano eversivo (ben tre tentativi di “golpe”) che vedeva collusi i servizi segreti deviati e alte cariche politiche dello Stato con gli ambienti neofascisti, la Loggia P2 e la mafia, va ricordato che, in quel terribile 12 dicembre, furono quattro gli attentati andati in porto, su cinque organizzati perché avvenissero nel breve arco di tempo di 53 minuti, nelle due principali città italiane, Milano e Roma.
Uno solo fallì: a Milano, una seconda bomba inesplosa fu ritrovata infatti, quel giorno, in Piazza della Scala, sempre in zona centralissima, adiacente al Duomo.
Mentre nella capitale tre deflagrazioni fecero complessivamente 16 feriti: un ordigno alla Banca Nazionale del Lavoro di via San Basilio, uno in piazza Venezia e uno infine all'Altare della Patria.
Altri ordigni, poi inesplosi, erano stati inoltre piazzati, sempre il 12 dicembre, in diverse sedi giudiziarie di Torino, Milano e Roma.
DEPISTAGGI
Per Piazza Fontana venne inseguita la pista anarchica, che portò all’accusa dei milanesi Pietro Valpreda, ballerino della RAI, e Giuseppe Pinelli, ferroviere, partigiano: il primo fece più di tre anni di carcere a Regina Coeli, prima di essere scagionato; il secondo morì precipitando, nella notte fra il 15 e il 16 dicembre 1969, dalla finestra dell’ufficio del Commissario Luigi Calabresi, stanza al quarto piano della Questura di Milano.
Le dinamiche non furono mai chiarite.
LA DICIOTTESIMA VITTIMA
Possiamo considerare Giuseppe Pinelli la diciottesima vittima innocente della strage.
NESSUNO HA PAGATO
Il primo processo si chiuse con le assoluzioni per mancanza di prove di Franco Freda, Giovanni Ventura e Guido Giannettini (ex agente del SID) e la sola condanna agli ex ufficiali del SID Gianadelio Maletti e Antonio Labruna (i loro nomi furono ritrovati fra quelli degli affiliati alla Loggia P2) per falso ideologico e favoreggiamento di Guido Giannettini.
Quindi, in un secondo processo vennero assolti definitivamente anche Delfo Zorzi, Carlo Maria Maggi e Giancarlo Rognoni (esponenti di Ordine Nuovo) mentre fu riconosciuto il coinvolgimento di Carlo Digilio (ex militante di Ordine Nuovo), reo confesso per il confezionamento della bomba, ma la cui imputazione fu prescritta in quanto collaboratore di giustizia. Nel 2005 la Cassazione affermò definitivamente la matrice neofascista della strage, nell'alveo di una cellula veneta di Ordine Nuovo, capeggiata da Franco Freda e Giovanni Ventura, i quali però non furono più processabili in quanto irrevocabilmente assolti dalla Corte d'Assise d'Appello di Bari.
Nessun commento:
Posta un commento