Il problema è che hanno ragione tutti e due. E proprio per questo la faccenda è complicata.
Dal dopoguerra a oggi in Italia la superficie dei boschi e delle foreste è raddoppiata. Oggi occupa circa un terzo del territorio nazionale. Mano a mano che l’uomo scendeva in pianura e smetteva di coltivare la montagna, il bosco avanzava. E con il bosco, la vita selvatica. La natura, appena noi facciamo un passo indietro, ne fa due in avanti.
Come insegnano le favole, il bosco non è un luogo rassicurante. È un luogo meraviglioso, ci sono i funghi, le tane degli animali, gli odori della decomposizione e della rinascita. Ma è anche un luogo misterioso, dove le tenebre spesso prevalgono sulla luce. In pianura, o sulle cime dei monti, puoi spingere lo sguardo molto lontano. Nel bosco, lo sguardo si ferma a pochi metri. Non sai che cosa c’è dietro. Ogni rumore ti fa trasalire, ogni ombra ti inquieta. Per questo l’uomo, per millenni, ha disboscato. Perché aveva paura del buio e voleva vederci chiaro.
Ma l’uomo è un animale strano. Potente ma illogico. Ora che vive lontano dai boschi, dalle montagne, dalle foreste, ne sente la mancanza. Capisce di avere perso qualcosa di importante. Una parte di se stesso. E vuole che gli venga restituita, la natura. Ma ormai è abituato alle comodità e pretende una natura a rischio zero. Una natura turistica, sterilizzata, ospitale, una natura da cartolina nella quale tornare a riposarsi e a divertirsi. Una natura tutta funivie e niente fatica. Tutta fiorellini e niente orsi.
Ma la natura non è buona. È il teatro di un conflitto inesauribile, quello tra vita e morte. In natura si mangia e si è mangiati. Ci sono le prede e ci sono i predatori, che qui in Europa sono volpi, lupi, orsi, linci e sciacalli. Per non dire dell’uomo, che è largamente il predatore più attivo, e vorace. No, la natura non è vegana.
Dopo il terribile incidente in Trentino, l’orsa che ha ucciso un ragazzo, è tornata una paura che per gli animali è vita quotidiana, ma per l’uomo occidentale sembrava dimenticata: la paura di essere sopraffatti da una belva.
E da un lato ci sono quelli che la pensano come il presidente della provincia di Trento, Fugatti, che nel 2011 aveva organizzato, alla festa della Lega, un banchetto a base di carne d’orso. Per quelli come lui l’orso, fondamentalmente, è una bistecca. È una visione, come dire, un poco da orso, perché anche per l’orso Fugatti è solo una bistecca.
In questa visione delle cose, il rapporto uomo-orso è un derby tra predatori, e ovviamente vince l’uomo con il fucile, e il discorso è chiuso. In questa visione delle cose, conta solo l’uomo.
Sull’altro fronte ci sono quelli per i quali, per principio, l’abbattimento di qualunque animale è un tabù. L’animalismo, in molti casi, è una religione, con i suoi dogmi e le sue scomuniche. L’idea che una bestia possa essere in soprannumero, rispetto al suo territorio, non li sfiora. L’idea che anche gli allevatori e i contadini, che ancora abitano la montagna e la presidiano come fanti in trincea, debbano essere protetti dai lupi e dagli orsi, non li tocca.
Tra chi considera gli animali selvatici un ingombro, una scocciatura che gli rovina le vacanze, e chi crede che l’unico animale cattivo sia l’uomo, e la natura sia una favoletta edificante, c’è un varco molto stretto. In quello stretto varco devono parlare la scienza, gli zoologi, i naturalisti, quelli che vivono ogni giorno tra l’uomo e l’orso e tra l’uomo e il lupo. L’Ispra, Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale. La guardia forestale. Dovrebbero parlare loro e decidere loro: ma con tutto questo fracasso, la loro voce rischia di scomparire nel profondo della foresta. - Michele Serra a Che Tempo Che Fa
lunedì 17 aprile 2023
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