lunedì 20 marzo 2023
... 20 anni fa ...
Alle 5,34 di giovedì 20 marzo 2003, prima ancora che il Sole iniziasse a rischiarare i tetti di Baghdad, un missile Cruise colpiva il palazzo presidenziale sulla sponda destra del Tigri. Era il segnale d’avvio di “Iraqi Freedom,” l’offensiva finale lanciata dall’amministrazione americana di George W. #Bush contro il regime baathista di Saddam Hussein. Una coalizione formata dagli USA, Regno Unito, e con contingenti minori di altri stati tra cui l’Australia, la Polonia, la Spagna e l’Italia.
Poche settimane prima, il 5 febbraio, parlando al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, il segretario di Stato USA Colin Powell aveva pronunciato l’ormai celebre discorso dell’antrace.
Powell aveva accusato l’Iraq di possedere armi batteriologiche e mostrato, con un gesto teatrale, una fiala in cui era contenuta una polvere bianca.
Nel frattempo, su un grande schermo alle sue spalle, scorrevano immagini satellitari, grafici e foto che «provavano» l’esistenza di un grande programma di produzione di armi chimiche e batteriologiche. Nulla di tutto ciò era vero.
La grande messinscena architettata dai servizi di intellingence americano e britannico serviva soltanto ad aprire ai marines la strada verso Baghdad.
Così il 20 marzo la coalizione scagliava un massiccio attacco aereo, denominato Shock and Awe (“colpisci e terrorizza”) contro l’#Iraq. Nelle prime quarantotto ore furono lanciate 3.000 bombe con guida di precisione (“intelligenti”) su Baghdad, città densamente popolata di 5,6 milioni di abitanti
Secondo i ricercatori della Brown University i morti totali, inclusi civili iracheni e siriani, militari, polizia, combattenti dell’opposizione, giornalisti e operatori dei mass-media oscillano tra 550.000 e 584.000. Un’ecatombe.
Nella quale non sono incluse le vittime indirette della guerra, ovvero tutte le persone che hanno perso la vita per malattia, sfollamento o fame.
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