domenica 22 novembre 2020

... ancora su "A" ...

Una proiezione di fango sull’Altro politico per eccellenza, il “movimento anarchico”, da parte di chi il pensiero libertario attuale non lo scorge né lo pratica, ma certo ama scrivere anche su riviste “di settore” quali Malamente, “rivista di lotta e critica del territorio”. Compagno Mario di Vito ma non di vita, certo, se il gossip scatenato da una reazione (una tantum) del fratello di un compagno suicida riesce ad aprire la cataratta del giudizio politico, anzi del pregiudizio verso il movimento anarchico e libertario, in realtà ancora vivo e vitale in Italia e nel mondo. Di che ci stupiamo? Abbiamo avuto ben di peggio, …gli sgomberi della rivoluzione sovietica, le pulizie della guerrra di Spagna, gli ostracismi degli ‘anni di piombo’: gli anarchici e le anarchiche son sempre state scomode per gli antagonisti dediti alla ricerca dell’egemonia culturale, perché l’anarchismo conserva e sviluppa la critica all’autoritarismo ed all’egemonia stessa. Questo livore, anche se a volte solo larvata antipatia, si tramanda da generazioni. Una chicca locale: abbiamo avuto Rossanda, che scriveva nel settembre 1990, tra il disprezzo ed il viscido garantismo, contro il meeting anticlericale di Fano (“datato”) una lettera sbrigativa, mentre si recava come ospite a convegni religioso-politici già scaduti con la favola della clonazione del prete operaio. Ma i retrogradi eravamo noi libertari, colpevoli di aver mostrato una copia de “il Male” che ritraeva Woytjla e Cicciolina e che “offendeva alcuni credenti”. Altri infiniti esempi non potrei qui citarli. Ora abbiamo chi versa finte lacrime per la fine di un progetto, A rivista anarchica, che si fondava sull’attivismo di una persona, Paolo Finzi, senza la quale non continuerà. Ma le frettolose lacrime di cordoglio si trasformano presto in amplificazione di fatti (dedotti o immaginati) per cui un problema personale (e familiare) diviene base di giudizio politico verso tutto il movimento, definendo anzi lo “scivolare sul personale” come vizio altrui e non di chi scrive e raccogliendo commenti qua e là, senza avere alcuna visione di insieme, come il più classico degli informatori di polizia, cito: “RESTA LA SPACCATURA nella famiglia (?!?) anarchica ed è qualcosa in più di un cattivo presagio. È la manifestazione di una stanchezza che ormai si avverte da anni, come se la storia fosse andata troppo avanti e avesse lasciato i libertari fermi al palo a domandarsi quale direzione prendere. Un dramma politico che scivola sul personale, tra compagne e compagni anche di vecchissima data che se ne dicono di tutti i colori, in faccia e dietro le spalle. Di certo non un bello spettacolo.” Un capolavoro degno del migliore gossip d’annata, col potere di una pagina di mass media nazionale sulla quale, per assurdo, son state vissute ben altre discordie “di famiglia”, queste però mai giudicate in tale modo  Ma il giudizio, politico e anche culturale, su quel che accade all’editoria anarchica spetta non a voci di corridoio ma all’aperta e franca discussione nel movimento anarchico che c’è, malgrado questi jettatori. 

Sull’articolo di Mario di Vito: Il Manifesto del 19 ottobre 2020 
FPA 

Sulla vita di Paolo Finzi e di A rivista si può leggere: La mia vita dalla a alla A, una lunga intervista.


dobbiamo rassegnarci quindi a perdere una rivista che aveva negli anni (tanti!) acquistato autorevolezza ed era diventata punto di riferimento per il Movimento Anarchico? E che cosa resta da leggere per chi simpatizza per le posizioni espresse nei vari articoli inanellatosi nel corso del tempo? Davvero si chiude qui questa (quasi) cinquantennale esperienza?

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