mercoledì 30 settembre 2020
martedì 29 settembre 2020
... Monte Sole ...
Mattarella: «A Marzabotto e a Monte Sole sono piantate radici robuste della nostra Costituzione repubblicana»
Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha rilasciato la seguente dichiarazione:
« Lo sterminio degli innocenti che le SS compirono 76 anni or sono nelle terre attorno a Monte Sole ha impresso un segno così profondo e doloroso nella storia del popolo italiano che nulla e nessuno potrà mai cancellare. La Repubblica si inchina alla memoria di centinaia di donne e uomini, di bimbi e anziani, barbaramente uccisi secondo una logica di annientamento che travalicava persino gli orrori della guerra combattuta.
Le squadre naziste, accompagnate da guide e informatori fascisti, si resero responsabili di molteplici crimini nei mesi del loro arretramento sull’Appennino Tosco-emiliano. Tuttavia, Marzabotto e le aree dei comuni di Monzuno e Grizzana Morandi divennero teatro di uno degli eccidi di civili più spaventosi, più disumani che l’Europa abbia conosciuto durante il secondo conflitto mondiale. Ma quelle vite tragicamente spezzate, quel dolore straziante dei sopravvissuti, sono diventate le basi di un riscatto popolare, di una liberazione, di una lunga stagione di democrazia, benessere, pace.
A Marzabotto e a Monte Sole sono piantate radici robuste della nostra Costituzione repubblicana, le quali alimentano i principi di convivenza, di libertà, di uguaglianza tra le persone, di giustizia sociale, da decenni patrimonio della comunità nazionale e motore del nostro modello civile. Al tempo stesso, quelle radici portano linfa alla comune casa europea, all’Europa unita nelle diversità, ma anche nella civiltà dei diritti inviolabili della persona, nella cooperazione, nella solidarietà, che deve sempre prevalere sui rigurgiti di egoismo ».
Roma, 29/09/2020
domenica 27 settembre 2020
venerdì 25 settembre 2020
... dal Blog di Costanza ...
DI COSTANZA OGNIBENI
Sono passati circa due decenni da quando in Francia ha preso piede un dibattito che ha come oggetto il corpo femminile; un dibattito del quale ancora non si trova soluzione, e che anzi nel 2021 potrebbe trovare sbocco in una legge che autorizzerebbe le minoranze religiose a ottenere deroghe legali alla legislazione universale.
Sembrerebbe, infatti, che, proprio nella terra delle grandi rivoluzioni, risiedano ancora numerose famiglie, che, in determinate circostanze, come ad esempio alla vigilia di un matrimonio, richiedono il certificato di verginità della donna basato proprio sull’integrità dell’imene.
Lasciando da parte l’inattendibilità di un siffatto documento – l’imene spesso si lacera anche solo indossando assorbenti interni o praticando determinate attività sportive, per non parlare delle donne che nemmeno lo possiedono – quello che ovviamente desta scalpore è che nell’era delle grandi tecnologie e nel civilizzato mondo occidentale, si senta ancora, da qualche parte, la necessità di ricevere un attestato di questo tipo, che rivela, tra le righe, l’orgoglio della deflorazione della vergine, il primato del primo, il sangue fra le lenzuola sbandierato a mo’ di trofeo.
Era inevitabile che le forze progressiste facessero sentire la loro voce, condannando di santa ragione una pratica barbara e psicologicamente invasiva, ma quello che stupisce e per cui si è tornati a parlare dell’annosa questione, è che quelle stesse forze progressiste sembrano aver recentemente fatto retromarcia rispetto alle loro posizioni, o quantomeno tirato il freno a mano, ammorbidendo le loro considerazioni, e indorando l’amara pillola, come testimonia una lettera comparsa recentemente su Libération scritta da un gruppo di donne e uomini operanti nel campo medico, tra cui la presidente del Collettivo contro lo stupro e il presidente di Ginecologi senza frontiere:
“Si tratta certamente di una pratica barbara, retrograda e sessista e in un mondo ideale bisognerebbe rifiutarsi di rilasciare un documento del genere. Ma nel mondo reale penalizzarne la redazione è un controsenso. Possiamo essere portati a fornire un certificato di verginità se la giovane ha bisogno di un documento che attesti che è vergine perché si smetta di tormentarla, per salvarle la vita, per proteggerla se è indebolita, vulnerabile o minacciata nella sua integrità o dignità”.
Insomma, ancora una volta si ricorre a una pavida accettazione dello status quo che finirà per non scomodare nessuno se non, nuovamente, il corpo delle donne e le idee a esso legate. Anziché levare gli scudi e scontrarsi contro coloro che le “indeboliscono, rendono vulnerabili o ne minacciano l’integrità e dignità”, si dà per assodato che la realtà sia questa e si trova la via più inetta per risolvere la questione; una soluzione degna del migliore dei moderni Don Abbondio.
Una passività che lascia intendere che un imene più o meno intatto porta con sé molti altri significati, che vanno ben oltre il paternalista orgoglio di essere il primo. Il problema, ancora una volta, non è il “nemico”, in questo caso le sporadiche comunità religiose che agiscono secondo un credo distorto e lesivo nei confronti delle donne, quanto, piuttosto, la mancanza di risposta da parte di chi dovrebbe combattere queste piaghe, proporre un superamento. Ma come si fa a proporre un superamento se si tiene fuori dal dibattito il discorso sul desiderio, legato al corpo della donna, e sulla sua perpetua repressione? Come si fa a proporre un superamento senza parlare di quell’irrazionale destinato a rimanere sconosciuto e minaccioso, anche per i più grandi intellettuali di sinistra? Occorrerebbe entrare in un terreno dove le più grandi battaglie di sinistra sono destinate a fallire, fintanto che ai tre sacrosanti principi – liberté égalité e fraternité – non si aggiungerà una ricerca basata sul rapporto uomo-donna, che ne consideri non solo la violenza manifesta, ma anche e soprattutto quella sottile violenza invisibile che mina progressivamente la vitalità delle donne, rendendole prostrate, succubi, incapaci di ribellarsi, quando non addirittura complici di quel pensiero che le nega continuamente, trasformandole in oggetti, quando non in esseri inferiori, da tenere continuamente a bada e prive di ogni forma di autonomia.
giovedì 24 settembre 2020
... il racconto 4 ...
23-9
oggi è l'anniversario dell'omicidio del giornalista Giancarlo Siani - 1985- 35 anni fa - -
Domani rientriamo a Torino.
... il racconto 3 ...
22-9
risultato referendum: il SI sfiora il 70% - risultato pari per le regionali
oggi abbiamo iniziato ad interessarci ai lavori da fare a Mattie e trasferito qualche oggetto nella nuova casa.
... il racconto 2 ...
21-9
Oggi è il primo giorno d'Autunno -
30 anni dalla morte del giudice Rosario Livatino, ucciso dalla mafia
oggi pomeriggio ho consegnato all'agenzia Tecnocasa i documenti notarili di proprietà dell'alloggio di San Giorio.
... il racconto 1 ...
Appunti – 20- 24 settembre 2020.
20-9
sono arrivato a San Giorio in mattinata dopo un percorso in auto sotto una pioggia battente e dopo aver dato il mio voto per il Referendum sulla riduzione del numero dei parlamentari ... ho barrato entrambe le opzioni ed in un angolo ho scritto NI: non intendo fare una scelta senza una vera competenza in merito!
Oggi è un giorno particolare, così come lo saranno i prossimi tre: non ho accesso ad internet e mi arrangio con un vecchio PC con Windows XP e senza internet, ma non dimentico date e ricorrenze
Oggi è il 150° anniversario della Breccia di Porta Pia
appena potrò correderò questo scritto con una immagine adeguata.
Mi piace altresì ricordare la figura di Rossana Rossanda, fondatrice del Manifesto e (comunista eretica) morta a 96 anni.
... omaggio alla Greco ...
... è morta Juliette Greco a )£ anni, musa dell'esistenzialismo, regina della "Rive Gauche" parigina, un pezzo della mia cara Parigi che se ne va ...
... ritorno a casa ...
... eccoci di nuovo a Torino, con la graziosa Kitty padrona di casa accudita in nostra assenza da una nostra vicina.
sabato 19 settembre 2020
... tripla vigilia ...
... oggi tripla vigilia: domani saremo di nuovo a San Giorio, ma solo per quattro giorni, ma è anche il primo dei due giorni dedicati al Referendum Costituzionale per il taglio dei parlamentari, ed infine ricorre il 150° anniversario della Breccia di Porta Pia ... il mio portatile è in riparazione ... riprenderò il mio blog giovedì prossimo, si spera!!
mercoledì 16 settembre 2020
... Don Roberto ...
Don Roberto ucciso a Como: Mahmoudi, l’assassino che temeva il complotto
Le nozze, il divorzio, i problemi con la giustizia e l’idea che tutti volessero cacciarlo dall’Italia: "Il prete è morto come un cane, era giusto così"
di PAOLA PIOPPI
Articolo Don Roberto Malgesini ucciso a Como, una folla silenziosa ricorda il prete degli ultimi
Articolo Como: accoltellato a morte don Malgesini, il prete degli ultimi. L'omicida si costituisce
Como, 16 settembre 2020 - Un complotto, la coalizione di chiunque gli ruotasse attorno per cacciarlo dall’Italia, il timore di essere seguito e minacciato. Ridha Mahmoudi, il tunisino di 53 anni arrestato per l’omicidio di don Roberto Malgesini, non si è mostrato minimamente pentito di ciò che ha fatto ieri mattina. Un’aggressione e una morte da lui decisa perché "era giusto così", secondo quanto dichiarato alla polizia della Squadra Mobile e davanti al suo avvocato, Davide Giudici, dicendo che il sacerdote era "morto come un cane". Affermazioni che l’uomo ha reso in uno stato confusionale, che ora dovrà essere meglio compreso per capire se dettato da ciò che aveva commesso, o se da un qualunque genere di disturbo. Dalle verifiche svolte ieri, non sono emersi problemi psichici certificati, ma solo un oggettivo timore di essere perseguitato e cacciato. Dal 2015 aveva accumulato sei denunce per violazione della legge sull’immigrazione, ma prima di questi anni difficili, Mahmoudi aveva avuto una vita regolare in Italia.
Arrivato nel ‘93 , dieci anni dopo aveva sposato una donna italiana, da cui aveva successivamente divorziato. Una fine del matrimonio che era coincisa con l’inizio dei suoi guai: la revoca del permesso di soggiorno, che aveva ottenuto per motivi familiari, le ripetute espulsioni, man mano appellate davanti al Giudice di Pace. La prima, del 2015, gli era stata annullata nel 2017 per motivi di salute. Durante un lavoro svolto in Sicilia, aveva avuto un problema agli occhi: una malattia che aveva spinto il giudice ad annullare l’espulsione. Ma successivamente una perizia medica aveva stabilito che la malattia poteva essere curata anche in Tunisia, consentendo quindi l’espulsione.
L’ultimo provvedimento risale ad aprile, ma non era stato possibile eseguirlo per la chiusura degli hotspot e il blocco dei voli a causa dell’emergenza covid. Mahmoudi nel frattempo aveva presentato l’ennesimo ricorso, che si sarebbe dovuto discutere ieri. E forse questa scadenza aveva ulteriormente accresciuto la rabbia dell’uomo, che tre mesi fa aveva acquistato il coltello da cucina, di grandi dimensioni, che si portava dietro, e che ieri mattina ha usato per colpire ripetutamente il sacerdote. Una persona a cui aveva chiesto aiuto e consigli, ma che riteneva comunque un suo nemico. Tuttavia, se alcuni aspetti dei suoi trascorsi sono chiari, su altri sono ancora in corso accertamenti, per capire con quale nome fosse noto all’anagrafe giudiziaria. Infatti il suo nome, e la sua data e luogo di nascita, compaiono anche con una variante: Ridha Mahmoudi Ben Youssef. A questa identità corrispondono, a partire dal 2005, denunce per resistenza a pubblico ufficiale, interruzione di pubblico servizio, e persino un maltrattamento. Reati per i quali erano state emesse piccole condanne, poi riunite in un cumulo di pene con sospensione condizionale. Se le verifiche per ricostruire il suo passato, e l’eventuale corrispondenza di queste due identità, sono ancora in corso, è però certo che almeno dal 2015 Mahmoudi ruotava attorno al mondo dell’assistenza ai senzatetto, ospite della parrocchia di Sant’Orsola, in viale Lecco, dove gli garantivano un posto letto.
... 50 anni fa ...
Stefania Limiti
Giornalista e scrittrice
GIUSTIZIA & IMPUNITÀ
- 16 SETTEMBRE 2020
Mauro De Mauro, una vicenda emblematica dell’Italia occulta
Mauro De Mauro, così scompariva un giornalista. Depistaggi, servizi e mafia: dopo 50 anni è rimasto un caso senza verità
Mattarella ricorda De Mauro 50 anni dopo: “Caso senza verità è una sconfitta per le istituzioni. Squarciare velo degli occultamenti”
Sono passati 50 anni dalla scomparsa di Mauro De Mauro, giornalista de L’Ora rapito la sera del 16 settembre 1970 e mai più ritrovato. La sua storia ha nutrito il grande pozzo dei veleni italiani. Posteggia la sua Bmw accanto al portone di casa, in viale delle Magnolie, sua figlia lo vede dalla finestra, poi nota due tipi che gli girano intorno e salgano sulla sua auto, tutti si allontanano. Da quel momento si è aperto uno dei casi più intricati della storia italiana, fatta da tante vicende di cui è ormai ben noto il contesto ma sulle quali sembra impossibile scrivere la parola fine. La scomparsa di De Mauro ne diventa un simbolo.
Quarantanove anni, originario di Foggia, arriva a Palermo nel dopoguerra, collabora prima al Tempo di Sicilia e poi al Mattino di Sicilia. Ha un passato fascistissimo: prima nella Decima Mas di Junio Valerio Borghese, dopo l’armistizio nella Repubblica di Salò – chiama le due figlie Junia e Valeria, in onore al vecchio comandante. Sostiene il regime con convinzione, è poi accusato di aver partecipato all’eccidio delle Fosse Ardeatine, assolto nel ’48 dalla Corte di Assise di Bologna. Un passato come quello, forse più di quello, avuto da tanti altri fascisti che si sono reinseriti nella Repubblica.
Strage di Bologna, dai depistaggi al fango: ora è il turno della ‘terrorista palestinese’
DAL BLOG DI STEFANIA LIMITI
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In ogni caso è bravo e viene assunto dal quotidiano di sinistra L’Ora dove si specializza nelle inchieste più difficili sulla mafia, ficcando il naso ovunque. Ma prima di scomparire attraversa un momento professionalmente difficile. Da un paio d’anni non si occupa più di mafia. Vorrebbe trasferirsi a Roma, a Paese Sera, forse sta cercando di aprirsi qualche porta mettendo in giro la voce di avere per le mani “qualcosa di grosso”. Oppure ha davvero qualcosa in mano. Qualcosa che riguarda le sue indagini sull’omicidio del Presidente dell’Eni, Enrico Mattei, perché lo accenna a diverse persone, dice che si sta occupando “di un soggetto per un film di Rosi, una cosa grossa, molto grossa. Roba da far tremare l’Italia”.
A lungo la sua scomparsa non ha una pista, si naviga nel buio: carabinieri e polizia seguono strade divergenti. Secondo i carabinieri il giornalista sarebbe incappato in un grosso traffico di droga e per questo sarebbe stato eliminato dalla mafia. La polizia punta invece, con molta prudenza, sulla “pista Mattei” – di cui parla anche il superpentito Tommaso Buscetta a Giovanni Falcone nel ‘94: “Della morte di Mauro De Mauro non so nulla. Non è faccenda di mafia. Quando ne parlavo con i miei interlocutori, questi sembravano stupiti. Ho sentito dire in giro che la sua scomparsa è legata alla morte di un noto politico italiano, credo che si chiamasse Enrico Mattei”.
De Mauro sa tante cose sull’uccisione del Presidente dell’Eni – si veda l’ottimo libro di Giuseppe Pipitone Il caso De Mauro, non senza aver letto l’imperdibile Profondo nero dei due giornalisti siciliani Peppino Lo Bianco e Sandra Rizza. Per questo il regista Francesco Rosi – che lo aveva già apprezzato durante la stesura del suo film su Salvatore Giuliano – si rivolge di nuovo a lui, verso la fine del luglio 1970, chiedendogli una dettagliata ricostruzione degli ultimi due giorni di vita di Mattei in Sicilia: perché torna nell’isola dove era solo una settimana prima? Chi gli telefona in piena notte invitandolo senza indugio a far rientro a Milano al più presto?
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Nel caso non mancano gli elementi ricorrenti delle “ammazzatine” italiane – come evidenzia il compianto Sandro Provvisionato nel suo sito, tutt’oggi attivo: la scomparsa dal cassetto della sua scrivania di materiale cruciale per capire il senso degli eventi, strappate dal bloc-notes pagine di appunti sugli incontri avuti nella preparazione del lavoro per Rosi, una talpa che può ordire il sabotaggio perché sa l’ora del decollo del suo aereo che Mattei rende nota solo al suo pilota.
Insomma, De Mauro ha capito un sacco di cose nel 1970. Davvero notevole se pensiamo che l’ultima importante inchiesta su Mattei condotta dal Procuratore Vincenzo Calia è stata archiviata nell’aprile del 2005 – ma mettendo definitivamente a tacere chi sosteneva che l’aereo di Mattei fosse caduto per un’avaria dimostrando che fu sabotaggio. Proprio Calia ha raccolto testimonianze importanti riprese in un libro di Egidio Ceccato, Delitti di mafia, depistaggi di Stato, in questi giorni nelle librerie con Castelvecchi. Si tratta dei verbali di interrogatorio dell’ex senatore padovano Graziano Verzotto che curava gli interessi dell’Eni in Sicilia.
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Dopo aver menato il can per l’aia per ben tre anni, Calia lo mette alle strette e nel settembre del 1998 fa affermazioni molto forti e dirette: l’uccisione di De Mauro, spiega, sarebbe la conseguenza di una improvvisa e imprevista complicazione di una operazione ricattatoria che lui stesso aveva ordito insieme al giornalista, allo scopo di convincere i dirigenti dell’Eni – Eugenio Cefis e Vito Guarrasi contro cui punta il dito – a desistere dall’opposizione al metanodotto Algeria-Sicilia al quale tanto si dedica Verzotto sulle orme di Mattei.
Ma Verzotto, che di sicuro è una delle fonti di De Mauro, non è affatto un santo: pezzo da novanta della Democrazia Cristiana, spedito in Sicilia a guidare l’Ente Minerario Siciliano, legato ai servizi segreti francesi, coinvolto nell’inchiesta sui fondi neri delle banche di Michele Sindona, compare del boss Giuseppe Di Cristina, è uno che fa il suo gioco, è un anello dell’Italia occulta. Dentro la quale 50 anni fa è scomparso Mauro De Mauro.
... dall'avvocato ...
... pomeriggio dall'avvocato a reperire altri documenti utili al buon fine della vendita del mio alloggio ...
martedì 15 settembre 2020
... visita oculistica ...
... oggi pomeriggio visita oculistica: riscontrata cataratta su entrambi gli occhi ... mi aspetta un laser preventivo ed operazione ... a suma a post!!
lunedì 14 settembre 2020
... la scuola ricomincia e ...
... oggi la scuola ricomincia e ricomincio anch'io con il mio PC riparato ... il portatile è in riparazione ...
sabato 12 settembre 2020
... un'altra firma ...
... un'altra firma, sulla proposta di vendita definitiva e domani a Torino, in cerca dei documenti dell'immobile ...
venerdì 11 settembre 2020
... omaggio ...
... un modesto omaggio ad un ragazzo, Willye Montero, vittima di quattro "bravi ragazzi italiani", degni rappresentanti di questa disgraziata, degradata, lurida, laida, schifosa ITALIA!!!
... la mia Marengo ...
... ieri, una giornata terribile, veder deprezzato e umiliato il proprio alloggio, le due carte di credito che non funzionano al mattino, non saper cosa fare eppure aver bisogno di soldi ed infine il PC che si rifiuta di funzionare ... oggi la decisione di prendere ciò che ci viene offerte e scegliere definitivamente la casa di Mattie ... ieri sconfitta, oggi vittoria: la mia Marengo!
martedì 8 settembre 2020
... ci siamo! Davvero? ...
... telefonata di Federico della Tecnocasa: alloggio visto e piaciuto! Davvero? Stento a crederlo, nel frattempo stamane a Mattie non siamo riusciti ad aprire il cancello che da sul cortile ...
lunedì 7 settembre 2020
... fusse ca fusse! ...
... oggi pomeriggio seconda visita di una probabile cliente del nostro alloggio di San Giorio, questa volta munita di metro per misurare i vari locali ...
fusse ca fusse la volta bbona!
domenica 6 settembre 2020
... 10 anni fa ...
Il delitto avvenuto il 5 settembre 2010
10 anni fa l'assassinio di Angelo Vassallo, il "sindaco pescatore". Fico: "Verità è dovere morale" "Sul suo omicidio non sono ancora state accertate le responsabilità. Soddisfare l'aspettativa di verità e giustizia sul delitto costituisce un dovere morale", scrive il presidente della Camera
05 settembre 2020
Un sindaco coraggioso, che si spendeva per la sua comunità. Era il 5 settembre del 2010 quando Angelo Vassallo veniva ucciso in circostanze non ancora del tutto chiarite. Esattamente 10 anni dopo ci saranno commemorazioni a Pollica e anche in altre parti d'Italia. E le istituzioni ricordano la figura di Vassallo.
Il messaggio del presidente della Camera
''Dieci anni fa a Pollica, un piccolo comune del Cilento, veniva ucciso Angelo Vassallo. Era il sindaco del paese, ma soprattutto era un punto di riferimento della propria comunità, e non solo, per la sua integrità morale e per l'attenzione e sensibilità ai temi della legalità e dell'ambiente. Sul suo omicidio non sono ancora state accertate le responsabilità. Soddisfare l'aspettativa di verità e giustizia sul delitto costituisce un dovere morale, e questo non solo nei confronti della vittima, dei suoi familiari, e di una comunità profondamente scossa, ma anche di tutti quegli amministratori che lavorano assiduamente per il rinnovamento e la rinascita dei propri territori". Lo dichiara il Presidente della Camera, Roberto Fico, in occasione dell'anniversario dell'omicidio di Angelo Vassallo.
Fico: "La verità è un dovere morale" "L'assassinio di Vassallo -aggiunge Fico- riflette infatti drammaticamente una triste realtà: quella di chi ogni giorno si trova a combattere contro un sistema di diffusa illegalità e violenza, e che con grande dedizione e senso del dovere non cede alla rassegnazione. Angelo Vassallo voleva rendere migliore il comune da lui amministrato, perseguendo modelli di sviluppo fondati sulla virtuosa conciliazione tra urbanizzazione, protezione dell'ambiente e benessere delle comunità locali. Ha pagato con la vita la sua costante ricerca del bene comune nel governare la cosa pubblica anche in contesti difficili, il rifiuto di ogni compromesso o cedimento alla sopraffazione e alla violenza criminale.
Una voce per la sua comunità "Angelo Vassallo è uno straordinario esempio di come non solo si possa ma si debba dare voce e soddisfazione ai bisogni della collettività anziché agli interessi particolari. Il suo ricordo deve servire a stimolare una risposta sempre più ampia e partecipe della società civile contro tutte le pratiche collusive e contro le tante forme di corruzione e illegalità che ancora affliggono il nostro Paese. Ciò richiede impegno, rigore, sensibilità civica e, soprattutto, grande ostinazione nel non rinunciare mai ad immaginare la possibilità di creare un Paese migliore, sulla scorta dell'esempio di Angelo Vassallo'' conclude
sabato 5 settembre 2020
venerdì 4 settembre 2020
... ancora un po' ...
... ancora un po' di vacanze: una settimana, ancora un po' d'aria buona: partenza domani mattina ed oggi ultimo Left acquistato!
giovedì 3 settembre 2020
... Aleksei Navalny ...
Navalny avvelenato, il Cremlino respinge le accuse
Il Cremlino: "Nessuno sarebbe avvantaggiato da quanto accaduto, dai nostri test nessuna sostanza tossica, la Germania condivida le informazioni
AGI -
"Non vi sono ragioni per accusare la Russia di aver avuto un ruolo nell'avvelenamento di Aleksei Navalny". Lo ha dichiarato il portavoce del Cremlino, Dimitri Peskov. "La Russia non vuole che la Germania salti a conclusioni affrettate senza dialogare sulla questione", ha aggiunto. Peskov sostiene inoltre che "nessuno è stato avvantaggiato dall'avvelenamento di Navalny".
"La dichiarazione della cancelliera federale tedesca, Angela Merkel, sulla situazione all'attivista dell'opposizione potrebbe indicare che gli specialisti tedeschi abbiano ottenuto alcuni risultati significativi nello studio dello stato di salute di Navalny, tuttavia, la Russia non può effettuare valutazioni senza essere a conoscenza di questi risultati", ha dichiarato Peskov. "Ovviamente, se il cancelliere federale fa tali dichiarazioni, allora gli specialisti devono aver presentato alcuni risultati sostanziali dai loro studi", ha aggiunto Peskov. "Tuttavia, non possiamo effettuare valutazioni senza esserne a conoscenza di quali sono questi risultati", ha insistito.
"Si spera che le cause di questo incidente vengano stabilite; siamo interessati a farlo, lo vogliamo e abbiamo bisogno di informazioni dalla Germania per farlo. Informazioni che non abbiamo ancora avuto", ha aggiunto Peskov. Il portavoce del Cremlino ha insistito sul fatto che "nessuna sostanza tossica" era stata rilevata dai medici russi durante il ricovero iniziale di Navalny in un ospedale siberiano alla fine di agosto. "Non credo, in generale, che l'avvelenamento di questa persona possa giovare a nessuno", ha precisato. "Vorremmo che i nostri partner in Germania e in altri Paesi europei non esprimessero giudizi affrettati", ha insistito. Peskov ha assicurato inoltre di non vedere "nessun motivo" per decretare sanzioni contro la Russia in questa vicenda.
Per un portavoce della Commissione europea “non c’è stata nessuna indagine capace di dire chi è il responsabile quindi è difficile parlare di sanzioni se non sai chi è il colpevole”. “Va avviata un’indagine al più presto”, chiede l’esecutivo Ue in seguito ai risultati delle analisi condotte in Germania che hanno evidenziato un avvelenamento ai danni di Navalny per mezzo di un agente nervino “di grado militare”, ha precisato il portavoce. “Non è il primo che subisce un attacco di questo tipo”, sottolinea il portavoce che poi cita una serie di voci dell’opposizione russa, “come Anna Politkovskaya”, vittime di circostanze mai chiarite fino in fondo.
Interrogato circa l’attendibilità di un’eventuale nuova indagine da parte della autorità russe, che in passato non hanno accertato alcun avvelenamento e hanno archiviato il caso Navalny, il portavoce, Peter Stano, ha detto di “non poter presumere” i risultati delle eventuali nuove indagini e ha chiesto un’inchiesta “trasparente e indipendente”.
martedì 1 settembre 2020
... Messaggio ...
MESSAGGIO DI SUA SANTITÀ
PAPA FRANCESCO
PER LA CELEBRAZIONE DELLA
GIORNATA MONDIALE DI PREGHIERA PER LA CURA DEL CREATO
1° settembre 2020
«Dichiarerete santo il cinquantesimo anno e proclamerete la liberazione nella
terra per tutti i suoi abitanti. Sarà per voi un giubileo» (Lv 25,10)
Cari fratelli e sorelle,
Ogni anno, particolarmente dalla pubblicazione della Lettera enciclica Laudato si’ (LS, 24 maggio 2015), il primo giorno di settembre segna per la famiglia cristiana la Giornata Mondiale di Preghiera per la Cura del Creato, con la quale inizia il Tempo del Creato, che si conclude il 4 ottobre, nel ricordo di san Francesco di Assisi. In questo periodo, i cristiani rinnovano in tutto il mondo la fede nel Dio creatore e si uniscono in modo speciale nella preghiera e nell’azione per la salvaguardia della casa comune.
Sono lieto che il tema scelto dalla famiglia ecumenica per la celebrazione del Tempo del Creato 2020 sia “Giubileo per la Terra”, proprio nell’anno in cui ricorre il cinquantesimo anniversario del Giorno della Terra.
Nella Sacra Scrittura, il Giubileo è un tempo sacro per ricordare, ritornare, riposare, riparare e rallegrarsi.
1. Un tempo per ricordare
Siamo invitati a ricordare soprattutto che il destino ultimo del creato è entrare nel “sabato eterno” di Dio. È un viaggio che ha luogo nel tempo, abbracciando il ritmo dei sette giorni della settimana, il ciclo dei sette anni e il grande Anno giubilare che giunge alla conclusione di sette anni sabbatici.
Il Giubileo è anche un tempo di grazia per fare memoria della vocazione originaria della creato ad essere e prosperare come comunità d’amore. Esistiamo solo attraverso le relazioni: con Dio creatore, con i fratelli e le sorelle in quanto membri di una famiglia comune, e con tutte le creature che abitano la nostra stessa casa. «Tutto è in relazione, e tutti noi esseri umani siamo uniti come fratelli e sorelle in un meraviglioso pellegrinaggio, legati dall’amore che Dio ha per ciascuna delle sue creature e che ci unisce anche tra noi, con tenero affetto, al fratello sole, alla sorella luna, al fratello fiume e alla madre terra» (LS, 92).
Il Giubileo, pertanto, è un tempo per il ricordo, dove custodire la memoria del nostro esistere inter-relazionale. Abbiamo costantemente bisogno di ricordare che «tutto è in relazione, e che la cura autentica della nostra stessa vita e delle nostre relazioni con la natura è inseparabile dalla fraternità, dalla giustizia e dalla fedeltà nei confronti degli altri» (LS, 70).
2. Un tempo per ritornare
Il Giubileo è un tempo per tornare indietro e ravvedersi. Abbiamo spezzato i legami che ci univano al Creatore, agli altri esseri umani e al resto del creato. Abbiamo bisogno di risanare queste relazioni danneggiate, che sono essenziali per sostenere noi stessi e l’intero tessuto della vita.
Il Giubileo è un tempo di ritorno a Dio, nostro amorevole creatore. Non si può vivere in armonia con il creato senza essere in pace col Creatore, fonte e origine di tutte le cose. Come ha osservato Papa Benedetto, «il consumo brutale della creazione inizia dove non c’è Dio, dove la materia è ormai soltanto materiale per noi, dove noi stessi siamo le ultime istanze, dove l’insieme è semplicemente proprietà nostra» (Incontro con il Clero della Diocesi di Bolzano-Bressanone, 6 agosto 2008).
Il Giubileo ci invita a pensare nuovamente agli altri, specialmente ai poveri e ai più vulnerabili. Siamo chiamati ad accogliere nuovamente il progetto originario e amorevole di Dio sul creato come un’eredità comune, un banchetto da condividere con tutti i fratelli e le sorelle in spirito di convivialità; non in una competizione scomposta, ma in una comunione gioiosa, dove ci si sostiene e ci si tutela a vicenda. Il Giubileo è un tempo per dare libertà agli oppressi e a tutti coloro che sono incatenati nei ceppi delle varie forme di schiavitù moderna, tra cui la tratta delle persone e il lavoro minorile.
Abbiamo bisogno di ritornare, inoltre, ad ascoltare la terra, indicata nella Scrittura come adamah, luogo dal quale l’uomo, Adam, è stato tratto. Oggi la voce del creato ci esorta, allarmata, a ritornare al giusto posto nell’ordine naturale, a ricordare che siamo parte, non padroni, della rete interconnessa della vita. La disintegrazione della biodiversità, il vertiginoso aumento dei disastri climatici, il diseguale impatto della pandemia in atto sui più poveri e fragili sono campanelli d’allarme di fronte all’avidità sfrenata dei consumi.
Particolarmente durante questo Tempo del Creato, ascoltiamo il battito della creazione. Essa, infatti, è stata data alla luce per manifestare e comunicare la gloria di Dio, per aiutarci a trovare nella sua bellezza il Signore di tutte le cose e ritornare a Lui (cfr San Bonaventura, In II Sent., I,2,2, q. 1, concl; Brevil., II,5.11). La terra dalla quale siamo stati tratti è dunque luogo di preghiera e di meditazione: «risvegliamo il senso estetico e contemplativo che Dio ha posto in noi» (Esort. ap. Querida Amazonia, 56). La capacità di meravigliarci e di contemplare è qualcosa che possiamo imparare specialmente dai fratelli e dalle sorelle indigeni, che vivono in armonia con la terra e con le sue molteplici forme di vita.
3. Un tempo per riposare
Nella sua sapienza, Dio ha riservato il giorno di sabato perché la terra e i suoi abitanti potessero riposare e rinfrancarsi. Oggi, tuttavia, i nostri stili di vita spingono il pianeta oltre i suoi limiti. La continua domanda di crescita e l’incessante ciclo della produzione e dei consumi stanno estenuando l’ambiente. Le foreste si dissolvono, il suolo è eroso, i campi spariscono, i deserti avanzano, i mari diventano acidi e le tempeste si intensificano: la creazione geme!
Durante il Giubileo, il Popolo di Dio era invitato a riposare dai lavori consueti, a lasciare, grazie al calo dei consumi abituali, che la terra si rigenerasse e il mondo si risistemasse. Ci occorre oggi trovare stili equi e sostenibili di vita, che restituiscano alla Terra il riposo che le spetta, vie di sostentamento sufficienti per tutti, senza distruggere gli ecosistemi che ci mantengono.
L’attuale pandemia ci ha portati in qualche modo a riscoprire stili di vita più semplici e sostenibili. La crisi, in un certo senso, ci ha dato la possibilità di sviluppare nuovi modi di vivere. È stato possibile constatare come la Terra riesca a recuperare se le permettiamo di riposare: l’aria è diventata più pulita, le acque più trasparenti, le specie animali sono ritornate in molti luoghi dai quali erano scomparse. La pandemia ci ha condotti a un bivio. Dobbiamo sfruttare questo momento decisivo per porre termine ad attività e finalità superflue e distruttive, e coltivare valori, legami e progetti generativi. Dobbiamo esaminare le nostre abitudini nell’uso dell’energia, nei consumi, nei trasporti e nell’alimentazione. Dobbiamo togliere dalle nostre economie aspetti non essenziali e nocivi, e dare vita a modalità fruttuose di commercio, produzione e trasporto dei beni.
4. Un tempo per riparare
Il Giubileo è un tempo per riparare l’armonia originaria della creazione e per risanare rapporti umani compromessi.
Esso invita a ristabilire relazioni sociali eque, restituendo a ciascuno la propria libertà e i propri beni, e condonando i debiti altrui. Non dovremmo perciò dimenticare la storia di sfruttamento del Sud del pianeta, che ha provocato un enorme debito ecologico, dovuto principalmente al depredamento delle risorse e all’uso eccessivo dello spazio ambientale comune per lo smaltimento dei rifiuti. È il tempo di una giustizia riparativa. A tale proposito, rinnovo il mio appello a cancellare il debito dei Paesi più fragili alla luce dei gravi impatti delle crisi sanitarie, sociali ed economiche che devono affrontare a seguito del Covid-19. Occorre pure assicurare che gli incentivi per la ripresa, in corso di elaborazione e di attuazione a livello mondiale, regionale e nazionale, siano effettivamente efficaci, con politiche, legislazioni e investimenti incentrati sul bene comune e con la garanzia che gli obiettivi sociali e ambientali globali vengano conseguiti.
È altresì necessario riparare la terra. Il ripristino di un equilibrio climatico è di estrema importanza, dal momento che ci troviamo nel mezzo di un’emergenza. Stiamo per esaurire il tempo, come i nostri figli e i giovani ci ricordano. Occorre fare tutto il possibile per limitare la crescita della temperatura media globale sotto la soglia di 1,5 gradi centigradi, come sancito nell’Accordo di Parigi sul Clima: andare oltre si rivelerà catastrofico, soprattutto per le comunità più povere in tutto il mondo. In questo momento critico è necessario promuovere una solidarietà intra-generazionale e inter-generazionale. In preparazione all’importante Summit sul Clima di Glasgow, nel Regno Unito (COP 26), invito ciascun Paese ad adottare traguardi nazionali più ambiziosi per ridurre le emissioni.
Il ripristino della biodiversità è altrettanto cruciale nel contesto di una scomparsa delle specie e di un degrado degli ecosistemi senza precedenti. È necessario sostenere l’appello delle Nazioni Unite a salvaguardare il 30% della Terra come habitat protetto entro il 2030, al fine di arginare l’allarmante tasso di perdita della biodiversità. Esorto la Comunità internazionale a collaborare per garantire che il Summit sulla Biodiversità (COP 15) di Kunming, in Cina, costituisca un punto di svolta verso il ristabilimento della Terra come casa dove la vita sia abbondante, secondo la volontà del Creatore.
Siamo tenuti a riparare secondo giustizia, assicurando che quanti hanno abitato una terra per generazioni possano riacquistarne pienamente l’utilizzo. Occorre proteggere le comunità indigene da compagnie, in particolare multinazionali, che, attraverso la deleteria estrazione di combustibili fossili, minerali, legname e prodotti agroindustriali, «fanno nei Paesi meno sviluppati ciò che non possono fare nei Paesi che apportano loro capitale» (LS, 51). Questa cattiva condotta aziendale rappresenta un «un nuovo tipo di colonialismo» (San Giovanni Paolo II, Discorso alla Pontificia Accademia delle Scienze Sociali, 27 aprile 2001, cit. in Querida Amazonia, 14), che sfrutta vergognosamente comunità e Paesi più poveri alla disperata ricerca di uno sviluppo economico. È necessario consolidare le legislazioni nazionali e internazionali, affinché regolino le attività delle compagnie di estrazione e garantiscano l’accesso alla giustizia a quanti sono danneggiati.
5. Un tempo per rallegrarsi
Nella tradizione biblica, il Giubileo rappresenta un evento gioioso, inaugurato da un suono di tromba che risuona per tutta la terra. Sappiamo che il grido della Terra e dei poveri è divenuto, negli scorsi anni, persino più rumoroso. Al contempo, siamo testimoni di come lo Spirito Santo stia ispirando ovunque individui e comunità a unirsi per ricostruire la casa comune e difendere i più vulnerabili. Assistiamo al graduale emergere di una grande mobilitazione di persone, che dal basso e dalle periferie si stanno generosamente adoperando per la protezione della terra e dei poveri. Dà gioia vedere tanti giovani e comunità, in particolare indigene, in prima linea nel rispondere alla crisi ecologica. Stanno facendo appello per un Giubileo della Terra e per un nuovo inizio, nella consapevolezza che «le cose possono cambiare» (LS, 13).
C’è pure da rallegrarsi nel constatare come l’Anno speciale di anniversario della Laudato si’ stia ispirando numerose iniziative a livello locale e globale per la cura della casa comune e dei poveri. Questo anno dovrebbe portare a piani operativi a lungo termine, per giungere a praticare un’ecologia integrale nelle famiglie, nelle parrocchie, nelle diocesi, negli Ordini religiosi, nelle scuole, nelle università, nell’assistenza sanitaria, nelle imprese, nelle aziende agricole e in molti altri ambiti.
Ci rallegriamo anche che le comunità credenti stiano convergendo per dare vita a un mondo più giusto, pacifico e sostenibile. È motivo di particolare gioia che il Tempo del Creato stia diventando un’iniziativa davvero ecumenica. Continuiamo a crescere nella consapevolezza che tutti noi abitiamo una casa comune in quanto membri della stessa famiglia!
Rallegriamoci perché, nel suo amore, il Creatore sostiene i nostri umili sforzi per la Terra. Essa è anche la casa di Dio, dove la sua Parola «si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi» (Gv 1,14), il luogo che l’effusione dello Spirito Santo costantemente rinnova.
“Manda il tuo Spirito, Signore, e rinnova la faccia della terra” (cfr Sal 104,30).
Roma, San Giovanni in Laterano, 1° settembre 2020
FRANCESCO
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