venerdì 31 gennaio 2020
... fine gennaio ...
... due immagini per sintetizzare questo fine mese: il caldo innaturale di questi "giorni della merla" e il "coronavirus cinese" che sta diventando emergenza globale ...
... BREXIT ...
Brexit, cosa cambia per Ue e Uk? Tutto in 3 punti
Vittoria Patanè
Londra, ore 23.00 del 31 gennaio. Bruxelles, ore 00.00 del 1°febbraio. Il Regno Unito è fuori dall’Unione Europea, la Brexit è ufficialmente realtà. A tre anni e mezzo dal referendum del 23 giugno 2016 e dopo 47 anni di permanenza, il Regno Unito diventa il primo paese nella storia a dire addio alla Ue. GUARDA ANCHE: Brexit, l'ultimo atto Mercoledì 29 gennaio, il Parlamento europeo ha approvato, tra le lacrime di alcuni deputati, l’accordo di fuoriuscita precedentemente siglato da Westminster, Commissione Europea e Consiglio Ue. A far da colonna sonora all’evento c’era “Auld Lang Syne”, il tradizionale canto scozzese che si intona nei Paesi di lingua inglese quando si dice addio a un amico e con il quale gli eurodeputati hanno voluto omaggiare i colleghi che hanno deciso di andar via. Dopo tre anni di psicodrammi, accuse incrociate e negoziati, la Brexit è compiuta, almeno dal punto di vista ufficiale. Per quello formale dovremo aspettare altri 11 mesi, perché nonostante la portata storica assunta da questa data, “31 gennaio 2020”, ciò che conta davvero sarà quello che succederà nel cosiddetto periodo di transizione, che scatta a mezzanotte e un minuto del 1°febbraio e si concluderà alla mezzanotte del 31 dicembre 2020. Fino a quel momento infatti poco o nulla cambierà nei rapporti tra Regno Unito ed Unione Europa. BREXIT: IL PERIODO DI TRANSIZIONE Paradossalmente i tre anni e mezzo trascorsi dal 23 giugno 2016, giorno del referendum sulla Brexit, al 31 gennaio, data della fuoriuscita ufficiale, potrebbero rappresentare “la parte facile”. Quella più difficile comincia adesso. Regno Unito e Unione Europea avranno 11 mesi di tempo per accordarsi sulle future relazioni che intercorreranno i due blocchi. “Solo 11 mesi”, affermano in molti calcando il tono sull’avverbio per sottolineare che il tempo è poco e le cose da discutere tante, forse troppe. Brexit Regno Unito e Ue© FIRSTonline Brexit Regno Unito e Ue E nel frattempo? Non cambia nulla. Londra continuerà a far parte del mercato unico e dell’unione doganale e fino a fine anno i cittadini, sia europei che britannici, potranno continuare a viaggiare per turismo o per lavoro da una parte all’altra del continente senza limitazioni né preoccupazioni. Tradotto: niente visto, né passaporto. Agli italiani basterà la solita carta d’identità. Il Regno Unito dovrà inoltre continuare a pagare la sua quota di partecipazione alla Ue e a rispettare tutte le sue norme, comprese quelle riguardanti la Corte di Giustizia Ue, ma non potrà mettere bocca sulle decisioni che prenderanno gli altri 27 Paesi. UE E UK: COSA BISOGNA NEGOZIARE Le lancette scorrono inesorabili. Entro il 31 dicembre 2020 Regno Unito e Unione Europea dovranno accordarsi su temi delicatissimi: dai possibili dazi da applicare su prodotti e merci, ai rapporti sulla concorrenza che intercorreranno tra aziende e istituzioni, passando per sicurezza, condivisione di informazioni, brevetti, farmaci, aiuti di Stato, forniture di gas ed elettricità e diritto di pesca. Facciamo solo un esempio: ad oggi, l’Unione Europea esporta nel Regno Unito circa 40 miliardi di euro l’anno di prodotti, 3,4 miliardi di essi arrivano dall’Italia. Nel periodo 2001-2017, la presenza del Made in Italy agroalimentare sul mercato britannico è aumentata del 43%, grazie a vini, prodotti ortofrutticoli e formaggi. Cosa succederebbe se su tutti questi prodotti venissero imposti dei dazi o se il Governo di Boris Johnson decidesse di aprire il mercato britannico a prodotti ottenuti secondo criteri meno rigorosi in termini di sicurezza alimentare e protezione delle risorse naturali? “È un aspetto, questo, che preoccupa anche gli agricoltori britannici – evidenzia il numero uno di Confagricoltura, Massimiliano Giansanti -. Nel quadro dello scontato accordo commerciale con gli Stati Uniti, ad esempio, si teme l’apertura alle carni ottenute con l’uso degli ormoni negli allevamenti e al pollame trattato con il cloro”. Dal punto di vista commerciale, la volontà dell’Unione Europea, confermata anche dalla presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, sembra essere quella di non applicare alcuna tariffa su prodotti o merci a condizione che il Regno Unito rispetti delle condizioni: Londra dovrà applicare standard ambientali simili a quelli dell’Unione Europea e rispettare le norme sui lavoratori e sugli aiuti di Stato, evitando di dare troppa mano libera alle sue aziende. Il timore è che, allo scopo di favorire il rilancio dell’economia ed evitare i possibili contraccolpi della Brexit, Londra offra alle sue società condizioni impossibili da rispettare per le aziende comunitarie, ignorando de facto le regole sulla concorrenza in vigore al di qua della Manica. Johnson potrebbe giocarsi anche la carta di un accordo favorevole con gli Usa che rafforzerebbe la sua posizione negoziale nei confronti della Ue (le trattative con Washington verranno effettuate in parallelo). Non è detto però che l’amico Donald Trump – che negli ultimi giorni è pure arrabbiato con lui per le libertà concesse a Huawei sul 5G sul suolo britannico -, gli renda la vita così facile. Gli Stati Uniti dovranno guadagnarci e Londra corre il rischio di ritrovarsi tra due fuochi. Ma torniamo a noi. Una volta trovata un’intesa su questi temi si comincerà a parlare di “persone”: che trattamento avranno i cittadini europei che arrivano o vivono nel Regno Unito e viceversa? La Gran Bretagna continuerà a partecipare al progetto Erasmus+? Si continuerà a cooperare su cultura o sicurezza? Domande che nei prossimi mesi rimarranno senza risposta. Resta poi aperto il problema del controllo dei confini, soprattutto per quanto riguarda la frontiera fra Repubblica d’Irlanda – appartenente all’Unione Europea – e Irlanda del Nord, parte del Regno Unito. Questione che a Londra, Dublino e Belfast ha causato non poche tensioni. Secondo l’accordo preliminare ci sarà una barriera doganale nel mare d’Irlanda, ma i dettagli sono ancora tutti da definire. BREXIT: IL NO DEAL È ANCORA DIETRO L’ANGOLO Le possibilità che Regno Unito e Unione Europea riescano ad accordarsi su tutte queste questioni entro il 31 dicembre 2020 sono bassissime. Allo scopo di suffragare questa tesi molti citano come esempio l’intesa tra Canada e Unione Europea, i cui negoziati hanno richiesto ben sette anni di tempo. Michael Bernier, capo negoziatore della Ue, ha calcolato che in questo caso ne serviranno almeno tre. A peggiorare il quadro c’è anche il fatto che le trattative tra Londra e Bruxelles in realtà non cominceranno il 1°febbraio, ma secondo il Guardian, si dovrà aspettare addirittura il 3 marzo perché Commissione e Consiglio Ue dovranno approvare la proposta di mandato negoziale necessaria per partire. Proprio per questi motivi, sono in molti a chiedere già da oggi che il periodo di transizione venga prorogato oltre il 31 dicembre 2020. Il problema è che un mese fa il Parlamento britannico, dominato dopo le elezioni dai conservatori, su proposta dello stesso Premier Boris Johnson ha approvato una legge che impegna Downing Street a portare a termine la Brexit entro il 31 dicembre “a qualsiasi costo”. Per questo motivo, nonostante l’accordo ufficiale sulla fuoriuscita, lo spettro di un no deal e di una conseguente Hard Brexit rimane più intenso che mai. Attenzione però perché c’è anche un’altra possibilità (oltre a quella che i negoziati vadano a buon fine nei tempi stabiliti, ovviamente): Westminster potrebbe approvare un’altra legge, opposta a quella di dicembre, che consenta a Londra di chiedere un’estensione dei tempi. Ipotesi paradossale? Non troppo. Brexit in questi tre anni e mezzo ci ha abituato a tutto e al contrario di tutto. Alla prossima puntata.
Vittoria Patanè
Londra, ore 23.00 del 31 gennaio. Bruxelles, ore 00.00 del 1°febbraio. Il Regno Unito è fuori dall’Unione Europea, la Brexit è ufficialmente realtà. A tre anni e mezzo dal referendum del 23 giugno 2016 e dopo 47 anni di permanenza, il Regno Unito diventa il primo paese nella storia a dire addio alla Ue. GUARDA ANCHE: Brexit, l'ultimo atto Mercoledì 29 gennaio, il Parlamento europeo ha approvato, tra le lacrime di alcuni deputati, l’accordo di fuoriuscita precedentemente siglato da Westminster, Commissione Europea e Consiglio Ue. A far da colonna sonora all’evento c’era “Auld Lang Syne”, il tradizionale canto scozzese che si intona nei Paesi di lingua inglese quando si dice addio a un amico e con il quale gli eurodeputati hanno voluto omaggiare i colleghi che hanno deciso di andar via. Dopo tre anni di psicodrammi, accuse incrociate e negoziati, la Brexit è compiuta, almeno dal punto di vista ufficiale. Per quello formale dovremo aspettare altri 11 mesi, perché nonostante la portata storica assunta da questa data, “31 gennaio 2020”, ciò che conta davvero sarà quello che succederà nel cosiddetto periodo di transizione, che scatta a mezzanotte e un minuto del 1°febbraio e si concluderà alla mezzanotte del 31 dicembre 2020. Fino a quel momento infatti poco o nulla cambierà nei rapporti tra Regno Unito ed Unione Europa. BREXIT: IL PERIODO DI TRANSIZIONE Paradossalmente i tre anni e mezzo trascorsi dal 23 giugno 2016, giorno del referendum sulla Brexit, al 31 gennaio, data della fuoriuscita ufficiale, potrebbero rappresentare “la parte facile”. Quella più difficile comincia adesso. Regno Unito e Unione Europea avranno 11 mesi di tempo per accordarsi sulle future relazioni che intercorreranno i due blocchi. “Solo 11 mesi”, affermano in molti calcando il tono sull’avverbio per sottolineare che il tempo è poco e le cose da discutere tante, forse troppe. Brexit Regno Unito e Ue© FIRSTonline Brexit Regno Unito e Ue E nel frattempo? Non cambia nulla. Londra continuerà a far parte del mercato unico e dell’unione doganale e fino a fine anno i cittadini, sia europei che britannici, potranno continuare a viaggiare per turismo o per lavoro da una parte all’altra del continente senza limitazioni né preoccupazioni. Tradotto: niente visto, né passaporto. Agli italiani basterà la solita carta d’identità. Il Regno Unito dovrà inoltre continuare a pagare la sua quota di partecipazione alla Ue e a rispettare tutte le sue norme, comprese quelle riguardanti la Corte di Giustizia Ue, ma non potrà mettere bocca sulle decisioni che prenderanno gli altri 27 Paesi. UE E UK: COSA BISOGNA NEGOZIARE Le lancette scorrono inesorabili. Entro il 31 dicembre 2020 Regno Unito e Unione Europea dovranno accordarsi su temi delicatissimi: dai possibili dazi da applicare su prodotti e merci, ai rapporti sulla concorrenza che intercorreranno tra aziende e istituzioni, passando per sicurezza, condivisione di informazioni, brevetti, farmaci, aiuti di Stato, forniture di gas ed elettricità e diritto di pesca. Facciamo solo un esempio: ad oggi, l’Unione Europea esporta nel Regno Unito circa 40 miliardi di euro l’anno di prodotti, 3,4 miliardi di essi arrivano dall’Italia. Nel periodo 2001-2017, la presenza del Made in Italy agroalimentare sul mercato britannico è aumentata del 43%, grazie a vini, prodotti ortofrutticoli e formaggi. Cosa succederebbe se su tutti questi prodotti venissero imposti dei dazi o se il Governo di Boris Johnson decidesse di aprire il mercato britannico a prodotti ottenuti secondo criteri meno rigorosi in termini di sicurezza alimentare e protezione delle risorse naturali? “È un aspetto, questo, che preoccupa anche gli agricoltori britannici – evidenzia il numero uno di Confagricoltura, Massimiliano Giansanti -. Nel quadro dello scontato accordo commerciale con gli Stati Uniti, ad esempio, si teme l’apertura alle carni ottenute con l’uso degli ormoni negli allevamenti e al pollame trattato con il cloro”. Dal punto di vista commerciale, la volontà dell’Unione Europea, confermata anche dalla presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, sembra essere quella di non applicare alcuna tariffa su prodotti o merci a condizione che il Regno Unito rispetti delle condizioni: Londra dovrà applicare standard ambientali simili a quelli dell’Unione Europea e rispettare le norme sui lavoratori e sugli aiuti di Stato, evitando di dare troppa mano libera alle sue aziende. Il timore è che, allo scopo di favorire il rilancio dell’economia ed evitare i possibili contraccolpi della Brexit, Londra offra alle sue società condizioni impossibili da rispettare per le aziende comunitarie, ignorando de facto le regole sulla concorrenza in vigore al di qua della Manica. Johnson potrebbe giocarsi anche la carta di un accordo favorevole con gli Usa che rafforzerebbe la sua posizione negoziale nei confronti della Ue (le trattative con Washington verranno effettuate in parallelo). Non è detto però che l’amico Donald Trump – che negli ultimi giorni è pure arrabbiato con lui per le libertà concesse a Huawei sul 5G sul suolo britannico -, gli renda la vita così facile. Gli Stati Uniti dovranno guadagnarci e Londra corre il rischio di ritrovarsi tra due fuochi. Ma torniamo a noi. Una volta trovata un’intesa su questi temi si comincerà a parlare di “persone”: che trattamento avranno i cittadini europei che arrivano o vivono nel Regno Unito e viceversa? La Gran Bretagna continuerà a partecipare al progetto Erasmus+? Si continuerà a cooperare su cultura o sicurezza? Domande che nei prossimi mesi rimarranno senza risposta. Resta poi aperto il problema del controllo dei confini, soprattutto per quanto riguarda la frontiera fra Repubblica d’Irlanda – appartenente all’Unione Europea – e Irlanda del Nord, parte del Regno Unito. Questione che a Londra, Dublino e Belfast ha causato non poche tensioni. Secondo l’accordo preliminare ci sarà una barriera doganale nel mare d’Irlanda, ma i dettagli sono ancora tutti da definire. BREXIT: IL NO DEAL È ANCORA DIETRO L’ANGOLO Le possibilità che Regno Unito e Unione Europea riescano ad accordarsi su tutte queste questioni entro il 31 dicembre 2020 sono bassissime. Allo scopo di suffragare questa tesi molti citano come esempio l’intesa tra Canada e Unione Europea, i cui negoziati hanno richiesto ben sette anni di tempo. Michael Bernier, capo negoziatore della Ue, ha calcolato che in questo caso ne serviranno almeno tre. A peggiorare il quadro c’è anche il fatto che le trattative tra Londra e Bruxelles in realtà non cominceranno il 1°febbraio, ma secondo il Guardian, si dovrà aspettare addirittura il 3 marzo perché Commissione e Consiglio Ue dovranno approvare la proposta di mandato negoziale necessaria per partire. Proprio per questi motivi, sono in molti a chiedere già da oggi che il periodo di transizione venga prorogato oltre il 31 dicembre 2020. Il problema è che un mese fa il Parlamento britannico, dominato dopo le elezioni dai conservatori, su proposta dello stesso Premier Boris Johnson ha approvato una legge che impegna Downing Street a portare a termine la Brexit entro il 31 dicembre “a qualsiasi costo”. Per questo motivo, nonostante l’accordo ufficiale sulla fuoriuscita, lo spettro di un no deal e di una conseguente Hard Brexit rimane più intenso che mai. Attenzione però perché c’è anche un’altra possibilità (oltre a quella che i negoziati vadano a buon fine nei tempi stabiliti, ovviamente): Westminster potrebbe approvare un’altra legge, opposta a quella di dicembre, che consenta a Londra di chiedere un’estensione dei tempi. Ipotesi paradossale? Non troppo. Brexit in questi tre anni e mezzo ci ha abituato a tutto e al contrario di tutto. Alla prossima puntata.
mercoledì 29 gennaio 2020
lunedì 27 gennaio 2020
... 27 gennaio 1945 ...
La prima pattuglia russa giunse in vista del campo verso il mezzogiorno del 27 gennaio 1945. Fummo Charles ed io i primi a scorgerla: stavamo trasportando alla fossa comune il corpo di Sòmogyi, il primo dei morti fra i nostri compagni di camera. Rovesciammo la barella sulla neve corrotta, ché la fossa era ormai piena, ed altra sepoltura non si dava: Charles si tolse il berretto, a salutare i vivi e i morti.
Erano quattro giovani soldati a cavallo, che procedevano guardinghi, coi mitragliatori imbracciati, lungo la strada che limitava il campo. Quando giunsero ai reticolati, sostarono a guardare, scambiandosi parole brevi e timide, e volgendo sguardi legati da uno strano imbarazzo sui cadaveri scomposti, sulle baracche sconquassate, e su noi pochi vivi.
A noi parevano mirabilmente corporei e reali, sospesi (la strada era più alta del campo) sui loro enormi cavalli, fra il grigio della neve e il grigio del cielo, immobili sotto le folate di vento umido minaccioso di disgelo.
Ci pareva, e così era, che il nulla pieno di morte in cui da dieci giorni ci aggiravamo come astri spenti avesse trovato un suo centro solido, un nucleo di condensazione: quattro uomini armati, ma non armati contro di noi; quattro messaggeri di pace, dai visi rozzi e puerili sotto i pesanti caschi di pelo.
Non salutavano, non sorridevano; apparivano oppressi, oltre che da pietà, da un confuso ritegno, che sigillava le loro bocche, e avvinceva i loro occhi allo scenario funereo.
(…) Charles ed io sostammo in piedi presso la buca ricolma di membra livide, mentre altri abbattevano il reticolato; poi rientrammo con la barella vuota, a portare la notizia ai compagni. Per tutto il resto della giornata non avvenne nulla, cosa che non ci sorprese, ed a cui eravamo da molto tempo avvezzi.
(…) Il mattino ci portò i primi segni di libertà. Giunsero (evidentemente precettati dai russi) una ventina di civili polacchi, uomini e donne, che non pochissimo entusiasmo si diedero ad armeggiare per mettere ordine e pulizia fra le baracche e sgomberare i cadaveri. Verso mezzogiorno arrivò un bambino spaurito, che trascinava una mucca per la cavezza; ci fece capire che era per noi, e che la mandavano i russi, indi abbandonò la bestia e fuggì come un baleno. Non saprei dire come, il povero animale venne macellato in pochi minuti, sventrato, squartato, e le sue spoglie si dispersero per tutti i recessi del campo dove si annidavano i superstiti.
A partire dal giorno successivo, vedemmo aggirarsi per il campo altre ragazze polacche, pallide di pietà e di ribrezzo: ripulivano i malati e ne curavano alla meglio le piaghe. Accesero anche in mezzo al campo un enorme fuoco, che alimentavano con i rottami delle baracche sfondate, e sul quale cucinavano la zuppa in recipienti di fortuna. Finalmente, al terzo giorno, si vide entrare in campo un carretto a quattro ruote, guidato festosamente da Yankel, uno Häftling: era un giovane ebreo russo, forse l’unico russo fra i superstiti, ed in quanto tale si era trovato naturalmente a rivestire la funzione di interprete e di ufficiale di collegamento coi comandi sovietici. Tra sonori schiocchi di frusta, annunziò che aveva incarico di portare al Lager centrale di Auschwitz, ormai trasformato in un gigantesco lazzaretto, tutti i vivi fra noi, a piccoli gruppi di trenta o quaranta al giorno, e a cominciare dai malati più gravi.
domenica 26 gennaio 2020
... Waterloo ...
TORINO - L'Atalanta riparte da un 7-0, un risultato che non aveva mai fatto registrare in Serie A. Dopo il pari con l'Inter e la sconfitte con la Fiorentina in Coppa Italia e in casa con la Spal in campionato, i bergamaschi si rilanciano in zona Champions rifilando ben 7 gol al Torino all'Olimpico. Gara senza storia con il primo tempo chiuso sullo 0-3 grazie ai gol di Ilicic, Gosens e Zapata su rigore. Nella ripresa va anche peggio per i granata con un sontuoso Ilicic che prima segna da centrocampo, poi fa tripletta. Nel finale entra Muriel che realizza un rigore e firma il settimo gol nerazzurro. L'Atalanta aggancia momentaneamente la Roma al quarto posto. Il Toro, che ha chiuso la gara in nove per le espulsioni di Izzo e Lukic e non aveva mai perso in casa per 7-0 nella sua storia, resta a quota 27 in classifica.
Super Dea e Ilicic la sblocca 3-4-2-1 per Mazzarri che in attacco schiera Belotti con Verdi e Berenguer poco dietro. De Silvestri e Laxalt esterni con Meitè e Lukic in mezzo al campo. Difesa a tre con Izzo, Nkoulou e Djidji. Gasperini risponde col 3-4-1-2 con Gomez dietro Ilicic e Zapata in avanti. Hateboer e Gosens esterni, de Roon e Freuler a centrocampo. In difesa Toloi, Djimsiti e Palomino. Dopo un inizio di studio, è l'Atalanta a fare possesso palla mentre il Toro attende la chance giusta, ma al 10′ Belotti viene murato in area da Gosens. Poi è solo Atalanta con Sirigu che fa quel che può nel tentativo di tenere in gara i suoi. Al 16′ gran parata su un colpo di testa di Palomino, ma un minuto dopo l'estremo difensore non può nulla: pazzesco recupero palla in scivolata di Palomino su Laxalt sul fondo sinistro, sfera messa in mezzo e sul secondo palo arriva Ilicic che insacca. Gosens goleador, Zapata si sblocca su rigore De Silvestri di testa tenta di svegliare i suoi, ma Gollini è attento. Ma l'Atalanta non si ferma e domina letteralmente il match e al 22′ Sirigu salva in uscita su Gosens, imbeccato da Ilicic. Lo sloveno assiste Toloi al 27′, tiro e altra parata. Un minuto dopo super Sirigu nel salvare per due volte su Freuler. Alla mezz'ora il meritato raddoppio bergamasco: angolo, palla messa fuori e gran tiro di mezzo esterno sinistro al volo di Gosens che si conferma un grande difensore goleador. Sono 7 adesso le reti segnate in campionato per il tedesco. Il Torino prova ad avanzare ma non ci sono idee e l'Atalanta difende anche bene. Nel finale del primo tempo magia di Ilicic in area granata e trattenuta di Lukic. E' rigore e sul dischetto ci va Zapata che si sblocca dopo la lunga assenza per infortunio: il colombiano non segnava dal 6 ottobre del 2019. Sontuoso Ilicic Il Torino torna in campo nella ripresa e sembra crederci con due occasioni di Lukic e Belotti, ma Gollini salva sul "Gallo". Ma è un fuoco di paglia perché i granata la combinano grossa al 53′: c'è un fallo di mano a in mezzo al campo, i giocatori di casa arretrano e lasciano lì il pallone, Ilicic batte subito perché vede Sirigu fuori dai pali e segna col sinistro un gol pazzesco. Passa un solo minuto e Ilicic serve il poker e firma la sua tripletta personale: Zapata per Gomez che imbuca in area per lo sloveno che, solo davanti a Sirigu, insacca col sinistro. C'è gloria anche per Muriel Sullo 0-5 la gara praticamente finisce, ma solo per il Torino. Perché l'Atalanta non si ferma e Sirigu salva su Gomez con l'aiuto del palo. Entra anche Malinovskyi al posto di Ilicic (applaudito anche dai sostenitori granata) e l'ucraino col sinistro per poco non segna subito al 72′, mentre Pasalic viene murato in area due minuti dopo. Al 76′ Izzo stende Djimsiti e rimedia il secondo giallo lasciando i suoi in dieci. Nel finale è ancora e solo Atalanta e Meitè commette un ingenuità e poi abbatte Toloi in area. Altro rigore che stavolta realizza Muriel, da poco subentrato a Gosens. Due minuti dopo la settima meraviglia atalantina: Gomez in area per Muriel e diagonale vincente di sinistro. All'ultimo minuto Lukic punisce fallosamente Gomez e Guida lo caccia. Finisce nel peggiore dei modi per il Toro, mentre l'Atalanta torna a gioire.
Torino-Atalanta 0-7 (0-3) Torino (3-4-2-1): Sirigu, Izzo, Nkoulou, Djidji, De Silvestri, Lukic, Meité, Laxalt (20′ st Millico), Verdi (34′ st Edera), Berenguer (33′ st Lyanco), Belotti. (18 Ujkani, 25 Rosati, 10 Iago Falque, 17 Singo, 36 Bremer, 80 Adopo). All.: Mazzarri Atalanta (3-4-1-2): Gollini, Toloi, Palomino, Djimsiti, Hateboer, de Roon (12′ st Pasalic), Freuler, Gosens (38′ st Muriel), Gomez, Ilicic (26′ st Malinovskyi), Zapata. (31 Rossi, 57 Sportiello, 3 Caldara, 17 Piccoli, 20 Da Riva, 55 Okoli). All.: Gasperini Arbitro: Guida di Torre Annunziata Reti: nel pt 17′ Ilicic, 29′ Gosens, 46′ Zapata (rig.). Nel st 8′, 9′ Ilicic, 41′ (rig.) e 43′ Muriel Angoli: 12 a 4 per l'Atalanta Recupero: 1′ e 1′ Ammoniti: Izzo, de Roon, Hateboer per gioco scorretto Espulso: Izzo, Lukic Spettatori: 18.824. Incasso: 266.040,00 euro.
Super Dea e Ilicic la sblocca 3-4-2-1 per Mazzarri che in attacco schiera Belotti con Verdi e Berenguer poco dietro. De Silvestri e Laxalt esterni con Meitè e Lukic in mezzo al campo. Difesa a tre con Izzo, Nkoulou e Djidji. Gasperini risponde col 3-4-1-2 con Gomez dietro Ilicic e Zapata in avanti. Hateboer e Gosens esterni, de Roon e Freuler a centrocampo. In difesa Toloi, Djimsiti e Palomino. Dopo un inizio di studio, è l'Atalanta a fare possesso palla mentre il Toro attende la chance giusta, ma al 10′ Belotti viene murato in area da Gosens. Poi è solo Atalanta con Sirigu che fa quel che può nel tentativo di tenere in gara i suoi. Al 16′ gran parata su un colpo di testa di Palomino, ma un minuto dopo l'estremo difensore non può nulla: pazzesco recupero palla in scivolata di Palomino su Laxalt sul fondo sinistro, sfera messa in mezzo e sul secondo palo arriva Ilicic che insacca. Gosens goleador, Zapata si sblocca su rigore De Silvestri di testa tenta di svegliare i suoi, ma Gollini è attento. Ma l'Atalanta non si ferma e domina letteralmente il match e al 22′ Sirigu salva in uscita su Gosens, imbeccato da Ilicic. Lo sloveno assiste Toloi al 27′, tiro e altra parata. Un minuto dopo super Sirigu nel salvare per due volte su Freuler. Alla mezz'ora il meritato raddoppio bergamasco: angolo, palla messa fuori e gran tiro di mezzo esterno sinistro al volo di Gosens che si conferma un grande difensore goleador. Sono 7 adesso le reti segnate in campionato per il tedesco. Il Torino prova ad avanzare ma non ci sono idee e l'Atalanta difende anche bene. Nel finale del primo tempo magia di Ilicic in area granata e trattenuta di Lukic. E' rigore e sul dischetto ci va Zapata che si sblocca dopo la lunga assenza per infortunio: il colombiano non segnava dal 6 ottobre del 2019. Sontuoso Ilicic Il Torino torna in campo nella ripresa e sembra crederci con due occasioni di Lukic e Belotti, ma Gollini salva sul "Gallo". Ma è un fuoco di paglia perché i granata la combinano grossa al 53′: c'è un fallo di mano a in mezzo al campo, i giocatori di casa arretrano e lasciano lì il pallone, Ilicic batte subito perché vede Sirigu fuori dai pali e segna col sinistro un gol pazzesco. Passa un solo minuto e Ilicic serve il poker e firma la sua tripletta personale: Zapata per Gomez che imbuca in area per lo sloveno che, solo davanti a Sirigu, insacca col sinistro. C'è gloria anche per Muriel Sullo 0-5 la gara praticamente finisce, ma solo per il Torino. Perché l'Atalanta non si ferma e Sirigu salva su Gomez con l'aiuto del palo. Entra anche Malinovskyi al posto di Ilicic (applaudito anche dai sostenitori granata) e l'ucraino col sinistro per poco non segna subito al 72′, mentre Pasalic viene murato in area due minuti dopo. Al 76′ Izzo stende Djimsiti e rimedia il secondo giallo lasciando i suoi in dieci. Nel finale è ancora e solo Atalanta e Meitè commette un ingenuità e poi abbatte Toloi in area. Altro rigore che stavolta realizza Muriel, da poco subentrato a Gosens. Due minuti dopo la settima meraviglia atalantina: Gomez in area per Muriel e diagonale vincente di sinistro. All'ultimo minuto Lukic punisce fallosamente Gomez e Guida lo caccia. Finisce nel peggiore dei modi per il Toro, mentre l'Atalanta torna a gioire.
Torino-Atalanta 0-7 (0-3) Torino (3-4-2-1): Sirigu, Izzo, Nkoulou, Djidji, De Silvestri, Lukic, Meité, Laxalt (20′ st Millico), Verdi (34′ st Edera), Berenguer (33′ st Lyanco), Belotti. (18 Ujkani, 25 Rosati, 10 Iago Falque, 17 Singo, 36 Bremer, 80 Adopo). All.: Mazzarri Atalanta (3-4-1-2): Gollini, Toloi, Palomino, Djimsiti, Hateboer, de Roon (12′ st Pasalic), Freuler, Gosens (38′ st Muriel), Gomez, Ilicic (26′ st Malinovskyi), Zapata. (31 Rossi, 57 Sportiello, 3 Caldara, 17 Piccoli, 20 Da Riva, 55 Okoli). All.: Gasperini Arbitro: Guida di Torre Annunziata Reti: nel pt 17′ Ilicic, 29′ Gosens, 46′ Zapata (rig.). Nel st 8′, 9′ Ilicic, 41′ (rig.) e 43′ Muriel Angoli: 12 a 4 per l'Atalanta Recupero: 1′ e 1′ Ammoniti: Izzo, de Roon, Hateboer per gioco scorretto Espulso: Izzo, Lukic Spettatori: 18.824. Incasso: 266.040,00 euro.
... troppo!! ...
... quella in foto non è quella inviatami tramite whatsapp da Patricia, ma poco importa ... la "signora" pretendeva che le facessi una ricarica telefonica da 25 euro! quando è troppo è troppo! Le ho mandato un messaggio molto esplicito in cui ribadivo che non ero il suo bancomat e quindi non potevo e non volevo inviarle alcunché! E così pongo DEFINITIVAMENTE termine al periodo R.A.S.P.!!!
sabato 25 gennaio 2020
... per Giulio ...
(ANSA) - TRIESTE, 25 GEN - "25 gennaio 2016 - 25 gennaio 2020...4 anni ... grazie di cuore a chi ci sta vicino...!!!!".
E' quanto scrive Paola Deffendi, mamma di Giulio Regeni, sul suo profilo Facebook a quattro anni dalla scomparsa del ricercatore friulano a Il Cairo. Questa sera la famiglia Regeni è attesa a una fiaccolata in programma a Fiumicello (Udine), per chiedere verità e giustizia per il giovane. (ANSA).
venerdì 24 gennaio 2020
... doomsday clock ...
... secondo gli scienziati mancano solo 100 secondi all'apocalisse ... ( facendo riferimento alla vita del nostro pianeta, dalla sua formazione )
giovedì 23 gennaio 2020
mercoledì 22 gennaio 2020
... A300 - D38 ...
... stamane "iniezione intravitreale di sostanze terapeutiche, compreso il farmaco" a Maria Rosa: lunga attesa, io in tilt con il biglietto della Metro per la preoccupazione, e poi ritorno in taxi (euro 18,50!)
martedì 21 gennaio 2020
lunedì 20 gennaio 2020
domenica 19 gennaio 2020
... dopo 20 anni ...
Craxi, a centinaia alla tomba di Hammamet per il ventennale
Redazione Tgcom24
Alcune centinaia di persone sono arrivate al cimitero cristiano di Hammamet, in Tunisia, per la cerimonia a 20 anni esatti dalla morte di Bettino Craxi. Tra i presenti, molti esponenti della vecchia guardia socialista, come Ugo Intini, o come il senatore Riccardo Nencini, e parlamentari di FI tra cui Alessandro Cattaneo e Simone Baldelli. Sulla tomba di Craxi una corona di garofani rossi e molti garofani sparsi. La figlia: "Sono venuti in mille, come quelli di Garibaldi. La testimonianza che Craxi è vivo". Stefania Craxi: "Credo che il Quirinale farà un gesto" - "Credo che il Quirinale farà un gesto", ha detto Stefania Craxi sulla possibilità che Sergio Mattarella, come riportato oggi da 'La Stampa', incontri lei e i vertici della fondazione. "Un incontro? Non sono io a decidere, sono certa che il presidente saprà trovare le forme giuste", ha risposto al cimitero di Hammamet. Bobo Craxi: "Vittima di persecuzione senza pari" - "La nostalgia è un sentimento nobile se la riferiamo ai sentimenti, se pensiamo alla politica non si fa politica con la testa rivolta a ieri, ce lo ha insegnato lui, però ci ha anche insegnato la necessità che non fosse smarrito ciò che fece in vita sul piano politico". Così Bobo Craxi ai giornalisti dopo la cerimonia al cimitero di Hammamet. "C'è una duplice lettura, siamo obbligati al ricordo e alla memoria, ma anche obbligati a ricordare che fu vittima di una persecuzione senza pari, come disse il presidente della Repubblica 10 anni fa - ha aggiunto il figlio di Bettino -. La testimonianza di oggi è che è lampante il fatto che sia una figura che rimarrà nella storia e a cui molti italiani sono legati". E sull'assenza di Pd e Lega: "Molti italiani fanno a meno sia del Pd che della Lega e forse anche noi socialisti possiamo fare a meno di entrambi".
Redazione Tgcom24
Alcune centinaia di persone sono arrivate al cimitero cristiano di Hammamet, in Tunisia, per la cerimonia a 20 anni esatti dalla morte di Bettino Craxi. Tra i presenti, molti esponenti della vecchia guardia socialista, come Ugo Intini, o come il senatore Riccardo Nencini, e parlamentari di FI tra cui Alessandro Cattaneo e Simone Baldelli. Sulla tomba di Craxi una corona di garofani rossi e molti garofani sparsi. La figlia: "Sono venuti in mille, come quelli di Garibaldi. La testimonianza che Craxi è vivo". Stefania Craxi: "Credo che il Quirinale farà un gesto" - "Credo che il Quirinale farà un gesto", ha detto Stefania Craxi sulla possibilità che Sergio Mattarella, come riportato oggi da 'La Stampa', incontri lei e i vertici della fondazione. "Un incontro? Non sono io a decidere, sono certa che il presidente saprà trovare le forme giuste", ha risposto al cimitero di Hammamet. Bobo Craxi: "Vittima di persecuzione senza pari" - "La nostalgia è un sentimento nobile se la riferiamo ai sentimenti, se pensiamo alla politica non si fa politica con la testa rivolta a ieri, ce lo ha insegnato lui, però ci ha anche insegnato la necessità che non fosse smarrito ciò che fece in vita sul piano politico". Così Bobo Craxi ai giornalisti dopo la cerimonia al cimitero di Hammamet. "C'è una duplice lettura, siamo obbligati al ricordo e alla memoria, ma anche obbligati a ricordare che fu vittima di una persecuzione senza pari, come disse il presidente della Repubblica 10 anni fa - ha aggiunto il figlio di Bettino -. La testimonianza di oggi è che è lampante il fatto che sia una figura che rimarrà nella storia e a cui molti italiani sono legati". E sull'assenza di Pd e Lega: "Molti italiani fanno a meno sia del Pd che della Lega e forse anche noi socialisti possiamo fare a meno di entrambi".
sabato 18 gennaio 2020
... il fattore "P" ...
... inaspettatamente, incredibilmente, ritrovo sul mio telefono un messaggio che mi invita a contattare Patricia sul suo numero di whatsapp ... come abbia fatto a superare il blocco da me imposto rimane un mistero ... ma tant'è il contatto c'è stato, e prosegue attualmente ... naturalmente, da parte mia: no money! chiaro, ma per il resto, il suo "amore" ha superato ogni ostacolo, sinora ...
lunedì 13 gennaio 2020
... habemus RAM! ...
... finalmente ho la RAM di 8 giga montata sul portatile! l'ho ritirato oggi pomeriggio DAL MIO NUOVO TECNICO INFORMATICO!
domenica 12 gennaio 2020
... una lezione ...
... una lezione di bontà, di condivisione del nostro tempo con chi ha una disabilità, tutti insieme a pranzo, con una lotteria ed un po' di musica, per ballare insieme ... una domenica diversa, fuori dal nostro guscio, lontano dai miei libri, ad aspirare un'altra atmosfera, a vivere per qualche ora con la gente, quella vera ...
sabato 11 gennaio 2020
... la svolta? ...
Zingaretti: "Vecchio Pd addio, dopo le Regionali un nuovo partito"
tullia.fabiani
"Vinciamo in Emilia-Romagna", dove" il Pd sta facendo la campagna elettorale per Bonaccini in splendida solitudine" senza l'appoggio di Iv e M5s, "e poi cambio tutto: sciolgo il Pd e lancio il nuovo partito". Così il segretario del Pd, Nicola Zingaretti, in un colloquio con Repubblica in cui spiega:" "In questi mesi la domanda di politica è cresciuta, non diminuita. E noi dobbiamo aprirci e cambiare per raccoglierla. Non penso a un nuovo partito, ma a un partito nuovo, un partito che fa contare le persone ed è organizzato in ogni angolo del Paese", afferma Zingaretti. "La nuova legge elettorale ci indica una sfida: dobbiamo costruire il soggetto politico dell'alternativa, convocando un congresso con una proposta politica e organizzativa di radicale innovazione e apertura. Dobbiamo rivolgerci però alle persone, e non alla politica 'organizzata'", sottolinea. "Dobbiamo aprirci alla società e ai movimenti che stanno riempiendo le piazze in queste settimane. Non voglio lanciare un'opa sulle sardine, rispetto la loro autonomia: ma voglio offrire un approdo a chi non ce l'ha". Parlando del governo, "è inutile che ci giriamo intorno, non possiamo fare melina fino al 26 gennaio, non possiamo fare ogni giorno l'elenco delle cose sulle quali non c'è accordo nella maggioranza", dichiara Zingaretti. "Purtroppo questo è il risultato della cultura delle 'bandierine', in cui ci si illude di esistere solo se si difende una cosa. Lo dico ogni giorno a Conte e a Di Maio: un'alleanza è come un'orchestra, il giudiziosi dà sull'esecuzione dell'opera, non sulla fuga di un solista che casomai dà pure fastidio alle orecchie", osserva, smentendo l'accusa si subalternità al Movimento: "La linea unitaria sta pagando, come dimostrano i sondaggi, e casomai apre contraddizioni in chi non vuole scegliere. L'Italia sta gradualmente tornando a uno schema bipolare". Per Zingaretti "non è il tempo di distruggere, ma di costruire subito una visione e poi un'azione comune, su pochi capitoli chiari: come creare lavoro, cosa significa green new deal, come si rilancia la conoscenza, come si ricostruiscono politiche industriali credibili nell'era digitale". E poi rivendica: "Questo salto di qualità lo può fare solo il nostro partito. Il Pd è salvo, oggi non è più il partito debole, isolato e sconfitto del 4 marzo 2018. Abbiamo retto l'urto di due scissioni, e oggi i sondaggi ci danno al 20%. Siamo il secondo partito italiano, e siamo l'unico partito nazionale dell'alleanza, l'unico che si presenta ovunque alle elezioni, l'unico sul quale si può cementare il pilastro della resistenza alle destre".
tullia.fabiani
"Vinciamo in Emilia-Romagna", dove" il Pd sta facendo la campagna elettorale per Bonaccini in splendida solitudine" senza l'appoggio di Iv e M5s, "e poi cambio tutto: sciolgo il Pd e lancio il nuovo partito". Così il segretario del Pd, Nicola Zingaretti, in un colloquio con Repubblica in cui spiega:" "In questi mesi la domanda di politica è cresciuta, non diminuita. E noi dobbiamo aprirci e cambiare per raccoglierla. Non penso a un nuovo partito, ma a un partito nuovo, un partito che fa contare le persone ed è organizzato in ogni angolo del Paese", afferma Zingaretti. "La nuova legge elettorale ci indica una sfida: dobbiamo costruire il soggetto politico dell'alternativa, convocando un congresso con una proposta politica e organizzativa di radicale innovazione e apertura. Dobbiamo rivolgerci però alle persone, e non alla politica 'organizzata'", sottolinea. "Dobbiamo aprirci alla società e ai movimenti che stanno riempiendo le piazze in queste settimane. Non voglio lanciare un'opa sulle sardine, rispetto la loro autonomia: ma voglio offrire un approdo a chi non ce l'ha". Parlando del governo, "è inutile che ci giriamo intorno, non possiamo fare melina fino al 26 gennaio, non possiamo fare ogni giorno l'elenco delle cose sulle quali non c'è accordo nella maggioranza", dichiara Zingaretti. "Purtroppo questo è il risultato della cultura delle 'bandierine', in cui ci si illude di esistere solo se si difende una cosa. Lo dico ogni giorno a Conte e a Di Maio: un'alleanza è come un'orchestra, il giudiziosi dà sull'esecuzione dell'opera, non sulla fuga di un solista che casomai dà pure fastidio alle orecchie", osserva, smentendo l'accusa si subalternità al Movimento: "La linea unitaria sta pagando, come dimostrano i sondaggi, e casomai apre contraddizioni in chi non vuole scegliere. L'Italia sta gradualmente tornando a uno schema bipolare". Per Zingaretti "non è il tempo di distruggere, ma di costruire subito una visione e poi un'azione comune, su pochi capitoli chiari: come creare lavoro, cosa significa green new deal, come si rilancia la conoscenza, come si ricostruiscono politiche industriali credibili nell'era digitale". E poi rivendica: "Questo salto di qualità lo può fare solo il nostro partito. Il Pd è salvo, oggi non è più il partito debole, isolato e sconfitto del 4 marzo 2018. Abbiamo retto l'urto di due scissioni, e oggi i sondaggi ci danno al 20%. Siamo il secondo partito italiano, e siamo l'unico partito nazionale dell'alleanza, l'unico che si presenta ovunque alle elezioni, l'unico sul quale si può cementare il pilastro della resistenza alle destre".
giovedì 9 gennaio 2020
... A 21 ...
... giornata impegnativa oggi ... stamane alle 9 all'ospedale oftalmico per un esame ed oggi pomeriggio alle 16,30 da un oculista per esaminare il referto e prescrivere la cura: iniezioni negli occhi di Maria Rosa per eliminare i trombi comparsi su tutti e due gli occhi ... che Dio ce la mandi buona!!
mercoledì 8 gennaio 2020
... la risposta iraniana ...
Almeno 80 morti secondo Teheran, ma Trump esclude vittime americane: "Va tutto bene, valutiamo i danni". Atteso intervento in mattinata. Pasdaran minacciano rappresaglie su Dubai, Haifa, Tel Aviv in caso di contrattacco americano. Ministro esteri iraniano: "No guerra, legittima difesa". Borse asiatiche in picchiata, impennata di oro e petrolio
L'Iran attacca le forze Usa. La minaccia di Rouhani: "Taglieremo le gambe all'America"
Missili di Teheran sulle basi in Iraq. A Erbil i soldati italiani in salvo nei bunker. Khamenei: "Gli Stati Uniti devono lasciare la regione"
Così è iniziata l'operazione "Soleimani martire"
Rep: Missili e sottomarini, l’Iran punta a sfruttare le debolezze Usa
Iran attacca forze Usa, i missili sulla base di al-Asad
BAGDAD - L'Iran ha avviato l'operazione Soleimani Martire lanciando una pioggia di missili contro due basi Usa. L'attacco è iniziato all'1.20 di notte ora locale (mezzanotte circa in Italia), la stessa ora in cui è stato ucciso il generale Qassem Soleimani a Bagdad venerdì scorso. Teheran ha lanciato i missili di propria produzione Ghiam e Fateh. Il bilancio è di almeno 80 vittime.
Iran attacca forze Usa, i missili sulla base di al-Asad
L'attacco più importante è avvenuto contro la base Ayn al-Asad in Iraq che ospita militari americani, nell'Ovest del Paese. Illeso il personale del contingente militare italiano ad Erbil, a Nord, verso il Kurdistan, che si è radunato in un'area di sicurezza: i nostri militari si sarebbero rifugiati in appositi bunker.
Il contingente italiano che fa parte della coalizione anti Daesh a guida statunitense è insediato a ridosso della zona dell'aeroporto.
Trump: "Va tutto bene, valutiamo i danni"
La Casa Bianca ha immediatamente reagito, Donald Trump, che ha riunito il consiglio di sicurezza nazionale per circa due ore con il segretario di Stato Mike Pompeo e il capo del Pentagono Mark Esper, parlerà alla Nazione domattina. Al momento il capo della Casa Bianca ha escluso vittime americane. La tensione è altissima: l'Iran minaccia di attaccare Israele e gli stessi Usa in caso di contrattacco americano e avverte Trump di ritirare le truppe dalla Regione.
"Va tutto bene - ha twittato Trump nella notte - Missili lanciati dall'Iran a due basi militari in Iraq. Stiamo facendo una ricognizione dei danni e delle vittime in queste ore. Finora va bene! Abbiamo le truppe più forti e meglio equipaggiate al mondo! Rilascerò una dichiarazione in mattinata".
Iran, Rouhani: "Taglieremo le gambe agli Usa". Khamenei: "Un primo schiaffo"
DI KATIA RICCARDI
Dall'una di notte la pioggia di missili dall'Iran
La pioggia di missili è stata annunciata dalla tv di stato iraniana citando la Guardia Rivoluzionaria, mentre la notizia è stata data per prima nel nostro Paese dal quotidiano online Agenzia Stampa Italia. "Oltre una dozzina di missili balistici" sono stati lanciati contro due basi Usa e delle forze di coalizione in Iraq, ha confermato in una nota il Pentagono. "È chiaro - ha aggiunto - che questi missili sono stati lanciati dall'Iran e hanno preso di mira almeno due basi militari irachene che ospitano forze Usa e personale della coalizione a al-Asad e Irbil".
Nella notte il primo round degli attacchi iraniani termina all'una. Poi parte una nuova fase. Le notizie si rincorrono creando una situazione di caos generale: caccia militari americani partiti da una base Usa negli Emirati arabi in volo sui cieli della Siria nell'area di Deir Ezzor, ad est del Paese. Caccia iraniani entrati nello spazio aereo iracheno.
Alla fine interviene il ministro degli Esteri iraniano, Javad Zarif, a fare chiarezza sulla linea politica iraniana che mira a una de-escalation: solo vendetta per l'uccisione di Soleimani. "Ci difenderemo contro ogni aggressione - dichiara - ma non vogliamo una guerra".
"L'Iran - spiega Zarif - ha intrapreso e concluso proporzionate misure di auto difesa" prendendo di mira la base dalla quale è stato lanciato un attacco "codardo contro nostri cittadini e funzionari di livello".
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Il Corpo delle guardie della Rivoluzione islamica, o Pasdaran, ha rivendicato l'attacco missilistico: "la feroce vendetta della Guardia Rivoluzionaria è iniziata" hanno affermato in una nota.
Qassem Soleimani, il generale iraniano ucciso dagli Usa lo scorso 3 gennaio, era il comandante della squadra di élite dei Pasdaran.
Usa vietano voli civili su Iraq, Iran, Golfo Persico
L'autorità statunitense sull'aviazione (Federal Aviation Administration, Faa) ha messo al bando i voli civili sull'Iraq, l'Iran, il Golfo Persico e il Golfo dell'Oman. "Faa - si precisa in una nota - continuerà a monitorare da vicino gli eventi in Medio Oriente".
Anche le compagnie Air France e Singapore Airlines hanno reso noto di aver deviato tutte le rotte per l'Europa che tradizionalmente attraversano o avvicinano lo spazio aereo dell'Iran.
La propaganda dei Pasdaran: "Attaccheremo Israele e gli Usa se ci colpiranno"
Facendo il verso a Trump (che a commento dell'uccisione di Soleimani aveva twittato la bandiera Usa), alcuni dirigenti iraniani hanno twittato immagini di bandiere iraniane.
Il Corpo delle guardie della Rivoluzione islamica - ricorda la tv di stato iraniana - aveva avvertito gli Usa che ci sarebbero state "devastanti risposte nel caso di nuove aggressioni". I Pasdaran hanno poi minacciato "risposte ancora più devastanti" in caso di nuovi attacchi statunitensi. Se l'Iran dovesse essere attaccato sul suo territorio - avverte il corpo delle Guardie Rivoluzionarie - Dubai, Haifa e Tel Aviv verranno colpite, e sarà attaccata direttamente l'America sul proprio territorio.
Bagdad informata dell'attacco da Teheran
"Poco dopo la mezzanotte di mercoledì abbiamo ricevuto un messaggio orale ufficiale dalla Repubblica Islamica dell'Iran secondo cui la risposta iraniana all'assassinio di Qassem Soleimani è iniziata o inizierà a breve", si legge in una nota diffusa su Facebook dall'ufficio del premier Adel Abdul Mahdi. Secondo il messaggio che Bagdad annuncia di aver ricevuto da Teheran, "l'attacco sarà limitato alle postazioni delle forze armate statunitensi in Iraq".
... TOI 700 d ...
... scoperto un pianeta che potrebbe essere abitabile, a 100 anni luce dalla Terra, fusse ca fusse la volta bona? ...
lunedì 6 gennaio 2020
... un omaggio ...
... un omaggio ad un uomo giusto che avrebbe dato tanto alla sua terra, nel quarantesimo anniversario della sua uccisione per mano della mafia, cancro che divora ancora la nostra splendida penisola ...
domenica 5 gennaio 2020
... anno nuovo ...
... anno nuovo, tecnico PC nuovo ... dopo anni e anni di collaborazione ho cambiato tecnico per i miei due PC, complice la RAM da 8 Giga che rischiava di rimanere sulla mia scrivania come un inutile oggetto ... mio messaggio telefonico deciso, risposta di Tony infuocata via E-mail e mia risposta al fulmicotone, sempre per E-mail: vedremo gli sviluppi- una cosa è certa: è finito un periodo e se ne inaugura un altro, con un altro tecnico, questa volta accessibile, al contrario di Tony!
venerdì 3 gennaio 2020
... 100 anni fa ...
Esattamente cent’anni fa nasceva a Napoli Renato Carosone, uno dei più grandi e originali artisti della canzone italiana, grande creatore di contaminazioni
di Mario Luzzatto Fegiz
I 100 anni di Renato Carosone, genio eclettico ma sempre outsider.
Esattamente cent’anni fa nasceva a Napoli Renato Carosone, uno dei più grandi e originali artisti della canzone italiana, creatore di contaminazioni fra il jazz, la musica americana e partenopea e l’Oriente. I suoi classici, da Torero a Caravan petrol, da Tu vuò fa l’americano a Pianofortissimo, da Maruzzella a Pijate ‘na pasticca testimoniano una modernità stilistica e una vocazione all’intrattenimento in qualche modo uniche. Carosone ebbe la fortuna di un padre che amava la musica e lo spinse a studiare, fino al diploma, su uno scassatissimo pianoforte francese. Poi una scrittura con una compagnia di varietà lo portò a Massaua, Addis Abeba, Asmara. La scalata al successo cominciò nel ‘49 quando formò un trio con Van Wood e l’esuberante batterista Gegè di Giacomo: debuttò nel ‘49 alla Shaker Club di Napoli, mentre nel ‘55 inaugurò la Bussola di Sergio Bernardini, alleandosi col paroliere Nisa (Nicola Salerno) che inventò dei testi in linea con l’ecletticità e lo humour di Carosone, qualità con cui incantava le platee. Torero fu tradotta in 12 lingue, la Loren e Clark Gable duettarono con Tu vuò fà l’americano ne La Baia di Napoli, la Magnani cantò Maruzzella e anche Scorsese utilizzò suoi brani in Main Street. Nel ‘59, al culmine del successo, annunciò il ritiro. «Ritengo che il mio genere sia ormai superato». Per i 15 anni seguenti solo piano e pittura, la sua segreta passione. Poi il ritorno. Carosone era un napoletano speciale che detestava l’acquerello partenopeo del quadrinomio cuore-amore-pizza-Vesuvio. Pur cresciuto con molti grandi della canzone napoletana come Sergio Bruni e Murolo, rimase un outsider. Il 20 maggio 2001, dopo aver pranzato con la famiglia, si concesse un sonnellino. Dal quale non si svegliò più. Un addio in punta di piedi, con la stessa classe con cui aveva vissuto.
di Mario Luzzatto Fegiz
I 100 anni di Renato Carosone, genio eclettico ma sempre outsider.
Esattamente cent’anni fa nasceva a Napoli Renato Carosone, uno dei più grandi e originali artisti della canzone italiana, creatore di contaminazioni fra il jazz, la musica americana e partenopea e l’Oriente. I suoi classici, da Torero a Caravan petrol, da Tu vuò fa l’americano a Pianofortissimo, da Maruzzella a Pijate ‘na pasticca testimoniano una modernità stilistica e una vocazione all’intrattenimento in qualche modo uniche. Carosone ebbe la fortuna di un padre che amava la musica e lo spinse a studiare, fino al diploma, su uno scassatissimo pianoforte francese. Poi una scrittura con una compagnia di varietà lo portò a Massaua, Addis Abeba, Asmara. La scalata al successo cominciò nel ‘49 quando formò un trio con Van Wood e l’esuberante batterista Gegè di Giacomo: debuttò nel ‘49 alla Shaker Club di Napoli, mentre nel ‘55 inaugurò la Bussola di Sergio Bernardini, alleandosi col paroliere Nisa (Nicola Salerno) che inventò dei testi in linea con l’ecletticità e lo humour di Carosone, qualità con cui incantava le platee. Torero fu tradotta in 12 lingue, la Loren e Clark Gable duettarono con Tu vuò fà l’americano ne La Baia di Napoli, la Magnani cantò Maruzzella e anche Scorsese utilizzò suoi brani in Main Street. Nel ‘59, al culmine del successo, annunciò il ritiro. «Ritengo che il mio genere sia ormai superato». Per i 15 anni seguenti solo piano e pittura, la sua segreta passione. Poi il ritorno. Carosone era un napoletano speciale che detestava l’acquerello partenopeo del quadrinomio cuore-amore-pizza-Vesuvio. Pur cresciuto con molti grandi della canzone napoletana come Sergio Bruni e Murolo, rimase un outsider. Il 20 maggio 2001, dopo aver pranzato con la famiglia, si concesse un sonnellino. Dal quale non si svegliò più. Un addio in punta di piedi, con la stessa classe con cui aveva vissuto.
... terrorismo USA ...
Quattro missili piovuti dal cielo, sparati da un drone e indirizzati a due auto nel centro di Baghdad. È in questo modo che gli Stati Uniti hanno ucciso Qassem Soleimani, uno degli uomini più potenti dell’Iran, capo delle Forze Quds, le forze speciali delle Guardie della Rivoluzione. Il raid, ordinato direttamente dal presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, aveva proprio il militare di Teheran come obiettivo principale: “Un’azione difensiva“, l’ha definita il Pentagono riferendosi alle recenti proteste nel Paese che hanno avuto come obiettivo l’ambasciata Usa, ma dai vertici della Repubblica Islamica minacciano “dure ritorsioni”. Di più: Teheran promette di vendicare la morte del generale “nel momento e nel luogo più opportuni“. Intanto, decine di migliaia di persone sono già scese in piazza nella capitale iraniana per protestare contro i “crimini” americani. “L’Iran non ha mai vinto una guerra, ma non ha mai perso un negoziato”, ha twittato l’inquilino della Casa Bianca.
L’operazione americana è stata condotta con l’uso di un drone che ha individuato come obiettivo l’auto che avrebbe dovuto portare in città Soleimani e il numero due della milizia paramilitare sciita Hashd Shaabi, Abu Mahdi al-Mohandes, appena sbarcati nell’aeroporto cittadino. Al razzo che ha ucciso il militare iraniano ne sono seguiti altri che hanno provocato “dieci morti”, secondo l’ambasciatore di Teheran in Iraq, Iraj Masjedi. Tra le vittime figurano cinque membri dei Guardiani della Rivoluzione, incluso Soleimani, e Abu-Mahdi al-Muhandis, il numero due delle milizie paramilitari sciite delle Unità di mobilitazione popolare.
Baghdad, ucciso in un raid aereo Usa il generale iraniano Soleimani. Pompeo pubblica video di iracheni in festa: “Grati che non ci sia più”
L’Iran promette vendetta: “Iniziate a comprare bare”. Trump: “Iran non ha mai vinto una guerra”
L’uccisione del generale iraniano rappresenta un duro colpo per la leadership di Teheran in Medio Oriente e rischia di dar vita a “dure ritorsioni”, come promesso, tra gli altri, dalla Guida Suprema, l’ayatollah Ali Khamenei. Soleimani era infatti il generale delle Forze Quds, milizie speciali delle Guardie della Rivoluzione Islamica, ed è lui il deus ex machina delle strategie militari iraniane in Medio Oriente, presente in prima persona nei teatri più caldi, dalla Siria all’Iraq, per dirigere le operazioni delle milizie del governo di Hassan Rohani. Tra i primi dell’esecutivo iraniano a rilasciare dichiarazioni c’è il ministro degli Esteri, Javad Zarif: “L’atto di terrorismo internazionale degli Stati Uniti con l’assassinio del generale Soleimani, a capo della forza più efficace nel combattere Daesh, al-Nusra e al-Qaeda, è estremamente pericoloso e una folle escalation. Gli Stati Uniti si assumeranno la responsabilità di questo avventurismo disonesto”.
La Guida Suprema Khamenei, molto legata politicamente a Soleimani, ha indetto tre giorni di lutto nazionale in Iran, aggiungendo che l’uccisione del generale raddoppierà la motivazione della resistenza contro gli Stati Uniti e Israele, anche quest’ultimo considerato dietro all’attacco che ha portato alla morte del capo delle forze speciali di Teheran. Poi ha giurato vendetta: “Il lavoro e il cammino del generale Qassem Soleimani non si fermeranno e una dura vendetta attende i criminali, le cui mani nefaste sono insanguinate con il sangue di Soleimani e altri martiri dell’attacco della notte scorsa”.
Iraq, minacce tra Trump e la Guida Suprema Khamenei: “Iran dietro attacco all’ambasciata, la pagherà”. Teheran: “Tutto il mondo vi odia”
Anche il presidente iraniano, Hassan Rohani, poco prima di nominare il vice di Soleimani, Esmail Qaani, nuovo capo delle Forze Quds, si è scagliato contro gli Stati Uniti: “Gli iraniani e altre nazioni libere del mondo si vendicheranno senza dubbio contro gli Usa criminali per l’uccisione del generale Qassen Soleimani – ha dichiarato – Tale atto malizioso e codardo è un’altra indicazione della frustrazione e dell’incapacità degli Stati Uniti nella regione per l’odio delle nazioni regionali verso il suo regime aggressivo. Il regime americano, ignorando tutte le norme umane e internazionali, ha aggiunto un’altra vergogna al record miserabile di quel Paese”.
Un altro alto rango delle Forze Quds, Mohammad Reza Naghdi, citato dall’agenzia Fars giura che la vendetta sarà sanguinosissima: gli Usa “devono cominciare a ritirare le loro forze dalla regione islamica da oggi, o cominciare a comprare bare per i loro soldati – ha affermato – Il regime sionista dovrebbe fare le valigie e tornare nei Paesi europei, da dove è venuto, altrimenti subirà una risposta devastante dalla Ummah (la comunità, ndr) islamica. Possono scegliere, a noi non piacciono gli spargimenti di sangue“.
Usa, “Trump non ha informato il Congresso”. Dem: “Dinamite in una polveriera”
L’attacco, fanno sapere dal Pentagono, è stato ordinato direttamente dal presidente Donald Trump e vuol essere un deterrente per futuri piani di attacco iraniani: “Gli Stati Uniti continueranno ad assumere le azioni necessarie per proteggere la nostra gente e i nostri interessi ovunque nel mondo”, fanno sapere dal Dipartimento della Difesa Usa, spiegando che uno degli obiettivi di Soleimani era quello di uccidere diplomatici americani nell’area. “Il generale Soleimani e le sue forze Quds sono responsabili della morte di centinaia di americani e del ferimento di altri migliaia”, aggiungono da Washington precisando che il militare è stato anche il responsabile degli “attacchi contro l’ambasciata americana a Baghdad negli ultimi giorni”.
Il presidente americano ha preso la parola solo diverse ore dopo, con un tweet: “L’Iran non ha mai vinto una guerra, ma non ha mai perso un negoziato!”, riferendosi all’accordo sul nucleare iraniano che il tycoon ha più volte definito “il peggior accordo della storia Usa”. Poi ha continuato dicendo che il generale “ha ucciso o ferito migliaia di americani in un lungo periodo di tempo e stava pianificando di ucciderne molti altri, ma lo abbiamo preso”. Aggiunge poi come “fosse direttamente o indirettamente responsabile della morte di milioni di persone, compresi i tanti manifestanti uccisi in Iran”. Secondo Trump, “anche se l’Iran non lo ammetterà mai, Soleimani era odiato e temuto nel suo Paese. Non sono rattristati come i leader fanno credere al mondo esterno, avrebbe dovuto essere eliminato molti anni fa”.
Iraq, migliaia di manifestanti assaltano l’ambasciata americana al grido di “Morte agli Usa”. Trump: “Piano orchestrato dall’Iran”
Il segretario di Stato, Mike Pompeo, esulta per il buon esito dell’operazione Usa: “Iracheni che danzano nelle strade per la libertà, grati per il fatto che il generale Soleimani non ci sia più”, ha scritto a commento delle immagini che ha postato su Twitter che ritraggono una folla che porta in corteo una bandiera irachena.
Qassem Soleimani, chi era il generale iraniano ucciso nel raid Usa: uomo in prima fila sul campo e braccio destro del potere di Teheran
L’ambasciata degli Stati Uniti a Baghdad ha sollecitato i cittadini americani a “lasciare l’Iraq immediatamente”, messaggio raccolto anche dalle compagnie petrolifere straniere presenti nella regione irachena di Bassora, vicino al confine con l’Iran, che hanno ordinato l’evacuazione di decine di loro dipendenti.
E nella base americana Union III è scattato il livello di allerta estrema. L’avamposto è sede del Combined Joint Task Force-Operation Inherent Resolve e Joint Operations Command-Iraq, la coalizione internazionale anti-Isis e il commando delle operazioni militari irachene. Tutto il personale ha così l’obbligo di indossare giubbotto antiproiettile ed elmetto. È proibito inoltre girare da soli, usare strutture ricreative e fare qualsiasi movimento al di fuori della base. “Abbiamo incrementato la sicurezza e le misure protettive – ha detto all’Ansa il colonnello Myles Caggins, portavoce della coalizione militare – e la nostra priorità è la sicurezza del nostro personale. Siamo preoccupati per la possibilità di attacchi con razzi”.
Decisione simile a quella presa dal governo italiano, fa sapere il ministero della Difesa, con il ministro Lorenzo Guerini che ha subito ricevuto informazioni dal Comando Operativo di Vertice Interforze sui contingenti nazionali presenti nei vari teatri operativi. Sono state innalzate le misure di sicurezza dei contingenti dove operano i soldati italiani e, inoltre, sono stati limitati al minimo gli spostamenti al di fuori delle basi.
I Democratici condannano la decisione del presidente. Il candidato alla Casa Bianca, Joe Biden, si dice preoccupato per le conseguenze di questa mossa, dichiarando che Trump ha gettato “dinamite in una polveriera”. Anche un’altra candidata, Elizabeth Warren, afferma che “Soleimani era un assassino responsabile della morte di migliaia di persone, inclusi centinaia di americani. Ma la mossa avventata provoca un’escalation della situazione con l’Iran. La nostra priorità deve essere evitare un’altra costosa guerra“.
Gli alleati di Teheran preparano la risposta
I principali alleati della Repubblica Islamica nell’area mediorientale si preparano a una dura reazione contro i militari americani. Lo stesso primo ministro iracheno dimissionario, Adel Abdul-Mahdi, accusato nel corso delle ultime proteste di essere un uomo vicino a Teheran, ha condannato il raid aereo americano definendolo una “aggressione” nei confronti dell’Iraq, oltre che una “violazione di sovranità”, affermando che si tratta di una “pericolosa escalation”. “Portare avanti operazioni di eliminazione fisica contro esponenti iracheni di spicco o di un Paese fraterno in territorio iracheno rappresenta una flagrante violazione della sovranità dell’Iraq”, oltre a una “pericolosa escalation che scatena una guerra distruttiva in Iraq, nella regione e nel mondo”, ha aggiunto. Anche da Mosca, alleata dell’Iran in Medio Oriente, fanno sapere che “l’uccisione di Soleimani è stato un passo avventuristico“.
Il Parlamento di Baghdad ha anche convocato per sabato una sessione straordinaria di emergenza per discutere della presenza militare americana in Iraq, secondo quanto riportano alcuni media iracheni spiegando che a convocare la riunione straordinaria è stato il vice presidente del Parlamento, Hassan al-Kaabi. Il politico ha dichiarato che è tempo di porre fine alla “sconsideratezza e arroganza statunitensi”, aggiungendo che la sessione di domani sarà dedicata a prendere “decisioni decisive che mettano fine alla presenza americana in Iraq”.
Il leader sciita Moqtada al-Sadr ha già dato ordine ai suoi combattenti, su Twitter, di “tenersi pronti”, riattivando così la sua milizia ufficialmente dissolta da quasi un decennio e che aveva seminato il terrore tra le fila dei soldati americani in Iraq. Il Consiglio supremo di sicurezza iraniano si riunirà “nelle prossime ore con un vertice straordinario per discutere dell’attacco criminale contro la macchina del comandante Soleimani a Baghdad, che ha portato al suo martirio”, ha annunciato invece il portavoce Keyvan Khosravi.
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Anche il comandante delle Unità di mobilitazione popolare sciite irachene Hashed al-Shaabi, Qais al-Khazali, ha detto ai suoi miliziani di rimanere “pronti a combattere”: “In cambio del sangue del martire Abu Mahdi al-Mohandes ci sarà l’eliminazione di tutta la presenza militare americana in Iraq”, ha dichiarato al-Khazali. “In cambio del sangue del martire Qassem Soleimani verrà eliminata l’esistenza di Israele”, ha poi aggiunto.
Mentre nei confronti dell’Iran arrivano i messaggi di sostegno della Jihad Islamica e di Hamas, dal Libano Hezbollah fa sapere che è “responsabilità collettiva” quella di infliggere una “giusta punizione” agli Usa, come dichiarato dal leader del Partito di Dio, Hassan Nasrallah, promettendo che le milizie legate alla sua formazione continueranno il lavoro di Soleimani sul campo.
giovedì 2 gennaio 2020
... oscuri segnali ...
... si dice ogni volta: sono solo ragazzate, non c'è da preoccuparsi! ... ma gli episodi come quello di Venezia sono sempre più frequenti: ignoranza, mancanza assoluta di valori, prepotenza e vigliaccheria contrassegnano una parte di giovani e meno giovani, soprattutto ignoranza: questi idioti tremerebbero come foglie se fossero catapultati nel periodo dominato dal loro "idolo" occorre tenere gli occhi aperti ed isolare e neutralizzare questi esseri indefinibili, prima che sia troppo tardi!
mercoledì 1 gennaio 2020
... buoni propositi ...
... ed eccomi all'inizio di un nuovo anno, anzi di un nuovo decennio! ... di solito di questi tempi si fa una lista di buoni propositi, ma qui ho di fronte un decennio che andrà dai 70 alla soglia degli 80, secondo me l'ultimo decennio utile in cui agire e costruire qualcosa: morale -- non è più lecito perder tempo e farsi invischiare ed influenzare dalle paturnie altrui ... ogni giorno, ogni settimana, ogni mese, ogni anno potrebbe essere l'ultimo e bisognerà pensare per tempo a dare una destinazione alla massa di libri e di riviste che mi ritrovo, mettere in grado chi resta di accedere facilmente ai miei file, etc, etc, FORZA QUINDI E SPERIAMO DI AVERE ANCORA ABBASTANZA TEMPO A DISPOSIZIONE!
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