La prima immagine di un buco nero ad essere mai stata scattata grazie al progetto internazionale che prende il nome dal telescopio EHT, Event Horizon Telescope. Fotografia per gentile concessione Event Horizon Telescope (EHT)/National Science Foundation via Reuters
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A più di 50 milioni di anni luce di distanza, nel cuore di una gigantesca galassia ellittica chiamata Messier 87, un mostro gigantesco sta divorando tutto ciò che si avvicina troppo. Stelle, pianeti, gas e polvere, nemmeno la luce sfugge alla sua presa quando si attraversa una soglia chiamata orizzonte degli eventi.
Oggi gli scienziati hanno svelato un'immagine di questo oggetto, un buco nero supermassiccio che ha la stessa massa di 6,5 miliardi di soli. Un vuoto nero circolare circondato da un anello di luce un po' sbilenco, questa storica foto è la nostra prima visione della sagoma di un buco nero, un'immagine che si avvicina fino al bordo inesorabile della bocca del buco nero.
La foto è la straordinaria realizzazione del progetto Event Horizon Telescope, una collaborazione globale di oltre 200 scienziati che utilizzano una serie di osservatori [la rete di radiotelescopi che fa parte della collaborazione EHT] in tutto il mondo, dalle Hawaii al Polo Sud.
Raggruppati insieme, questi telescopi si comportano come un telescopio unico delle dimensioni della Terra, che ha raccolto più di un milione di miliardi di dati per fotografare il buco nero di M87 nell'aprile 2017. Ci sono poi voluti due anni perché gli scienziati li assemblassero.
Al risultato, ottenuto grazie al progetto internazionale Event Horizon Telescope (EHT), l'Italia ha partecipato attraverso l'Istituto Nazionale di Astrofisica (Inaf) e l'Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (Infn).
Prima d'ora, l'uomo poteva vedere solo la prova indiretta dell'esistenza dei buchi neri, cercando stelle che sembravano orbitare intorno ad oggetti bizzarri, catturando la radiazione emessa dalla materia surriscaldata che turbinava intorno ad essi, oppure osservando i getti altamente energetici delle particelle sparate lontano dalle loro tumultuose vicinanze.
"Abbiamo studiato i buchi neri per così tanto tempo che a volte è facile dimenticare che nessuno di noi ne ha mai visto uno", ha affermato oggi il direttore della National Science Foundation, France Cordova, durante la conferenza stampa che ha annunciato i risultati del team, tenuta presso il Club Nazionale della Stampa a Washington DC.
"Siamo lieti di potervi annunciare oggi che abbiamo visto ciò che pensavamo fosse impossibile", ha aggiunto il direttore del progetto Shep Doeleman, dell'Harvard-Smithsonian Institute for Astrophysics. "Quello che stiamo vedendo è la prova di un orizzonte degli eventi ... ora abbiamo le prove visive di un buco nero."
Sei articoli pubblicati oggi su un numero speciale della rivista Astrophysical Journal Letters descrivono il tour de force dell'osservazione, il processo messo in atto per raggiungerla e i dettagli che l'immagine rivela. Uno dei principali risultati è stato un calcolo più diretto della massa del buco nero, che è vicina alle stime calcolate per mezzo del movimento delle stelle orbitanti. I dati offrono anche alcuni suggerimenti su come alcuni buchi neri supermassicci riescano a scatenare getti giganteschi di particelle che viaggiano a velocità quasi della luce.
"È davvero notevole e quasi avvilente", dice Doeleman. "La natura ha cospirato per farci vedere qualcosa che pensavamo fosse invisibile."
L'Event Horizon Telescope ha inizialmente ottenuto un'immagine del buco nero supermassiccio al centro della nostra galassia, la Via Lattea. Chiamato Sagittario A *, quel buco nero è relativamente piccolo rispetto all'M87. Ha una massa di "solo" quattro milioni di soli.
Dato che M87 è uno dei più grandi buchi neri, il team ha deciso di puntare il telescopio anche verso quel punto, sperando di poterli eventualmente confrontare.
Vedere il cuore della nostra galassia si è rivelato un po' più complicato che guardare il buco nero nel vicino ammasso di galassie, e per questo motivo il ritratto di M87 è venuto fuori prima.
Anziché essere una singola istantanea, come le molte spettacolari foto scattate dal Telescopio Spaziale Hubble, l'immagine di EHT è il prodotto di un processo chiamato interferometria, che combina le osservazioni di più telescopi in un'unica immagine. Quando i radiotelescopi separati osservano simultaneamente lo stesso obiettivo, gli scienziati possono raccogliere le osservazioni e "vedere" un oggetto come se stessero usando un radiotelescopio gigantesco.
Per poter vedere questi buchi neri supermassicci, che sono minuscoli rispetto alle loro galassie circostanti, il gruppo aveva bisogno di sfruttare la potenza dei radiotelescopi di tutto il pianeta. Alla fine, sei osservatori in Messico, Hawaii, Arizona, Cile e Spagna hanno puntato gli occhi verso il cielo e hanno fissato l'M87, la più grande galassia al centro del gruppo della Vergine. Funzionando come un telescopio di dimensioni terrestri, la rete può risolvere oggetti della grandezza pari a un decimillesimo delle dimensioni angolari di Hubble.
"Quello che stiamo cercando di vedere è molto, molto piccolo nel cielo", afferma Katie Bouman, del Caltech, membro del team che si occupa delle immagini in EHT. "È come se si stesse tentando di scattare una foto di un'arancia sulla luna."
Per diversi giorni, il team ha osservato l'M87 in brevi lunghezze d'onda radio, perché le onde radio possono attraversare la polvere e il gas che circonda i centri galattici. Durante la sessione delle osservazioni, che includeva anche obiettivi diversi da M87, il team ha raccolto così tanti dati (cinque milioni di miliardi) che l'unico modo ragionevole per trasferirli era la spedizione di dischi rigidi reali, invece di inviarli digitalmente.
Quindi, poiché la fusione di osservazioni provenienti da diversi Osservatori non è un compito semplice, quattro team hanno elaborato i dati in modo indipendente, utilizzando diversi algoritmi e verificandoli su modelli diversi. Alla fine, le immagini prodotte da ciascuna squadra erano molto simili, il che suggerisce che le osservazioni sono solide e che la foto finale è la più accurata possibile. A dire il vero, sembra quasi indistinguibile dalle simulazioni che il team aveva prodotto negli anni precedenti alla sua uscita.
Adesso, il team progetta di produrre un'immagine del buco nero supermassiccio più caro alla Terra – ma solo perché Sagittario A* è più vicino. Comunque non ci aspettiamo che la sua immagine sia molto più nitida di quella che abbiamo.
"M87 è circa duemila volte più lontano, ma il suo buco nero è circa duemila volte più grande", dice Lord Martin Rees dell'Università di Cambridge, astronomo reale del Regno Unito. "Nel cielo sono le stesse dimensioni angolari."
Con questa immagine in mano, gli scienziati possono ora iniziare a sondare alcuni dei misteri più profondi della fisica dei buchi neri, inclusa la conferma delle loro basi fondamentali.
"Ci piacerebbe davvero sapere da queste osservazioni, se le proprietà dei buchi neri siano veramente quelle che ci aspettiamo dalla teoria della relatività" afferma Rees.
Finora, sembra che Einstein abbia qualche ragione. Sebbene il famoso fisico fosse scettico sull'esistenza dei buchi neri, le soluzioni delle sue equazioni della teoria della Relatività generale, che pubblicò nel 1915, predissero che se gli oggetti extra-massicci popolavano l'universo, essi dovevano essere sferici, simili a un'ombra scura incorporata in un anello di luce.
L'immagine di M87 corrisponde a quella previsione, anche se l'anello di luce è un po' irregolare, facendolo assomigliare a una ciambella voluminosa. Comunque, c'era da aspettarselo. La materia che ruota intorno ad un buco nero forma un disco luminoso, e poiché parte di quel disco si muove verso di noi, ciò determina che una parte del cerchio sia più luminosa.
Sulla base della grandezza dell'orizzonte degli eventi di M87, il team ha anche misurato una massa di circa 6,5 miliardi di soli, che la posiziona ben dentro le stime indirette derivate dai movimenti delle stelle orbitanti. La stima della massa, però, è molto più grande del numero che si ottiene dal calcolo del moto del gas in orbita, che è la tecnica più semplice e utilizzata più comunemente. Ma se quel metodo non funziona in maniera esatta, è tempo che gli scienziati scoprano il perché.
"Dal momento che sta aumentando il tipo di galassie che si può raggiungere con la dinamica dei gas, probabilmente è un momento davvero cruciale per ottenere che la tecnica sia calibrata correttamente", dice l'astrofisica Jenny Greene della Princeton University.
Ma mentre i nuovi dati aiutano a calcolare la massa del buco nero, appare un po' più complicato dire esattamente fin dove si estenda l'orizzonte degli eventi di M87. Proprio come le ombre o le sagome hanno spesso bordi sfocati, così appare il cerchio scuro nella nuova immagine. La sua larghezza esatta dipende da un numero di parametri che non sono ancora noti, come la velocità di rotazione del buco nero e la sua esatta direzione nello spazio.
È probabile che se il buco nero si trovasse nel nostro sistema solare, il suo orizzonte degli eventi si estenderebbe ben oltre l'orbita di Plutone, forse più di 120 volte la distanza dalla Terra al sole.
Curiosamente, questo significa che si potrebbe camminare sull'orizzonte degli eventi di M87 senza neanche sentirlo - il buco nero è così grande che lo spazio-tempo è appena incurvato in questo punto. Qui la forza di gravità di M87 sarebbe la stessa in tutto il corpo, dalla testa ai piedi. Ma, man mano che ci si avvicina, la curvatura aumenta fino a quando non ci si ritrova ridotti in fili verticali, come spaghetti (si noterebbe sicuramente, e comincerebbe a diventare scomodo molto prima).
Nessuno sa veramente cosa vi sia, se vi è qualcosa, al centro di un buco nero, noto come singolarità. Questa puntura nel tessuto dell'universo è circondata da una distesa curvata ed esotica dello spazio-tempo da cui nulla sfugge.
"Nei buchi neri supermassicci che si trovano al centro delle galassie, la materia che viene attratta si riscalda e, cadendo nel buco nero, emette luce, parte della quale è osservabile con i radiotelescopi. In queste condizioni fisiche, infatti, è possibile rivelare la cosiddetta zona 'in ombra', ossia quella regione di 'assenza di lucè e che è tale in quanto la luce al suo interno viene assorbita dall'orizzonte degli eventi", ha aggiunto, riferendosi al confine che separa un buco nero dallo spazio che lo circonda. Questo è un confine matematico dove la forza di gravità è così forte che nulla riesce a sfuggire, nemmeno la luce. Con i telescopi di EHT abbiamo finalmente raggiunto una risoluzione sufficiente per guardare su una scala dell'orizzonte degli eventi", ha detto all'ANSA Luciano Rezzolla, direttore dell'Istituto di Fisica teorica di Francoforte, membro del comitato scientifico della collaborazione che ha partecipato all'analisi teorica dei risultati.
"Dall'interno di questa superficie - ha spiegato ancora Rezzolla - nessuna informazione può essere scambiata con l'esterno. Per questo motivo i buchi neri sono importanti in fisica: il loro orizzonte degli eventi è infatti un limite invalicabile alla nostra capacità di esplorare l'universo". Dal momento che l'orizzonte degli eventi assorbe tutta la luce, ha proseguito, "per definizione un orizzonte degli eventi non può essere visto direttamente. Tuttavia è possibile predire teoricamente come apparirebbe la regione di plasma che gli è molto prossima". "Questo - ha concluso - è quello che abbiamo fatto e l'ottimo raccordo tra teoria e osservazioni ci ha convinto che questo è un buco nero come predetto da Einstein".
mercoledì 10 aprile 2019
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