lunedì 31 ottobre 2016
... tre immagini ...
... tre immagini per questo fine mese: le scosse senza fine che tormentano la nostra terra e riducono in polvere tanti capolavori, una festa di fine ottobre che oggi più che mai appare triste ed inutile ed un'immagine di combattività che valga per noi due come augurio per le prossime sfide che dovremo affrontare ...
lunedì 24 ottobre 2016
domenica 23 ottobre 2016
... il tempo ...
... in questo pomeriggio di fine ottobre, con l'incalzare di notizie tragiche dal mondo, resta in me un senso di impotenza, mi aggiro tra i miei libri e sento il tempo scorrere più veloce che mai, indifferente alle mie ansie, pronto a spezzare i miei progetti ...
... la strage di Mosul ...
Di fronte all'avanzata delle forze della coalizione verso Mosul, lo Stato Islamico ha ucciso, in una esecuzione di massa, 284 uomini e ragazzi.
venerdì 21 ottobre 2016
... integrazione? ...
... un episodio di razzismo nel mio rione mi fa meditare sulle difficoltà di integrazione nel nostro paese ...
giovedì 20 ottobre 2016
... remember Obama ...
Il testo integrale tradotto in Italiano del discorso della vittoria di Barack Obama alla presidenza degli Stati Uniti Chicago 4/11/08
Se c’è qualcuno lì fuori che ancora dubita che l’America sia un posto dove tutto è possibile; che ancora si chiede se il sogno dei nostri padri fondatori è vivo ai nostri tempi; che ancora mette il dubbio il potere della nostra democrazia: questa notte è la vostra risposta. È la risposta delle code che si allungavano intorno alle scuole e alle chiese in numeri che questa nazione non aveva mai visto, della gente che ha aspettato tre e quattro ore, molti per la prima volta nella vita, perché credevano che questa volta dovesse essere diverso, che le loro voci potessero fare la differenza. È la risposta che viene dai giovani e dai vecchi, dai ricchi e dai poveri, democratici e repubblicani, neri, bianchi, ispanici, asiatici, indigeni americani, gay, eterosessuali, disabili e no. Gli americani hanno mandato un messaggio al mondo: non siamo mai stati solo una lista di individui o una lista di Stati rossi e Stati blu. Siamo, e sempre saremo, gli Stati Uniti d’America. È la risposta che ha guidato quelli che si sono sentiti dire per tanto tempo di essere cinici e spaventati e dubbiosi su quello che possiamo ottenere, mettendo le loro mani sull’arco della storia e piegandolo una volta di più alla speranza di un giorno migliore. C’è voluto molto a venire, ma stanotte, per quello che abbiamo fatto in questo giorno in questa elezione in questo momento cruciale, il cambiamento è arrivato in America. Poco fa stasera ha ricevuto una bellissima telefonata dal senatore McCain. Il senatore McCain ha combattuto lungamente e duramente in questa campagna e ha combattuto anche più lungamente e duramente per il Paese che ama. Ha sopportato sacrifici per l’America che la maggioranza di noi neanche possono immaginare. Siamo tutti migliori per i servigi resi da questo coraggioso, altruista leader. Mi congratulo con lui e mi congratulo col governatore Palin per quello che sono riusciti a fare. E aspetto con ansia di lavorare con loro per rinnovare la promessa della nazione nei mesi a venire. Voglio ringraziare il mio compagno in questo viaggio, un uomo che ha fatto campagna dal cuore e ha parlato per gli uomini e le donne con cui è cresciuto nelle strade di Scranton … E con cui è andato in treno verso casa nel Delaware, il vicepresidente eletto degli Stati Uniti, Joe Biden. E non sarei qui stasera senza il sostegno incrollabile della mia migliore amica degli ultimi 16 anni, la roccia della nostra famiglia, l’amore della mia vita, la prossima first lady del Paese … Michelle Obama. Sasha e Malia … Vi amo più di quanto potete immaginare. E vi siete guadagnate il nuovo cucciolo che verrà con noi alla Casa Bianca. E anche se non è più con noi, so che mia nonna sta guardando, insieme alla famiglia che mi ha fatto quello che sono. Mi mancano stanotte. So che il mio debito verso di loro è incommensurabile. A mia sorella Maya, a mia sorella Alma, a tutti gli altri fratelli e sorelle grazie per tutto il sostegno che mi avete dato, vi sono grato. E al manager della mia campagna, David Plouffe … L’eroe silenzioso di questa campagna, che ha costruito la migliore campagna politica, credo, della storia degli Stati Uniti d’America. E al mio principale stratega David Axelrod, che mi ha accompagnato in ogni passo della via. Alla migliore squadra di campagna mai messa insieme nella storia della politica: è merito vostro e vi sono grato per sempre per i sacrifici che avete fatto perché accadesse. Ma soprattutto, non dimenticherò mai a chi appartiene davvero questa vittoria. Appartiene a voi. Appartiene a voi. Non sono mai stato il candidato più probabile per questo incarico. Non abbiamo cominciato con molti soldi o molti sostegni. La nostra campagna non è nata nei corridoi di Washington. È iniziata nei cortili di Des Moines e nei salotti di Concord e sui portici di Charleston. È stata costruita da uomini e donne che lavorano che hanno tirato fuori i pochi risparmi che avevano per donare 5, 10, 50 dollari alla causa. Ha tratto forza dai giovani che hanno rifiutato il mito dell’apatia della loro generazione; che hanno lasciato le case e le famiglie per lavori che davano loro pochi soldi e ancor meno sonno. Ha tratto forza dai non più giovani che hanno affrontato il freddo intenso e il caldo afoso per bussare alle porte di assoluti sconosciuti, e dai milioni di americani che si sono offerti volontari e hanno organizzato e dimostrato che oltre due secoli dopo, un governo della gente, dalla gente e per la gente non è scomparso dalla Terra. Questa è la vostra vittoria. E so che non l’avete fatto solo per vincere le elezioni. E so che non l’avete fatto per me. L’avete fatto perchè capite l’enormità del compito di fronte a noi: mentre celebriamo stanotte, sappiamo che le sfide che ci porterà domani sono le più grandi della nostra epoca: due guerre, un pianeta a rischio, la peggior crisi finanziaria da un secolo. Anche mentre siamo qui stasera sappiamo che ci sono coraggiosi americani che si svegliano nei deserti dell’Iraq e fra le montagne dell’Afghanistan per rischiare le loro vite per noi. Ci sono madri e padri che restano svegli quando i bambini dormono e si chiedono come pagheranno il mutuo o le parcelle del medico o come risparmieranno abbastanza per mandarli all’Università. C’è una nuova energia da sfruttare, nuovi lavori da creare, nuove scuole da costruire, minacce da affrontare, alleanze da riparare. La strada davanti a noi sarà lunga. La salita sarà ripida. Forse non ci arriveremo in un anno o nemmeno in un mandato. Ma, America, non ho mai nutrito tanta speranza come stanotte che ci arriveremo. Ve lo prometto, noi come popolo ci arriveremo. Ci saranno ricadute e false partenze. Ci sono molti che non saranno d’accordo con tutte le decisioni e le politiche che seguirò da presidente. E sappiamo che il governo non può risolvere ogni problema. Ma sarò sempre onesto con voi sulle sfide che affrontiamo. Vi ascolterò, soprattutto quando non saremo d’accordo. E soprattutto vi chiederò di partecipare nell’opera di rifare questo Paese, nell’unico modo in cui l’abbiamo fatto in America per 221 anni, pezzo a pezzo, mattone dopo mattone, mano callosa su mano callosa. Quel che è cominciato 21 mesi fa nel profondo dell’inverno non può finire in questa notte d’autunno. Da sola questa vittoria non è il cambiamento che vogliamo. E non potrà succedere se torniamo alle cose com’erano. Non può succedere senza di voi, senza un nuovo spirito di servizio, un nuovo spirito di sacrificio. Quindi richiamiamo un nuovo spirito di patriottismo, di responsabilità, in cui ognuno di noi si decide a partecipare e lavorare più duro e a badare non solo a noi stessi ma agli altri. Ricordiamoci che se questa crisi finanziaria ci ha insegnato qualcosa, è che non è possibile che Wall Street prosperi mentre Main Street (la gente comune) soffre. In questo Paese, cresciamo o affondiamo come una nazione sola e un popolo solo. Resistiamo alla tentazione di ricadere nelle stesse divisioni e nelle stesse meschinità e immaturità che hanno avvelenato così a lungo la nostra politica. Ricordiamoci che ci fu un uomo di questo Stato che per primo portò la bandiera del Partito Repubblicano alla Casa Bianca, un partito fondato sui valori della fiducia in se stessi e delle libertà individuali e dell’unità nazionale. Sono valori che tutti condividiamo. E se il partito democratico stanotte ha ottenuto una grande vittoria, lo facciamo con umiltà e determinazione per sanare le spaccature che hanno frenato il nostro progresso. Come Lincoln disse a una nazione ben più spaccata della nostra, non siamo nemici ma amici. Le emozioni possono forzare ma non devono spezzare i legami dell’affetto. E a quegli americani di cui devo ancora conquistare l’appoggio dico: non avrò ottenuto il vostro voto stasera, ma sento le vostre voci. Mi serve il vostro aiuto. E sarò anche il vostro presidente. E a tutti coloro che guardano stasera al di là delle nostre spiagge, dai parlamenti e dai palazzi, a quelli che si raccolgono intorno alle radio negli angoli dimenticati del mondo; le nostre storie sono diverse ma condividiamo lo stesso destino; una nuova alba della leadership americana è a portata di mano. A quelli che vorrebbero distruggere il mondo semplicemente dico: vi sconfiggeremo. A quelli che cercano pace e sicurezza: vi sosteniamo. E a tutti coloro che si sono chiesti se il faro dell’America brilla ancora: stanotte abbiamo dimostrato una volta di più che la vera forza del nostro Paese non viene della potenza delle nostre armi o dalle dimensioni della nostra ricchezza ma dal potere perpetuo dei nostri ideali: democrazia, libertà, possibilità, speranza incrollabile. È questa la vera forza dell’America: che l’America sa cambiare. La nostra unione può essere migliorata. Quel che abbiamo già ottenuto ci dà speranza per quel che possiamo e dobbiamo ottenere domani. Questa elezione ha visto molte prime, molte storie che saranno raccontate per generazioni. Ma una che ho in mente stasera riguarda una donna che ha votato ad Atlanta. Somiglia molto ai milioni di altri che si sono messi in fila per far sentire la loro voce in questa elezione, a parte una cosa: Ann Nixon Cooper ha 106 anni. È nata appena una generazione dopo la schiavitù, quando non c’erano automobili in strada, né aerei in cielo; quando una come lei non poteva votare per due ragioni: perché era una donna e per il colore della sua pelle. E stasera penso a tutto quello che ha visto nel suo secolo in America: i dolori e la speranza, la lotta e il progresso, le volte che ci hanno detto che non potevamo, e la gente che è andata avanti col credo americano: Sì che possiamo! In un momento in cui le voci delle donne venivano fatte tacere e le loro speranze distrutte, lei è vissuta fino a vederle alzarsi in piedi e prendere la scheda. Sì possiamo. Quando c’era solo disperazione nella polvere e la depressione in tutto il paese, ha visto una nazione che sconfiggeva la paura stessa con un New Deal, nuovi lavori, un nuovo senso di scopo comune. Sì, possiamo. Quando le bombe sono cadute sul nostro porto e la tirannia minacciava il mondo, lei era lì a testimoniare una generazione che si elevava all’eroismo e una democrazia che veniva salvata: sì possiamo. Lei c’era per gli autobus a Montgomery, gli idranti a Birmingham, un ponte a Selma e un predicatore di Atlanta che disse a un popolo che “We Shall Overcome”, “Noi ce la faremo”. Sì, possiamo. Un uomo ha camminato sulla luna, un muro è caduto a Berlino, un mondo è stato messo in rete dalla nostra scienza e dalla nostra fantasia. E quest’anno, in questa elezione, lei ha messo il dito su uno schermo e ha votato, perché dopo 106 anni in America, attraverso i tempi migliori e le ore più buie, lei sa come l’America può cambiare. Sì, possiamo. America, abbiamo fatto tanta strada. Abbiamo visto tanto. Ma c’è ancora tanto da fare. Stasera chiediamoci: se i nostri figli dovessero vivere fino a vedere il prossimo secolo, se le mie figlie fossero così fortunate da vivere tanto quanto Ann Nixon Cooper, che cambiamenti vedranno? Che progressi avremo fatto? Questa è la nostra opportunità di rispondere. Questo è il nostro momento per ridare alla nostra gente il lavoro e aprire porte dell’opportunità ai nostri bambini, per ridare la prosperità e promuovere la causa della pace; per reclamare il sogno americano e riaffermare quella volontà fondamentale, che di tanti, siamo uno; che finché abbiamo respiro, abbiamo speranza. E se troviamo davanti a noi il cinismo e i dubbi e chi ci dice che non possiamo, risponderemo con quel credo senza tempo che riassume l’intero spirito di un popolo: sì, possiamo. Grazie. Dio vi benedica. E Dio benedica gli Stati Uniti d’America.
Se c’è qualcuno lì fuori che ancora dubita che l’America sia un posto dove tutto è possibile; che ancora si chiede se il sogno dei nostri padri fondatori è vivo ai nostri tempi; che ancora mette il dubbio il potere della nostra democrazia: questa notte è la vostra risposta. È la risposta delle code che si allungavano intorno alle scuole e alle chiese in numeri che questa nazione non aveva mai visto, della gente che ha aspettato tre e quattro ore, molti per la prima volta nella vita, perché credevano che questa volta dovesse essere diverso, che le loro voci potessero fare la differenza. È la risposta che viene dai giovani e dai vecchi, dai ricchi e dai poveri, democratici e repubblicani, neri, bianchi, ispanici, asiatici, indigeni americani, gay, eterosessuali, disabili e no. Gli americani hanno mandato un messaggio al mondo: non siamo mai stati solo una lista di individui o una lista di Stati rossi e Stati blu. Siamo, e sempre saremo, gli Stati Uniti d’America. È la risposta che ha guidato quelli che si sono sentiti dire per tanto tempo di essere cinici e spaventati e dubbiosi su quello che possiamo ottenere, mettendo le loro mani sull’arco della storia e piegandolo una volta di più alla speranza di un giorno migliore. C’è voluto molto a venire, ma stanotte, per quello che abbiamo fatto in questo giorno in questa elezione in questo momento cruciale, il cambiamento è arrivato in America. Poco fa stasera ha ricevuto una bellissima telefonata dal senatore McCain. Il senatore McCain ha combattuto lungamente e duramente in questa campagna e ha combattuto anche più lungamente e duramente per il Paese che ama. Ha sopportato sacrifici per l’America che la maggioranza di noi neanche possono immaginare. Siamo tutti migliori per i servigi resi da questo coraggioso, altruista leader. Mi congratulo con lui e mi congratulo col governatore Palin per quello che sono riusciti a fare. E aspetto con ansia di lavorare con loro per rinnovare la promessa della nazione nei mesi a venire. Voglio ringraziare il mio compagno in questo viaggio, un uomo che ha fatto campagna dal cuore e ha parlato per gli uomini e le donne con cui è cresciuto nelle strade di Scranton … E con cui è andato in treno verso casa nel Delaware, il vicepresidente eletto degli Stati Uniti, Joe Biden. E non sarei qui stasera senza il sostegno incrollabile della mia migliore amica degli ultimi 16 anni, la roccia della nostra famiglia, l’amore della mia vita, la prossima first lady del Paese … Michelle Obama. Sasha e Malia … Vi amo più di quanto potete immaginare. E vi siete guadagnate il nuovo cucciolo che verrà con noi alla Casa Bianca. E anche se non è più con noi, so che mia nonna sta guardando, insieme alla famiglia che mi ha fatto quello che sono. Mi mancano stanotte. So che il mio debito verso di loro è incommensurabile. A mia sorella Maya, a mia sorella Alma, a tutti gli altri fratelli e sorelle grazie per tutto il sostegno che mi avete dato, vi sono grato. E al manager della mia campagna, David Plouffe … L’eroe silenzioso di questa campagna, che ha costruito la migliore campagna politica, credo, della storia degli Stati Uniti d’America. E al mio principale stratega David Axelrod, che mi ha accompagnato in ogni passo della via. Alla migliore squadra di campagna mai messa insieme nella storia della politica: è merito vostro e vi sono grato per sempre per i sacrifici che avete fatto perché accadesse. Ma soprattutto, non dimenticherò mai a chi appartiene davvero questa vittoria. Appartiene a voi. Appartiene a voi. Non sono mai stato il candidato più probabile per questo incarico. Non abbiamo cominciato con molti soldi o molti sostegni. La nostra campagna non è nata nei corridoi di Washington. È iniziata nei cortili di Des Moines e nei salotti di Concord e sui portici di Charleston. È stata costruita da uomini e donne che lavorano che hanno tirato fuori i pochi risparmi che avevano per donare 5, 10, 50 dollari alla causa. Ha tratto forza dai giovani che hanno rifiutato il mito dell’apatia della loro generazione; che hanno lasciato le case e le famiglie per lavori che davano loro pochi soldi e ancor meno sonno. Ha tratto forza dai non più giovani che hanno affrontato il freddo intenso e il caldo afoso per bussare alle porte di assoluti sconosciuti, e dai milioni di americani che si sono offerti volontari e hanno organizzato e dimostrato che oltre due secoli dopo, un governo della gente, dalla gente e per la gente non è scomparso dalla Terra. Questa è la vostra vittoria. E so che non l’avete fatto solo per vincere le elezioni. E so che non l’avete fatto per me. L’avete fatto perchè capite l’enormità del compito di fronte a noi: mentre celebriamo stanotte, sappiamo che le sfide che ci porterà domani sono le più grandi della nostra epoca: due guerre, un pianeta a rischio, la peggior crisi finanziaria da un secolo. Anche mentre siamo qui stasera sappiamo che ci sono coraggiosi americani che si svegliano nei deserti dell’Iraq e fra le montagne dell’Afghanistan per rischiare le loro vite per noi. Ci sono madri e padri che restano svegli quando i bambini dormono e si chiedono come pagheranno il mutuo o le parcelle del medico o come risparmieranno abbastanza per mandarli all’Università. C’è una nuova energia da sfruttare, nuovi lavori da creare, nuove scuole da costruire, minacce da affrontare, alleanze da riparare. La strada davanti a noi sarà lunga. La salita sarà ripida. Forse non ci arriveremo in un anno o nemmeno in un mandato. Ma, America, non ho mai nutrito tanta speranza come stanotte che ci arriveremo. Ve lo prometto, noi come popolo ci arriveremo. Ci saranno ricadute e false partenze. Ci sono molti che non saranno d’accordo con tutte le decisioni e le politiche che seguirò da presidente. E sappiamo che il governo non può risolvere ogni problema. Ma sarò sempre onesto con voi sulle sfide che affrontiamo. Vi ascolterò, soprattutto quando non saremo d’accordo. E soprattutto vi chiederò di partecipare nell’opera di rifare questo Paese, nell’unico modo in cui l’abbiamo fatto in America per 221 anni, pezzo a pezzo, mattone dopo mattone, mano callosa su mano callosa. Quel che è cominciato 21 mesi fa nel profondo dell’inverno non può finire in questa notte d’autunno. Da sola questa vittoria non è il cambiamento che vogliamo. E non potrà succedere se torniamo alle cose com’erano. Non può succedere senza di voi, senza un nuovo spirito di servizio, un nuovo spirito di sacrificio. Quindi richiamiamo un nuovo spirito di patriottismo, di responsabilità, in cui ognuno di noi si decide a partecipare e lavorare più duro e a badare non solo a noi stessi ma agli altri. Ricordiamoci che se questa crisi finanziaria ci ha insegnato qualcosa, è che non è possibile che Wall Street prosperi mentre Main Street (la gente comune) soffre. In questo Paese, cresciamo o affondiamo come una nazione sola e un popolo solo. Resistiamo alla tentazione di ricadere nelle stesse divisioni e nelle stesse meschinità e immaturità che hanno avvelenato così a lungo la nostra politica. Ricordiamoci che ci fu un uomo di questo Stato che per primo portò la bandiera del Partito Repubblicano alla Casa Bianca, un partito fondato sui valori della fiducia in se stessi e delle libertà individuali e dell’unità nazionale. Sono valori che tutti condividiamo. E se il partito democratico stanotte ha ottenuto una grande vittoria, lo facciamo con umiltà e determinazione per sanare le spaccature che hanno frenato il nostro progresso. Come Lincoln disse a una nazione ben più spaccata della nostra, non siamo nemici ma amici. Le emozioni possono forzare ma non devono spezzare i legami dell’affetto. E a quegli americani di cui devo ancora conquistare l’appoggio dico: non avrò ottenuto il vostro voto stasera, ma sento le vostre voci. Mi serve il vostro aiuto. E sarò anche il vostro presidente. E a tutti coloro che guardano stasera al di là delle nostre spiagge, dai parlamenti e dai palazzi, a quelli che si raccolgono intorno alle radio negli angoli dimenticati del mondo; le nostre storie sono diverse ma condividiamo lo stesso destino; una nuova alba della leadership americana è a portata di mano. A quelli che vorrebbero distruggere il mondo semplicemente dico: vi sconfiggeremo. A quelli che cercano pace e sicurezza: vi sosteniamo. E a tutti coloro che si sono chiesti se il faro dell’America brilla ancora: stanotte abbiamo dimostrato una volta di più che la vera forza del nostro Paese non viene della potenza delle nostre armi o dalle dimensioni della nostra ricchezza ma dal potere perpetuo dei nostri ideali: democrazia, libertà, possibilità, speranza incrollabile. È questa la vera forza dell’America: che l’America sa cambiare. La nostra unione può essere migliorata. Quel che abbiamo già ottenuto ci dà speranza per quel che possiamo e dobbiamo ottenere domani. Questa elezione ha visto molte prime, molte storie che saranno raccontate per generazioni. Ma una che ho in mente stasera riguarda una donna che ha votato ad Atlanta. Somiglia molto ai milioni di altri che si sono messi in fila per far sentire la loro voce in questa elezione, a parte una cosa: Ann Nixon Cooper ha 106 anni. È nata appena una generazione dopo la schiavitù, quando non c’erano automobili in strada, né aerei in cielo; quando una come lei non poteva votare per due ragioni: perché era una donna e per il colore della sua pelle. E stasera penso a tutto quello che ha visto nel suo secolo in America: i dolori e la speranza, la lotta e il progresso, le volte che ci hanno detto che non potevamo, e la gente che è andata avanti col credo americano: Sì che possiamo! In un momento in cui le voci delle donne venivano fatte tacere e le loro speranze distrutte, lei è vissuta fino a vederle alzarsi in piedi e prendere la scheda. Sì possiamo. Quando c’era solo disperazione nella polvere e la depressione in tutto il paese, ha visto una nazione che sconfiggeva la paura stessa con un New Deal, nuovi lavori, un nuovo senso di scopo comune. Sì, possiamo. Quando le bombe sono cadute sul nostro porto e la tirannia minacciava il mondo, lei era lì a testimoniare una generazione che si elevava all’eroismo e una democrazia che veniva salvata: sì possiamo. Lei c’era per gli autobus a Montgomery, gli idranti a Birmingham, un ponte a Selma e un predicatore di Atlanta che disse a un popolo che “We Shall Overcome”, “Noi ce la faremo”. Sì, possiamo. Un uomo ha camminato sulla luna, un muro è caduto a Berlino, un mondo è stato messo in rete dalla nostra scienza e dalla nostra fantasia. E quest’anno, in questa elezione, lei ha messo il dito su uno schermo e ha votato, perché dopo 106 anni in America, attraverso i tempi migliori e le ore più buie, lei sa come l’America può cambiare. Sì, possiamo. America, abbiamo fatto tanta strada. Abbiamo visto tanto. Ma c’è ancora tanto da fare. Stasera chiediamoci: se i nostri figli dovessero vivere fino a vedere il prossimo secolo, se le mie figlie fossero così fortunate da vivere tanto quanto Ann Nixon Cooper, che cambiamenti vedranno? Che progressi avremo fatto? Questa è la nostra opportunità di rispondere. Questo è il nostro momento per ridare alla nostra gente il lavoro e aprire porte dell’opportunità ai nostri bambini, per ridare la prosperità e promuovere la causa della pace; per reclamare il sogno americano e riaffermare quella volontà fondamentale, che di tanti, siamo uno; che finché abbiamo respiro, abbiamo speranza. E se troviamo davanti a noi il cinismo e i dubbi e chi ci dice che non possiamo, risponderemo con quel credo senza tempo che riassume l’intero spirito di un popolo: sì, possiamo. Grazie. Dio vi benedica. E Dio benedica gli Stati Uniti d’America.
mercoledì 19 ottobre 2016
... forza Toro! ...
Nel posticipo dell’ottava giornata di Serie A il Torino ha battuto il Palermo in trasferta per 4-1. È la sua terza vittoria consecutiva in campionato, ed è anche la terza partita in cui segna più di due gol. Oggi il Torino è quarto a due punti dalla Roma seconda in classifica – che ha battuto poco meno di un mese fa, giocando praticamente alla pari – e se Andrea Belotti non avesse sbagliato il rigore calciato all’ultimo minuto della prima partita contro il Milan, il Torino sarebbe da solo al terzo posto in classifica. Non è l’unico aspetto positivo della stagione: nel Torino giocano sei giocatori che sono nel giro della Nazionale o lo sono stati di recente: fra cui proprio Belotti, considerato uno degli attaccanti italiani più promettenti degli ultimi anni.
... dal blog di P. Barnard ...
TRUMP, CLINTON E UN MODERATO HITLER NEL 1939. FINALE A SORPRESA.
Avete una certezza. Qui non vi sentirete raccontare le solite cose sulle presidenziali americane. Parto dal filosofo Fusaro, che mi ha segnalato un suo blog sul Fatto Quotidiano (conato, e poi ora so che gli unici due residenti in Italia che non hanno un blog sul FQ siamo io e un taxista bengalese di Udine), dicevo che Fusaro ha scritto un blog su Trump e Clinton, in sostanza dicendo che peggio di Trump c’è solo la Clinton.
Mi è balzato alla mente un affascinate ma durissimo botta e risposta che ho avuto la notte fra il 3 e il 4 agosto con Noam Chomsky, una cosa bizzarra perché io stavo con Ilaria Muccetti a bere in riva al mare e mentre arrivava la cena ho spedito una mail a Chomsky sulle mie posizioni in merito a Trump/Clinton. Ci siamo ingaggiati testa a testa in 22 mail ‘cut and thrust’ molto dure, ciascuna lunga e articolata, fino a quando in pratica il ristorante ha chiuso. Fritto misto lì sul piatto.
Noam non solo sostiene che pur di evitare Trump si deve ingoiare amaro e votare Clinton, ma non condanna Sanders per aver gettato la coccarda della rivoluzione ed essersi messo con Hillary. Non posso rendere giustizia qui alla lunghissima argomentazione di Chomsky, ma vi dico solo alcune cose che ha detto di Trump:
1) Nega la catastrofe climatica (Chomsky: “eccetto quando si tratta di pretendere tasse per proteggere i suoi campi da golf”). Di certo smonterà tutte le regolamentazioni per proteggere il clima, inciterà all’uso sfrenato di idrocarburi, e questo significa condannare milioni di poveri a sofferenze inaudite per un secolo. Bastano 4 anni di Trump, e la catastrofe climatica verrà portata oltre al punto in cui un’accelerazione non lineare porterà il Pianeta al punto di non ritorno.
2) La Clinton è di certo un candidato dalle pessime credenziali, che Chomsky ha denunciato per anni, ma il fatto che sia serva della Corporate America significa che non farà le follie di Trump, perché Big Business è terribile ma non sono dei pazzi, e comprendono benissimo la necessità di passare alle rinnovabili.
3) Trump ha appoggiato tutte le guerre criminali degli USA, aumenterà il budget militare e vuole invadere la Siria. Sulla NATO dice che altri Paesi dovranno pagare di più per mantenerla. Uno così col dito sul bottone rosso è un rischio inaccettabile.
4) La cosiddetta sinistra sempre demonizza istericamente l’avversario e non ragiona. Tipiche ‘belle anime’ che pur di sentirsi puliti finiscono per permettere a una catastrofe globale come Trump di vincere.
Ok. Ripeto: quanto sopra è solo un sommario molto incompleto delle idee di Noam. Le mie risposte a lui furono altrettanto articolate e anche di quelle non posso rendere conto qui. Ma il succo era questo:
“Concordo, Noam, ma io penso che se rimaniamo perennemente bloccati in questa scelta – abilmente voluta dal Vero Potere e impostaci in tutto l’Occidente – bloccati, dicevo, sempre a dover scegliere fra l’Abominio e Satana, col risultato che tutti voteremo l’Abominio pur di evitare Satana, non arriveremo mai più nella Storia a costruire una terza via, perché sempre intrappolati dal ricatto/scelta fra l’Abominio e Satana. Sceglieremo sempre di avere l’Abominio, ma questo nel lungo termine devasterà il Pianeta e i Diritti MOLTO di più che se accettassimo di affrontare Satana ORA una volta per tutte per distruggerlo.”
Noam concluse accusandomi di essere di fatto un sostenitore della distruzione del Pianeta, per pura logica. Non lo convinsi. Poi mesi dopo, rispondendo a un’italiana che gli aveva scritto di me, ha specificato “Ammiro il grande lavoro di Paolo da molti anni, un lavoro che lui ha mantenuto nonostante molti nostri specifici disaccordi, che sono normali fra gente seria e impegnata”. Lui è un colosso senza pari, io no, e mi sento onorato. Ma neppure ho cambiato idea. E qui torna Fusaro.
Nel rispondere al filosofo italiano mi è saltata in mente un’analogia, sempre per sostenere che “se rimaniamo bloccati a dover scegliere fra l’Abominio e Satana, non arriveremo mai più nella Storia a una terza via… ma questo nel lungo termine devasterà il Pianeta e i Diritti molto di più che se accettassimo di affrontare Satana ora una volta per tutte per distruggerlo.” Ecco la mia analogia nella mia risposta a Fusaro:
“Non so se è una questione di spazi imposti dal FQ ma l'art è troppo corto e anche se dice alcune cose ne omette tantissime e le peggiori della Clinton. Es. che da moglie di Bill applaudì la morte di stenti di mezzo milione di bambini iracheni a causa delle criminali sanzioni USA/ONU/GB contro Baghdad (i due inviati speciali Halliday e Sponek si licenziarono dall'ONU per il disgusto), un massacro abominevole che la Albright (Segretario di Stato) definì senza esitazione "un prezzo che vale la pena pagare", e i Clinton ad applaudire". Mezzo milione, roba da Auschwitz.
Su Sanders, bè, lo avevo già denunciato quando tutti voi credevate che fosse un santo.
Continuo a pensare che sia meglio la vittoria di Trump, almeno ok, affronteremo finalmente una volta per tutte Satana, quello finale. Fai questo pensiero: cosa sarebbe accaduto se all’inizio del 1939 Hitler fosse stato disarcionato dal Terzo Reich e un Gerarca Nazista più moderato fosse salito a trono? Immagina se questo nuovo Fuhrer e non avesse invaso la Polonia, se non fosse partita la guerra, se gli ebrei fossero stati deportati e non sterminati, e se il nuovo Fuhrer si fosse invece concentrato sul potere ECONOMICO della Germania. Come saremmo oggi se il Nazismo non avesse mai vestito i panni di Satana ma quelli di un demone minore? Non oso pensare alle conseguenze, probabilmente 100 volte peggio della II Guerra Mondiale. Invece affrontammo Satana, Hitler, e da lì almeno è nata la democrazia (anche se molto imperfetta), ma certo meglio dei fascismi che un Terzo Reich più ‘moderato’ di Hitler avrebbe sospinto probabilmente per un secolo, o due”.
Ecco il punto, ci arrivo anche dopo se non l’avete già capito. E ci sono delle prove specifiche. Pochi sanno che la tecnologia sviluppata dal Nazismo era talmente avanzata che ha fornito molte delle basi per lo sviluppo di tutto il Capitalismo moderno, soprattutto in USA. L’accademico Adam Tooze ha dimostrato che l’economia nazista fu devastata dalla follia di guerra, e lasciò aperta la domanda cruciale su cosa avrebbe fatto il regime se avesse solo investito in supremazia economica e tecnologica senza guerre.
Non solo: con un Fuhrer moderato, ma sempre nazista ovvio, e senza la II Guerra Mondiale, e poniamo con un dilagare della super potenza economica tedesca, cosa sarebbe accaduto ai Fascismi europei in Spagna, Austria, Grecia, Polonia, Romania, Ungheria, Portogallo, o Croazia? La devastante possibilità, devastante anche solo a immaginarla, è che avrebbero ricevuto una spinta dalla Berlino nazista ‘moderata’ senza guerre che ci avrebbe portati a un’intera Europa fascista per un secolo, o magari di più. Ma v’immaginate l’orrore? Qui ve lo dice Paolo Barnard che è il più feroce critico dell’Unione Europea di Bruxelles: un secolo di Europa nazi-fascista come prospettato sopra sarebbe stato mille volte peggio dell’Europa dell’euro o Draghi e Fondo Monetario Internazionale.
E allora, non fu forse meglio affrontare Satana una volta per tutte, anche con costi disumani, ma per poi avere almeno uno straccio di continente democratico invece che nazista per secoli?
Allora, se affrontiamo il Satana Trump una volta per tutte, anche a costi altissimi, non sarà magari poi possibile uscire dalla trappola mortale e VERA fine della Storia, cioè l’eterna scelta fra l’Abominio e Satana, col risultato di poter poi ottenere una terza via di Diritti, Democrazia ed economia per l’Interesse Pubblico? In USA e poi di rimbalzo qui.
A voi ora, miei pensatori. Questo vale la pena sapere di Trump/Clinton, non le cazzate dei media.
p.s. ESSENZIALE: Il mio pensiero è pura speculazione intellettiva, pura teoria. Ripeto che Satana andrebbe affrontato e ucciso una volta per tutte, ma so BENISSIMO che non esiste in Occidente uno straccio di capacità civica capace di farlo,… la gggènte è tutta TUTTA morta e sepolta nell’apatia vile. Per cui alla fine: HA RAGIONE NOAM CHOMSKY. Speriamo nella Clinton almeno.
domenica 16 ottobre 2016
... Aleppo ...
... continua il martirio di quella stupenda città nell'indifferenza del mondo ... cosa ci riserva il futuro? ...
sabato 15 ottobre 2016
giovedì 13 ottobre 2016
... addio ad un grande uomo ...
Il Maestro Dario Fo si è spento oggi 13 ottobre 2016 presso l'Ospedale Luigi Sacco di Milano, dove era ricoverato da qualche giorno a causa dell'aggravarsi delle sue condizioni di salute.
Il nostro Paese e il mondo intero perdono oggi un artista che per tutta la vita si è battuto contro l'affermazione secondo cui “la cultura dominante è quella della classe dominante”. Attraverso la sua intera opera Dario Fo ha lavorato affinché le classi sociali che da secoli erano state costrette nell'ignoranza prendessero coscienza del fatto che è il popolo a essere depositario delle radici della propria cultura.
Per questo suo impegno nel 1997 gli è stato conferito il Premio Nobel per la Letteratura “perché, seguendo la tradizione dei giullari medioevali, dileggia il potere restituendo la dignità agli oppressi”.
Insieme all'adorata compagna Franca Rame ebbe il coraggio di allontanarsi dai circuiti teatrali ufficiali, che lui amava definire “teatro borghese”, per portare i loro spettacoli in luoghi non convenzionali come fabbriche occupate, piazze, case del popolo e carceri.
Quando si appassionava a una storia e a un personaggio per prima cosa conduceva un'inchiesta approfondita, per imparare lui stesso in modo da poter trasmettere agli altri. La sua figura si distingue in questo, Dario Fo non ha mai avuto bisogno dell'etichetta di “intellettuale”, perché l'idea di cultura per la quale si è battuto non è né accademica né elitaria. I suoi lavori nascono dalla cultura popolare per essere restituiti al popolo.
Il suo modo di concepire la narrazione non era mai limitato, ma si allargava a tutte le forme artistiche cui amava attingere. Nel momento in cui scriveva una storia all'istante la vedeva, vedeva i personaggi, i volti, le scene, e li raffigurava sulla tela, per poi portarli sul palco, trascinando il suo pubblico in una straordinaria scatola magica.
martedì 11 ottobre 2016
... omaggio al mare ...
... sono appena tornato in città e già mi manca il mare con il suo eterno movimento che mi incanta, qui fa freddo e si ha a che fare purtroppo con la stupidità e la miseria umana ...
lunedì 10 ottobre 2016
domenica 9 ottobre 2016
martedì 4 ottobre 2016
lunedì 3 ottobre 2016
domenica 2 ottobre 2016
... ricordi ...
Domenica 2 Ottobre 2016
in piazza San Carlo a Torino
si terrà la commemorazione delle vittime delle Giornate di sangue di Torino del 21-22 Settembre 1864.
L'appuntamento è sotto la lapide alle ore 16.
I gravissimi fatti di Torino – ancora oggi minimizzati o distorti – avvennero in seguito al trasferimento della capitale a Firenze, episodio che venne avvertito dai Torinesi come offensivo e quale culmine dell’attività antipiemontesista del neonato Stato italiano, che mirava a togliere al Piemonte il primato politico.
La civile protesta dei Torinesi che ne scaturì venne soffocata nel sangue dai carabinieri, dalla polizia e dall'esercito, i cui agenti spararono sulla folla a più riprese in piazza Castello e in piazza San Carlo, uccidendo cinquantadue persone e ferendone quasi duecento.
I testimoni che rivelarono la realtà dei fatti vennero eliminati; recentemente si è scoperto che diversi dimostranti arrestati furono deportati in Sudamerica e arruolati a forza per combattere nella guerra del Paraguay, dove morirono.
All'epoca la strage suscitò raccapriccio in tutta Europa, ma l’eccidio fu ben presto cancellato dalla memoria. Le commemorazioni annuali, molto condivise dalla popolazione, vennero presto abolite, e la grande stele commemorativa al Cimitero Generale sparì.
Da circa trent'anni diversi gruppi, associazioni e cittadini hanno ripreso a ricordare ogni anno quelle vittime piemontesi dimenticate. Da alcuni anni l'organizzazione è curata da Gioventura Piemontèisa.
Quest'anno la ricorrenza è stata spostata al 2 Ottobre a causa della concomitanza di un altro evento e il Comune di Torino, per la prima volta da cinque anni, ha annullato le celebrazioni istituzionali.
Nell'occasione verranno avanzate alle istituzioni alcune prime richieste per ovviare al "vuoto di memoria" di questi anni.
- La posa di una seconda lapide commemorativa sul luogo dell'eccidio in piazza Castello, in aggiunta a quella piccola collocata in un angolo nascosto di piazza San Carlo, del tutto insufficiente, se non addirittura fuorviante.
- La ricerca e il ripristino della stele al Cimitero Monumentale, ai piedi della quale per decenni si è svolta la commemorazione .
- La revoca dell'intitolazione a Marco Minghetti di due vie urbane dei Comuni di Novara e di Collegno; la nuova intitolazione alle Vittime della strage in quest'ultimo Comune e la dedica al ventiquattrenne novarese Biagio Ramellini, ucciso in quei frangenti, a Novara. Minghetti era il capo del governo all'epoca dei fatti e, a seguito di questi, essendo ritenuto fra i maggiori responsabili fu costretto dal re alle dimissioni.
- La revoca dell'intitolazione a Silvio Spaventa di un via urbana nel Comune di Novara e la sua nuova intitolazione alle Vittime novaresi della strage (il ventunenne Crescentino Caldi di Ameno e il trentenne Giuseppe Barone di Arona). Spaventa era sottosegretario agli interni e capo delle forze di polizia e fu fra i principali responsabili della strage e della concomitante campagna di calunnie nei confronti dei manifestanti.
- L'intitolazione di vie e strade alle vittime di quella carneficina, a Torino e nei Comuni di origine degli stessi.
- Le scuse ufficiali alla Città di Torino e al Piemonte da parte delle forze che furono esecutrici materiali di quella carneficina.
I Piemontesi, di qualsiasi idea politica, sono invitati a non dimenticare e a prendere parte alla commorazione.
sabato 1 ottobre 2016
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